sabato 31 gennaio 2009

SCUSATI, SITI I RRIGGIU?

Scusi, per caso lei è di Reggio Calabria? Questa è la traduzione precisa della formula dialettale del titolo, usata quasi ritualmente da noi reggini quando ci incontriamo lontano dalla città natìa e ci riconosciamo quasi dall'odore. Il reggino a sentirlo parlare non viene riconosciuto come calabrese, ma spesso come siciliano o forse salentino. Questo perchè la Calabria è molto più grande di quanto sembri nelle cartine, dal punto di vista geopolitico: tutta montagne, senza strade fino a 150 anni fa, le proprie città erano separate da giorni di cammino, e quindi la lingua e le tradizioni culturali e alimentari si sono sviluppate molto separamente ad esempio con Catanzaro. Invece Messina è stata sempre lì, a un'ora di traghettazione, e infatti quasi stesse facce, stessa lingua, stessi cibi tra Buddhaci e Piscistoccari (messinesi e reggini nelle rispettive più tipiche ingiurie, non a caso ittiche). Stessi pregi e difetti.
Reggio, come e forse peggio di tante altre città del Sud Italia, offre poche prospettive a un giovane in cerca di lavoro, e se possibile qualche decennio fa ne offriva ancora meno. Per cui quasi tutti a un certo punto vanno via, e molti fanno di tutto per ritornare, altri come me quando tornano semplicemente non si trovano più e rivanno via. Ma tutti i transfughi, volontari o meno, definitivi o meno, di prima generazione e talvolta delle successive, vengono calamitati dalle notizie provenienti da quel lembo di terra che chiude a sud lo stivale, come e forse più che da quelle inerenti il posto in cui vivono e magari sono integrati perfettamente.
Dicevo forse peggio, due soli esempi: Reggio è l'ultimo capoluogo di provincia italiano ad avere il gas di città (la stanno tubando in questi anni, e ancora quasi tutti usano le bombole...), ed è praticamente senza acqua potabile nelle case (nonostante il lentissimo switch ad un secondo acquedotto, l'erogazione è in molte zone della città problematica per quantità e quasi dappertutto imbarazzante per qualità: l'acqua è salata, e la gente fa la fila coi bidoncini e le bottiglie alle fonti per prendere quella per bere e cucinare). Non stiamo parlando di un centro dell'arida Sicilia, stiamo parlando di una città che ha una montagna di duemila metri a ridosso, che pullula di sorgenti di acqua buonissima! Una montagna dove piove, nevica, c'è persino una (ovviamente poco sfruttata) stazione sciistica.
Ma la gestione dell'esistente è così approssimativa che una pioggia più seria delle altre provoca sempre problemi seri: in questi giorni è stata chiusa tra Bagnara e Scilla prima l'unica autostrada, poi anche l'altra sola arteria di comunicazione del versante tirrenico, la vetusta statale 18, per frane. Così, per arrivare da Rosarno a Reggio o Villa San Giovanni (50 km circa), bisognava un attimino andare a Gioiosa Jonica attraverso la Limina e percorrere oltre 100 km della pericolosissima e trafficatissima statale 106 (per il versante jonico, è l'unica via di comunicazione). Colpa di chi ha previsto di rifare l'A3 larga come prima sullo stesso tracciato di quella di prima, causando decenni di disagi a milioni di persone da Salerno in giù. Ma colpa anche di chi continua a votare per chi dimostra chiaramente di fregarsene degli interessi della collettività, solo magari perchè ha avuto o spera di avere vantaggi per i propri interessi personali.
Non è un caso che il nome Italia venga proprio da queste terre, forse: qui i difetti dell'italica gente ce li abbiamo tutti, e tutti esaltati come in caricatura.

martedì 27 gennaio 2009

LA MEMORIA SELETTIVA E IL NODO DI GORDIO

Il terreno è spinosissimo: oggi è il Giorno della memoria e solo ad azzardarsi a discutere di Israele senza parlare dell'Olocausto si rischia di passare per antisemiti.
Ma siccome il coro è forte e nutritissimo, una voce fuori magari manco si sente... Specie se comincia forte e chiaro affermando di non volere minimamente mettere in discussione la tragedia di cui gli ebrei (e gli zingari, e gli omosessuali) furono resi vittime dai nazifascisti.
Forse è allora il caso di rammentare e precisare alcuni punti che sfuggono alla grancassa televisiva e quindi sicuramente anche al sapere comune nazionalpopolare:
  • le zone sacre agli ebrei si sovrappongono quasi esattamente a quelle sacre agli arabi e a quelle sacre ai cristiani: Gerusalemme antica, e la Cisgiordania;
  • gli ebrei hanno cominciato a trasferirsi in Palestina ai primi del 900, quando era una provincia dell'Impero Ottomano, ed essenzialmente nelle zone a loro sacre;
  • gli occidentali hanno aiutato le rivolte arabe contro gli ottomani durante la I^ guerra mondiale in molti modi (riguardarsi Lawrence d'Arabia, please) e col duplice scopo di accerchiare l'impero di Istambul e approfittare del suo smembramento per colonizzare le terre ricche di petrolio in medio oriente;
  • per le autorità colonialiste occidentali e britanniche in particolare, gli attivisti sionisti fino al 1947 erano considerati veri e propri terroristi, e tra loro gente che ebbe in seguito cariche importantissime in Israele come i primi ministri Begin e Shamir;
  • a fine seconda guerra mondiale, ufficialmente per risarcire il popolo ebraico dalla Shoah, ma essenzialmente per stabilire una testa di ponte occidentale nel cuore del mondo arabo nella prossima ventura era postcolonialista, fu stabilito di assegnare al neonato Stato di Israele il 57% dei territori della Palestina, ma ecludendo proprio quelli sacri in favore di quelli economicamente e logisticamente più appetibili, da cui i palestinesi furono deportati alla fine della guerra breve e dall'esito scontato che si scatenò la notte stessa della sciagurata spartizione (quasi due terzi del territorio assegnato a meno di un terzo della popolazione, e viceversa: a questo si ribellò la polazione araba, chi non avrebbe fatto lo stesso? consideriamo che quel 30% di ebrei era quasi zero pochi decenni prima...);
  • senza entrare nel dettaglio, le guerre che si susseguirono senza soluzione di continuità, pur con episodi-picco come quella dei Sei giorni del 67 e quella del Kippur del 73, nei decenni successivi, hanno costruito quel reticolo in cui è impossibile districare la sequenza di cause ed effetti senza fare come Alessandro Magno col nodo di Gordio.
In tutto questo, l'evidente sproporzione della attuale reazione israeliana a Gaza e la sua presunta causa insistemente riportata (i missili di Hamas, con effetti centinaia di volte meno cruenti dei bombardamenti di rimando) ha fatto breccia persino nel monoblocco comunicativo italico, forse anche grazie al "vento di Obama", di cui la questione palestinese sarà uno dei banchi di prova. Figurarsi nello scenario internazionale, che resta però dominato da un blocco mentale, quel "due popoli due Stati" che figura come slogan persino nei manifesti delle oramai ultraminoritarie organizzazioni di estrema destra (la destra non estrema avendo completato la capriola storica ed essendo nettamente filoisraeliana, cosa forse più significativa del voluto...).
La sciabolata al nodo sarebbe invece solo una soluzione sovranazionale, con democratica convivenza (vigilata internazionalmente per il primo "breve" periodo, diciamo di alcuni decenni...): la posizione, anche se la notizia non ha avuto eco nel "libero" occidente, è condivisa sia dai cosiddetti estremisti arabi che dai loro omologhi ebrei.
Quando finirà il nazionalismo, finiranno (forse) le guerre.

sabato 24 gennaio 2009

PIU' NERA DI COSI'...

La cronaca italiana di questi giorni ha raggiunto degli aspetti surreali, già evidenti in ogni singola notizia, ma decisamente esaltati se proviamo a vederle tutte assieme:
  • ci sono stati due casi di violenza sessuale con protagonisti extracomunitari, in uno dei due casi le ruspe hanno abbattuto un campo abusivo con l'obiettivo di stanare gli stupratori;
  • si è consegnato alla giustizia lo stupratore di capodanno alla Fiera di Roma, è un ragazzo bene, e ha detto di essersi pentito e avere agito sotto l'effetto della droga;
  • al Tuscolano hanno ammazzato dentro casa mamma e figlia, è stato il figlio dell'una e fratello dell'altra, o così pare;
  • a Lampedusa hanno sfilato assieme, contro il provvedimento di Maroni che istituiva un secondo Centro di identificazione ed espulsione, i cittadini esasperati e un migliaio di immigrati del CPA.
Ebbene, qual'è stata la risposta dell'ineffabile Premier? "aumenteremo il numero dei soldati nelle strade, da 3000 a 30mila". In nessuno dei casi citati la presenza dei militari avrebbe potuto fare niente (in campagna, dentro casa, in una festa, in un'isola già abbondantemente militarizzata), eppure possiamo star certi che l'annuncio cazzuto farà rialzare il consenso alla maggioranza, per la prima volta in calo sotto i colpi della crisi economica. Contro la quale, si sa, il Governo ha preso gli importantissimi provvedimenti di varare il federalismo fiscale (con l'astensione - che speriamo pagherà con la definitiva sparizione - del PD e persino dell'IDV, e il voto contrario della sola UDC, guardumpo' che tocca vedere...), cioè una cosa che farà schizzare in alto la spesa pubblica e per giunta a solo vantaggio delle regioni già ricche, e prossimamente la riforma della giustizia (per la quale gli serve il voto favorevole di almeno parte dell'opposizione, e sta lavorando alacremente per averlo...). Due cose che è - evidente a chiunque - sono strettamente connesse non già all'interesse personale del Capo e dei suoi sodali, ma avranno un impatto immediato sulla salute sia fisica che economica dei cittadini, no?
Alla fine, la sicurezza di tutti noi non sarà migliorata di una virgola, ma in compenso ci abitueremo a vedere i soldati per le strade. Che, ricordiamo, non sono più di leva, come saggiamente avevano voluto i padri costituenti proprio per avere un'esercito eterogeneo e democratico, ma giovani ragazzi che sono li nella migliore delle ipotesi perchè è uno dei pochi posti fissi cui ancora si possa aspirare... Che tristezza, questa notte in Italia che vedi e non accenna a passare, mentre altrove nel mondo saranno pure degli illusi ma almeno hanno ripreso a sognare...

martedì 20 gennaio 2009

PIRATA SARA' LEI

Ci piace pensare che non sia una coincidenza. Il giorno esatto dell'uscita di scena del peggior presidente degli Stati Uniti della storia, le major discografiche hanno finalmente alzato bandiera bianca nella guerra alla pirateria. Si sono semplicemente resi conto che i processi costano loro più di quanto rendano, e hanno ritirato tutte le denunce. Inoltre, hanno forse capito che le maree travolgenti si cavalcano, perchè se invece tenti di affrontarle di petto ti travolgono. Con almeno 10 anni di ritardo, ma l'hanno capito.
Negli anni 70, le neonate radio libere mandavano in onda in programmi autogestiti la musica che ogni dj riteneva di qualità o rispondente al suo programma, spesso mandando in onda per intero e senza parlarci sopra il nuovo album di tale artista. Negli anni 80, i CD soppiantarono pian piano i vinili, dando il via alla possibilità di digitalizzare la musica. Ma nessun formato di compattazione venne fuori finchè i cd si potevano liberamente noleggiare e masterizzare per uso proprio. Quando la cosa si vietò, apparvero gli mp3 e Napster. Da anni è l'era di E-Mule e dei file Torrent, con sequestri di server e riapertura di altri in altri Paesi, cause civili ai singoli pirati e tentativi di approvare normative liberticide. Ora, è un caso che in questo processo la vendita della musica è continuata a calare? Oggi vendono dischi solo i famosissimi, negli anni 90 il noleggio libero aveva permesso di farsi conoscere a una sfilza di band e solisti di vari generi, ultima infornata di novità non sanremesi oggi in scena, nei 70/80 si vendevano moltissimi vinili, e si sono affermati quasi tutti quegli artisti che oggi sono gli unici a continuare a vendere.
No, non è un caso. Già da anni gli artisti più avveduti (come la Bandabardò) sanno che se vogliono campare con questo mestiere devono soprattutto fare tanti concerti, e che se vogliono farli e che siano pieni di pubblico pagante devono farsi conoscere, consentendo anzi auspicando che la loro musica sia scaricata gratuitamente o quasi (si sta studiando il sistema di girare ai discografici una piccola quota degli abbonamenti ad Internet). Se vuoi guadagnare devi lavorare, sudare, anche se il tuo lavoro è superpagato deve esserlo in proporzione a quanto ti spendi. Il diritto d'autore, insomma, è spazzatura della storia, e d'altronde Beethoven Bach e Mozart non ne hanno mai percepiti.
E il ritorno all'economia reale e all'etica del lavoro, di cui tanto è pieno il mirabile discorso del neopresidente americano, bene si sposa con questa notizia, anche se forse è davvero solo una coincidenza.
Sicuramente invece non lo è, come mirabilmente racconta qui Carlo Bertani, che il vergognoso attacco a Gaza sia cominciato pochi giorni prima e finito il giorno stesso dell'insediamento di Obama. Ciliegina sulla torta di un'epoca che speriamo sia definitivamente sepolta. Molti diffidano delle promesse del primo presidente nero, bollando la sua elezione come un'operazione di marketing e/o l'ultimo tentativo di un sistema non emendabile di salvare se stesso. Ma se anche riesce ad attuare il 10% di ciò che promette, Barack il figlio di immigrato si sarà meritato un posticino sul monte Rushmore.

lunedì 19 gennaio 2009

RECITOPERDILETTO

Chi non vive in una metropoli non può capire, cosa può significare dopo una giornata di lavoro e ore in mezzo al traffico dedicarsi a un'attività artistica serale di un certo impegno come danzare o recitare. Non è come uscire di nuovo per cena, che anche quello se stai nell'hinterland è tosto e per farlo spesso ci devi essere tagliato. Se fai parte di una compagnia di un corpo di ballo o di una band che si esibisce, anche sporadicamente, ci sono le prove e man mano che ci si avvicina agli spettacoli devi essere presente senza sgarrare, per rispetto agli altri ma anche perchè lo vuoi.
E' una delizia assistere al risultato di questi sforzi. Ieri sera, teatro: al Prenestino è andato in scena Il fantasma di Canterville, commedia dark ante litteram di uno che era davvero avanti, Oscar Wilde. La compagnia ad averlo rappresentato si chiama appunto Gli Improvvisati, e anche se c'era qualcuno che si vedeva da lontano ha magari qualche altro hobby che mette davanti alla recitazione (che so, magari balla...), i ragazzi erano davvero bravi, e il protagonista, ovviamente il fantasma, è un giovane che avrà un futuro come attore professionista: si chiama Stefano Patti, e gli consigliamo di togliersi la zeppa, si, ma solo dopo che è diventato famoso, come ha fatto Silvio Muccino (di cui ha peraltro molto ma molto più talento, anche se meno parenti importanti e sopravvalutati), ché prima fa simpatia.
Coraggio ragazzi, tenete duro! Non saranno sempre i tempi dei reality, e gli attori avranno pane anche nel mondo della decrescita che ci attende. Poco, ma lo avranno. Impara un'arte e mettila da parte. E fare cultura, e fare qualcosa col sudore della fronte, alla lunga paga. Quand'è la prossima data?

venerdì 16 gennaio 2009

LA MEDAGLIA D'ORO CHE VIENE DAL BASSO

In un qualsiasi altro Paese al mondo avrebbe trascorso i suoi ultimi anni da Senatore a vita. Da noi gli hanno impedito di lavorare, perlomeno dalle platee adeguate al suo valore e al suo appeal. Non contenti, gli hanno negato persino il riconoscimento postumo dell'Ambrogino d'Oro, con un voto a maggioranza a Palazzo Marino. A questo punto il Popolo della Rete si è ribellato: qualcuno ha creato un gruppo su Facebook, il social-network protagonista degli ultimi mesi, che in un mese ha raggiunto e superato i 2800 membri, chiamato Diamogliela noi la grande medaglia d'oro a Enzo Biagi.
Detto fatto: ieri sera al Circolo della Stampa di Milano con una sobria cerimonia organizzata con l'aiuto di Articolo 21, il quotidiano on-line per la libertà di espressione e di informazione, il premio al grande giornalista l'ha dato la "Milano per bene". Della "Milano da bere", peraltro, il grande Enzo non ne aveva mai voluto sapere.
L'evento è occasione di ricordare a tutti che Facebook, come altri, è uno strumento, e come tale non è in se nè l'inferno nè il paradiso, ma si può usare bene o male e da questo e non da altro dipende se sia giusto o meno usarlo. Per cui, giusto non passarci 24 ore a chattare (ma si può fare anche con altri strumenti, che hanno meno pregi, come Messenger), ma a chi non ci si iscrive per timore di veder violata la propria privacy diamo una notizia: non ce la abbiamo più, una privacy. Quando partecipiamo alla raccolta punti per il vassoio al supermercato, quando facciamo l'abbonamento alla pay-tv o all'adsl, e in milioni di altre occasioni, i nostri dati finiscono in liste che girano, al limite e spesso oltre il limite del consentito dalla legge. Almeno Facebook, in cambio, ci da la comodità di raggiungere ed essere raggiunti istantaneamente da tutti i nostri amici. Oltre che di organizzare rapidamente cose come il premio a Biagi o altri eventi e iniziative meritevoli come questa per l'adozione a distanza. Certo, non metteteci sopra le foto dell'amante o il Pin del bancomat, ma qui siamo sotto "la diligenza del buon padre di famiglia"....

lunedì 12 gennaio 2009

DALLE PAROLE AI FATTI

Siccome come si dice in questi casi le chiacchiere stanno a zero, Contrappunti dopo aver pubblicato la "dotta" disanima di Gino Nobili che recensivamo venerdì, ha dato spazio a una lodevole iniziativa partita da un monastero buddista in California (sic!): una lettera di intenti che ciascuno di noi può adottare e perseguire per ridurre la propria, di impronta ecologica sul pianeta.
Non mi ricordo quale esponente di Medici Senza Frontiere, interrogato da un giornalista che forse intendeva stuzzicarne l'apparente contraddizione tra la laicità dell'organizzazione e l'impronta missionaria dell'attività, su come potesse pensare di salvare il mondo con tutta quella gente che soffriva dappertutto, rispose così: una persona per volta.
Io purtroppo vivendo a Roma e lontano dall'ufficio, non posso spostarmi in bicicletta e l'uso dei trasporti pubblici penalizzerebbe troppo i miei tempi. Ma, seguendo la traccia della lettera di cui sopra, ho un'auto euro 4, volo meno di 10 ore l'anno, faccio spesso le scale, lascio asciugare il bucato all’aria, tengo i capelli cortissimi e uso pochissimo il fon, prediligo i prodotti locali (controllo le etichette) e meglio ancora quelli coltivati di persona senza pesticidi o diserbanti, acquisto quanto più possibile cibo biologico, uso in gran parte lampadine a basso consumo, non ho il condizionatore in casa e quando lo avevo lo usavo solo in situazioni eccezionali, in auto imposto il climatizzatore al minimo costante (che è la soluzione più ecologica: attendere di stare per morire di caldo e poi accenderlo a palla consumi molto di più, e tenerlo spento e viaggiare coi finestrini aperti consumi tanto più carburante...), evito quanto più possibile di accendere il riscaldamento a casa e in ufficio (mi da proprio fastidio), non sono vegetariano ma mangio pochissima carne (al massimo una volta la settimana), cerco di usare detersivi biodegradabili e fare la raccolta differenziata anche in ufficio, non butto mai niente e riutilizzo e riciclo tutto ciò che può essere riutilizzato o riciclato, compro solo gli abiti e le calzature nuove di cui ho strettamente bisogno (non seguo le mode), spengo i computer quando non in uso, uso quando posso ciabatte con interruttore, non faccio quasi mai il bagno: solo docce calde di breve durata, uso lo sciacquone con flusso ridotto dopo avere fatto pipì, cerco di migliorare le mie conoscenze di ecologia e scrivo spesso articoli che contribuiscano a sensibilizzare sull'argomento. Non è molto, cercherò di fare di più, ma se ciascuno di noi informasse i propri comportamenti individuali anche solo ad un'attenzione generica a questi argomenti, il miglioramento su scala globale sarebbe davvero sensibile.

venerdì 9 gennaio 2009

A CHE ORA E' LA FINE DEL MONDO?

E' il titolo di un pezzo di Ligabue, a sua volta cover abbastanza riuscita di un pezzo dei REM. Ce lo ha ricordato questo pezzo di Gino Nobili su Contrappunti, cui rimandiamo come sempre quando ci capita che qualcuno dica qualcosa meglio di come l'abbiamo pensata noi o comunque si possa in uno spazio come questo blog.
Certo, se paragoniamo i programmi di Obama ai discorsi di casa nostra sulla priorità della riforma della giustizia e l'hub di Malpensa e il federalismo fiscale, padre di tutti gli sprechi prossimi venturi, ci viene da piangere... Nobili lo dice più elegantemente, noi meno: per fortuna che l'Italia oramai non conta un ca...

lunedì 5 gennaio 2009

LEGGERE IL VANGELO

La buona novella è che il Nobel portoghese, 86 anni compiuti, è uscito in buone condizioni dalla clinica dove era ricoverato da qualche tempo. Josè Saramago ha scritto, tra le altre cose, da vecchio ateo comunista uno dei più bei vangeli che si possono leggere. L'esperienza che se ne ricava è quella di una conoscenza quasi intima con l'uomo Gesù, di cui anche da agnostici si finisce per credere sia esistito davvero, o perlomeno molto verosimilmente.
La stessa sensazione si prova solo guardando il film di Pasolini Il vangelo secondo Matteo: dimenticate l'horror splatter antisemita di La Passione di Cristo, in comune c'è solo il nome del protagonista e la location degli esterni, ma PPP scelse Matera 30 anni prima, e il suo Cristo è uno di noi, brutto corto stortignaccolo e incazzoso, non bello nordico e iconografico come quello ridotto a frattaglie da Gibson o peggio ancora quello da immaginetta di Zeffirelli.
Oppure, ascoltando di nuovo il vinile straconsumato de La buona novella di De Andrè, capolavoro basato sui vangeli apocrifi decenni prima del Codice da Vinci, la boiata commerciale di Dan Brown e relativo film diretto da uno dei più bolsi registi di Hollywood, quel Ron Howard che era meglio continuasse a fare per sempre Ricky Cunningham.
Solo così un povero cristo può avvicinarsi davvero a Cristo, non certo coi quattro contraddittori vangeli ufficiali, nè tantomeno con la fallibile dottrina ufficiale della Chiesa di Roma. Di cui il Gesù di Saramago conosceva i crimini secoli prima che venissero commessi, perchè ha preteso e ottenuto da Dio di sapere la verità in cambio dell'accettazione del proprio sacrificio. Geniale, vecchio Josè dalla prosa difficile e mal punteggiata; che bello che resti con noi ancora un po', chissà quante altre storie hai da raccontarci...

sabato 3 gennaio 2009

AUGURI VECCHIO LEONE

Oggi, avesse vissuto, avrebbe compiuto 80 anni Sergio Leone. Che invece è morto 20 anni fa, prima di poter realizzare il suo film sull'assedio di Leningrado, poco dopo aver partorito il suo capolavoro assoluto: C'era una volta in America.
Il film è un autentico paradigma di tutto quello che rappresenta il cinema. 4 ore e passa senza annoiare, attori giganteschi, dialoghi memorabili, intreccio di piani narrativi complicatissimo e preciso come un orologio svizzero, fotografia magica, scene perfette, trovate geniali e memorabili (lo squillo del telefono...), colonna sonora di Morricone che definire meravigliosa è riduttivo, eccetera eccetera. Insomma, il classico film da portare sull'isola deserta, o sull'astronave per mostrare ai marziani o ai posteri cos'era il cinema.
Non vinse l'Oscar, forse anche perchè in America circolò in un'orrenda versione tagliata e rimontata cronologicamente: quando la paura dei produttori uccide l'arte. Il caso opposto capitò a Tornatore, cui il compianto Cristaldi accorciò provvidenzialmente di mezz'ora Nuovo Cinema Paradiso tagliando una parte logorroica e strappalacrime (ah, fosse stato vivo per La leggenda del pianista sull'oceano!...). Speriamo che per Leningrado Peppino, cui pare sia stata affidata la realizzazione del progetto, abbia imparato a contemperarsi...
Tornando a Leone, di lui si può dire come di altri artisti morti troppo presto, come ad esempio Troisi: ha fatto poche cose e tutte belle. Ci piacerebbe che oggi, che tutti l'abbiamo creduto morto per venti anni, tornasse a Roma, alla rinnovata Stazione Termini, ci venisse a trovare al bar, e quando noi gli chiedessimo "Sergio, cos'hai fatto tutto questo tempo?" rispondesse come ha fatto fare a Noodles. Sono andato a letto presto.

venerdì 2 gennaio 2009

10 ANNI SENZA FABER

Dieci anni fa ci lasciava orfani Fabrizio De Andrè (qui lo speciale del Corriere). Era il più grande, e non come si dice di tutti quelli che muoiono presto. A chi lo voleva poeta rispondeva citando Benedetto Croce: a diciott'anni tutti scriviamo poesie, dopo lo fanno solo i poeti e i cretini. Perciò preferiva cantautore, un termine adesso passato di moda. La sua statura di poeta però non è confermata solo dal suo inserimento nelle antologie scolastiche di letteratura contemporanea, già avvenuto con lui in vita e che molto lo imbarazzava, ma anche dall'estrema lucidità di alcune sue profezie: volete sapere cos'è l'Italia di oggi? rileggetevi La domenica delle salme, scritta nel 90! volete sentire nelle vostre carni cosa succede oggi in Palestina? risentitevi Sidùn, ispiratagli dagli attacchi israeliani in Libano del 1982. Dopo il filmato c'è il testo in italiano: Creuza de mä, l'album del 1984 da cui è tratta, è cantato interamente in genovese. Chi non lo conosce, se lo procuri: si tratta del disco italiano migliore di tutto il novecento. E costituisce anche l'esempio di come si comporta un artista: avesse voluto, Fabrizio poteva sfornare un ellepì l'anno delle ballate che gli avevano dato il successo; invece negli ultimi 15 anni di carriera ha partorito a fatica tre album, primo censore di se stesso e dei suoi intenti solo incidentalmente commerciali. Sapendo di non essere un vero musicista, si è fatto affiancare da artisti che hanno dato le loro diversissime impronte alle varie fasi della sua carriera, da Reverberi a Battiato, da De Gregori a Bubola a Fossati passando per Mauro Pagani, quello con cui ha riscoperto i suoni del Mediterraneo, inventando (lui, non Peter Gabriel...) la world music.
Sidone non a caso è l'antichissima città dei Fenici, primi navigatori del Mare Nostro e primi a scrivere con un alfabeto. Culla di una civiltà che sta morendo sotto le bombe, ancora in questi giorni sotto i nostri pigri occhi...

Sidone
Il mio bambino, il mio
il mio
labbra grasse al sole
di miele di miele
tumore dolce benigno
di tua madre
spremuto nell'afa umida
dell'estate dell'estate
e ora grumo di sangue orecchie
e denti di latte
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
con la schiuma alla bocca
cacciatori di agnelli
a inseguire la gente come selvaggina
finché il sangue selvatico
non gli ha spento la voglia
e dopo il ferro in gola i ferri della prigione
e nelle ferite il seme velenoso della deportazione
perché di nostro dalla pianura al modo
non possa più crescere albero né spiga né figlio
ciao bambino mio l'eredità
è nascosta
in questa città
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte.

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