sabato 6 settembre 2025

PRO-METEO

I miti greci ci appassionano ancora in tanti per molte ragioni, la più importante delle quali, forse, è che raccontano ancora, incredibilmente per qualcosa scritto 2500 anni fa circa, tutte le sfaccettature dell'animo umano e dell'esperienza di vivere. Quasi come se il fatto che non venga più attribuito il valore religioso al politeismo ne potenzi anzichenò il valore metaforico.

Prendiamo Prometeo (ve la racconto in breve, i dettagli su Wikipedia): già dal nome è "colui che ci pensa prima", e ha un fratello che si chiama Epimeteo ("colui che ci pensa dopo") e fa un sacco di guai, ad esempio donando doti a caso agli animali (ecco che molti sono più forti veloci e resistenti di noi, nuotano meglio e volano) prima che il fratello in corner ci attribuisca le doti rimaste, intelligenza e memoria, a dispetto di Zeus che temeva le avremmo usate contro gli dei. Poi la fa ancora più grossa: ruba il fuoco agli dei e lo consegna agli umani. Ciò gli varrà una punizione orrenda. Mentre gli umani avranno qualcosa da custodire (ancora per i Romani il fuoco sacro aveva un ruolo di fulcro sociale) di simbolico e di utile per affrancarsi dal giogo degli dei. Guaio a cui Zeus rimediò in parte donando a Pandora, moglie di Epitemeo quindi cognata di Prometeo, un vaso con tutti i mali del mondo, che la sciagurata aprì per curiosità lasciando che fatica malattia vecchiaia pazzia passione e morte si propagassero.

Non sembra anche a voi che i migliori sceneggiatori di Hollywood non potrebbero inventarsi qualcosa non dico di meglio, ma anche di un minimo vicino all'efficacia di questa rappresentazione della condizione umana? E infatti, si potrebbe dire che quando trovate una storia efficace scava scava potreste scoprire che "pesca" in un mito greco e che dopo Omero non ci siamo inventati più nulla. Ma senza divagare, tornando a dove volevo andare a parare all'inizio, il mito di Prometeo è simbolo della presa di distanza dell'uomo dagli dei in entrambe le direzioni possibili: nel bene, perché il fuoco rappresenta l'archetipo di tutta la tecnologia via via padroneggiata (moltiplicando ogni volta il rendimento delle risorse naturali quindi la possibilità del pianeta di sostentarci), e nel male, perché ogni volta che saliamo un gradino apriamo un vaso di Pandora da cui fuoriescono e imperversano problemi che non siamo in grado di controllare.

Questo paradigma è in grado di farci comprendere l'odierna "moda" del "cambiamento climatico", mantra ripetuto a ogni piè sospinto per giustificare ogni tipo di politica redistributiva verso l'alto attuata e da attuare nel prossimo futuro. Zeus non si è mai rassegnato al furto del fuoco; allora usa i suoi superpoteri per convincerci a restituirlo, e il bello è che sembra pure che con molti ci stia riuscendo. Quando invece dovremmo usare il fuoco per fare quello che alla specie umana è riuscito meglio sin dai suoi albori e a cui deve il dominio sul pianeta: adattarsi al cambiamento. E, ad esempio, pretendere un piano massiccio di salvataggio del territorio dal rischio idrogeologico, che avrebbe risultati più certi e rapidi che abbassare di un grado le temperature medie riducendo le emissioni di CO2, ammesso che ci si riesca, a costi molto inferiori. O un piano integrato nazionale di riqualificazione degli acquedotti e riduzione al minimo delle enormi perdite della rete idrica, anziché tentare a ogni piè sospinto di annullare i risultati di un referendum popolare privatizzando l'acqua così poi manca solo l'aria. Tra l'altro, entrambi i progetti assieme costerebbero meno del famigerato ponte sullo Stretto, e a differenza di quest'ultimo (che per sua natura non ne avrà, e chi sostiene il contrario o è in malafede o non capisce Keynes) avrebbero fortissimi effetti di moltiplicazione del reddito, tali da azzerare a stretto giro il deficit acceso dagli investimenti (per il ponte invece un vero e proprio buco nero). E non ho citato gli indispensabili, in Italia, interventi di recupero del patrimonio abitativo in chiave antisismica, che costino quello che costino costano sempre meno delle interminabili e mai complete ricostruzioni a posteriori, e che lo stesso Salvini non si accorge di sponsorizzare quando dichiara che se venisse un nuovo terremoto tipo 1908 il ponte sarebbe l'unica cosa a restare in piedi (sic!). Al posto dei quali invece aderiamo agli assurdi diktat europei sulle cosiddette "case green", in pratica un esproprio parziale se non una confisca in quanto a carico dei proprietari. E chi osa protestare, come per la bufala senza mezzi termini delle auto elettriche, viene rintuzzato come antiambientalista che non vuole arginare il cambiamento climatico.

E torniamo a Prometeo, stavolta stravolgendo l'etimo del suo nome, come se fosse "a favore del meteo". Le previsioni, che una volta erano un rito preserale quasi sacro presieduto dal "sacerdote" colonnello Bernacca, oggi sono dovunque e comunque consultate di continuo, senza rendersi conto che: uno, ci pigliano a stento (e nelle 24 ore, quelle a giorni essendo solo probabili, e con forte decrescenza, quelle oltre la settimana equivalenti all'oroscopo); due, sottintendono di continuo il teorema "cambiamento climatico" cavalcando opposti allarmismi con capriole logiche spettacolari per acchiappare click da un lato e dall'altro obbedire al padrone che quel teorema vuole imporre. Così, ogni ondata di caldo è eccezionale, ogni acquazzone evento estremo: le oscillazioni normali del tempo non esistono più. E questi sedicenti scienziati, di una materia così complessa che i loro stessi modelli matematici mostrano (a chi lo vuol vedere, purtroppo anche qui funzionano le trappole mentali dell'oroscopo, per cui ricordiamo solo quando raramente ci piglia e non quando quasi sempre toppa) di non funzionare nelle previsioni, asseriscono di poterli usare per addirittura modificare il clima: riduco la co2 di un tot, diminuiscono le temperature medie di un tot, e rallento o azzero il cambiamento climatico. Altro che Prometeo, qui siamo al dottor Frankenstein, e pure Junior, cui bisogna sempre rammentare che le variabili in gioco sono troppe e con dinamiche troppo complesse per poter tentare di governarle, magari con una battuta: "potrebbe andar peggio, potrebbe piovere!". Erutta il Fuji, ed ecco che le temperature medie del pianeta calano al punto di innescare una mini-glaciazione, altro che riscaldamento globale...

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