venerdì 27 agosto 2021

LA DISTOPIA DEFINITIVA - VERSETTI COVIDICI 94-96

Sono stanco, e stufo. E' da un anno e mezzo che ripeto al vento concetti che dovrebbero essere elementari - che poi quale vento? questa è una stanzetta dove ad ascoltarmi siete in pochi, sempre meno, e siete solo quelli che non ne avete bisogno perché altrimenti non sareste qui - mentre le bugie di regime vengono ripetute talmente tanto e bene che oramai sono diventate luogo comune, e se tu dissenti ti guardano come a un matto, se ti va bene, se no a un pericoloso criminale. E su quelle bugie stanno fondando una nuova società, in cui cose che fino a ieri erano diritti inviolabili dell'individuo sono diventate gentili concessioni a patto di entrare nella umanità 2.0, quella di chi ha il sistema immunitario nelle mani delle multinazionali farmaceutiche che dalla prima puntura in poi possono farne quello che vogliono.

C'è un libro meraviglioso di Saramago, Cecità, in cui la coprotagonista fingendosi cieca anch'essa finisce per seguire il marito ad essere l'unica vedente di un campo di concentramento per ciechi, e riesce a sopravvivere all'orrore che vi si instaura, che peraltro è l'unica a percepire in toto, solo evitando di far capire agli altri che lei non è malata. Forse a noi scettici converrebbe, per quieto vivere e per ridurre le discriminazioni che subiamo al rango di cavoli nostri, fingere di credere alla narrazione ufficiale e anche noi salutare gli amici con la nuova frase di rito: "hai fatto il vaccino?".

Ma purtroppo qui siamo in uno scenario peggiore, in cui un finto adeguamento non basta: il green pass all'italiana (quello europeo è solo un facilitatore, ed è esplicitamente vietato il suo utilizzo discriminatorio, ma già, il "lo dice l'Europa" vale solo in peggio, giusto?) non solo già ti taglia fuori dai divertimenti e (primo gravissimo vulnus) dai concorsi pubblici, e tra pochi giorni dai trasporti pubblici (ma solo a lunga percorrenza - e io su autobus e metro ho avuto sempre paura, di buscarmi l'influenza), ma già di fatto e presto di diritto demolirà il diritto più importante (articolo 1 della Costituzione), quello al lavoro, con licenziamenti a frotte sia nel settore privato che, con sanità e insegnamento a fare da testa di ponte, in quello pubblico. Per cui varrà poco avere magari diritto per ragioni di salute, ammesso di trovare un medico che abbia il coraggio di sancirtelo per iscritto, all'esenzione dal vaccino, se una volta ottenuta ti tolgono la possibilità di sostentarti. Pare infine che all'obbligo surrettizio presto, dopo l'approvazione della FDA (ricordiamo che fino ad oggi i sieri chiamati vaccini non ce l'avevano, e i milioni che si sono prestati hanno fatto da cavia firmando una liberatoria, anche se forse l'un per cento di loro lo sa), potrebbe diventare obbligo di legge, e allora bisognerà obbedire (facendo prima testamento, e istruendo gli eredi sul come chiedere il risarcimento allo Stato, che resisterà) o violarla, senza nemmeno un altrove dove tentare di fuggire, come fa il protagonista de Il paese dei ciechi di H.G.Wells quando i ciechi alla fine avevano deciso di strappargli gli occhi, tanto per cambiare riferimento letterario restando in tema.

Nella (breve) attesa di questi ultimi sviluppi, facciamo un riepilogo della faccenda, a mo' di ennesimo "esercizio della vista", ammesso che vi vada ancora di provare ad "aprire gli occhi" ai ciechi che vi circondano:

  1. da oltre un anno e mezzo una cosiddetta pandemia infesta il mondo; i dati ufficiali parlano in totale di circa 200 milioni di contagiati (circa 20 milioni con sintomi) su circa 8 miliardi di esseri viventi: come sia possibile continuare a parlarne come se fosse una novella peste senza venire sommersi dalle proteste è uno dei misteri gloriosi, forse il più grande e il maggiormente spiegabile con il rimbecillimento generale;
  2. in Italia, i contagiati in totale sono stati circa 4 milioni e mezzo (su circa 60 milioni di abitanti e circa 82 milioni di tamponi): meno di ogni normale stagione influenzale, per cui basta riguardare i titoli dei giornali, se non si ha voglia di consultare le statistiche ufficiali, per superare quasi sempre quella cifra ma nella singola stagione, che da noi va da ottobre a maggio, e senza tamponi, solo contando i sintomatici;
  3. infatti, dei 4 milioni e mezzo solo un decimo ha avuto qualche sintomo, un quinto sintomi gravi, e purtroppo 128mila sono deceduti, quasi tutti molto anziani e con altre patologie - non sto minimizzando, sto deducendo che senza tamponi (il cui utilizzo diagnostico è stato peraltro biasimato dal loro stesso inventore) potremmo dire che c'è in giro un morbo dieci volte meno contagioso di una normale influenza ma più pericoloso, e concentrarci sulla cura dei soli sintomatici (i non gravi a casa propria, con una delle tante cure "bloccate" da Speranza e soci, mi piacerebbe che un giudice andasse a indagare perché, ma non possiamo contare nemmeno su Gratteri, come pure sembrava) spendendo a deficit nella sanità (una frazione dei danni provocati dal lockdown, e dei fondi di carità pelosa in arrivo con calma e con l'elastico dalla UE) per attrezzare tutte le terapie intensive che servivano (anziché usare la loro insufficienza come scusa per rovinare l'economia di interi territori a contagi bassissimi ma ospedali scarsissimi: ad esempio adesso la Sicilia va in zona gialla in quanto supera i 50 "casi" su 100mila abitanti, forse 5 con sintomi, lo 0,00005%!);
  4. invece di questa strategia di semplice buonsenso, e complessivamente dieci o venti volte meno costosa di quella adottata, si è deciso di puntare fin dall'inizio tutto sui cosiddetti vaccini, che però non si possono sviluppare, e soprattutto testare in termini di legge, in poco tempo, ragion per cui li hanno autorizzati in via provvisoria, pompati mediaticamente e politicamente in ogni dove e in ogni modo, come se fossero l'unico modo per venirne fuori - invece, purtroppo, è già abbondantemente dimostrato che non è così: i contagi di quest'anno sono cinque, dieci volte maggiori di quelli dell'anno scorso senza vaccini, e i vaccinati a ciclo completo hanno superato la metà della popolazione: a ottobre, arriverà la nuova influenza, la chiameranno variante ics, continueranno a sommare i positivi e i decessi per spaventarvi, e vi richiuderanno dentro finché non fate la terza dose, poi il giochino ricomincerà (i picchi influenzali sono un andamento tipico): potrebbe finire solo se l'intera popolazione si ribellasse, togliendo a questi novelli Stranamore le leve del potere, e solo se i peggiori sospetti sui vaccini fossero infondati (se fossero fondati, potrebbero utilizzarli come "interruttori", capisciammè);
  5. (anche) se i vaccini fossero efficaci al 100%, la possibilità di rifiutarne la somministrazione senza essere per ciò discriminati dovrebbe essere considerata DA TUTTI (quindi in primo luogo da chi si vaccina: leggete qui - e magari da chi ha giurato di proteggerci) un baluardo della democrazia e dei diritti umani, perché in tal caso gli unici a poter infettare sarebbero gli altri non vaccinati per libera scelta - paradossalmente, quindi, è proprio la loro scarsa efficacia l'argomento usato per spingerne l'utilizzo, del tutto illogicamente: visto che i vaccinati possono sia contagiare che essere contagiati (e che la storia della minore gravità è una bufala col botto, vedremo in inverno... - ma a prescindere), è anzi il green pass il principale responsabile della ripresa dei contagi, facendo ingiustificatamente abbassare la guardia (leggete qui, e ho pure un caso simile per conoscenza quasi diretta, casi macroscopici a parte...);
  6. infine, la cosa più grave: somministrare un siero sperimentale di cui dichiaratamente si ignorano del tutto le conseguenze a medio e lungo termine (mentre si insabbiano e si minimizzano quelle a breve termine, ma a prescindere), a classi di popolazione per le quali morire in seguito a contagio da covid è mille volte meno probabile che essere colpiti in testa da un meteorite, come per esempio gli studenti universitari e presto liceali, e prossimamente i nostri bambini, è un vero e proprio crimine contro l'umanità degno di un tribunale tipo Norimberga e di condanne esemplari a pioggia.

Vi raccomando di seguire tutti i link nel testo qui sopra, poi anche nei versetti covidici qui sotto, e di continuare a passare parola: anche nei peggiori regimi resistere accesi sotto la cenere è servito, come minimo ai posteri.

94. Ci sono più transfobi o più nocovid-vaxfobi? Aggiorniamo il DDL Zan... Qui Carraro usa il paradosso, ma neanche tanto. Per il pensiero di sinistra contemporaneo, ci sono minoranze e minoranze... 

95. Lo scienziato Montagnier sulla vaccinazione di massa. Sempre lui, Montagnier, quello quando che gli hanno dato il nobel per l'HIV era osannato dagli stessi che oggi lo screditano se usa la sua stessa competenza per smontare la campagna vaccinale odierna.

96. Il covidismo ha vinto. Abbasso il covidismo! Il come e il perché, che se mi credete ho letto dopo aver scritto l'incipit di questo post e che quindi è mirabile come lo giustifichi in toto, in 10 punti da leggere e rileggere, per, come conclude il pezzo, salvare le nostre anime visto che non ci riusciremo coi nostri corpi. Come spiega l'immagine illustrativa, qui - altro che Saramago o Wells - siamo nella confluenza centrale di tutte le peggiori distopie. Ogni resistenza è inutile (mancavano i Borg...), una volta abbandonata la prima linea: quella secondo cui stiamo parlando del virus del raffreddore che ha sempre accompagnato la specie umana in innumerevoli varianti, alcune delle quali hanno creato più problemi come e più del covid19, e l'unica novità è il suo utilizzo politico per riportare l'umanità a prima dell'Habeas corpus.

domenica 22 agosto 2021

RADIOCIXD 45 - ANTIPATICI ANTIPODI

La copertina è di Andrea Pazienza, per cui ve la
devo mostrare in versione vinile spalancato...
Claudio Lolli mi manca, ci manca, perché oggi forse lascerebbe l'insegnamento piuttosto che lasciarsi imporre il Marchio del Regime, non prima ovviamente di aver mobilitato i compagni a resistere fino all'ultimo, magari con un brano nuovo, o un concerto, o qualunque altra cosa atta a rinfrescare la memoria ai "compagni a venire". Mi manca, perché lui non solo cantava e insegnava, ma scriveva, e narrava, e vederlo in concerto (quei concerti dal vivo che erano una parte della mia identità di uomo, e che non potrò vedere più fino alla caduta del Regime, se non muoio prima) era un godimento per la mente e il cuore, specie se in un teatrino di periferia accanto ai pochi che ormai richiamava (uno che comunque non aveva mai attirato folle, eppoi se lo avesse fatto ne sarebbe rimasto impaurito). Di lui, schedato come cantautore impegnato tutto testi e niente musica, vi ho già parlato per un album elettronico, e un giorno o l'altro vi parlerò del suo capolavoro assoluto suonato jazz e della sua riedizione suonata combat-folk, ma oggi vi parlo di un suo album suonato pop, anche se piuttosto sofisticato.

Non è molto noto, questo Antipatici antipodi del 1983, forse perché nel 1983 i cantautori impegnati erano passati di moda e sticazzi se i loro dischi non suonavano più scarni come nel decennio precedente, ma come sentirete (stavolta vi metto il full album in fondo, sono solo otto brani, poco più di 35 minuti in tutto, gliela potete fare, e il discorso di un amico va ascoltato tutto dall'inizio alla fine) dentro ci sono spunti notevolissimi di riflessione. Ecco perché avere vent'anni a quell'epoca era tutta un'altra cosa, e a noi non ci avrebbero fregato col ricattino del se-vuoi-divertirti-devi-fare-la-punturina, e non ci avrebbero fermato con nessun pass di nessun colore.

  1. Antipatici antipodi - Quando essere di sinistra era essere antiamericani, ma essere Lolli significava saperlo dire bene, ad esempio nella strofa "In qualche modo faranno arrivare le nostre dolci promesse di guerra da questi antipatici antipodi a tutto il resto della terra", o nel riferimento finale alla ginestra di Leopardi.
  2. Notte americana - Della serie "basta un verso a dare idea del valore di un testo": "forse non siamo noi che passiamo il tempo, ma è certamente lui che passa noi".
  3. L'uomo a fumetti - Non so se è vero, ma a me piace pensare che questa canzone bizzarra abbia ispirato uno dei capolavori di Maurizio Nichetti, quel Volere volare che è da considerarsi la risposta italica a Roger Rabbit, a cui è molto superiore, e di cui pare addirittura che dati i tempi di lavorazione sia precursore nonostante l'uscita successiva.
  4. Non voglio mettermi il pigiama - Un vero inno (non suo, il testo è di Claudio Piersanti) al non allineamento: "io non amo questo mondo e nemmeno lui mi ama".
  5. Torquato - La canzone tratta in maniera lolliana, e di nuovo con qualche anno di anticipo, la stessa tematica di Palombella rossa di Moretti: qui di rosso c'è una casa, ma lo smarrimento della perdita di identità è lo stesso. Due i passi memorabili: "La gioventù non è questione di anni ma piuttosto di sassi nel cuore." e "Specialmente di sera può venire in mente il cancro terribile dell'indifferenza, che è più sano di noi e sta rubando alla gente la vita in cambio della sopravvivenza."
  6. Villeneuve - Forse gli emiliani i motori ce l'hanno davvero nel sangue, non so. Dalla aveva già scritto Nuvolari e avrebbe scritto Senna. Ma è Lolli che scatta l'istantanea su quello che forse sarebbe stato il più grande di tutti, e sicuramente era il più amato della mia generazione, se non avesse tamponato nelle prove uno che guidava come un pensionato col cappello, per la fregola di stare davanti in griglia al compagno di squadra che nella corsa prima gli era stato sleale. E noi lo abbiamo visto in diretta ("il pubblico delle prove ha un brivido a metà tra la colpa e il piacere per qualche cosa di bello") volare a testa in giù e finire "come uno straccio sul prato". Ma questa citazione è del brano che segue, di questo invece ne riporto un'altra: "i piloti, per esempio, sanno di essere per metà uomini e per metà macchine, e per questo certo sono più uomini degli altri, ma certamente, certamente anche molto più macchine." Perché "è bello sapere che siamo delle bestie imperfette."
  7. Formula uno - E infatti qualche anno dopo la (ripudiata per dissidi) scrittura a quattro mani con Dalla di Automobili, riecco a parlare di piloti il poeta Roberto Roversi. Decisamente sui suoi livelli.
  8. Romantic ballad - La mia preferita. Una perfetta metafora della vita come navigazione, del suo rifiuto da parte del protagonista, e del compromesso che alla fine egli stringe col mare. Vi prego, nel vostro stesso interesse, arrivate ad ascoltarla. E poi rimettetela da capo.

martedì 17 agosto 2021

LET THE MUSIC PLAY

Non dico niente di originale affermando che di tutte le esperienze della vita adulta quelle che ti restano dentro più a lungo e che ti danno di più sono quelle in cui apparentemente insegni ai bambini, in realtà tornando a imparare la vita da loro che tu purtroppo te l'eri dimenticata. E non parlo dei figli, che quella è una cosa del tutto diversa, pur portando alla fine forse allo stesso risultato. Per me, queste esperienze sono il volontariato all'opera nomadi da ragazzo, e il servizio civile presso il convitto dei Padri Rogazionisti di Matera qualche anno dopo. Ma ciascuno di voi ha certamente le proprie. Pasquale, non so prima, ma in vecchiaia si è inventata sta cosa coi bambini e le percussioni che non dico gli conferisca ai miei occhi un'aura di santità, ma ecco lui da ragazzo mi ricordava un po' Angelo Branduardi, era secco dinoccolato e capelluto uguale, ed ora me lo immagino come il menestrello che canta e balla Vanità di vanità coi trovatelli di Johnny Dorelli - San Filippo Neri nel meraviglioso sceneggiato TV di Luigi Magni State buoni se potete... Come diceva quell'altro capellone, "Lasciate che i fanciulli vengano a me": let the music play.

Giocare con la musica

di Pasbas

Per iniziare riporto di seguito alcuni pensieri relativi al gioco di J. Huizinga, storico olandese ed eminente rappresentante della cultura internazionale, (vissuto e morto durante il periodo buio dei fascio-nazismi europei: imprigionato dai nazi nel ’43 moriva al confino nel febbraio ’45). Il libro importantissimo da lui scritto e di cui riporto alcune frasi, ha come titolo “Homo ludens”. 

“…si dette alla nostra specie, accanto al nome homo sapiens…quello di homo faber – uomo produttore…. Ciò che vale per fare vale anche per giocare: parecchi animali giocano… l’homo ludens , l’uomo che gioca, indichi una funzione almeno così essenziale come quella del fare, e che meriti un posto accanto all’ homo faber.”

Questa idea dell’uomo che gioca per fare non poteva non incuriosirmi, ragion per cui ho pensato di applicarla alla mia passione più importante, la musica. La prima piccola riflessione è come alcuni popoli europei che hanno dato (e danno) un grande contributo allo sviluppo dei vari stilemi musicali, definiscano il rapporto del singolo colla esecuzione strumentale; ed ecco quello che emerge:

Jouer avec la musique            giocare con la musica

Play the music                        giocare con la musica

Musik spielen                          giocare con la musica.

Per noi italiani il verbo è invece suonare, e il gioco così è scomparso! Perché? Che non sia questa una possibile chiave di lettura, per capire le ragioni che hanno spinto i politici (ir)responsabili dell’istruzione pubblica a cassare quasi totalmente l’argomento “educazione musicale” dalle scuole di ogni ordine e grado? Non posso ovviamente affermare che ciò sia totalmente o parzialmente vero, mentre invece affermo che questo fu l’elemento fondamentale che da adolescente mi fece abbandonare lo studio dello strumento per antonomasia (anni ’60-’70), la chitarra elettrica. Ed è proprio da questo punto che è scattata iskra – la scintilla. E poi il grande Bob Marley con la sua frase indimenticabile “La musica è l’unica cosa che quando ti colpisce non ti fa mai male” - "colpire" > "percuotere" ergo “percussioni”: iskra è decisamente accesa. Mescolando i concetti appena esposti, shakerandoli ben bene e aggiungendovi il mio debole per i bimbi, ho deciso: questo frullatone sono certo porterà a qualcosa di positivo.

Ecco quindi lo schema logico-funzionale di questo piccolo progetto, giunto ormai al secondo anno di attuazione:

  1. Scelta dell'età: dai 3 ai 10 anni.
  2. Scelta del quartiere: Primavalle.
  3. Strumentazione: percussioni variegate e colorate.
  4. Scelta dei brani: lo Zecchino d’oro, nei suoi anni d’oro, ci ha dato molto del materiale musicale necessario, ma ci siamo comunque anche spinti in altre direzioni musicali.
  5. Una cassa amplificata con connessione bluetooth, necessaria per riprodurre le canzoni scelte.
  6. Scrittura delle parti percussive.
  7. Esecuzione “Live”.
  8. Costi.
  9. Obiettivi.

Più in dettaglio i singoli punti del progetto.

  1. Scelta dell’età: ho pensato e deciso che dai 3 ai 10 anni sia il giusto intervallo di età per iniziare a coltivare una passione che potrebbe durare una vita. Cosa fondamentale per me è il concetto di inclusione, nessun musicista in erba deve essere escluso, a partire da bambini problematici, portatori di handicap o bimbi figli di extracomunitari. 
  2. Scelta del quartiere: perché proprio Primavalle e non – che so - i Parioli? Semplice, perché ai Parioli le scuole sono meglio attrezzate, i genitori possono permettersi di pagare lezioni private di musica per i loro figli, molte famiglie possiedono collezioni di dischi in vinile e impianti da migliaia di euro per ascoltare la musica e farla ascoltare ai loro figli, con una fedeltà per noi mortali inimmaginabile. A Primavalle (come in tante borgate romane) i mezzi economici sono insufficienti a coltivare e sviluppare questo senso innato del ritmo che hanno i bambini. Le scuole in qualche caso sono completamente abbandonate o dismesse, in altri casi la manutenzione praticamente non viene fatta, muri e soffitti pericolanti, palestre malconce, piante nate negli sciacquoni ecc. Quanto poi agli impianti di riproduzione sonora raramente si va oltre gli smartphone.
  3. Strumentazione: percussioni in disuso recuperate in locali abbandonati di scuole anch’esse in disuso, bacchette recuperate da stampelle di una boutique, birracas (maracas fatte con lattine di birra, sassolini, riso), mestoli in legno per i più piccoli, bacchette autocostruite per timpano e tamburi. 
  4. Scelta dei brani: ad esempio “44 gatti”, “il ballo del qua qua”, “Fra’ Martino”. In preparazione, “Il tempo di morire”, “Bolero” di Ravel. Con Fra’ Martino abbiamo anche provato l’esecuzione a canone a tre voci, ma in fase di saggio siamo scesi a due a causa delle difficoltà esecutive incontrate. Dopo ogni sessione di prova era d’obbligo lo spazio Jam Session, con i bambini scatenati ed i timpani di tutti messi a dura prova.
  5. Cassa amplificata: la catena di riproduzione dei brani ridotta all’osso, un cellulare, la cassa e pedalare!
  6. Scrittura delle parti percussive: ho cercato di immaginare, per ogni brano, una batteria completa di cassa, rullante, charleston e timpano e di suddividere i percussionisti in gruppi che eseguono rispettivamente le parti dei quattro strumenti. Scritte quindi le parti, si prova gruppo per gruppo ogni singola parte senza musica; quindi uniti i gruppi si prova l’insieme. Quando l’insieme risulta soddisfacente si passa all’esecuzione con la traccia musicale.
  7. Esecuzione “Live: alle fine dei corsi abbiamo realizzato un piccolo concerto per genitori, amici e parenti, riscuotendo sempre buoni consensi.
  8. Costi: tutta l’attrezzatura (la cassa era già disponibile) intorno ai 10 Euro una tantum per i mestoli, 5-6 euro di nastro adesivo e forse altri 10-20 euro di materiale di consumo (carta, pennarelli, matite etc.), contro un numero medio di bambini per ogni sessione pari a 18-20. Impiego di un paio di volontari del centro estivo per ogni sessione. Tanta creatività, fantasia e voglia di condivisione. Quest’anno con gli stessi costi abbiamo coperto addirittura i centri estivi di due scuole. Per quanto riguarda me, ho rifiutato qualsivoglia tipo di compenso, tranne ovviamente le energie e l’affetto avuto di ritorno dai bambini ed il piacere del lavoro di gruppo cogli animatori.
  9. Obiettivi: stuzzicare l’appetito di piccoli e piccolissimi; sviluppare il loro naturale senso del ritmo; lavorare in gruppo e condividere difficoltà e soddisfazioni per i risultati; non mettere sotto stress le capacità di attenzione di ogni bimbo; farli “divertire con impegno”.

In ultima analisi promuovere la curiosità dei piccoli senza bisogno di sottoporli a noiosissime sessioni di teoria (io ai tempi resistetti due lezioni di solfeggio e poi scappai via); farli imparare divertendosi, sia loro che gli istruttori, incuriosendo e stimolando il loro senso del bello e le loro propensioni individuali. Fargli apprendere lo spirito di squadra e di condivisione. In ultima analisi: non è questo il viatico per la felicità?

Non puoi essere felice se tutti non sono felici”. Che Guevara.

giovedì 12 agosto 2021

RADIOCIXD 44 - VAI RROUGE

La generazione di Spotify non mi potrà mai capire, e forse nemmeno tutti quelli della mia: io quando "scopro" un cantante o un gruppo nuovo (e ne scopro ancora oggi, tanto da stupire un mio nipote del settore per avergli citato nomi che non pensava mai che un vecchio come me poteva conoscere) per farmi un giudizio ponderato mi vado a cercare tutta la discografia fino a quel momento e la ascolto tutta, poi continuo con quella futura finché ancora lo trovo interessante. Per questa ragione, quando faccio asserzioni sulle "curve" delle carriere dei musicisti di solito è a ragion veduta, e chi mi segue avrà già letto di curve a picco e curve piatte, parabole meste o iperboli o zig zag tipo ecg, anche se forse non proprio in questi termini. Enrico Ruggeri ha fatto una marea di album, per quattro decenni e passa. E tutta la sua discografia è disseminata di brani di buona qualità, anche recenti. Ma il primo periodo è talmente più ricco di ispirazione che se non hai mai sentito un suo disco e vuoi farti un'idea di lui, ti basta ascoltare un solo album, questo doppio dal vivo di fine anni 80, che fa da best of del decennio precedente.

Ho il vinile, e meno male: la durata ha costretto la produzione a togliere un paio di brani per la versione in CD, e per almeno uno dei due è un vero peccato. Il disco vendette parecchio, perché uscì subito dopo il trionfo sanremese del trio Morandi-Ruggeri-Tozzi con una di quelle canzoni che conoscono tutti ma proprio tutti e di cui poi il titolo diventa un proverbio. Ma io avevo notato Ruggeri alla sua prima apparizione sanremese, con gli occhiali di plastica bianca e i Decibel attorno, a suonare un punk elettronico piuttosto interessante, e promettere bene. Infatti, da lì a poco il suo successo fu notevole, soprattutto come autore (di Bertè e Mannoia soprattutto, ma non solo), cosa che rende paradossale che la sua consacrazione festivaliera avvenisse invece proprio solo come interprete (di un brano scritto da Tozzi).

Ma eccovi la playlist commentata, come al solito.

1. Contessa
Il live comincia con una versione strumentale del brano che il giovane Enrico e la sua band portarono a Sanremo da piccoli, che ha due obiettivi: depurare il brano da un testo che, essendo una specie di risposta a un brano politicissimo di Pietrangeli, che vi faccio sentire nella versione dei MCR (pare invece che i riferimenti a Renato Zero siano una voce infondata), la datava troppo, e soprattutto fare sentire bene che qui siamo accompagnati dalla Filarmonica di Alessandria, mica cotica.
2. La canzone della verità
"La verità è che noi non abbiamo mai verità": bisognerebbe ricordarlo ai sedicenti suoi detentori che la brandiscono divinizzando Lascienza, e ogni volta ci presentano un provvedimento salvifico che poi si dimostra puntualmente non esserlo, e loro anziché andarsi a nascondere rilanciano con quello dopo (chiudiamo tutto così il contagio si ferma, e non si ferma, vacciniamo tutti così si ferma, e non si ferma, ghettizziamo i dissidenti eccetera).
3. Confusi in un playback
"E ognuno lascia un segno nelle persone più sensibili, e il fiume cambia il legno mentre lo trasporta via"
4. La donna vera
Il brano è uno dei due scartati nel CD, e come dicevo è un peccato. Non so se Ruggeri ha ancora il coraggio di portarlo in concerto, ma di questi tempi non è consigliabile, e se passa il DDL Zan rischia la condanna. Di sicuro, il testo non passerebbe le policy linguistiche ormai imperanti in qualunque Pubblica Amministrazione.
5. L'ultimo pensiero
Chissà, forse aveva già iniziato a litigare con la prima moglie, comunque tira fuori un brano, sulla pur trita tematica delle storie che finiscono, dal taglio piuttosto originale.
6. A mia moglie
Presente solo su LP, è la cover di un brano di Aznavour, e si sente. D'altronde una vena "francese" attraversa tutta la carriera del Nostro. E no, la prima moglie l'aveva sposata mentre incideva queste canzoni, non solo non ci stava litigando, forse le stava dedicando questa.
7. Nuovo swing
Questo brano è giustamente molto noto. Ci partecipò a Sanremo, e vabbè con pessima classifica, la prima volta da solista. Gli amori finiscono si, ma come le canzoni ne deve finire una perché possa cominciare l'altra.
8. Il mare d'inverno
E qui siamo al capolavoro. La prima e più nota versione l'ha portata al successo Loredana Bertè, ma io la preferisco cantata da lui, perché dove lei sale lui scende un'ottava sotto, forse perché non ce la farebbe, ma forse anche perché così rende meglio la necessaria tristezza di fondo.
9. La carta sotto
C'è sempre una carta nascosta che ti potrebbe rovinare la partita. E spesso ce ne dimentichiamo.
10. Rien ne va plus
Ancora Sanremo, stavolta premio della critica, e ancora francesismi. "Qualcuno poi sutura le ferite, c'è qualcuno la fuori che ci aspetta alle uscite, come un giocatore sconfitto che si allena per nuove partite".
11. Poco più di niente
Quando due si lasciano, fanno proprio come è descritto in questo brano. Matrimoni a parte, il ragazzo doveva avere comunque una certa esperienza, o sennò è ancora più bravo.
12. Non è più la sera
Questa lui l'ha scritta quando stava crescendo, o invecchiando fate voi. La profezia sui lockdown è sicuramente involontaria.
13. Il portiere di notte
Altro capolavoro assoluto, ispirato forse (sicuramente per il titolo) da un vecchio film della Cavani e forse dalla vita da zingari che si fa in tournée. Già lui la interpreta benissimo, in qualunque arrangiamento, ma poi c'è una versione di Mina che fa letteralmente venire la pelle d'oca.
14. Il futuro è un'ipotesi
"Tu quando mi metto a parlare non capisci mai, oppure mi prendi alla lettera e sbagli risposta. Sì, lo so che starmi accanto molto spesso costa, ma sai quante volte mi costa restarmene qui." Mai capitato?
15. Quello che le donne non dicono
Questa invece è talmente più bella nella versione della interprete di turno (Fiorella Mannoia, ma potevo non dirlo), che per questo album la chiama sul palco, la accenna soltanto e le lascia la scena. Una cosa simile avviene per Sally con Vasco, ma meno evidente. Di recente ho scoperto che oggi se un playboy (cosa?) indirizza un complimento a una donna passandole accanto con la macchina fa cat calling, e per il momento è disapprovato ma vedrete che presto sarà reato. Per cui no che non c'è chi ve li fa più.
16. Non finirà
Spesso il sottofinale è in tono minore, per dare maggior risalto al botto seguente. Qui un testo ispirato da When I'm 64 dei Beatles, o se preferite 64 anni dei Cugini di campagna, è accompagnato da una linea melodica tradizionale che passa liscia liscia.
17. Si può dare di più
Il brano come dicevo è di Tozzi, e Morandi a Sanremo lo ricanta da vincitore senza sorriso, perché poco prima hanno dato la notizia della morte di Claudio Villa, suo amico e compagno a dispetto della lontananza di generi. Ma a un certo punto Gianni introduce Enrico con quel "vai Roouge" che da il titolo a questo disco. 

giovedì 5 agosto 2021

L'ALBA DI OGNI REGIME - VERSETTI COVIDICI 90-93

La prossima versione del Green pass...
Il vaccino Pfizer, il principale rimasto in somministrazione perché gli altri danno troppi problemi, è esplicitamente controindicato per chi ha problemi al sistema immunitario e per chi usa cortisonici. Se appartenete a una di queste categorie, o come me ad entrambe, alle ragioni di principio per rifiutarlo si sommano delle ragioni diciamo così tecnico/sanitarie di evitarlo. Ma è difficile che il vostro medico vi aiuti, in tal senso: se non siete fortunati, la probabilità maggiore è che si tratti di un soggetto convinto, o di suo o per convenienza (si stanno arricchendo, ma questi almeno hanno un buon motivo...) o timore, della narrazione ufficiale, anche se questa è talmente piena di buchi logici che dovrebbe fare inorridire chiunque abbia pronunciato il giuramento di Ippocrate. E quindi vi risponderà come a me, con la solita giaculatoria:

  1. "Pfizer è sicuro"
  2. "non vedi che in giro ci sono tanti contagi ma quasi tutti asintomatici o senza sintomi gravi, e gli ospedali sono comunque vuoti"
  3. "tanto ormai dovremo tutti fare un paio di richiami l'anno per sempre"
  4. "occhio che già conosco gente che è stata licenziata per non essersi vaccinata."

Inutile, come sempre ma a maggior ragione visto il camice, ogni tentativo di rintuzzare logicamente punto per punto:

  1. se è sicuro perché devo firmare il sollevamento della responsabilità a chi me lo somministra?
  2. se ci sono tanti contagi non è che forse si dovrebbe concludere che non funziona (visto che ad esempio l'estate scorsa ce n'erano meno)? e non erano quasi tutti asintomatici o senza sintomi gravi anche i contagiati dell'anno scorso (salvo i primi mesi in Lombardia eccetera, e comunque sicuramente l'estate scorsa), quando non c'erano vaccini?
  3. è esattamente questo il motivo per cui non voglio cominciare col primo: chi si inietta questo siero nel sangue con ogni probabilità è condannato a fare richiami per sempre, e ogni tot mesi mica anni. Ma glielo dite, prima di fargli la prima dose?
  4. è esattamente questo il motivo per cui la campagna vaccinale è criminale ed autoritaria, vile e profondamente antidemocratica: non solo mi obblighi, ma non lo fai di diritto, prendendotene tu Stato la responsabilità, ma di fatto, costringendomi ad assumermele io altrimenti dei soggetti privati hanno il potere di privarmi dei miei diritti, da quello elementare di andarmi a divertire dove mi pare (essendo sano come un pesce - il green pass invece consente l'accesso a molti soggetti potenzialmente pericolosissimi) a quello fondamentale di lavorare, sancito addirittura dal primo capoverso della Costituzione. E senza che le associazioni di consumatori da un lato (mi sa che stavolta restituisco la tessera di Altroconsumo) o i sindacati dall'altro (qui meno male che sono diffidente da sempre, mica siamo in Francia...) abbiano fatto o facciano nemmeno un plissè, come diceva Jannacci.
Così adesso entra in vigore il Green pass, che ci divide in cittadini di serie A e serie B secondo un criterio peraltro arbitrario (e peraltro in aperta e palese violazione della stessa normativa comunitaria): secondo stessa ammissione (peraltro, su msn) dei maggiorenti del regime virologico, i vaccinati possono contagiare ed essere contagiati tanto quanto i non vaccinati, e sono già numerosi sia in cronaca che tra le conoscenze personali di ciascuno di noi i casi di comunità di totalmente vaccinati tutti nuovamente positivi e senza contatti recenti con non vaccinati, come sulla Vespucci, ragion per cui si può ragionevolmente prevedere che la quarta ondata (che arriverà di certo, perché arriva l'autunno: le ondate e le varianti smetteranno se e solo se la finiscono con questa contabilità assurda e magari incriminano chi l'ha incominciata) sarà colpa proprio dell'abbassamento della guardia dovuto al Green pass, e le varianti proprio all'adattamento naturale del virus ai goffi tentativi di fermarlo modificando il sistema immunitario. Ma, a differenza dei tanti fascistoni che si credono democratici, che inneggiano alla reclusione dei refrattari e auspicano la loro cacciata da scuola e il loro licenziamento dal lavoro, noi non ci auguriamo che i vaccinati muoiano come le mosche a causa di una nuova variante (non la delta, quella è come un raffreddore: ipse dixit) innescata proprio dalle vaccinazioni (ipse dixit), no: ci auguriamo che chiunque scelga liberamente (e magari davvero informatamente, cosa che purtroppo non è: vogliamo fare un sondaggio per capire quanti hanno davvero idea di cosa hanno firmato?) se vaccinarsi o meno stia bene e sia felice. Tanto per farci restare una sparuta minoranza basterà la propaganda, coi tanti vip a fare la fila per consigliarci la punturina, anche quelli che fino a ieri facevano gli antisistema (ma ce ne ricorderemo, eccome!).

Purtroppamente però questo è uno scenario altamente improbabile. Sarebbe possibile se davvero l'obiettivo fosse l'immunità di gregge: con questa "potenza di fuoco" nella persuasione, a non vaccinarsi resterebbe una quota di popolazione non sufficiente a impedirla. Ma l'obiettivo, l'obiettivo di tutto fin dall'inizio, fin da prima, è il Grande Reset sociale mondiale, talvolta ce lo scordiamo, per cui devono schiacciarci, o falliranno. Devono ridurci al silenzio e all'isolamento, finché non scompariremo e finiremo dimenticati, e con noi l'idea che una persona è portatrice di diritti suoi propri personali e inviolabili persino di fronte all'interesse collettivo, come quello all'autodeterminazione della propria salute ad esempio. Hanno fatto già così col diritto al lavoro: i nostri figli non sapranno che sia mai esistito. E' questo il paradigma. Avete letto anche voi quel post idiota che ironizzava sui mille modi in cui abbiamo già perso la nostra privacy, per dedurne l'assurdità di rifiutare l'app per il Green pass? Ebbene, provate a capovolgerlo: non è che l'affondo finale è stato proprio preparato così? Che ci hanno dato gli smartphone (senza, tutti saremmo usciti a vedere che succedeva) per poi poterci rinchiudere in casa (finché ce la lasciano...)? Che prima ci hanno rincoglionito con la TV per prepararci all'accoglimento entusiastico dello smartphone? E che con lo stesso espediente retorico, una volta accettata l'app, non ci diranno che allora siamo scemi se rifiutiamo il chip sotto pelle?

Liliana Segre, col suo vecchio
Green pass tatuato sul braccio

Il tocco di classe finale dei guru della propaganda è una vecchia ebrea, vittima del totalitarismo precedente, che anziché usare la propria testimonianza per fare da monito contro ogni schedatura, tatuata o cucita, su schermo o stampata, a forma di numero o di stella o di QRcode che sia, la usa per legittimare il totalitarismo incipiente. Non c'è che dire, le pensano proprio tutte. Io vi saluto per qualche giorno, sono stufo, vado al mare, viaggio con la mia vecchia auto (è quasi arrivata, ma la prossima mi cerco un vecchio diesel: per protesta contro l'ambientalismo obbligatorio, e perché sono convinto che la scelta più ecologia sia far girare le macchine vecchie quanto più a lungo possibile, se uno calcola bene), mangio fuori solo all'aperto, e ogni tanto vi posto una recensione musicale per farmi passare la nostalgia dei concerti dal vivo. Col ballo no, non c'è niente da fare. Ma se i vaccinati credono che per loro invece sia dietro l'angolo un ritorno alla normalità, vedranno sulla loro pelle quanto si sbagliavano, e quanto i potenti di cui si sono fidati li hanno presi per il culo.

Buone ferie, mi raccomando seguite tutti i link nel testo precedente, e nei versetti covidici qui appresso.

90. Ragionare per comprendere. Almeno, la posizione di un fino a ieri osannato premio Nobel come Montagnier...

91. Cosa sta succedendo. Un bellissimo articolo che fornisce un quadro generale della questione, da leggere tutto con attenzione. Mi raccomando di arrivare all'ultimo fondamentale capoverso, che aggiunge al titolo un punto interrogativo.

92. Elenco Eventi Avversi Da Vaccino Anti Covid. Sempre su comedonchisciotte, una estremamente meritoria rassegna stampa che raccoglie dalla cronaca quello che altrimenti fatichereste a unire, come i puntini della settimana enigmistica. Al momento, sono "solo" 17 pagine di 30 articoli ciascuna... Per quelli invece che preferiscono i numeri, eccoli qua.

93. Dottor De Donno: “suicidio” annunciato. E con retroscena economico annesso. Dove sono tutti i miei amici di sinistra che usavano il verbo suicidare in forma transitiva quando si parlava di Ustica? Cos'è, ora non si può più fare? Nemmeno coi leader africani?. Ebbene, De Donno è stato suicidato perché faceva quello che quasi tutti gli altri medici hanno smesso di fare, consegnandosi mani e piedi al regime covidiota e vaccinista: curare gli ammalati. Ma questo ve lo faccio dire da Stefano Re, che lo dice meglio di me, riportando uno spezzone da un suo post.

Hanno ucciso il dottor De Donno. Lo hanno ucciso i piccoli schiavi con le loro menzogne, con la loro cecità imposta, con il loro odio spacciato a reti unificate. La sua colpa è stata salvare delle vite, ma salvarle davvero, curando la malattia che li stava uccidendo, strappandoli da un protocollo che li avrebbe condannati. Non era accettabile, danneggiava il disegno criminale in corso d’opera che non poteva e non doveva fermarsi, e così lo hanno ucciso.

Non so se fosse un uomo giusto o buono, so che la sua colpa è stata salvare vite, fare quel che un medico giura di fare, quel cui dedica la sua esistenza. E so chi lo ha ucciso, come lo sapete voi, come lo sanno loro. Sappiamo perfettamente chi sta uccidendo milioni di persone, con virus reali o immaginari, protocolli medici fatti di attese e menzogna, decreti costruiti su numeri falsati e proclami al rilancio di odio e veleno. Lo sappiamo noi e lo sanno loro.

È bene che lo sappiano anche questi piccoli schiavi, questi assassini, questi terroristi in giacca e cravatta, quelli in camice bianco, quelli nascosti nelle redazioni e quelli incestati dentro uffici dai nomi altisonanti e pomposi. È bene che lo sappiano, che non possono farcela, e che non ce la faranno. 

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