sabato 28 marzo 2020

BUON COMPLEANNO, MAMMA

Guardate com'è incazzata! Diceva così spesso
che voleva ricomprarsi la jeep per tornare alla
sua amata campagna, che siamo stati delle vere
carogne a fargli la torta col modellino... Fosse
riuscita a riprendersi, oggi farebbe collezione
di multe e denunce, ma col cavolo che sarebbe
rimasta a casa...
Condividendo come al solito i link a questi post sui social, ho ottenuto una sfilza di risposte sia in chat pubbliche che in privato, quasi tutte dirette a cercare di convincermi coi numeri che già in TV ci ripetono ogni minuto che questa non è una normale influenza. Come se io lo avessi mai affermato: ho invece detto che è diversa (ogni coronavirus è diverso dall'altro, la maggior parte provocando il raffreddore comune: lo sapevate? sapevatelo!) per il fatto che ha gravi conseguenze polmonari in circa il 10% dei positivi ai controlli, che però sono il 10% dei positivi reali secondo la protezione civile, e secondo altri (che mi convincono di più) molto meno, forse l'1%. Non lo sapremo mai se non facciamo i tamponi a tutta la popolazione, ma chi preme per farli sembra non capire che se quelli che hanno preso il virus senza accorgersene, o credendo di avere un raffreddore, sono il 90 o il 99 per cento, tutti i provvedimenti presi si sgonfiano come una torta venuta male. Certo ci sono i morti che sono sempre di più, e continuando a contarli con questa attenzione finirà che superiamo i 20mila dell'anno scorso, che non se li è filati nessuno. E ci sono i posti in terapia intensiva che mancano e il personale sanitario che si sta facendo il mazzo rischiando il contagio e talvolta la pelle, ma qui le cause sono altrove, e la soluzione sarebbe stata allestirli, facendo se serviva saltare il tavolo con l'UE fin da allora (non oggi che l'hanno visto tutti che bestia è), a tempo di record iniziando a gennaio, quando il governo sapeva che si sarebbe trovato di fronte all'emergenza altrimenti non avrebbe proclamato lo stato di calamità in Gazzetta Ufficiale, e quindi essendo a buon punto quando invece a marzo ha iniziato la sfilza dei decreti, magari intanto chiudendo da subito (senza i tentennamenti assurdi che si sono visti) cinema, teatri, sale da ballo, stadi e tutti i luoghi affollati, e lasciando perdere le attività produttive e le passeggiate all'area aperta.
Mi è stato chiesto allora cosa avrei fatto io al posto del governo, provocatoriamente, e io mi sono rifiutato di rispondere in tre righe ripromettendomi di farlo qui in 20, che non va ancora bene ma è qualcosa, ed eccoci qui: l'ho fatto. D'ora in avanti, a chiunque mi interpellerà sui social risponderò linkando questo post.
Ma per essere più efficace, aggiungo un dettaglio personale, che quelli mi sa che si capiscono meglio. Mia madre il 28 marzo avrebbe compiuto 89 anni, invece è morta l'8 marzo dell'anno scorso, per aver preso l'influenza, che fino a un paio di anni prima avrebbe stroncato andando a lavorare in campagna, e invece essendo bloccata a casa dai postumi di una caduta gli era evoluta in bronchite prima e polmonite dopo. Mia sorella non è riuscita a farla ricoverare in terapia intensiva per avere la respirazione assistita. Troppo anziana perché le insufficienti strutture del profondo sud potessero dedicarle uno dei pochi posti, il ricovero finalmente è avvenuto in una struttura non attrezzata, e le cure mediche niente possono in questi casi. Come a lei, più o meno è andata ad altre 20mila persone la maggior parte anziane che in totale hanno fatto la stessa fine in seguito all'influenza del 2018/19, coronavirus o meno che si chiamasse, e a chi invoca il vaccino per il covid19 ricordo che quando arriverà sarà del tutto inutile, visto che nel frattempo tutti quelli che potevano prendere il virus lo l'avranno già preso, quasi tutti senza accorgersene eccetera. Ma ve lo faranno, eccome, e vi metterete in fila. Intanto arriverà un virus nuovo... e l'unica vera speranza per noi sarebbe se nel frattempo l'UE finisce a gambe all'aria, l'Italia sovrana vara un piano di investimenti tipo dopoguerra e ricostruisce per prima la sanità pubblica (magari togliendola alle Regioni, o meglio ancora abolendo le Regioni e ridando senso alle Prefetture). Così alla prossima epidemia siamo pronti a curare tutti quelli che serve, mentre gli altri continuano a lavorare e vivere. Ammesso che non ne arrivi una che davvero ci colpisce tutti, uccidendo una buona fetta, e allora ce ne andiamo tutti affanculo e pace.
Insomma, se Luisa avesse aspettato un anno, forse sarebbe finita nella contabilità macabra dei media che l'anno scorso non c'era, e forse invece con l'attenzione di oggi un cazzo di respiratore l'avrebbe avuto e oggi sarebbe con noi a festeggiare il suo compleanno. Certo, era vecchia. Ma anche se stanno cercando persino di alimentare il terrore evidenziando i pochi casi di morti giovani, anche l'età media dei morti di quest'anno è intorno all'ottantina. E non bisogna dire queste brutte cose, giusto?

giovedì 26 marzo 2020

SVEGLIATEVI BAMBINI

Il 21 marzo di ogni anno mio papà, che due giorni prima aveva festeggiato sia la sua festa in quanto tale che il suo onomastico, salutava me bambino e la mia sorellina accennando il brano reso famoso da Alberto Rabagliati prima e Claudio Villa poi, perché era finalmente Primavera.
Appena il caldo si deciderà a prendere piede, perché la primavera astronomica quasi mai coincide con l'inizio di quella meteorologica essendone invece spesso o preceduta o seguita anche di molto, questa epidemia di influenza, come tutte le altre, inizierà a scemare. Lasciando dietro di se, come sempre, una scia di qualche migliaio di morti, magari più di altri anni più fortunati, e magari meno di altri più sfortunati. E lasciando però anche, stavolta con estrema originalità, una scia di altre conseguenze, nessuna dovuta alle caratteristiche del virus, tranne quella di prediligere i polmoni quindi evidenziando una sanità pubblica ridotta al lumicino da decenni di regionalismo da un lato e risparmi dall'altro. Conseguenze di cui calcolare le vittime sarà meno semplice dell'esercizio quotidiano da parte di un sistema mediatico anch'esso ridotto dall'austerity a mostrare le bare e contabilizzare i morti pur di campare un altro po'.
La primavera ci azzecca anche perché, però, pare che tutto questo sia almeno valso a qualcosa: scardinare quella palla al piede della democrazia chiamato Patto di stabilità. Ma intanto sarebbe stato meglio poterlo fare prima, dotandosi preventivamente di tutti i posti di terapia intensiva che sarebbero serviti a tacitare sul nascere gli allarmismi anziché doverli cavalcare, ma meglio che niente. E poi, ho detto "pare":
  • perché non è detto che ora si faccia quello che si deve fare, e qui mi appello a quei parlamentari cinquestelle al cui movimento ho per anni portato l'acqua con le orecchie prima di riceverne in cambio la delusione di vederli alleati col Nemico eurista. Perché quando i padroni dell'Euro da una parte e i piddini dall'altra parlano di "sospensione" del suddetto Patto e di "utilizzo" dei fondi del MES, anziché di annullamento del primo e restituzione dei secondi, siamo autorizzati a pensare che questi, quando dicono che ora ci si può indebitare quanto si vuole, abbiano in mente tra qualche mese di presentarci il conto, che sarà talmente alto che non potremo che arrenderci e dichiararci schiavi;
  • e perché, anche se non fosse così, poter spendere a piacimento senza finire nei guai comporta, da parte della classe politica, un senso di responsabilità che sta ai piddini come il coraggio a don Abbondio. Potessero fare a modo loro, riprenderebbero a buttare soldi nella TAV o nel Mose o in qualunque altra grande opera senza effetti moltiplicatori sulla domanda interna, ma tanti rivoli tangentizi alimentabili a piacimento. Ospedali nuovi? forse anche, ma firmati da archistar, non importa se ubicati a cacchio tipo la megastazione ferroviaria di Afragola. Trasporti pubblici gratuiti e capillari nelle periferie? Nooo, molto meglio una nuova costosissima linea di metrò sotto monumenti millenari...
Ecco allora che questa è una specie di prova d'appello, o momento della verità, per il movimento fondato da Grillo: quello che serve adesso era già tutto scritto sul loro programma, "onestà" compresa, e ora ci sarebbero persino tutti i soldi che servirebbero ad attuarlo, oltre che (ancora) i voti parlamentari e un consenso popolare che sulla scorta della tragedia vissuta si sposterà massicciamente verso chi fosse davvero in grado di risollevare l'economia.
La Storia li aspetta al varco, e la storia siamo noi.
...
Un post normale sarebbe finito qui, ma visto che siamo tutti a casa io ho più tempo per scrivere, subito finito l'orario di lavoro in smartworking anziché di notte come al solito, e voi per leggere. Faccio quindi la summa dei pensieri prima, e poi vi lascio da leggere alcuni dei post da cui l'ho tratta. Vediamo se un mese di reclusione con la TV che ripete di continuo la contabilità del terrore, tra TG e approfondimenti non so cosa sia peggio, e le auto coi megafoni a girare per il quartiere per farvi cacare sotto di uscire, non bastassero le multe salatissime a scoraggiarvi, hanno avuto almeno l'effetto di risvegliare in qualcuno la voglia di informarsi autonomamente, di andare a verificare se qualcuno da qualche parte dice qualcosa di diverso, che meglio si concilia con la sensazione di averlo preso a quel posto che tutti, lo so, chi più chi meno consapevolmente, provate.
Ricapitolando: sono morti in 6mila e risultati positivi al tampone in 60mila, ma lo stesso capo della Protezione civile ammette in TV che i contagiati probabilmente sonoe almeno 10 volte tanto, e non c'è ragione di non credere che questo coronavirus, come tutti i suoi predecessori, fisiologicamente tende a raggiungere i 6 milioni (sto arrotondando tutto col 6 solo per facilitare i calcoli spannometrici, i numeri del bollettino cambieranno ogni giorno, quelli precisi delle scorse annate ve li ho già forniti qualche giorno fa, e sono peggiori: solo l'anno scorso contandoli con gli stessi criteri di quest'anno i morti per conseguenza indiretta dell'influenza furono più di 20mila), e siamo 60 milioni. Quindi uno su dieci ha beccato il covid19, di questi uno su dieci ha qualche sintomo, di questi uno su dieci è abbastanza grave (o raccomandato) da aver fatto il tampone e essere risultato positivo, di questi uno su dieci muore. Facendo due conti, fa uno su centomila secondo buonsenso, uno su diecimila secondo Borrelli. Stiamo in casa e se usciamo occhio ai droni e manteniamo le distanze e mettiamo l'inutile mascherina e se andiamo da qualche parte ci chiedono un fiorino, per paura di un evento che ha una probabilità dello 0,00001% di verificarsi. Se usassimo lo stesso metro, non fumeremmo, non toccheremmo un goccio di alcol, non saliremmo mai su di un'automobile e soprattutto mangeremmo molto di meno e molto più sano, tutte attività che sono statisticamente molto più pericolose, tre o quattro delle quali peraltro abbiamo aumentato nel periodo di arresti domiciliari.
L'ho detto e lo ripeto: l'unico dato fuori squadro del covid19 è che provoca l'esigenza di usufruire di tanti respiratori tutti assieme, ma il problema sarebbe stato meglio affrontabile nel 1980, quando i posti in terapia intensiva erano uno ogni 900 abitanti e non uno ogni 200 come dopo decenni di regionalismo e tagli alla sanità. E visto che il governo ha dichiarato lo stato di emergenza a gennaio, e fino a luglio, e poi chiuso l'Italia soltanto a marzo e aperto i cordoni della borsa, almeno in teoria, ad aprile (se ci riescono, in Germania oggi hanno stanziato 700 miliardi noi andiamo di 25 in 25 e ancora nessuno ha visto un centesimo), se a gennaio avesse preso una frazione delle centinaia di miliardi (la cifra l'ho presa da Repubblica, così non dite che sono un complottista) che ora serviranno a ripianare i danni e attrezzato gli ospedali dismessi e magari che so i palasport (fermando immediatamente, quello si, lo sport professionistico) a reparti specializzati, e blindato davvero e subito gli eventuali focolai, oggi ne saremmo fuori come la Cina.
Si, la mia opinione è che il governo italiano abbia sbagliato e continui a sbagliare, vediamo se si può ancora esprimere la propria opinione liberamente (i siti più grossi di questo che si ostinano a farlo sono già attenzionati e forse saranno chiusi, viva la democrazia!). Una classe politica decente avrebbe dovuto martellarci i coglioni si, ma con un altro messaggio (tipo quello del premier israeliano, per esempio): c'è una influenza più seria del solito, ne sarete contagiati a milioni come sempre, e come sempre solo pochissimi tra voi avranno sintomi seri, ma occhio che può colpire i polmoni, e quindi i vostri genitori e nonni rischiano grosso, ditegli se è bel tempo di uscire a passeggiare al sole altrimenti di stare in casa che la spesa gliela portate voi mettendo guanti e mascherina, noi intanto mettiamo un numero verde semplice semplice per la spesa a domicilio di quelli che non hanno parenti che possano aiutarli, e in parallelo attrezziamo migliaia di posti letto con respiratori così cerchiamo di minimizzare le vittime, che la cura non c'è; continuate a lavorare e produrre, chiuderanno solo i divertimenti e i relativi lavoratori e imprenditori saranno indennizzati in tempo reale (come sta facendo il premier inglese, per esempio). Se l'UE non ci fornisce subito tutto il denaro che ci serve, significa che ha fatto il suo tempo. Stiamo in guerra, ma ce la faremo. I giornalisti che sciorinano numeri di morti dimenticano che avrebbero potuto farlo con lo stesso titolo ogni anno.
Purtroppo una classe politica così non ce l'abbiamo, ed eccoci qua ad aver fatto scuola, come troppe altre volte in passato. Da oggi in poi, chi impedirà a qualunque governo di sospendere le più elementari libertà individuali e fermare le attività produttive alla minima notizia di un nuovo virus in arrivo? Oggi, si prenderanno il merito di aver debellato una epidemia che sarebbe passata in primavera come tutte le altre, domani quello di averne addirittura prevenuta un'altra. E saremo tutti contenti di rinchiuderci in casa e riscoprirne i lati positivi come in infiniti post e messaggi mi è toccato di leggere, con le palle ad elicottero, in questi giorni. E pronti a fare la fila per il vaccino in autunno, che non servirà a niente come non è servito a niente a quei vecchi che hanno convinto a vaccinarsi quest'anno contro un virus e poi sono morti di un altro.
A meno che non ci svegliamo prima, e intanto passiamo il tempo a documentarci ed approfondire:
  • Fulvio Grimaldi, per cominciare, da leggere rileggere e seguire i link, forse un po' della sua lucidità vi passerà nella zucca;
  • Carlo Bertani, ovvero dove sono finiti i soldi tolti negli ultimi decenni a scuola e sanità;
  • Andrea Cavalieri, ovvero il nuovo regime era stato teorizzato da tempo, da tipini come Kissinger e Attali...;
  • Maurizio Blondet, ovvero come intendono trasformarci in peggio che schiavi definitivamente;
  • Alberto Bagnai, ovvero la ricetta keynesiana, alternativa al piano di cui al punto precedente, per ricostruire - peccato che ancora questo valente economista non abbia capito che Salvini lo usa come foglia di fico e non ha nessuna intenzione di seguire davvero le sue politiche;
  • Marco Bersani, ovvero le 8 domande da fare ai padroni del vapore, tanto perfette che ve le riporto in riquadro. 

domenica 22 marzo 2020

RADIOCIXD 15: DARWIN


Mentre i dubbi sull'evoluzione dell'epidemia in corso e sulla sua gestione politica ed economia continuano ad affollarci la mente (o almeno a quelli che non hanno ancora rinunciato a pensare), ed anche per timore dei delatori che potrebbero annidarsi anche tra i quattro gatti che siete e denunciare questo piccolo sito al grande fratello così togliendomi anche questo misero sfogo agli arresti domiciliari (l'ora d'aria ce l'hanno già tolta loro), riprendo la rubrica di recensioni musicali, che è meglio.
Lo faccio, però, con una scelta precisa: perché vi si parla di evoluzione, che mai come oggi si tocca con mano quanto siamo ancora più vicini ai trogloditi che ai sapiens, ma anche di pensiero scientifico, che oggi farebbe tanto comodo fossimo qualcuno in più a maneggiarlo, e delle vette più "alte" mai toccate dalla musica "bassa", che oggi ci circonda e ci "butta giù" (cit.).
Del Banco del Mutuo Soccorso vi ho già parlato ai tempi della tragica scomparsa del frontman, l'immenso (anche fisicamente) Francesco Di Giacomo, e in quella occasione anche del loro primo epocale album. Oggi, per i motivi suddetti, parliamo del secondo, meno epocale ma non meno ricco di spunti, oltre che suonato altrettanto bene: i fratelli Nocenzi, cofondatori ed entrambi pianisti, vi creano con Di Giacomo e gli altri una alchimia di suoni che valse al gruppo ai tempi una meritatissima notorietà internazionale. L'uno e l'altro furono per me, che li maneggiavo in radio anni dopo, oggetto di archeologia musicale, pratica che mi impedì di naufragare, come invece toccò a molti miei coetanei, nei "tremendi" anni 80. Durante i quali - cosa non s'ha da fare per campare! - persino i Nostri scivolarono nel pop, ma senza mai scendere sotto a un livello minimo di qualità, Moby dick dimostra, e così quando il progressive tornò di moda, tra i ragazzi degli anni 2000, i loro concerti romani erano sempre gremiti di generazioni di appassionati, con noi vecchietti orgogliosi dei tanti giovani cultori che ci vedevamo intorno: impagabile!
Come al solito, vi fornisco la playlist completa, raccomandandovi l'ascolto continuativo ancora più del solito, trattandosi qui di un concept album in senso stretto, e subito dopo la tracklist commentata, se preferite accompagnare l'ascolto dei singoli brani con la lettura delle mie modestissime note.
1. L'evoluzione
Nei suoi 14 minuti di saliscendi musicali (com'è tipico del genere), sciorina una cosmologia atea che forse oggi a tratti suona ingenua (ma forse è solo un mio wishful thinking, forse non siamo tanto più avanti di quando io ragazzino facevo certi ragionamenti...), ma non dobbiamo dimenticare che uscì nell'Italia del 1972, faceva ancora scalpore l'ombelico della Carrà...
2. La conquista della posizione eretta
Questo dura "soli" 8 minuti e mezzo, in cui una cornice musicale epica racchiude e dà senso ai pochi versi che raccontano di quei nostri progenitori che per primi furono capaci di guardare lontano senza salire sugli alberi, e quindi di attraversare grandi spazi aperti evitando i predatori per iniziare a colonizzare il pianeta.
3. Danza dei grandi rettili
"Breve" interludio strumentale, in cui sembra davvero di vedere ballare i dinosauri. Tanto che gli si perdona l'errato posizionamento nel flusso temporale: verrebbe qualche decina di milioni di anni prima del brano precedente....
4. Cento mani e cento occhi
Come si può raccontare in pochi minuti il vantaggio competitivo della socialità estesa? Così. Stiamo parlando di un fenomeno che impiegò migliaia e migliaia di anni per affermarsi, migliaia di anni prima di quello (durato millenni anch'esso) con cui la stanzialità vinse sul nomadismo, Abele su Caino. E dei ragazzi poco più che ventenni ce lo fanno capire in un attimo.
5. 750.000 anni fa...l'amore?
E infatti ecco qui che si affaccia nell'animo umano un modo diverso di garantire la riproduzione del proprio DNA: prima lo "scimmione" inseminava tutte le femmine che poteva, avendo la certezza statistica che qualcuno dei cuccioli del branco aveva parte del suo patrimonio genetico, poi comincia a desiderare di sapere quale, e mentre alla femmina basta odorarlo appena nato e poi crescerselo, lui ha bisogno di controllare lei e renderla inaccessibile agli altri maschi. Se ascoltate bene questo brano, capite meglio anche la società odierna, e anche la cronaca nera. E quel punto interrogativo, che colpo di genio!
6. Miserere alla storia
Rispettando in qualche modo le proporzioni, dopo 5 lunghi brani dedicati alla preistoria, ecco poche righe in cui si condensano tutti i 5 millenni che chiamiamo Storia dell'umanità. Ma che se fossimo lungimiranti chiameremmo Era della preestinzione...
7. Ed ora io domando tempo al tempo ed egli mi risponde.. non ne ho!
...perché la circostanza che siamo noi ad avere inventato, probabilmente per non impazzire, la misura del tempo, non significa che il Tempo vero, qualunque cosa esso sia, si curi in qualche modo di noi. A ricordarsene, si farebbero molti meno sbagli, sia individualmente che socialmente parlando.

Avete ascoltato bene il disco? Se avete il vinile o il cd, non usate il telecomando: alzatevi e andate a rimetterlo da capo. Ma anche se state ascoltando spotify o i miei link da youtube, immaginate lo stesso di stare conquistando la posizione eretta, e guardate quello che vi sta succedendo attorno da un punto di vista diverso, più alto e lungimirante, dal divano a cui vi hanno incatenato. L'evoluzione funziona così: quando succede qualcosa, quelli che per caso si trovano ad essere più adatti ad affrontarla sopravvivono e quindi hanno qualche probabilità di riprodursi, quindi i posteri somiglieranno più a loro che a quelli che erano meno adatti e sono morti prima di figliare. Visto da vicino, il processo non si capisce, come un mosaico visto col naso attaccato alle tessere. Ma in piedi a qualche passo di distanza il disegno si comprende. E io vi sto di nuovo parlando dei fatti in cronaca...

domenica 15 marzo 2020

STARE A CASA FA DARE I NUMERI...


Locandina e citazione sono tratte da un documentario molto interessante:
ovviamente non si è visto nelle sale italiane, e nemmeno se ne è parlato...
Non volevo parlare del Coronavirus, perché sono scaramantico come ogni buon meridionale, o forse solo per non dover aggiungere, in caso lo contraessi, alla sfiga di esserne stato beccato anche lo scorno di averne parlato nei termini che leggerete. A Roma mi direbbero "t'aa sei tirata", a Reggio "ti jittasti 'u picciu": meglio aspettare. Ma poi arriva la Lagarde, e poi Johnson, e mi scappa da dire tante cose che non sapendo da dove cominciare mi faccio aiutare dalla Madonna di Lourdes... e do i numeri.
Leggete nella foto: sono dati ufficiali. Da quando qualcuno ha fiutato l'affare Bernadette, a Lourdes si sono recate più o meno 500 milioni di persone malate. Di queste, sono guarite in maniera non spiegata dai medici circa 7mila, meno di una su 70mila. Poiché la Chiesa si tiene giustamente a prudente distanza dal dichiarare "miracolo" una guarigione che i medici non sanno spiegare, lo ha ufficialmente fatto per soli 70 casi. In 160 anni. Uno su 7 milioni. Lo so cosa state pensando, specialmente se siete credenti: ecco il solito feroce materialista cui non importa se quell'uno era lui o un suo caro, e che non tiene conto della potenza della fede e della speranza su ciascuno dei pellegrini. Potrei chiedere aiuto a Troisi, ma non lo faccio. Dico solo che non ho niente contro chi si attacca a qualsiasi cosa pur di trovare la forza di resistere a un brutto male e magari guarire, ci mancherebbe altro. Esistono forze dentro ciascuno di noi che hanno bisogno di leve diverse dalla logica per essere attivate, e fanno si che ci sia sempre, per ogni morbo o accidente, una certa percentuale di guarigioni spontanee, che i medici non sanno spiegarsi. Si chiama "effetto placebo", e se a uno gli funziona, qualunque sia il motivo, buon per lui. Ma proprio perché esiste questo effetto, è a lui che ci si rapporta per stabilire, in sperimentazioni a doppio cieco (nessuno sa chi prende il farmaco e chi solo eccipienti), se un nuovo farmaco o trattamento sia efficace o meno: lo è quando le guarigioni sono in numero superiore in misura statisticamente significativa. Ebbene, le guarigioni inspiegabili per i medici, figurarsi quelle per la Chiesa che sono un centesimo, sono in percentuale inferiore tra chi si è recato a Lourdes che tra chi non ci si è mai recato. Il che, a chi non fosse un feroce razionalista, potrebbe portare alla conclusione che Lourdes, più che essere inutile, porta male. E in ogni caso, le spese per la trasferta non possono essere a carico del servizio sanitario nazionale.
Se vi volete togliere uno sfizio, googleate "dati statistici influenza 2019", segnatevi i numeri e ripetete la cosa per gli anni precedenti. Evitate le risposte recenti, che sono in ogni caso influenzate (ahem...) dal coronavirus in cronaca e da quello che il cronista ha in testa di voler dire, o gli hanno detto di dover dire. Scoprirete, ad esempio, che:

  • il Corsera il 5 novembre 2015, forse nel quadro di una campagna per convincere gli anziani a vaccinarsi, riportava che ogni anno si ammalano in Italia dai 3,5 ai 6 milioni di persone, di cui diverse centinaia muoiono per conseguenza diretta dell'influenza, e circa 7/8 mila per conseguenze indirette e complicanze (ma negli anni successivi cresceranno, e non di poco);
  • il Quotidiano.net del 10 gennaio 2019 riportava che nella prima settimana di quell'anno erano state contagiate 323mila persone (si noti: non 20mila in tre mesi...);
  • Pharmastar il 15 aprile 2019 calcolava che ogni anno in Europa si ammala di influenza tra il 4 e il 15 per cento della popolazione, con una media del 9, e muoiono circa 40 mila persone l'anno, il 90% over 65;
  • secondo il Sole24Ore del 22 agosto 2019 i contagiati l'anno prima in Italia erano stati 4.780.000, con qualche centinaio di morti quasi tutti over 65 (tra cui mia madre);
  • il Messaggero il 15 novembre 2019, il mese precedente i primi casi di Covid19 a Wuhan, riportava che l'influenza 2019 aveva già messo a letto 341mila italiani: a letto, non in giro con o senza sintomi che come si fa a contarli, e all'inizio della brutta stagione, che alla fine si sarebbero contati a milioni come sempre (infatti lo stesso pezzo riporta una dichiarazione ufficiale di Influnet, roba targata ISS e Ministero della Salute, che quantifica a 8 milioni i contagiati dell'anno prima, con 800 in terapia intensiva e 200 morti);
  • infatti, il bollettino di Influnet di quest'anno, al 16 gennaio, col Covid19 che si pensava ancora fosse una roba dei cinesi e col focus su "vecchi vaccinatevi e di prescia", recitava che i contagi dall'autunno scorso fossero già arrivati a 2.300.000, e puntavano a 3 milioni - significa, a rigor di logica, che: 1) i vaccini antinfluenzali sono inutili se intanto il virus cambia, 2) forse il coronavirus è arrivato prima di quanto si creda, oppure 3) da quando è arrivato per prima cosa si è pappato il virus precedente;
  • due mesi dopo, persino Il Giornale si affanna a dimostrare statisticamente che il Covid19 è diverso da una normale influenza, per giustamente accodarsi alle raccomandazioni governative (era il 7 marzo, i divieti assoluti e ubiqui dovevano arrivare), ma senza accorgersi che a leggere bene i numeri (per questo vi ho messo il link, a differenza degli altri che o vi fidate o ve li cercate da soli, tanto troverete cose simili) si evince il contrario.

Perché delle due l'una: o il numero dei positivi al tampone corrisponde al numero dei contagiati, e allora effettivamente rispetto a una normale influenza la percentuale di decessi è più alta (oltre il 7 per cento, calcolo a spanne) ma la malattia è molto meno contagiosa, oppure il numero dei contagiati è in realtà molto maggiore, dell'ordine di grandezza di una normale influenza, e allora però la mortalità è molto inferiore al dato riportato. Le frazioni si studiano in terza elementare, non bisogna essere esperti in statistica.
E allora, perché sottoporre il Paese a misure che nemmeno sotto i bombardamenti? Per fermare un contagio che o è molto più difficile di quello dell'influenza, visto che abbiamo passato i 20mila casi solo dopo due mesi di riflettori puntati, o in realtà è altrettanto veloce, ma allora non è poi tanto più grave? No, la ragione è un'altra, e a saper leggere la ammettono pure: perché la vera differenza tra questa e una normale influenza è nel numero di contagiati che finiscono in terapia intensiva, e le nostre strutture sanitarie non sono in grado di soddisfare un tale aumento di domanda, specie quelle nelle regioni meridionali.
Mettiamola in piano: per aver smantellato, anche se ancora per fortuna non del tutto, la sanità pubblica, anziché potenziarla con i giusti investimenti come si doveva (e si poteva, anzi si sarebbe potuto se non ci fossimo legati mani e piedi a un regime monetario dispotico ed eterodiretto nell'interesse altrui) fare, oggi siamo costretti a fermare l'economia, creando un danno immediato che ammonta a svariate volte la cifra che sarebbe bastata a non smantellare e anzi a migliorare la rete ospedaliera. Dico immediato perché i 25 (ma fino alla sventurata ma rivelatrice uscita della Lagarde erano ancora 7,5) miliardi di risorse che tocca spendere per tamponare i danni del fermo emergenziale sono solo una frazione di quelli reali nel breve periodo, a loro volta una frazione di quelli che si assommeranno nel medio, da calcolare applicando la dimenticata formula del moltiplicatore keynesiano con il segno meno dentro. Per una volta, "danno incalcolabile" non è un modo di dire. Tanto che i tedeschi, con dati molto più bassi dei nostri (anche perché a lungo tenuti, come forse si doveva fare tutti, compresi in quelli della normale influenza annuale), hanno usato il loro sistema di banche pubbliche (che loro si sono tenuti, mentre ordinavano a noi di smantellare il nostro) per stanziare aiuti per oltre 550, di miliardi.
In questi giorni deve essere firmato il MES, il trattato secondo cui l'Italia conferisce svariati miliardi a un fondo che poi quando lo invochi per sanare i tuoi sbilanci ti ripresta parte dei tuoi stessi soldi, ma a interessi e in cambio di "riforme strutturali" tipo un ulteriore innalzamento dell'età pensionabile oppure la privatizzazione della sanità. Se lo firmeremo, forse sarà la prova definitiva che una gestione così imbarazzante della crisi in cronaca aveva qualche ragione altrove, ma sicuro sarà il colpo di grazia alla nostra economia (con, anche, un numero di morti da fare impallidire quelli da virus, vedi Grecia). Ma se anche non pensiamo male, e consideriamo quindi i provvedimenti presi come a questo punto inevitabili, ce n'è abbastanza per intanto non firmare un bel niente, e poi approfittarne per chiedere la riforma dei trattati europei e se no l'Italexit. Per fortuna ho visto sui social in questi giorni molte persone aprire gli occhi in tal senso, forse da questa disgrazia alla fine potrà trarsi qualcosa di buono. Tra l'altro, erano cose più o meno scritte nel manifesto elettorale dei cinquestelle, prima che accettassero di tradirsi pur di restare al governo.
A proposito, nel frattempo l'Inghilterra ha dato prova per la seconda volta in pochi mesi di una maturità democratica che noi ci sogniamo, la prima essendo il plebiscito elettorale a favore di chi prometteva di attuare la Brexit, a stroncare anni di bagarre parlamentare che stava sabotando un referendum (continuamente denigrato dalla stampa specie italiana). Come un padre a dei figli responsabili, il governo ha detto ai sudditi di Sua Maestà che probabilmente prenderanno l'influenza, come ogni anno, ma che quest'anno sarà più pericolosa specie per gli anziani quindi di stare attenti, ed ha chiuso il circenses ma non il panem. Evitando al Paese un bagno di sangue, gli ha lasciato in mano le risorse per aiutare i più sfortunati tra i propri cittadini. Ovviamente, la nostra stampa in molti modi schiava ha iniziato a deriderlo e deformarlo, non contenta della malaviruta che aveva fatto nell'occasione precedente. Evidentemente, noi italiani preferiamo essere trattati invece come dei bambini piccoli e un po' scemi: avrete anche voi visto in giro tanti in macchina da soli ma con la mascherina su, o visto in TV gli inviti a restare a casa dei vip (a cui non cambia niente - neanche a me cambia niente a parte la rottura di scatole, potrei starmene zitto, ma penso a tutti quelli che lavorano in proprio che tra un po' non avranno da comprarsi il cibo, e specie ai ragazzi che tentano di darsi da fare in tempi in cui il lavoro come diritto è stato smantellato peggio dei piccoli ospedali), o letto sui social invocazioni a misure ancora più draconiane da parte di uno dei tanti a cui evidentemente piace essere schiavizzati (la paura da sola non basta a giustificare coglionate del genere).
Allora io sto in casa, si, perché costretto, ma continuo a ragionare e a scrivere. E non m'importa niente se mi ritrovo a pensare le stesse cose di persone che considero avversari politici: io so chi sono, non è colpa mia se gli schieramenti mi cambiano sotto il culo. Io sono socialista, come mio nonno che per non prendere la tessera del fascio venne licenziato dalle ferrovie. Se il craxismo ha spostato il socialismo altrove non potevo farci niente, tranne che restare fedele alle mie idee: penso da sempre alla nostra Costituzione come un baluardo e una bussola per la democrazia sostanziale, e che si sia fatto sempre troppo poco per attuarla e rispettarla. Se essa consente cessioni di sovranità, il suo dettato fornisce esso stesso i paletti entro cui tali cessioni possono operare. Se aver ceduto sovranità a una Unione di Stati ci impedisce di aiutare il popolo quando e quanto serve (lo pensai e lo dissi già per L'Aquila e Amatrice), ecco dimostrato anche ai muri che bisogna riprendersi quella sovranità. E certo, bisogna anche evitare, combattendo la corruzione, che questo potere sovrano venga usato per l'arricchimento privato. Ma accettare il vincolo esterno non ci ha salvato, come forse pensavamo: ha solo aggiunto danno al danno.
Vi sento, vi sento: "questo magari domani, ma ora che si può fare, che poteva fare il nostro governo?" Beh, prevedere, e immediatamente e senza esitazioni, non la chiusura di tutte le attività economiche e poi magari il contentino di sospendere le tasse (che quelle invece servono a tenere in piedi il meccanismo del moltiplicatore, attraverso il rientro all'erario della spesa in deficit una volta che ha creato il reddito atteso), ma l'erogazione immediata di quanto serve per fronteggiare l'emergenza (come hanno fatto i cinesi che infatti in due mesi sono fuori o quasi): centri di terapia intensiva attrezzati a tempo di record, mascherine e guanti gratis per tutti, erogazioni di contanti immediate a chiunque non possa sostentarsi, e con un po' di calma anche agli altri danneggiati dal fermo forzato, e una campagna di comunicazione adeguata, atta a far sentire la gente protetta e non terrorizzata. E domani, passata la bufera, miriadi di piccole opere a far ripartire l'economia, assunzioni nel pubblico impiego di giovani ovunque servano, ristatalizzazione di tutti i settori cruciali, edilizia scolastica e strutture sanitarie come se piovesse, e il prossimo virus lo assorbiamo con una scrollatina di spalle, piangendo quelli che nonostante gli sforzi di una sanità che funziona non dovessero farcela, ma con la consolazione di aver fatto tutto il possibile per ridurne il numero. Invece che non essere in grado di aiutarli e per questo bloccare il Paese causando una recessione con le sue chissà quante vittime più o meno dirette, ma lontane dall'attenzione morbosa del nostro malato sistema mediatico. O, visto che ha funzionato, fermare il Paese e sospendere la democrazia alla prima avvisaglia, perché "prevenire è meglio che curare"...

giovedì 12 marzo 2020

RADIOCIXD 14: NERO A METÀ

Le parabole artistiche sono molto diverse l'una dall'altra: c'è chi parte con un capolavoro e non si ripete più, chi continua a crescere per tutta la carriera, chi fa alti e bassi tutta la vita, chi ripete se stesso per sfruttare il più possibile il perduto estro giovanile, chi ha invece il coraggio di abbandonare una strada redditizia per sperimentare, chi dopo un disco o due di immaturo rodaggio trova la sua chiave espressiva.
La curva di Pino Daniele è sui generis: il vertice lo tocca subito, ma lo mantiene almeno per sette anni, in cui sforna un capolavoro dietro l'altro. Il resto della carriera è controverso: per alcuni è troppo commerciale, per altri troppo italiano, per altri ancora troppo "methenyzzante"; l'unica cosa certa è che non ha mai smesso di migliorare nel suonare la chitarra. Ma dover scegliere uno dei primi album come prima recensione di questa rubrica che lo riguardi, è dura davvero. Me la cavo come al solito ricorrendo al privato: nel 1981 facevo il quinto liceo, e alla "gita d'istruzione", sul treno da Reggio a Firenze, io e i miei amici abbiamo passato ore a cantare a squarciagola, con Sergio alla chitarra, le canzoni di Pino Daniele, e soprattutto dell'allora ultimo LP.
Come i due album precedenti, Nero a metà è composto per intero di canzoni memorabili, e infatti le so ancora tutte a memoria, e so di essere in nutrita compagnia. Forse, rispetto soprattutto al disco d'esordio, non c'è più la dirompente novità. Ma se quello era stato uno squarcio nella scena musicale italiana, e questo invece la trova già pronta, il merito è soprattutto suo. D'altro canto, questa terza prova non risente assolutamente di cali dì ispirazione, in più offrendo qualche grado di maturità artistica in più e qualche ingenuità in meno.
Il livello è talmente alto da reggere alle perfezione persino allo sfottò: si ascolta quello amorevole ma spietato di Lillo e Greg al loro meglio, si ride (probabilmente ne rise anche Pino) di gusto, ma poi si rimette sul piatto il vinile per riascoltarlo per la milionesima volta.
Questo è il link alla playlist completa (la versione originale, perché i remix degli anni duemila hanno tolto qualcosa, fidatevi), i miei commenti pezzo per pezzo li faccio lo stesso, ma brevi: so già che per molti di voi sono superflui.

1. I Say i' sto ccà
Fin dal titolo è il manifesto della pinodanielità: mezzo americano mezzo napoletano. D'altronde il disco è dedicato a un "nero a metà" vero, Mario Musella, e dentro ce ne suona un altro, nei cui Napoli centrale peraltro Pino aveva iniziato: James Senese...
2. Musica musica
Un testo che è un manifesto, su una musica che già dal vinile si capiva cosa sarebbe diventata nelle esecuzioni live: se con la precedente non si poteva non urlare a "cu tutte stu burdell ca ce stà" qui non si può non farlo a "è tutto quel che ho..."
3. Quanno chiove
La conoscete tutti. Ed è una delle ragioni per cui fuggo dai karaoke: prima o poi arriva qualcuno che la vuole cantare... Ma è solo mia. E ciascuno di voi pensa la stessa cosa, legittimamente.
4. Puozze passà nu guaio
Le espressioni dialettali sono da manuale, come pure il loro essere a tratti inframezzate da brani in italiano, come capita a tutti noi che parliamo dialetto quando ci incavoliamo. Ma la chitarra sotto, quella l'hanno capita in tutto il mondo...
5. Voglio di più
Non ho trovato evidenze in Rete, ma mi pare di ricordare che questo brano lo cantò prima la Bertè. E' un lento struggente, anche questo da cantare, e infatti tutte le volte cantato, a squarciagola, con effetto catartico.
6. Appocundria
Prima ho parlato di dialetto: scusatemi. La lingua napoletana, qui si presenta con un falso sinonimo: non ipocondria, ma noia esistenziale... No, non è preciso, tocca sentire la canzone, che lo spiega così bene che scopro sia andata (giustamente) a finire nella Treccani!
7. A me me piace 'o blues
Vale quanto detto sopra sia per il mix italiano/napoletano, che per l'impossibilità di non urlarla tutta a squarciagola quando l'ascoltavi dal vivo. 
8. E so cuntento 'e stà
Siamo sui livelli di Quando chiove, e di Putesse essere allero del disco precedente. Qualcuno potrebbe dire che se non parlasse così bene d'amore non sarebbe napoletano...
9. Nun me scuccià
A proposito di canzoni catartiche, questa mi è capitata anche di farla coi Ristrittizzi, per cui posso affermare a ragion veduta che fa effetto pure da questa parte del palco. A che serve stà accussì....
10. Alleria
E qui sale la voglia di gridare, saglie a voglia 'e alluccà. Come quasi mai capita di solito con canzoni così lente. Forse è il vero gioiellino dell'album. 
11. A testa in giù
Questa invece è la title-track, o quasi: è il brano che contiene il testo che dà il titolo all'album. Ma che vuoooo cchiù?
12. Sotto 'o sole
Sembra quasi un'appendice, ma contiene già i semi di quello che diventerà Pino da grande: un chitarrista latin jazz di livello mondiale, qui su base samba. Con quattro versi quattro, ma lapidari, e in più di un senso: Pino maledizione non c'è più, e saglie sulamente a voglia 'e jastemmà, e nun ne parlamme chhiù!

sabato 7 marzo 2020

CIÒ A CUI HAI TENUTO

Pausa pranzo a panini in quel di Cerasari, mia mamma Luisa è
tra il fratello Mimmo e la cognata Teresa. L'immagine è tratta
da questa pagina del sito di Tenuta Surace, l'azienda agricola
con cui mio cugino Antonio la moglie Barbara e l'amico Aldo
tentano di tenere in vita la passione e i sogni di chi non c'è più.
Volevo rassicurarvi (lo so che non ve ne frega niente, ma mi piace pensare che a qualcuno magari si): no, non mi sono scordato del blog a furia di firmare copie del mio best seller, e no, non sono in quarantena (se lo fossi, peraltro, scriverei di più...).
Il fatto è che con questo virus a dominare sia la cronaca che la vita quotidiana di tutti (prima l'una e poi l'altra, a dire il vero), è difficile parlare di qualcosa che non ci abbia a che fare: vale per lo sport, il cinema, la musica, e soprattutto l'economia. Quindi, se uno si impone di non partecipare alla canea di commentatori a cacchio sul coronavirus, siccome non ci sono argomenti che cominciando a trattarli non si finisce per parlarne, i post restano in bozza e i giorni passano.
Violo le consegne autoimpostemi grazie a uno stratagemma che uso spesso: parlo di cose personali, che aggiungano qualche elemento di ragionamento senza accodarsi a nessun coro. Un ragionamento complesso su tutta la questione è in canna, e non ve lo risparmierò, ma a cose passate, se passeranno, o a emergenza esplosa sul serio, insomma quando si capirà se la bestia era carne o pesce, se non addirittura tofu.
Un anno fa esatto guidavo tutta la notte per riuscire a vedere ancora viva mia madre. Essendo lei una protofemminista sui generis, molto sui generis in verità, la "scelta" dell'8 marzo per morire non passò inosservata. Aveva 88 anni, e la uccisero... complicazioni polmonari in seguito a una influenza, o qualcosa del genere. Insomma, fosse morta un anno dopo sarebbe finita con ogni probabilità nelle statistiche. Non aggiungo altro.
Anzi, si. Come vi ebbi a raccontare già un anno fa, era una donna di una forza impressionante, e ne abusava spesso e volentieri. Non accettò mai di non avere più le risorse fisiche per prendere il suo fuoristrada, risalire le sassose fiumare del reggino, e andare a lavorare nella sua campagna. Contro ogni evidenza, mentre oramai non poteva nemmeno fare due passi dentro casa senza rischiare di cadere, accusava noi figli di "tenerla prigioniera" in casa altrimenti ce l'avrebbe fatta benissimo a comprarsi una macchina nuova e riprendere la vecchia routine.
Mi trovo a pensare a queste cose ovviamente perché una mamma ti resta sempre dentro e non importa a che età muore sempre tua mamma era, e perché noi tutti siamo portati a dare rilevanza a cose insignificanti come gli anniversari, come se il conteggio del tempo non fosse quello che è: una convenzione come un'altra. Ma ne traggo un insegnamento, come tutti dovremmo sempre cercare di fare con il comportamento, più ancora che con le parole, dei nostri genitori, e ho voglia di condividerlo: fate quello che amate, non vi lasciate condizionare. Mai. La storia dell'umanità è piena di eventi e situazioni, che questa in cronaca a confronto è una barzelletta che non fa nemmeno troppo ridere, in cui gli umani non hanno mai smesso di perseguire le proprie passioni: la letteratura è piena zeppa di esempi se non mi credete.
Buona vita, ve lo manda a dire Lisetta.

domenica 1 marzo 2020

RADIOCIXD 13: ANIMALS

E' una centrale a carbone esistente, ai tempi anche funzionante.
Pure i porci volanti esistono davvero, ma non ce ne accorgiamo.
Avendo intenzione di tenere questo blog ancora per qualche annetto, mi sono ripromesso di alleggerirne il tono generale pubblicando una recensione musicale ogni due o tre post di altra natura, il che mi dovrebbe consentire, visto che pubblico in media un post ogni 5 o 6 giorni e ho selezionato un totale di un centinaio di album da recensire, di arrivare al 2023 abbondante prima di dover passare alle compilescion, e di non tornare mai presto su di un artista già recensito. Se una eccezione si può fare, però, senz'altro è più che congruo che questa sia per i Pink Floyd.
Con loro accade un po' quello che accade coi Genesis: c'è sempre un fan più puro degli altri. Io ad esempio penso che i Genesis "veri" fossero quelli con Gabriel, ma più del per me sopravvalutato Lambs amo alcune cose dei tre album successivi; però ci sono amici che hanno continuato a seguirli persino quando li ha lasciati Collins (che li aveva trasformati in una band pop per giunta affidandogli gli scarti del suo repertorio da solista pop), ci sono altri che Lambs è il capolavoro assoluto, e altri ancora che già in Selling England trovano segni della deriva successiva, amici che hanno seguito uno o l'altro degli esponenti nelle carriere soliste, e altri che schifano persino i capolavori di Gabriel. Allo stesso modo, io penso che l'anima dei Pink Floyd sia Waters e quindi quelli veri siano morti uscito lui e anzi la loro anima si sia intravista soltanto a sprazzi nella sua carriera solista, ma ci sono amici che hanno conosciuto solo la band dei tempi dei folli concertoni di Cinecittà e Venezia (per noialtri solo rappresentazioni teatrali senza anima) e l'hanno seguita fino alla fine, magari riuscendo anche ad apprezzare i pallosissimi dischi di Gilmour, e altri che precisano che The final cut è un disco di Waters in cui suonano i Pink Floyd fatto con gli scarti del mitico The wall, altri che anche quest'ultimo è un opera pop-rock frutto delle ossessioni di Roger ma niente a che vedere con la visionarietà e l'innovazione dei dischi dell'epoca d'oro, e altri ancora che già la trilogia Dark side - Wish you were here - Animals era roba commerciale, fino a quelli che solo l'epoca psichedelica, e a quelli che no solo quelli di Barrett erano i veri Pink (quindi solo un album, in pratica).
Nonostante tutto ciò, secondo me ci sono varie ragioni, però, per considerare Animals un capolavoro (e se non credete a me sentite Scanzi):
  1. è ispirato a un capolavoro della letteratura distopica come La fattoria degli animali di George Orwell (e infatti tempo fa parlando di quel libro ho citato questo disco);
  2. con la sua spietata critica alla società occidentale, dimostra di aver compreso il vero messaggio artistico di Orwell, che invece è noto anche in base al superficiale quindi erroneo convincimento che scrivesse in funzione anticomunista;
  3. è l'ultimo vero lavoro condiviso (corale non si può dire già nemmeno di Dark side...) dei Pink Floyd (il successivo The Wall può piacere, e a me piace molto, ma è già praticamente quasi un disco di Waters dove suonano gli altri, come fu ammesso per il seguente The final cut);
  4. ci sono 5 brani in tutto, ma di fatto sono 3, e sono tutti e tre letteralmente strepitosi.
Prima di commentarli uno a uno, però, c'è da precisare, ove servisse, che per gli album dei Pink vale più che per ogni altro disco l'assunto per cui vanno ascoltati per intero. Se non avete tempo, rimandate a quando ce l'avete. E se non siete abituati a questo tipo di ascolto, se in altri termini siete figli dell'era spotify, vuol dire che vi serve ancora di più, come a chi crede che il teatro sia Made in Sud non avendo mai visto una commedia di Eduardo. Fidatevi. Per cui ecco il link al tube intero, che poi supera in totale di poco i 40 minuti (costringere gli artisti a limitarne la durata, come faceva l'analogico, migliorava la qualità media degli album), e poi anche la tracklist:

1. Pigs on the Wing (Part I)
A leggere chi se ne intende questa è una breve canzone d'amore in due parti, dedicata da Roger alla moglie. A me è sempre sembrata l'accorata degna introduzione al tema sociopolitico del disco, fatta attraverso un punto di vista intimo, come è giusto che sia.
2. Dogs
Oltre 17 minuti di suite, in cui le invettive contro i cani, il variegato corpo di guardia del potere, si mixano perfettamente a una serie di assoli e sottofondi che ne sottolineano e precisano il significato, al di là della pregevolezza assoluta delle esecuzioni.
3. Pigs (Three Different Ones)
Qui la durata scende a 11 minuti e mezzo. Ma non scendono affatto né la durezza esplicita delle invettive, stavolta direttamente contro il potere stesso e le diverse forme che prende (e si, facendo cognomi e identikit precisi, ma l'eternità del brano fa si che si possano cambiare a piacere) né il livello esecutivo di voce e strumenti.
4. Sheep
Il mio brano preferito è il più corto dei tre lunghi, e comunque supera i 10 minuti. A incorniciare il racconto della rivolta orwelliana delle pecore contro i cani, finita poi con il rimpiazzo di questi ultimi da parte di alcune delle prime (perché non c'è speranza, la struttura del potere è una costante sociologica eterna), una intro di tastiera così perfetta che l'ho usata per anni come sigla radiofonica, e una coda schitarrata che quando la facevamo con i Ristrittizzi piaceva tanto ai miei amici che la allungavano ancora di più dell'originale. Il tutto su un giro di basso memorabile che non molla mai, e a un certo punto assurge ad assolo.
5. Pigs on the Wing (Part II)
Come per la prima parte, non sono d'accordo sia un rifugio nel privato. A me pare invece la confessione di una pecora diventata cane. E quindi la denuncia anche della famiglia come parte del sistema di potere. Non c'è scampo. The Wall è in canna.

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