giovedì 31 marzo 2022

VITE ROVINATE

Chissà, forse un giorno qualcuno si prenderà la briga di contare con equilibrio e razionalità quante vite sono state rovinate in conseguenza diretta del covid19 e quante invece lo sono state per via di una delle millanta fesserie che sono state montate l'una sull'altra perché il castello stesse in piedi. Tra queste, non poteva mancare "il Giorno": per ogni castello di menzogne c'è un Giorno che lo celebra, come poteva non esserci quello in memoria delle vittime del covid? E tu, che nel tuo cuore soffri per ogni vittima di ogni cosa ma quando si arriva alla celebrazione istituzionale nel tuo buco del culo ti suona un campanello (per la verità in questo caso ti suonano le campane di tutte le chiese, e da molto prima), non puoi nemmeno dirlo, un ma, che subito sei bollato come insensibile (come ti permetti? tutti quei poveri morti!), esattamente come quando nel Giorno della Memoria ti permetti di opinare che l'olocausto ebraico è stato solo uno tra i tanti eccidi, e nemmeno il primo in classifica dell'orrore, e non ti riferisci certo alle foibe che dalle e dalle il loro bel Giorno del Ricordo l'hanno ottenuto, ma a massacri di gente a milioni su cui sono fondate molte nazioni dell'Occidente sedicente democratico (ad esempio, per non fare nomi, gli USA).

Equilibrio e razionalità, dicevo. 150mila e rotti morti, dicono. In tre stagioni influenzali. Si potrebbe dire: come tre stagioni influenzali dure come quella del 1970, consecutive. Al tempo, infatti, non esistendo il fatidico tampone (tecnologia giudicata dal suo stesso inventore inadatta all'uso che ne è stato fatto, e la cosa è stata presa per buona solo per giustificare il super green pass, per ottenere il quale i tamponi non servono, ma con acrobazia logica vertiginosa continuano a essere indispensabili per poter entrare in sala operatoria), l'etichetta "morto per virus" e la relativa contabilità erano molto diverse. Tanto che non c'è un modo corretto di confrontare le statistiche degli ultimi tre anni con quelle storiche, e chi lo fa o è in malafede o è vittima di inganno o autoinganno. Ma un modo indiretto per dedurre che qualcosa non quadra c'è: la diminuzione drammatica delle altre cause di morte. Per neutralizzarla dai calcoli ci sarebbero due vie, entrambe grossolane: o estendi agli ultimi tre anni i morti per altre cause degli ultimi anni precedenti, e vedi di quanto diminuisce il totale che si può attribuire senz'altro al covid, oppure prendi l'eccesso di morti rispetto alla media del decennio precedente, e togli quanti di loro sono morti perché magari non curati, suicidi per disperazione economica, o per malori inspiegabili e improvvisi dopo essersi vaccinati, e di nuovo vedi eccetera eccetera.

Se dopo tutto questo procedimento restasse comunque un eccesso di vittime, la sua proporzione sarebbe senz'altro meno impressionante delle cifre sbandierate quotidianamente da oltre due anni, certo molto meno adatta a giustificare tutte le disastrose misure messe in piedi. Ma io nel titolo non parlo specificamente di morti, ma di "vite rovinate". Perché tolto chi, quasi sempre avendo altri problemi, alla fine di covid è morto, povero lui e i suoi cari, e magari anche chi è stato ricoverato a lungo e si è portato appresso uno strascico di problemi, e poi si anche tutti coloro che sono passati dalla terapia intensiva, ecco, una volta tolti questi, per tutti gli altri, i milioni di altri, che hanno contratto e ricontratto il covid, il danno diretto è stato nel peggiore dei casi qualche giorno di influenza, e molto ma molto più spesso "poco più di un raffreddore" (cito i soloni a proposito della Omicron, che reputandola tale si fanno i belli sbandierando la fine dell'emergenza - semplificando nello stesso decreto le modalità per ricominciarla -  ma ripeto non si sono preoccupati di far smantellare gli assurdi protocolli sanitari che impongono tamponi molecolari il giorno prima dell'anestesia, per cui ti rifiutano un intervento che non reputano vitale mentre magari per te lo è, e tu manco sei raffreddato) e ancora più spesso molto ma molto meno, se non niente (i milioni di "asintomatici", neologismo con alone semantico di "untori" appioppato a persone sane per alimentare il terrore).

Quindi, in attesa di un conteggio preciso, ecco il mio. In totale, tra morti e "feriti" di covid, arriviamo forse a qualche centinaio di migliaio di italiani che hanno perso la vita o l'hanno avuta rovinata direttamente dal virus. Contiamo ora, sempre a spanne, i morti e i feriti delle misure anticovid. Cito a memoria, ma vi invito a integrare l'elenco da voi. Piccoli imprenditori falliti: centinaia di migliaia, ma bisognerebbe contare le famiglie (che se a tuo figlio attacchi il covid molto probabilmente non gli fa niente, ma se subisci un tracollo economico gli togli il pane di bocca). Medici e infermieri senza lavoro, in un settore che certo non registrava esuberi. Malati di altre malattie trascurati, alla faccia della prevenzione, per via di una marea di reparti chiusi o ridimensionati e resi ad accesso problematico, in una rosa che va dall'oncologia alla procreazione assistita, includendo tutti gli apparati corporei e tutte le età. L'elenco è lunghissimo, e anche non volendo contare le semplici rotture di scatole di reclusioni assurde per protocolli ad minchiam aggravati e alleggeriti sempre ad minchiam, anche senza contare le vittime indirette della tremenda recessione attivata a partire dai lockdown e di certo nemmeno scalfita dai ridicoli piani di carità pelosa made in UE, prima del colpo di grazia della escalation bellica causata ancora una volta dall'imperialismo USA e relative ricadute sull'energia e il grano (due robette che toccano la vita di tutti), siamo a milioni di vite rovinate. Milioni, tra cui anche molti sciagurati che danno la colpa alla pandemia o a Putin - perché rifiutare una spiegazione semplice che ti servono a portata di mano, d'altronde? si risparmia la fatica di pensare, e non ci si mette nei guai.

Morale della favola: se l'avessero trattata come dovevano, cioè come una influenza più seria del solito, attrezzando la sanità (non potendo rimediare in un mese ai tagli di decenni, ma magari in un anno si) ad affrontare l'emergenza e istruendo i giornalisti a non creare e fomentare allarmismi (anziché, come hanno fatto spudoratamente, il contrario), senza minimamente occuparsi di chi non avesse sintomi seri o addirittura non ne avesse affatto, della epidemia se ne sarebbero accorti solo le vittime e i loro cari, più o meno come sempre (a me è accaduto nel 2019). E una società e una economia sane avrebbero potuto aiutarli certamente meglio di quanto è successo in questo disastro. Per tutti gli altri, sarebbe passata liscia. E invece. E invece. Ora, io continuo a preferire che lo abbiano fatto apposta, che i cosiddetti effetti indesiderati delle misure resosi necessarie non siano invece che i veri obiettivi di misure altrimenti assurde. Ma se non volete passare anche voi per complottisti, potete anche pensare che non lo hanno fatto apposta, dal che si deduce visto il bilancio che siano degli incompetenti. Meglio essere governati da farabutti o da scemi? ecco un dilemma vecchio come il mondo.

Chiudo con un link. Qualcuno di voi ricorderà una delle tante volte in cui vi ho detto che il green pass resterà, e sarà legato alla transizione gretina. Ecco le prime prove pratiche.

No, due. Questo botta e risposta posticcio tra Draghi e Mazzucco è impagabile.

Meglio tre. Perché questo post di Pecchioli spiega benissimo il legame stretto tra le tre "guerre", pandemia, ambiente e Ucraina.

sabato 26 marzo 2022

RADIOCIXD 54 - ALBUM CONCERTO

Gli album dal vivo ormai da tempo "suonano" almeno come quelli in studio, tanto importanti sono diventati nell'era dei singoli e delle raccolte (o se preferite delle playlist) a cui li accomuna l'offerta di un "pacco" di brani noti quindi attraenti e da cui li distingue il "vestito nuovo" degli arrangiamenti. Ma nell'era dei computer la cosa è quasi scontata, la fase di ritocco informatico in postproduzione essendo oramai preponderante rispetto all'esecuzione materiale, sul palco o in studio che sia.

Negli anni 70 invece ancora un live era la registrazione dal vivo durante uno o più concerti, più o meno come veniva veniva, risultando da un lato immediatamente avvertibile la minore qualità del suono, e dall'altro quasi palpabile la sensazione di autenticità e unicità. In questo album famosissimo e iconico, infatti, Guccini e i Nomadi sono degli amici che si ritrovano assieme a suonare sul palco, e si sente. Anzi, si vede pure fu registrato anche il video delle stesse esecuzioni, solo senza i (fantastici) parlati e con la scaletta diversa, e si trova ancora facilmente sul web, tanto che ve lo ripropongo in coda al posto dei singoli tube.

Narra la leggenda, infatti, che il giovane Francesco non si iscrisse subito alla SIAE, per cui i suoi primi brani se li intestarono amici della futura Equipe84 (band che per prima inciderà Auschwitz) o dei Nomadi (che poi, chissà forse anche per risarcirlo, quando lui finalmente si registrò come autore incisero un paio di album di canzoni sue, ben prima di questo qui). Il disco di cui parliamo oggi, quindi, non è solo archeologico per noi adesso, lo era anche per quelli che ci suonarono ai tempi, essendo una ventina d'anni che si "praticavano". E si sente.

Lo spirito con cui va riascoltato è dunque quello con cui ci si accosta da dietro a un divano in cui siedono alcuni vecchi amici che sfogliano delle loro vecchie foto, sfottendosi a vicenda per non commuoversi: curiosità divertita, commozione, e comunque ammirazione per quello che sti vecchi rimbambiti erano capaci di fare da giovani.

Le canzoni, infatti, quasi tutte meritatamente arcinote, sono così belle e mature che ci si scorda (o se non lo si sapeva non ci si crede) che a suo tempo le scrisse un ragazzo di vent'anni. Per cui come al solito vi snocciolo la tracklist commentata, si, ma pigliatevi il tempo di guardare e ascoltare il video in fondo, che supera la mezz'ora di poco.

  1. Canzone per un'amica -  La motorizzazione di massa era al di là dal venire, e già il ragazzo ci cantò quasi in soggettiva un tragico incidente autostradale (il primo titolo del brano, per fortuna presto cambiato, fu "In morte di S.F."). A chi non la conoscesse se ne sconsiglia l'ascolto guidando, o perlomeno si avvisa di approcciarla pronti a reprimere l'istintivo moto di entrambe le mani verso i maroni, non fosse altro onde evitare di diventare - avendo lasciato il volante - materiale buono per una riedizione aggiornata (che poi chissà chi la scrive, e voi nemmeno la ascoltereste). In questo commento ho adottato appositamente uno stile gucciniano (quello che lui ha sempre usato nelle lunghe affabulazioni dal vivo tra un brano e l'altro, col bicchiere di vino in mano), anche perché la canzone gli è così cara da averci sempre invariabilmente aperto tutti i concerti (che sempre e invariabilmente poi chiudeva con La locomotiva).
  2. Atomica - Anche questo brano ebbe un suo primo titolo, con l'attributo "cinese" che poi cadde, a generalizzare il discorso, estendendolo di validità. Di quanto, purtroppo, basta guardare qualsiasi telegiornale per toccarlo con mano. Ai tempi, Guccini dichiaratamente sperava che questo ed altri brani su guerra e dintorni fossero già diventati obsoleti, chissà cosa pensa oggi che sono attuali ancora cinquant'anni dopo.
  3. Noi non ci saremo - E' talmente "da Nomadi" questa canzone, che sentirla con l'inconfondibile contributo vocale del compianto Augusto Daolio (purtroppo pertanto impossibile da rimpiazzare, come dovettero constatare Carletti e soci tra un tentativo e l'altro: la tecnica è una cosa, la personalità un'altra) è impagabile. Segnalo però (e perciò) un'altra versione notevole di questo brano, dovuta a un altro artista dalla personalità marcatissima: Giovanni Lindo Ferretti coi CSI.
  4. Per fare un uomo - Anche qui Daolio ci mette del suo. Citazione da poster: "E cade la pioggia e cambia ogni cosa, la morte e la vita non cambiano mai; l'inverno è tornato, l'estate è finita, la morte e la vita rimangono uguali".
  5. Primavera di Praga - Altro brano purtroppo condannato a ritrovare sempre in qualche modo attualità. Dietro l'angolo, però, c'è sempre il rischio di fermarsi al parallelo più semplice e intuitivo. Per evitarlo, ricordo che quei ragazzi "comunisti" cui Guccini scrivendo questo pezzo in pratica diede voce stigmatizzando i carri armati sovietici per le vie di Praga (in occidente li vedremo solo a Reggio Calabria due anni dopo, come faccio raccontare a uno dei protagonisti del mio Sushi marina...) erano i fratelli minori di quelli (tra cui il futuro bipresidente Napolitano) che plaudivano ai carri armati sovietici per le vie di Budapest. Oltre che i nonni di quelli che oggi accettano supini l'associazione di idee comunisti-Putin dimenticando quella nazisti-Zelensky.
  6. Dio è morto - Ho un vago ricordo da bambino di una Hit parade radiofonica in cui veniva citato questo brano ma poi non veniva mandato, ma forse è la classica ricostruzione postuma a partire dalla storia - vera! - di questa canzone: censurata dalla RAI (forse senza nemmeno sentirla fino alla fine, evidentemente) e invece passata da Radio Vaticana col beneplacito di Paolo VI in persona, cui pare piacesse parecchio.
  7. Canzone del bambino nel vento (Auschwitz) - Anche per questo brano valgono due cose già dette per altri: è purtroppo sempre attuale, e purtroppo spesso in modo travisato. Ci sono infatti due modi di ricordare questi eventi, con o senza riferimento alla "giornata della memoria": quello sbagliato, e purtroppo molto più diffuso, è cristallizzare gli ebrei nella parte dei buoni e i nazisti in quella dei cattivi (curiosamente, però, facendo salvi i tedeschi anche quando attuano mire imperialistiche attraverso la loro UE e i nazisti persino sedicenti tali quando fanno comodo alle stesse mire come quelli ucraini), quello giusto è ricordare che sempre tutti corriamo il rischio di rientrare tra i gassati come tra i gassatori, tra quelli che passano per il camino come tra quelli che attizzano il fuoco. Come dimostra persino la storia e la cronaca dello Stato di Israele.
  8. Noi - Ovvero, quando una generazione possedeva e coltivava una sua identità, e pensava fosse suo diritto e dovere usarla per cambiare le cose. Dopo, "il sistema", forse avendo imparato la lezione, ha scientemente sistemato le cose in modo che questo fenomeno sociale non si ripetesse mai più, sennò col cavolo che chiudevano in casa o costringevano alla rovina economica, poi a vaccinarsi e a munirsi di patentino verde, dei ragazzi che avevano lo zero virgola zero qualcosa di probabilità di avere danni seri da un presunto virus letale.
  9. Statale 17 - Nel pistolotto introduttivo (mannaggia, speriamo che nel video ci sia...) tra le risate si apprende il retroscena dell'amicizia cui si deve tutto l'album: anni di divertimento "povero ma bello" ambientati lungo una via Emilia che sembra la Route66 (infatti "tra la via Emilia e il west" si chiamerà il live successivo), tra millecento che si vorrebbero Pontiac e personaggi dai nomi che gli tarpano destini alla Kerouac e alla James Dean. Comunisti che sognavano l'America, scrivendo testi politici su ballate dylaniane o talkin' blues. Che tenerezza, boia d'un mond lader!

sabato 19 marzo 2022

INCUBO NUMERO ZERO

Lo confesso: sto seriamente pensando di chiudere il blog. Lo so che sarete in pochi a stracciarvi le vesti, non ve lo vengo a dire per questa ragione, ma perché i motivi che mi ci condurrebbero riguardano tutti noi. E anche tutti i filogovernativi, si, che hanno fermamente sostenuto la legittimità di una serie di provvedimenti incostituzionali e liberticidi con l'argomento (tutt'altro che statisticamente dimostrato: non mi arrendo, e so quello che dico) della eccezionalità della pandemia, ed ora si ritroveranno con ogni probabilità angariati da tutta una serie di provvedimenti ben peggiori molto meglio motivati da un bello stato di guerra e non potranno dire niente (salvo guardarsi allo specchio, o dirsi che zio Gino glielo aveva detto).

Certo, è sempre possibile prendersela con un nemico esterno (il virus o il cattivone russo valgono quanto i terroni per i bossiani o i negri per i razzisti, come fa gente che pensavo intelligente a non capirlo è per me un mistero), ma temo funzioni solo in parte, finché si tiene accesso il fuoco della menzogna a se stessi magari con l'aiuto dei tanti fornelli accesi di continuo da una stampa mainstream che pare proprio aver fatto con la pandemia le prove a gestire l'informazione di guerra, tanto è inqualificabilmente e vomitevolmente monocorde. Ma quando ti distrai, quando ti vedi riflesso nella vetrina camminando, quando ti addormenti, caro il mio covidiota oggi filonazista (inconsapevole, anzi presumendo l'opposto), non puoi controllare la verità che emerge dai tuoi incubi, come dai miei.

Il nostro mondo, infatti, sembra più forte ma è molto più fragile di quello dei nostri padri e nonni. Loro avevano una rete sociale solida, noi l'abbiamo rimpiazzata con una quasi esclusivamente impalpabile. Loro sono sopravvissuti a due guerre, combattute sul loro territorio. Noi non abbiamo nessuna possibilità di sopravvivere a una guerra combattuta nemmeno proprio qui. Quanto possiamo resistere senza elettricità, un giorno o due? certo non di più: niente frigo, niente riscaldamento o acqua calda, niente ricarica alla nuova carissima auto plug-in comprata a rate per sentirsi ecologici, e soprattutto niente smartphone o computer. Fate un pensiero del genere prima di andare a dormire, e siete fottuti.

Alle due o tre del mattino arriva l'incubo, e vi svegliate sudati nel letto. Magari avete pure urlato rischiando di svegliare colui/colei con cui dormite, e già questa è una consolazione perché magari basta toccarlo/a per tentare di recuperare un minimo di tranquillità cardiaca ed il sonno, se no non resta che alzarsi, come se dormite soli è l'unica. Siete a piedi (non ci sono più carburanti, né treni) per strada a tentare di raggiungere un figlio lontano, e non sapendo nemmeno se lo trovate dov'era o se è ancora vivo, perché non ci sono più cabine telefoniche e quasi nessuno ha telefoni fissi. Per mangiare o bere dovete rubare, o ruspare nei rifiuti, o sperare nella solidarietà di qualcuno, perché se voi avevate qualcosa l'avete finita o ve l'hanno rubata, ma in qualche modo siete ancora vivi e continuate a camminare. Non avete un soldo in tasca, perché nel frattempo i contanti li hanno aboliti, e la moneta elettronica ha bisogno di corrente, oltre che di obbedienza politica (chi osa criticare il governo, basta un click). I dettagli metteteceli voi. Il carburante ai vostri incubi ce lo mette la vostra sorda consapevolezza di essere stati i responsabili, in definitiva, di quanto vi accade: consentendo con il vostro consenso che chi aveva questi piani da anni cominciasse ad attuarli montando un circo equestre sulla cosa più disponibile in natura, il virus del raffreddore.

Ma torniamo al blog. Su Facebook c'era un gruppo dal nome "Movimento non sono un covidiota" o qualcosa del genere: cancellato, con tutti i post e i commenti di tutti, compresi le pochi menti che hanno continuato a pensare negli ultimi due anni, e si anche degli idioti terrapiattisti magari troll. Il forum di Comedonchisciotte c'è ancora, ma quella testata ha deciso di trasferire il proprio canale social principale su Telegram, per prevenire chiusure: è meno probabile che questo si comporti come Facebook, anche se non è certo. E comunque anche sul web si è precari: Sputniknews e Libreidee, che trovate in spalla destra tra i siti che seguo, per poterli ancora visitare bisogna attivare il VPN, quindi prima ancora bisogna sapere che c'è e cos'è (un accrocco che aggiungete al browser e vi fa navigare attraverso un nodo estero, che so rumeno o turco, permettendovi di raggiungere siti bannati in Italia). E il fatto di non avere notizie di conseguenze patrimoniali e penali ai detentori di questi e altri siti o gruppi social in lista nera non significa nulla: sono quel tipo di notizie che oggi trovate proprio solo sui siti a rischio di oscuramento. Quindi quando chiuderanno questa voce, e se non lo faranno sarà solo perché quantitativamente irrilevante, o il suo gruppo Facebook o Whatsapp, o magari anche i corrispondenti miei account su Google e/o Meta, semplicemente sarà come se non ci fosse mai stata, a parte per me e per quei dieci di voi, sui circa cento che in media mi leggete, che magari mi contatteranno per chiedermene ragione. Dovrei forse quindi ascoltare il consiglio di chiudere bottega ordinatamente, memorizzando il memorizzabile in locale, risparmiandomi almeno le conseguenze personali?

Sapete, il mio corso di laurea non era di quelli considerati tosti: Scienze politiche, indirizzo politico-sociale. Ma a suo tempo (eoni fa) l'ho preso sul serio: diversamente dal liceo (dove studiavo il minimo indispensabile e poi me la cavavo di furbizia e savoir faire), passavo tra corsi e libri ben più di una giornata lavorativa, fino alle sedici ore al giorno del periodo della tesi (sperimentale). Ma non è solo per questa ragione che mi sono laureato in tempo, senza nemmeno pagare le tasse del primo anno fuori corso: fu anche perché non ho mai saltato un appello d'esame, neanche se magari mi sentivo poco pronto. Facevo di tutto per essere il più preparato possibile, ma quando arrivava l'esame ci andavo, con quello che sapevo, andasse come andasse: pensandoci bene cosa potevano fare? rimandarmi all'appello successivo? bocciarmi, cioè rimandarmi alla sessione successiva? e se avessi rinunciato da me, non sarebbe stata la stessa cosa? Perché bocciarmi o rimandarmi da solo?

Quindi continuo. Anche perché sta cosa della guerra qualche occhio chiuso dalla pandemia ha cominciato a riaprirlo, qualche cervello spento per un tipo di paura forse quest'altro tipo lo sta riaccendendo. Leggo e sento amici ieri proni alla narrazione ufficiale del covid oggi ribellarsi a quella della guerra. Putin è quello che è, ma non salva né la nostra anima né il mondo cavarcela addossandogli ogni responsabilità. La guerra in Ucraina non è scoppiata oggi, ma nel 2014 quando l'occidente ha favorito una cosiddetta rivoluzione colorata mettendo al potere un suo fantoccio che intanto faceva le prove in un reality show. E non è una idea partorita oggi nella mente di un complottista, se volete la potete sentire dalla viva voce di Giulietto Chiesa in un video del 2014. O se non vi sta bene da lui perché era comunista, sentitela da uno che di governi fantoccio se ne intendeva, avendone istituiti e manovrati parecchi (tra cui la dittatura di Pinochet in Cile): Henry Kissinger. Aderendo alla propaganda di guerra le guerre non si fermano, si alimentano. Si fermano, forse, o comunque certamente se ne evita il ripetersi, solo cercando di capirne le cause vere, traendo la lezione dalla Storia. La NATO deve fermarsi a distanza dalla Russia. I popoli devono autodeterminarsi, ma i popoli quasi mai corrispondono agli Stati formati a tavolino come l'Ucraina, quindi il principio vale anche per quelli della Crimea o del Donbass (specie se quando ci conviene usiamo lo stesso ragionamento, come fu per il Kosovo). E, last but non the least, la Russia sul suo territorio non ha mai perso una guerra, citofonare Bonaparte o Hitler.

A meno di non usare le atomiche. Ma in tal caso chi mai potrebbe dirsi vincitore, e di cosa? Un certo Einstein una volta pare abbia detto che non sapeva con cosa si sarebbe combattuta la terza guerra mondiale, ma sapeva con cosa si sarebbe combattuta la quarta: pietre e bastoni.

E ora permettetemi di fornirvi, con tanto di consiglio pressante a prendervi il tempo di seguirli e leggerli uno a uno (come peraltro tutti quelli nel testo qui sopra), una serie di link di approfondimento, che la conoscenza è l'unica speranza di salvezza:

  • Roger Waters, ovvero il grande vecchio del rock, l'unico rimasto lucido attraverso i decenni al punto di mostrare fattivamente quanto e come il muro in Israele sia figlio di quello di Berlino, che ci mostra cosa vuol dire essere davvero contro la guerra e contro tutti i tiranni;
  • Libreidee (se riuscite a raggiungerlo, magari attivando il VPN), due pezzi su Putin da leggere integralmente, di Cattaneo e Sciorilli, e la trascrizione di un video di Giovagnoli sul bivio che ha davanti l'umanità;
  • Sputnik (come sopra), ovvero se dici la verità, ad esempio sul fatto che il rincaro dei carburanti è dovuto sia alla speculazione (quindi in ultima analisi ancora una volta alle liberalizzazioni) che alla composizione dei prezzi (in gran parte tasse, spesso a ripagare spese militari di anni fa), ti zittisco perché sei russo: viva la democrazia!
  • Grimaldi, ovvero morto Chiesa c'è ancora un grande vecchio, un Giornalista con la maiuscola, da seguire, ad esempio in questi due ultimi post su Stati canaglia e Nazismo;
  • Lanuovanorimberga.it, ovvero l'unico modo con cui davvero si potrebbe dire finita la stagione pandemica, con la condanna esemplare di un bel po' di soggetti, altro che proclami fasulli sui telegiornali di fine dell'emergenza mentre se ne prepara l'istituzionalizzazione;
  • Libero pensare, ovvero breve storia della russofobia, e purtroppo anche cronaca, culminata con la cacciata di un direttore d'orchestra e di una soprano russi dalla Scala perché si erano rifiutati di prendere le distanze dalla propria patria: questi geni della democrazia, purtroppo, non si rendono nemmeno conto del fatto che l'unico modo di giustificare in qualche modo la propria pretesa superiorità sarebbe agire esattamente nel modo opposto (come spiega, finché ce lo lasciano, il CEO della WTA).

E ora vi saluto con un brano di Lolli, che spiega il titolo del post. E forse anche tutto il resto.

sabato 12 marzo 2022

IO RICORDO

Della serie "ricevo e volentieri pubblico", un contributo di Pasbas dichiaratamente "troppo lungo per essere un semplice commento" al mio post precedente. Si tratta di un interessante chiosa, che condivido nei contenuti. Ma nel farlo il dietrologo che c'è in me scalpita e aggiunge un ulteriore punto di vista, già peraltro più volte nei miei post ventilato o direttamente esplicitato in varie forme: e se non fosse un caso? Se tutte le cose che dovremmo ricordare e invece siamo indotti a rimuovere non fossero che tappe verso un obiettivo preciso? 

Perché è questo che capita, quando si imbrocca l'idea corretta: tutto quello che fino a un attimo prima ti lambiccavi il cervello ma se addrizzavi una contraddizione di qua ti si apriva un buco logico di là, ora ti quadra e ti sembra perfettamente consequenziale. Tutto quello che sta accadendo in cronaca inizia con la caduta del Muro di Berlino (e De Andrè fu tra i pochi ad accorgersene subito: "la scimmia del quarto reich ballava la polka sopra il muro, ma noi che eravamo sotto le abbiamo visto tutti il culo") e non a caso culmina in una guerra contro la Russia. Di mezzo, espansione dell'UE verso est, accordi di Maastricht e creazione dell'Eurozona, progressivo svuotamento delle sovranità nazionali, espansione della NATO verso est, "rivoluzioni" colorate (una proprio in Ucraina, preparata proprio - indovinate - in TV), guerre con pretesti vari in mezzo mondo (con milioni di vittime innocenti per mano occidentale, che non significa che quelle per mano russa non siano da stigmatizzare, ma chi lo fa scordando le altre è un burattino o è in malafede), popoli che democraticamente tentano di opporsi votando per schieramenti subito bollati come populisti e poi o abbattuti o (come in Italia) neutralizzati per assorbimento, e infine la "pandemia" a shakerare le coscienze rendendole pronte ad accogliere la fine definitiva dell'era dei diritti in favore di quella dei permessi burocratici (e infatti come in quattro gatti prevedevamo, il GP sopravvivrà alla fine dell'emergenza sanitaria, sicuramente per tre anni ma - vedrete - probabilmente per sempre), quindi la narrazione propagandistica del conflitto.

Ecco, caro Pas: io ricordo. Unisco i puntini. E sottoscrivo il tuo post.

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"Rimozione" significa non dover mai dire "io ricordo"

di Pasbas

"La rimozione è un meccanismo inconscio che allontana dalla consapevolezza quei pensieri la cui presenza provocherebbe ansia e angoscia" (Vaillant).

Questo complesso sistema di autodifesa inconscia si può credibilmente applicare al popolo italiano, ecco alcuni fatti che lo dimostrano. 2009: nasce il M5S fondato da Grillo con lo scopo di abbattere la partitocrazia. Dal 2018 il M5S è partito di governo comunque e con chiunque. Si susseguono così 3 governi da brodo primigenio rispettivamente con Lega, PD, dragone-tecnocrati. Spariscono così le stelle originarie sostituite a più riprese con stelle più suggestive e alla moda. Nel frattempo l'Italia continua a precipitare sul piano socio-economico verso un baratro senza fondo: 2017 PIL +1.6 deficit/pil +2.4; 2018 PIL +0.9 deficit/pil -2.1; 2019 PIL +0.3 deficit/pil -1.6; 2020 PIL -8.9 deficit/pil -9.5; 2021 PIL +6.6 deficit/pil -7.2; le aziende fallite sono 2018 241206, 2019 251.967, 2020 207.828, 2021 305.000,  2022 aziende a rischio 351.500. Non è certo quello che i media, servi del Padrone propinano quotidianamente.

E allora? Allora molto meglio creare il nemico interno e quello esterno, molto meglio azzerare la capacità critica dei singoli, molto meglio azzerare la cultura, molto meglio costruire a tavolino una realtà virtuale nella quale far crogiolare il popolo inerte, molto meglio asservire la politica al moloch del liberismo globalizzato e spietato, molto meglio espropriare le nazioni della capacità di battere moneta, molto meglio accettare e realizzare strutture militari in tutto estranee al dettato costituzionale e agli interessi dei cittadini, molto meglio pensare a guerre pandemiche e militari, molto meglio avere due stati d’assedio al prezzo di uno, infine e soprattutto molto meglio distruggere la “spiritualità” di un popolo che, in un passato ormai lontano, ha creato quanto di più elevato l’umanità abbia mai ideato e concepito. Tutto quanto sopra detto miscelato con un venefico e mortale cocktail di distruzione dell’istruzione e della sanità pubbliche, con un “giustificato dalle circostanze” aumento sconsiderato delle bollette, cocktail che ci condurrà al tanto agognato “paradiso dello struzzo”!

IL DRAGONE DA’ SCACCO MATTO.

domenica 6 marzo 2022

SUDDITI 2.0

La guerra in cronaca e la pandemia da essa miracolosamente sparita hanno in comune, otre all'obiettivo finale (demolire il modello di vita europeo occidentale, e il sistema di valori ad esso connesso), la sconcertante percentuale di persone che aderisce acriticamente alla narrazione ufficiale, tale da includere anche menti che credevi pensanti. Cose così, a chi proprio non riesce a mandare giù le cose senza una spiegazione, come chi vi scrive e voi quattro gatti che ancora mi leggete, necessitano un approfondimento.

Un esempio. Qualche giorno fa ho scritto della guerra, cercando di delineare un ragionamento abbastanza complesso da almeno tentare di spiegare una realtà sicuramente complessa. Mi avete letto in ottanta, non so quanti fino alla fine o magari seguendo i link. Nei siti di controinformazione ben più attrezzati e conosciuti del mio, le letture si saranno contate a centinaia o magari a migliaia, temo mai a un ordine di grandezza superiore. E infatti ovunque vi voltate e vi girate prevale, ineffabilmente, la storiella che "c'è un autocrate cattivo cattivo che un giorno si alza e invade uno Stato sovrano buono buono e noi siamo per la pace per cui il cattivo va fermato in ogni modo" declinata in molte varianti ma non rilevantemente differenti. Chiunque osi argomentare diversamente, ricordando che nella Storia come nella vita quotidiana non esistono il bianco e il nero ma solo tantissimi tipi di grigio, e che la ragione non è mai tutta da una parte quindi nemmeno dalla nostra, ammesso e non concesso che siamo in grado di comprendere davvero quale sarebbe la nostra, fino a ieri veniva etichettato come no-vax ed emarginato dal consesso civile, oggi è un traditore della Patria e rischia davvero la galera (o almeno di essere zittito e neutralizzato definitivamente - e si, col plauso di quelli stessi che a Berlusconi urlavano "no al bavaglio al web e alle libere opinioni"). Il mio post se volete rileggerlo è qui, non ve ne sintetizzo i ragionamenti perché se fosse possibile lo avrei già fatto allora. Oggi parliamo di come sia possibile questa adesione massiccia al monopensiero.

Serve - appunto - una digressione. Se guardo un mosaico col naso attaccato, apprezzo benissimo la fattura e la qualità di ogni singola tessera, ma difficilmente comprendo cosa raffigura il tutto. Per vedere il disegno devo allontanarmi abbastanza. Ma se continuo ad allontanarmi, prima ancora di non riuscire più a distinguere bene cosa rappresenta l'opera perdo la possibilità di capire di che tipo di opera si tratti, e se l'ho sempre visto da qui non so nemmeno che è un mosaico. Con questo, non vi sto dicendo che esiste una distanza "giusta"; dipende dal vostro obiettivo, ad esempio se siete un mosaicista o meglio ancora uno che al mosaicista vende il materiale, è la prospettiva "naso" che vi interessa. Fuori dalla metafora: se vi interessa combattere e vincere le guerre, o all'opposto descriverne l'orrore per giustamente dedurre l'intima ingiustizia di ciascuna di esse senza eccezioni, dovete andare sul fronte o almeno seguire i resoconti dei reporter sul campo. Ma questo vi è non solo inutile, ma spesso fuorviante, se volete comprendere le ragioni storiche di quella guerra, anche magari per imparare come evitare che di simili ne inneschino un'altra. Nella fattispecie, l'espansione a Est della Nato è la causa della guerra, e si poteva capire, e c'era chi inascoltato lo diceva, anni fa, che prima o poi avrebbe costretto la Russia a fare quello che ha fatto. Magari memore di quello che l'Ucraina aveva costituito nell'espansione nazista a est dell'ultima guerra. E/o magari anche solo davvero a difesa delle enclave russe che finché quello Stato fosse restato almeno neutrale potevano anche essere lasciate lì, magari protette a livello politico e diplomatico da eventuali discriminazioni o peggio azioni da parte degli ucraini, ma col passaggio alla Nato proprio no.

Questo livello di complessità nell'elaborazione del pensiero non è difficile da raggiungere. Ad esempio, negli anni settanta si era arrivati a maneggiarla in tanti (alcuni tra quelli che oggi danno sfoggio di esserle estranei, addirittura la esibivano in prima persona), basta pensare a quella immensa mole di produzione artistica che esprimeva una posizione contraria alla guerra in Vietnam, posizione a un certo punto talmente vasta che incise sulla realtà politica e oggi la diamo quasi per scontata, ma ai tempi in molti pagarono con la libertà personale il coraggio di sostenerla. Con conseguenze spesso peggiori di quelle che subirono Mohammed Alì e - per dire - Gianni Morandi. Si può dire che a un certo punto la quasi totalità della generazione dei "figli" disapprovava l'imperialismo dei padri. I quali spesso infatti rimproveravano loro di "sputare nel piatto in cui mangiavano", perché il tempo e il modo di studiare e leggere libri, a cui dovevano anche solo la possibilità di maturare un'opinione diversa, era frutto proprio ed esattamente di quel surplus di risorse che solo l'imperialismo poteva consentire di mantenere. Certo è che il capitalismo (e non serve postulare nessun "grande vecchio", bastano le forze sistemiche) non poteva permettere che quell'andazzo continuasse .

La mia generazione, infatti, fu l'ultima a beneficiare dei rivoli del libertarismo della precedente, e la prima su cui fu sperimentato il cosiddetto "riflusso", poi attuato con tanto di etichetta a partire da quella immediatamente successiva. I ragazzi degli anni 80 non vestivano più "a caso" come noi (io con un paio di jeans ci facevo tutto l'anno, per dire - e si: erano "belli" anche sporchi e laceri - e con un eskimo tutto il liceo e oltre) ma "casual": renderli "target" di "marketing" fu il primo passo. Ma i Fiorucci e i Monclair erano ancora niente: arrivò l'era della TV commerciale, cui la RAI fu "sistemicamente" costretta a uniformarsi o soccombere, poi quella dei reality  e dei talent, poi quella degli smartphone e dei social. Dove se esprimi un pensiero in più di tre righe sei irrilevante. Ieri, potevamo pure pensare che in fondo stavamo invecchiando, e fin da quando esiste la scrittura si trovano esempi di anziani che stigmatizzano i giovani (o tempora o mores!), quindi tacere per non tradire la nostra in fondo invidia perché il futuro era loro e non nostro. Oggi, risulta lampante che tutto quel processo non era che preparatorio di quello che stiamo vivendo adesso. Risultato: non c'è una voce (e se c'è io non l'ho sentita, e io sono uno che ancora va in giro col lanternino ad esempio a cercare sul web nuove proposte musicali) che esprima una critica alla gestione della pandemia o all'espansionismo USA e UE verso est, insomma una voce dissonante, specialmente tra i giovani. E anche tra i meno giovani, perché tutto il processo sopradescritto, che potremmo etichettare per comodità di "rincoglionimento estensivo e progressivo", ha riguardato quasi tutti, fino ad includere la mia generazione e oltre. Insomma vedrete molti cinquanta/sessantenni entusiasti, quando si tratterà di passare dal QRcode sul cellulare al chip sottopelle, mentre ai ragazzi sembrerà addirittura del tutto naturale.

Insomma, è un coro. Fino a ieri di tamponi, zone colorate, statistiche a cazzo, vaccini magici che non immunizzano ma riducono i sintomi, andrà tutto bene, eccetera. Oggi di no alla guerra, Putin nazista, Russia fuori dalle Olimpiadi e da ogni altra competizione a squadre (ma presto anche individuale, a meno di abiura), io sto con l'Ucraina, eccetera. Pensieri semplici, naturalmente inadeguati a descrivere o anche solo lontanamente comprendere situazioni complesse. Ma al suddito 2.0 questo solo è consentito di nutrire ed esprimere. Tanto quelli ancora capaci di concepire pensieri complessi, o anche solo di leggere senza stufarsi quelli altrui, magari comprendendoli e divulgandoli, sono in via di estinzione. E non so nemmeno se, a riuscire ad "infettare" col morbo del pensiero un figlio, oggigiorno, alla fine gli fai un favore.

So, però, qual è l'unico rimedio a mia disposizione, e che consiglio a chiunque altro: tenersi alla larga, ma proprio con scrupolo, da ogni tipo di informazione mainstream, sia televisiva che via social. Deposta anche ogni minima finzione di pluralismo, è oramai, tutta, equivalente ai cinecomunicati dell'Istituto LUCE, a sentire i quali la guerra la stavamo sempre li li per vincere. Qualcuno diceva che in guerra la prima vittima è la verità: di certo tutto quello che vi raccontano è falso, o deformato per piegare la realtà alle tesi preconfezionate cui dovete credere, a cui dovete obbedire, per cui dovete combattere. Vi ricorda qualcosa, compagni? Mettetevi un'altra maglietta gialla e blu, poi guardatevi allo specchio: ecco che fine ha fatto il vostro antifascismo, a difendere il diritto dei nipotini dei nazisti a entrare nella Nato anche se sono alla frontiera russa e nel loro territorio ci sono aree storicamente russe, a costo di non potervi più permettere tra poco né di spostarvi in auto né di scaldare casa. Vi raccomando, seguite i link e leggete gli articoli a cui puntano, e se ai vostri amici di sinistra non basta, fategli leggere anche questo da un sito proprio marxista.


mercoledì 2 marzo 2022

RADIOCIXD 53 - TERRA MIA

Se c'è un disco spartiacque nella musica italiana, è questo. Che non nasce dal nulla, no: c'erano i Napoli centrale, in cui il giovane Pino aveva suonato e da cui gli andrà appresso James Senese. C'era la NCCP e tutti i suoi figli figliastri e rivoli, da Peppe Barra a Eugenio Bennato passando per Roberto De Simone. C'era stato Carosone, c'era stato il primo Peppino Di Capri. E sicuramente scordo qualcuno, di quelli che hanno fatto da trait d'union tra la canzone tradizionale napoletana, la più grande e bella di tutti i tempi, e la modernità. Ma fu quando uscì questo disco, che tutti capirono che non si poteva tornare più indietro. Che da quel momento in poi qualsiasi interpretazione dell'immenso patrimonio musicale precedente, anche le più filologiche e classiche, non poteva non tenere conto che intanto era arrivato Pino Daniele.

Quando usci questo vinile, il suo autore aveva poco più di venti anni, il che significa che molte delle canzoni in esso contenute le aveva composte da teenager. Della cosa fin dal primo ascolto, quand'è che lo si faccia, ai tempi come adesso, non ci si riesce a capacitare. La maturità musicale la raggiungerà negli anni a venire, grazie anche ad un gruppo di musicisti che lo seguirà chi più chi meno per tutto il suo periodo d'oro. Ma quella compositiva, cacchio, c'era già tutta.

Io quando uscì questo disco ero troppo piccolo per comprenderlo appieno, ma ricordo ancora le ospitate televisive e radiofoniche di questo ragazzone dal fisico improbabile e dalla voce ad esso implausibile. Come vi ho già raccontato, il "mio" Pino Daniele era quello di un paio d'anni dopo. Ma la riscoperta del suo primo album, con ascolti e riascolti attenti e maturi, fu uno dei miei primi esperimenti di quella sorta di archeologia musicale cui dovrò poi moltissime altre "scoperte". Oramai non vi metto più i singoli video embeddati ma i link, siamo d'accordo, ma la tracklist commentata eccola qua:

  1. Napule è - John Turturro, in quel magnifico atto d'amore per Napoli e la sua canzone che è il film Passione, ha invitato una serie di artisti a celebrarla cantando brani famosi reinterpretati, ma per la sigla finale ha messo di questo brano la traccia originale, unica eccezione. Serve dire altro?
  2. 'Na tazzulella 'e cafè - Fu questo quello che oggi si chiamerebbe il primo "singolo" a girare, quello messo nel lato A del 45 giri e che il giovanotto fu mandato a cantare nelle sue prime ospitate televisive. Chissà, forse per giocare sul titolo oleografico o sull'andamento allegrotto, che però nascondevano un testo di denuncia sociale e politica schietto e feroce anche per gli standard dei tempi. Oggi sarebbe impensabile, e infatti di roba così non ne gira, e punto.
  3. Ce sta chi ce penza - Il brano costituisce, a questo proposito, una sorta di prosecuzione ideale del precedente, senza riuscire a raggiungerne livello e fama.
  4. Suonno d'ajere - Qui lo stereotipo preso di mira è invece Pulcinella, che viene al tempo stesso demolito, e salvato nello spirito originario.
  5. Maronna mia - Spaccato dal taglio quasi cinematografico della vita di strada, col protagonista che viene derubato del suo primo stipendio e chiede invano l'aiuto dei passanti. Ad ascoltare la canzone, sembra di stare in mezzo, alla confusione.
  6. Saglie, saglie - Di questo breve brano, che descrive in prima persona la fatica di chi fa un lavoro ingrato per sostentarsi, esiste una versione migliore, del 1991, dove il recitativo lo interpreta l'amico Massimo Troisi. 
  7. Terra mia - La title-track, e primo brano del lato B del vinile, raggiunge il livello eccelso dell'omologo del lato A da tutti i punti di vista, eccetto la capacità di assurgere a vero e proprio inno della città.
  8. Che calore - Come per la tazzulella, e per le stesse ragioni, questo brano è stato usato per promuovere il nuovo artista. E ugualmente, l'allegria del motivetto nasconde un testo impegnato socialmente, stavolta ad argomento lavoro.
  9. Chi po dicere - Breve intermezzo estremamente poetico: diventerà un'abitudine di Pino infilare brani così, che ti colpiscono a tradimento e a dispetto della loro durata, nei suoi album.
  10. Furtunato - Torniamo per i vicoli, a passeggio stavolta con un piccolo delinquente, ben vestito. Un altro film di tre minuti...
  11. Cammina cammina - Altro racconto da cinema: qui il protagonista è un uomo molto anziano che aspetta la morte assorto nei suoi pensieri. Ammetto di aver usato non volendo questa canzone per "ambientare" nella mia mente la fine di persone care a cui non mi era capitato di assistere di persona. Se la ascoltate bene, potrebbe capitare anche a voi...
  12. 'O padrone - Qui il taglio socioeconomico assume un accento satirico: nemmeno da morti staremo bene, in Paradiso si deve lavorare, e non per pochi soldi come qui, proprio gratis!
  13. Libertà - Per finire, la passeggiata per le vie l'autore se la fa in prima persona, parlando di un concetto a noi oramai tolto e che probabilmente i nostri posteri non saranno nemmeno in grado di capire davvero.

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