venerdì 29 maggio 2020

DITTATURA 2.0

Questa immagine folgorante era sul sito di Blondet
La notizia che avete sentito su tutti i telegiornali del regno è che abbiamo finalmente una Europa "Next generation" che sgancia i soldoni: la propaganda, invenzione nazista bisogna ripeterselo sempre, adora la sintassi "ripeti una bugia tante volte finché diventa una verità". Se quei quattro gatti che ancora hanno tra le orecchie qualcosa di diverso di quanto descritto in immagine leggono bene i numeri e capiscono l'inghippo, pazienza: finché non dispongono di casse di risonanza capaci di moltiplicarne il numero, anzi, li si può persino lasciare esprimere liberamente, così si può dire che siamo in democrazia.
Siccome però non abbiamo altro margine di manovra, ci infiliamo in questo spiffero e continuiamo a dirla, la nostra opinione, non si sa mai i gatti diventino otto, o forse solo cinque, ci basterebbe. Anche se sappiamo che è inutile: lo racconta anche l'esperienza di questi ultimi anni, quando addirittura siamo riusciti a portare alla maggioranza relativa dei voti in due elezioni politiche consecutive un movimento politico che dichiarava di voler fare una serie di cose che bene si sintetizzavano nel binomio "sovranità e legalità", inscindibile a pena di afflosciamento, per poi tradire vergognosamente se stesso e tutti i suoi elettori in cambio della prosecuzione della propria esperienza di governo affianco al nemico storico, un partito che ha nella ragione sociale originaria calpestare proprio quei due valori.
Caso ha voluto (forse) che questo governo si trovasse ad affrontare un nuovo paradigma sociopolitico, nelle forme di un virus influenzale un po' più cattivo della media, e lo facesse nel modo peggiore possibile, dimostrando palesemente (ma solo ai 4 gatti di cui sopra, tra cui il sottoscritto e forse voi che leggete) l'inadeguatezza del metodo di reclutamento della nuova classe politica, dato che nessuna altra leva di parlamentari, nemmeno quelli della peggiore partitocrazia dei tempi del pentapartito con desistenza dei comunisti, avrebbe mai consentito il tradimento di tutti i principi basilari della democrazia che abbiamo visto in questi mesi. Come aperitivo di quello che vedremo prossimamente, purtroppo.
Sciorino alcuni esempi, ma solo perché più di un episodio mi ha dato l'impressione che le teste pensanti in giro siano più di quanto paiano, e siano solo ridotte al silenzio (calati juncu ca passa la china!), e la cosa mi ha rinfrancato e mi spinge a fornire, a chi li voglia usare per se o per passare parola, alcuni spunti di riflessione.
  1. La sedicente nuova Europa - Stringi, stringi, il mirabolante risultato vantato si riduce, per noi a circa 170 miliardi di euro, di cui solo meno della metà a fondo perduto (e pure quelli sono in sostanza soldi nostri), il resto ce lo prestano e glielo dobbiamo ridare, assieme agli altri 30 e passa di quel MES che gira gira alla fine chiederemo. A chi abbocca a pensare che comunque si tratti di belle cifre, invito a cercarsi le stime del danno all'economia nazionale fatto dal lockdown e dai suoi strascichi che non si sa se e quando finiranno, le più prudenti delle quali ammontano almeno a 5 volte tanto. Ora, non so voi, ma anche il peggior sovrano assolutista della storia umana, se in caso di calamità non avesse dato fondo al suo tesoro per rifondere i suoi sudditi, questi ne avrebbero disconosciuto la sovranità, e come minimo avrebbero tentato, e con buone possibilità di riuscita, di rovesciarlo. Qui siamo di fronte a una istituzione sovranazionale non eletta, cui abbiamo improvvidamente e dolosamente ceduto sovranità, che (forse: mica è ancora detto...) ci rifonde per una frazione, e intanto aumenta la nostra esposizione debitoria di almeno altrettanto per aumentare ulteriormente il suo già enorme potere di ricatto. Tra parentesi, se la stessa cifra ce l'avesse erogata prima per attrezzare la sanità, non ci sarebbe stato bisogno di nessun coprifuoco: solo un anno fa hanno praticamente fatto cadere un governo per non avergli concesso di portare il deficit su di un paio di decimali, e questa disciplina ce la impongono da decenni ed è esattamente la ragione per cui se arriva una influenza più carogna delle altre non abbiamo un sistema sanitario in grado di assistere chi sta male consentendo intanto a chi sta bene di continuare a campare come gli pare.
  2. Tutti dentro - Tre mesi chiusi in casa, e poi questo balletto di misure assurde, peraltro condivise da una maggioranza belante che se la prende coi ragazzi che hanno osato riavvicinarsi appena hanno potuto (ma tranquilli, ora arrivano l'app - il vostro telefonino è già pronto - e pure i kapò, ci sarà da divertirsi...). Cosa succede se il prossimo virus, invece che girare per aria, gira per acqua? Se anche ti chiudi dentro, devi bere e lavarti. O passano i camion dell'esercito con le bottigliette di minerale a miliardi? Ma solo io vedo l'assurdità di avere consentito una volta, creando un vulnus irrimediabile per chissà quante altre, l'intrusione in sfere che dovrebbero essere sacre quanto la vita stessa, perché la vita senza la libertà non è vita e sennò nessun progresso sociale sarebbe mai avvenuto nella storia dell'umanità? Uno Stato sovrano deve consentirmi di curarmi quando sto male, e solo se lo voglio. Deve ricostruire le mie case e le mie strade se arriva un terremoto (e invece, ogni volta per trovare le risorse se va bene passano decenni), per dire. Se non lo fa, perde la sua autorità nei miei confronti. Che tristezza, quelli che dovrebbero essere gli eredi politici di chi scrisse che "l'obbedienza non è una virtù", si apprestano a costringere i nostri figli, dopo averli insensatamente privati del contatto coi loro compagni per mesi, a rientrare in classe distanziati e con la inutile e pericolosa (è un covo di germi, e inibisce le normali funzioni respiratorie) mascherina. Il tutto, aggravato dal fatto che stiamo parlando di un qualcosa che, dati alla mano, o infetta dieci volte meno di una normale influenza però risultando dieci volte più mortale, oppure ha infettato quanto una normale influenza e con percentuali di mortalità simili. Il che significa che se vogliono, possono rifare un lockdown all'anno: se gli ordini sono uccidere l'economia italiana, se non muore del tutto stavolta, ce ne sarà una prossima.
  3. Lavoro "intelligente"? - No, non siete i soli a non capire la differenza tra telelavoro e smartworking. Stringi stringi, è un sofisma che distingue una disciplina soggetta a contrattazione individuale concessa non a tutti e sulla base di requisiti precisi, da un concetto che è stato introdotto in tempi non sospetti, mettendoci sopra per ingannare i fessi un'etichetta di falso inglese (in inglese non esiste) che non significa niente, con lo scopo di reintrodurre dalla finestra qualcosa che per decenni hanno tentato di introdurre dalla porta: la quantificazione dell'inquantificabile a scopo di completare la demolizione del pubblico impiego, con tanto di spostamento dell'onere di attribuzione di un corretto carico di lavoro sulle spalle del dipendente stesso. Ve la giro esplicita: ora vi sembra tutto figo, vi alzate più tardi, non vi sobbarcate il traffico, restate in pigiama o in mutande, salvo il pezzo di sopra se c'è la riunione in chat (visto che c'era, qualcosa di peggio delle riunioni in ufficio, eh?), e finito di lavorare vi fate da subito i cavoli vostri. Già qualcuno ha notato, però, che gli sembra di lavorare di più, che viene chiamato a fare qualcosa o magari la fa da se di sera o nel w.e., eppure che quello che si può scrivere sul modulo di progetto messo lì sembra non giustificare uno stipendio. Qualcuno già si sveglia di notte pensando a un'altra voce da inserirvi, ma è solo un vago presentimento di quello che accadrà, se non si ferma subito tutto questo: domani, qualcuno userà i dati dei progetti e magari anche quelli delle connessioni per giustificare una bella nuova riforma nucleare globale della pubblica amministrazione che faccia a meno di tre quarti dei dipendenti, o magari solo degli stipendi (tanto lavori da casa, puoi prendere meno: il cottimismo della ragione). Tra l'altro, nel plauso generale di quelli, quasi tutti quelli che non ci lavorano peraltro, che pensano al pubblico impiego come a un pozzo senza fondo di fannulloni, dimentichi del fatto che i loro introiti da privati, dipendenti o autonomi che siano, dipendono essenzialmente dai soldi che girano, quindi il taglio si ripercuoterà, moltiplicato keynesianamente, sulla loro possibilità di guadagno. Senza contare che lo smartworking si applica pure all'impiego privato, dove significa essenzialmente lavorare col proprio pc, la propria corrente, il proprio provider web, e a stipendio dimezzato, già oggi. Voilà: se l'obiettivo era uccidere l'economia italiana, mica ci si poteva limitare alle PMI e ai lavoratori autonomi, no?
  4. Libera impresa in libero Stato  - A seguire il mainstream italico, che li denigra un giorno si e l'altro pure, sono più o meno dei buffoni. Però chi comanda in Stati ancora sovrani come USA e GB, avendo dovuto alla fine conformarsi al lockdown, ha però da subito previsto immediati e consistenti risarcimenti a tutti coloro che sono stati danneggiati dal fermo. I nostri governanti, che vengono invece quotidianamente santificati nel mentre che liberi sciorinano numeri a caso per giustificare il loro operato in campo sanitario e magnificarlo in campo economico, non solo alla fine prevedono misure complessivamente sufficienti a coprire al massimo un quinto o un quarto del danno fatto, non solo lo fanno in massima parte con strumenti che prima o poi (più prima che poi) ci presenteranno il conto (vedi punto 1), ma usano lo stesso paradigma verso l'interno, cosicché chi vuole riprendere l'attività che è stato obbligato a interrompere non ha diritto, come altrove, ad essere rifuso e anche immediatamente dell'intera perdita (compresi i costi dell'adeguamento alle cervellotiche e assurde misure della fase 2), ma un po' di elemosine per i dipendenti qui, un po' di prestiti li (ma "garantiti al 100% dallo Stato", come precisano facendosi i belli, significa che tu fallisci e la banca che ti ha prestato i soldi no, perché copre lo Stato - e se tu pensi "ma allora perché non dare i soldi direttamente a me?" sei un antieuropeo sovranista e complottista magari pure comunista), e qualche spicciolo a fondo perduto a qualcuno per potersene vantare, ma in misura e maniera tali che non impedirà il tracollo di un sistema di piccola iniziativa privata che aveva messo in crisi i padroni del vapore e che in qualche modo aveva resistito anche a trent'anni di monetarismo eurista.
Ora, qualcosa tra le orecchie, dicevamo, ce lo abbiamo tutti. Usiamolo, e capiamo bene cosa è successo negli ultimi mesi. Una epidemia è una cosa che la gente ti muore attorno e ti chiudi in casa da solo per paura, e manco serve. Questa, anche se non sappiamo dargli un nome, è un'altra cosa. Sicuro, una occasione per togliere di mezzo una serie di cose, tra cui uno stile di vita (che si che era insostenibile per l'ambiente, ma c'è modo e modo), alcuni diritti fondamentali (robetta come l'habeas corpus), la possibilità stessa di scegliere democraticamente un governo che svolga una politica economica diversa da quella imposta altrove (anziché approfittarne per liberarsi dell'UE, alla fine abbiamo moltiplicato i legacci, e se alle prossime elezioni votassimo tutti per Keynes redivivo in persona, non potrebbe fare politiche keynesiane manco lui). Una nuova forma di dittatura, insomma, come nemmeno Orwell e Huxley erano riusciti ad immaginare. E a giudicare dai sondaggi, gli italioti sono pure tutti contenti....

domenica 24 maggio 2020

FERRIERE E MINIERE DI CALABRIA ULTERIORE - II

Mongiana è così piccola che per vederla comparire su Maps bisogna zoomare un
bel po'. Ma il segnalibro delle Reali ferriere ed officine è ancora lì, a testimoniare
di un passato glorioso che avrebbe potuto portare a una storia diversa e quindi ad
un presente diverso per il nostro Sud. Qualcuno potrebbe dire che è rivangare non
è che un inutile esercizio, visto che oramai siamo tutti italiani. Ma senza i crimini
commessi tutta la storia italiana sarebbe stata diversa, e tenerlo presente potrebbe
servire ad esempio adesso a fermare i crimini europei nei confronti dell'Italia, che
sono peggio di un'annessione perché ne provocano i danni senza pagarne i costi, e
quel che è peggio sono commessi con la collaborazione attiva di troppi italiani...
Come promesso, ricevo e volentieri pubblico il seguito di un post anche piuttosto letto, per gli standard di questo blog; spero che sia per l'argomento: vorrebbe dire che l'afflato di autentico meridionalismo, che condivido con l'autore, è ancora vivo tra i conterronei. Sarebbe raccomandabile, anche per chi l'avesse già letta, cominciare dalla prima parte: la storia, che Pasbas ha scelto in quanto paradigma di quella che fu una guerra di annessione e fu raccontata (e ancora oggi lo è) come mito fondativo dell'Italia unita, è quella di un puntino sulle cartine geografiche praticamente al confine tra le province di Vibo, Reggio e Catanzaro, un paesino oggi minuscolo nato e fiorito proprio come centro residenziale per gli operai delle fabbriche di cui raccontiamo. Spesso però è dal piccolo che si capisce meglio il grande.
Una ultima considerazione prima di lasciarvi alla lettura. Pasquale chiude l'excursus storico (ma non andate subito a guardare, vi rovinate l'effetto) con un espediente retorico efficacissimo, che a me fa trarre due conclusioni che funzionano bene anche come premesse: (1) qui nessuno vuole santificare i Borboni, ma solo proporre una visione della Storia meno ideologica di quella di cui ci hanno imbevuti fin dalle scuole elementari; e (2) forse alla fin fine è solo l'esercizio pedante e instancabile del Dubbio che ci può salvare, magari anche in una cronaca gestita da una macchina propagandistica superefficiente.

Ferriere di Mongiana Parte 2

di Pasbas

Eccomi di nuovo a parlare dell’autentico e preunitario “Polo Metallurgico Calabrese”, che niente ha a che fare con la bufala statale post-unitaria del famoso e famigerato Centro Siderurgico di Gioia Tauro.
1820
Il direttore di Mongiana, Landi, trasferitosi agli opifici di Torre Annunziata (già esiste la “job rotation” tra poli industriali remotamente dislocati!), viene sostituito dal T. Col. Mori. In continuità assoluta col suo predecessore, Mori dà nuovo impulso alla siderurgia facendo sfornare a Mongiana latta ed acciai speciali.
In quel periodo scoppia la rivolta siciliana che mette a dura prova la solidità del Regno, ma che non compromette minimamente lo sviluppo del Polo Siderurgico Calabrese.
22/7/1820
Con la Costituzione, Ferdinando I, con grande lungimiranza, suddivide la Calabria in 3 regioni: Calabria Citeriore (Cosenza),Calabria Ulteriore 2 (Catanzaro) e Calabria Ulteriore 1 (Reggio Calabria)
1821
Gli austriaci invadono il Regno e aboliscono la Costituzione, dando inizio ad una spietata caccia al democratico.
1823-26
La comprovata stabilità del polo mongianese porta ad una grande opera di rimboschimento nazionale delle faggete serrane, depauperate dalla necessità di fornire carburante ligneo agli altiforni. Una legge forestale fa delle faggete di Stilo una proprietà demaniale, istituendo un Corpo Forestale di sorveglianza, di stanza a Mongiana. I boschi serrani di Stilo, grazie a questi lungimiranti provvedimenti, tornano a godere di buona salute.
Ma non finisce qui, infatti il motivato Ritucci inizia i lavori per la costruzione dell’incredibile e ancora oggi bellissimo sito di Ferdinandea (così chiamato in onore del Re Ferdinando II, suo promotore e finanziatore).
Nello stesso periodo prende forma anche l’imprenditoria industriale privata: nelle serre del versante ionico il Principe di Satriano crea il più grande complesso siderurgico privato del Regno. A Capodimonte, intanto, la nuova industria privata metalmeccanica Henry & Zino produce pezzi di ricambio per le macchine da tessitura a vapore. Ha così inizio nel Regno la coesistenza di un sistema nazionale metallurgico statale e di uno completamente privato (altro che la "arretratezza, incultura, povertà di idee e mezzi" riferita dagli invasori piemontesi, e poi passata alla storia!).
1833
L’organizzazione del polo di Mongiana è molto complessa e articolata e viene gestita dalla Direzione Generale, che sovraintende alle attività e coordina le altre Direzioni:
  • Direzione del Dettaglio, presieduta da un esperto economo;
  • Direzione Lavori, presieduta da un esperto chimico;
  • Direzione della Fabbrica d’Armi, con a capo un perito;
  • Direzione delle Miniere, con a capo un geologo-mineralogista.
Questa complessa struttura ha il compito di gestire impianti e infrastrutture distribuite su di un vasto territorio montano, boschivo ed impervio.
1839
Il capitano D’Agostino e il fonditore Pansera partono da Napoli per le zone minerarie francesi, arrivando ad esaminare e studiare gli opifici compresa la grande fonderia militare di Newers. Un evento questo di vero e proprio spionaggio industriale di stampo moderno.
Nel luglio il polo minerario-siderurgico conta ben 742 lavoratori divisi tra: staffatori, fonditori, minatori, garzoni, carbonieri, mulattieri, bovari, impiegati di vario genere, militari, un chirurgo e un cappellano. Una tale capacità industriale e organizzativa consente alle Reali Ferriere di vincere l’appalto nazionale per il ponte in ferro “Cristina sul Calore”, per manifesta superiorità rispetto ai concorrenti.
Qui si potrebbe uscire un attimo di tema, e ricordare come sono andati gli appalti pubblici lungo tutta la storia dell'Italia unitaria, e vanno ancora adesso, ma lo sapete già tutti e sarebbe pleonastico.
1840
Nasce, nell'ambito dei continui aggiornamenti tecnologici e organizzativi, l'inedita figura dell'ingegnere costruttore. Il primo a ricoprirne la carica fu singolarmente un civile, Domenico Fortunato Savino, grande e visionario genio della progettazione a largo spettro, manutentore e riciclatore fantasioso, uomo dalle mille risorse. Tra i suoi compiti quello di progettare il Piano Regolatore dell'intero Polo serrano: rifare completamente le fonderie, ristrutturare la caserma e le varie officine, progettare il complesso delle opere infrastrutturali necessarie quali strade, ponti, canali e persino un cimitero.
1846
Il Savino introduce nel processo industriale i più moderni sistemi di affinazione, installa un laminatoio inglese allo stato dell’arte e non ultimo rende il Polo completamente autosufficiente quanto a utensili, parti di ricambio e quant'altro necessario alle varie attività lavorative.
1848-49
I moti di indipendenza dei siciliani, che chiedono il distacco della Sicilia dal Regno dei Borbone, vengono repressi spietatamente nel sangue dai Borbone, avendo come drammatico epilogo la distruzione sistematica e totale della città di Messina, ultimo baluardo di resistenza dei siciliani indipendentisti.
Ma, a proposito di stabilità delle imprese pubbliche del Regno, il Polo Siderurgico Calabrese continua la produzione senza interruzioni di sorta. Ancor di più: quando dei ribelli calabresi attaccano a sorpresa Mongiana, a parte le poche armi e due cannoni sottratti ai militari di stanza nel sito, non trovano nulla di utilizzabile per le loro azioni future; inoltre le maestranze si mostrano assolutamente indifferenti alle loro incitazioni alla ribellione. Il Savini, di tendenze liberali, viene rimosso dal suo incarico ma presto reintegrato su pressante richiesta della direzione e delle maestranze. Se non è stabilità operativa questa! Si pensi invece a cosa accade ai giorni nostri al Paese dopo un semplice rimpasto governativo...
Uno sguardo ai numeri, che dimostrano le considerevoli dimensioni di alcuni dei fabbricati presenti nel Polo Calabrese: le Officine sono locate in uno solo stabile lungo circa 2 km; nelle ferriere ci sono inoltre 3 grandi altiforni; la fabbrica d’armi è ospitata in un grande edificio di 3 piani.
Tornando al tema della valorizzazione dell’elemento umano, il Regolamento delle ferriere è per l’epoca molto avanzato in termini di garanzia e rispetto dei lavoratori. E’ un misto di elementi burocratici tipici del Regno e di una serie di norme di forte coinvolgimento degli operai nella direzione della fabbrica (i grandi industriali protagonisti della ripresa economica degli USA nel dopo ’29, quali Ford e altri, applicheranno questi concetti quasi un secolo più tardi!). Ad esempio, per dire di quanto l’organizzazione sia efficiente e rispettosa delle maestranze, la giornata lavorativa è di 8 ore (avete capito bene, 8 ore, nel 1848!), e anche di durata inferiore nel caso di lavorazioni particolarmente logoranti: a quel tempo l’orario medio di lavoro nel Regno è di 10/11 ore, mentre in Inghilterra gli operai lavorano 16 ore e il lavoro minorile è molto diffuso. Inoltre, esiste già una Cassa Previdenza per gli infortuni sul lavoro, che peraltro sono in numero molto più basso delle corrispondenti industrie europee. Anche la mortalità sul lavoro vede cifre significativamente più basse di quelle relative alle nazioni più industrializzate, frutto di una più che buona organizzazione gerarchica delle squadre di lavoro congiunta alla grande importanza data alle maestranze viste come veri uomini con veri diritti, invece che come “asset aziendali”.
Caratteristiche essenziali del Regolamento, elementi apparentemente contraddittori (che però in effetti non lo sono, visto i luoghi e l’epoca di riferimento, gli anni 40 del XIX secolo) tra quelli più specificamente militari, relativi alla grande importanza strategica del Polo, e quelli relativi alla valorizzazione in termini sia umani che produttivi:
  • come detto, la giornata lavorativa è in media di 8 ore contro una media nel Regno di 11/12 ore;
  • per il lavoro minorile gli orari sono ridottissimi e i compiti sono di tipo gregario-apprendistico:
  • manca totalmente lo sfruttamento delle donne;
  • grazie alla politica di welfare la popolazione residente gode di buone condizioni di salute, e inoltre c’è assenza totale di alcolismo;
  • sono presenti in sede un chirurgo (poco impegnato grazie ai pochi infortuni dovuti alla buona organizzazione del lavoro), e un farmacista con compiti anche di medico;
  • infine, anche se non è tutto, Mongiana (come già per il Polo Tessile di S. Leucio) è dotata di 2 classi di scuola primaria con tanto di insegnanti per un totale (per i tempi, una vera e propria chicca culturale) di nove materie insegnate: lettura e scrittura, aritmetica, religione, grammatica italiana, dettato, disegno lineare, agricoltura, arti e (per ultimo ma non per importanza) galateo!
1860
Fine del Polo Siderurgico.
Arrivano i garibaldini (autoproclamatisi liberatori col supporto di inglesi, massoni, piemontesi e francesi) e cambiano come primo atto il nome degli altiforni di Ferdinandea da S. Francesco e S. Ferdinando ai più laici (o dovremmo dire laidi) Garibaldi e Cavour. Ecco i "miglioramenti" immediati che avvengono nel Polo: viene immediatamente chiusa Ferdinandea, e nella Ferriera “liberata” di Mongiana non si pagano più gli operai provocando sommosse tra le maestranze e i cittadini. Si sollevano infatti i mulattieri al grido di “W Francesco II”, e si creano bande di militari che non si arrendono ai piemontesi.
21/10/1860
Al plebiscito la vittoria del “NO” è schiacciante, soprattutto considerando che si vota per censo, quindi non votano operai e cittadini comuni. La reazione rabbiosa dei piemontesi è subitanea e implacabile: chiusura totale degli stabilimenti, che presto verranno completamente abbandonati. 
dicembre 1860
Nasce una sommossa popolare a Mongiana, la guarnigione viene colta di sorpresa e i militari disarmati facilmente; i cittadini, con a capo le donne della cittadinanza, al grido di "W Don Ciccio" calpestano il tricolore.
1862
All'esposizione internazionale di Londra, le armi prodotte dal Polo Calabrese vengono premiate per l’alta qualità raggiunta nella loro produzione.
1863
Lo stato unitario inizia a succhiare il sangue della popolazione dell'ex-Regno, aumentando la tassazione diretta del 40%. Inoltre gli ordini commissionati alle industrie siderurgiche del sud ammontano al 5-7% degli ordini nazionali, provocando di fatto la morte del Polo Calabrese e di tutto l’indotto che gira intorno ad esso. La giustificazione ufficiale è che le maestranze, completamente senza istruzione, rozze e incapaci, non possono che sfornare prodotti di bassa qualità. I cantieri navali di Castellammare di Stabia nel frattempo costruiscono la pirofregata Messina ed impiegano per ultimarla il 25% in meno del tempo impiegato dal cantiere S. Rocco di Livorno per varare la gemella Conte Verde.
Non essendo ancora completata l’opera di demolizione del grande Polo siderurgico calabrese, Mongiana viene premiata alla esposizione industriale di Firenze con medaglia e diploma.
Pietrarsa, il famoso polo di produzione di materiale rotabile, è testimone di un ignobile fatto di sangue: gli operai scendono spontaneamente in sciopero, che viene brutalmente sedato dagli "eroici" bersaglieri che si confrontano a colpi di fucile e di baionetta con maestranze disarmate. Sì proprio quei bersaglieri che fucilano e fucileranno, senza alcun processo, migliaia dei cosiddetti briganti, nel contempo macchiandosi di ignobili stragi di civili, con completa distruzione di interi paesi del Sud accusati di fiancheggiamento.
23/6/1873
Mongiana ed il suo Polo, con legge n. 1435 emessa dal governo Lanza (quante piazze e strade a lui intitolate!) e ratificata dal parlamento sabaudo, vengono venduti ai privati (e più precisamente a un ufficiale garibaldino).
Questa legge segna la fine definitiva del grande Polo Siderurgico Calabrese.
               
Appendice.
Nell'assedio di Messina, che ricordavo all'inizio del paragrafo dedicato al 1848/49, le truppe borboniche ammontavano a quasi 25000 uomini ben armati ed addestrati, compresi i feroci mercenari svizzeri, mentre quelle degli assediati a in tutto 6000. Inoltre le batterie dell’artiglieria borbonica contavano 450 cannoni contro i 112 degli insorti, ma la città eroicamente sopportò nove mesi di terribili bombardamenti, che la distrussero radendola completamente al suolo e procurando un tale numero di morti e feriti (in gran parte civili) che neanche lo stato maggiore napoletano, con in testa il generale Filangeri, fu in grado di calcolarli. Ecco le parole di un ufficiale borbonico che partecipò in prima linea all'infame eccidio dei fratelli messinesi: "I feriti ... immensi, morti non so numerartene, sia da noi che da loro"; e ancora "... ho inorridito nel vedere la bellissima Messina ridotta tutta uno sfabbricinio...".
Perché non ve l'ho detto prima e invece ve lo dico adesso? Per mostrarvi come chi scrive la Storia, omettendo volutamente uno o più importanti eventi o anche solo dettagli, non fa che semplicemente usare una tecnica per portare il lettore sulle proprie tesi. E se questo fosse realmente il metodo usato da molti degli scrittori storici più famosi e autorevoli? A chi credere? A questa domanda autogenerata non so in alcun modo rispondere.

giovedì 21 maggio 2020

YOSS 3: FRANCESCA

Questa rubrica stenta a decollare, ma c'era da aspettarselo: applicando la percentuale degli italiani che leggono libri e poi tentano pure di scrivere (sono gli stessi, anzi forse col secondo criterio si conta qualche elemento in più) al numero esiguo di lettori di questo blog, due autori per tre racconti in un mese e mezzo è congruo. Ma io non demordo, e vi sfido ad emulare i nostri due eroi che finora hanno pubblicato su YourOwnShortStories,  peraltro cose bellissime.
E' il caso di questo racconto in prima persona, che ci consente di commemorare l'attentatuni in modo molto più efficace rispetto a quanto abbiate mai trovato in questo spazio, figurarsi rispetto alle tirate sulla mafia (che dimenticano sempre di parlare delle cause) o alle articolesse strappalacrime (che la buttano sul privato delle vittime per solleticarvi il velopendulo) che vi propinano da 28 anni e vi toccano anche dopodomani.


Francesca

di L'Elio

Era da tempo che non mi capitava di essere aggredito dai fantasmi del passato.
Quando meno te lo aspetti vieni completamente avvolto dal tetro velo dei ricordi; basta una immagine apparentemente innocua; una parola profferita senza quasi volerlo; uno sguardo diretto di uno sconosciuto; un profumo noto che non riesci a catalogare e il ricordo comincia ad affacciarsi timidamente alla finestra della tua memoria, per poi, pian piano, diffondersi come una macchia d’olio sulla superficie del mare ed impossessarsi della tua mente, fino a non farti chiudere occhio per tutta la notte, sempre più anticamera di una notte più buia.
Angoscia, frustrazione, stanchezza: solo alcune delle sensazioni che provavo seduto su quella sedia, dopo aver subito l’ennesima umiliante perquisizione ed irreggimentato in una fila di disperati che condividevano il mio stesso destino nell'attesa della terza ed ultima dettatura del tema, nella terza ed ultima giornata di quella estenuante tortura.
Ero lì all'ennesimo concorso (questo era il più ambito, quello di magistratura), stiracchiando una stentata conversazione con il candidato seduto davanti a me, nel tentativo di allentare la morsa della paura, quando noto nel grigiore dell’immensa sala, gremita di gente ed illuminata dal neon nonostante l’ora del mattino, una figura femminile sul banco della commissione che sprigiona un’aura luminosa. Non so dire se fosse bella, ma destò la mia attenzione.
Subito chiesi al mio vicino di posto chi fosse. Lui, quasi stupito della mia ignoranza, mi rispose: “Ma come? Non la conosci? E’ la moglie di Falcone, Francesca Morvillo”. La guardai meglio, mi sembrava l’unica nota intonata in un concerto stonato e disarmonico. Aveva uno sguardo altero, ma, morbido; una eleganza nei movimenti che strideva con le mosse disarticolate dei tristi figuri che si aggiravano nei dintorni; un sorriso caldo come un raggio di sole di una primavera ormai inoltrata, ma, del tutto inesplorata fino a quel momento.
Mentre mi perdevo nei meandri della mia fervida immaginazione, cominciarono a dettare la traccia del tema; il battito forte del cuore mi fece capitombolare nella cruda realtà e mi sforzai di recuperare un minimo di facoltà mentali per cercare di scrivere qualcosa di dignitoso.
Alla fine della giornata, dopo aver scritto per ore discettando su inestricabili questioni giuridiche, decisi che più di tanto non avrei potuto fare e, con la testa teatro di una battaglia fratricida in corso tra neuroni, mi recai a consegnare il mio compito.
Alla cattedra della commissione ad accogliermi con un morbido sorriso c’era proprio lei, che, inaspettatamente, mi chiese: “Allora? Com'è andata?”. Un effluvio di calore inondò la mia gelida anima, inariditasi in quel deserto artico vissuto per tre lunghissimi giorni, e con banale timidezza accennai ad un: “Bene, almeno spero”. E lei: “In bocca al lupo!”. Le ricambiai il sorriso e uscii da quell'inferno soffocante respirando finalmente quell'aria suadente che solo l’ultima parte della primavera coincidente con l’estate incipiente sa donare. In un centesimo di secondo le mie funzioni vitali si riaccesero e mi accorsi che la vita intorno a me in quel periodo era continuata, noncurante delle mie stupide afflizioni concorsuali. Senza neanche accorgermene, entrai in una chiesa nelle vicinanze e, forse per la prima volta nella mia vita, pregai: certo una preghiera laica senza formule sacramentali, ma una preghiera vera che mi sgorgò dal profondo in maniera spontanea e che mi procurò uno stato di benessere quasi estatico, agevolato dal silenzio assoluto e mistico di quel luogo.
A distanza di tempo ho dovuto ammettere che quella preghiera è stata ascoltata, il che ha cominciato a far traballare le mie atee convinzioni e a far germinare dentro me stesso il seme quanto meno del dubbio circa l’esistenza di qualcosa oltre la morte.
Dopo questo momento di isolamento spirituale, mi dedicai ad attività più prosaiche e soprattutto a tuffarmi in quel mare che tante volte avevo desiderato in quei mesi di ritiro forzato a casa.
Ci organizzammo per i giorni successivi con la mia compagna del tempo, anche lei presa dalle mie stesse beghe concorsuali, per andare al mare.
Leggerezza, desiderio, vitalità: solo alcune delle sensazioni che provavo guardando negli occhi quella meravigliosa creatura che avevo accanto, mentre, guidavo la mia auto verso la meta agognata.
Ci fermammo ad un bar sulla strada per fare colazione e vi entrammo, come solitamente ci capitava, ridendo senza motivo, solo perché pensavamo di essere felici.
C’era un televisore in quel bar e all'improvviso vidi quel viso che tanto mi aveva colpito e che, ora, non era più attraversato da un dolce sorriso, ma, era serio quasi contrito. La riconobbi, comunque, subito ed ascoltai le parole del cronista che mi lasciarono in uno stato di ebetismo per qualche minuto. Era il 23 maggio 1992, Francesca Morvillo, insieme al marito, Giovanni Falcone, e agli uomini della scorta, era saltata in aria a causa di un attentato della mafia a Capaci, località vicino Palermo, durante il viaggio di ritorno da Roma, dove lei aveva appena finito di lavorare quale membro della commissione per il concorso in magistratura, lavoro che aveva accettato per stare più vicino al suo compagno di vita, e ora di morte, anche lui a Roma per coordinare la lotta a quella organizzazione criminale sua acerrima nemica da sempre.
Ci chiudemmo in un totale mutismo, del resto, qualsiasi parola non avrebbe avuto senso. Pensammo anche di tornare a casa, ma, anche questo non avrebbe avuto senso. Trascorremmo quelle giornate con un senso di morte addosso ed un velo negli occhi che divenne, poi, con gli anni, sempre più spesso, anche per le vicende più o meno catastrofiche che travolsero la nostra vita.
Rimane dentro di me l’immagine di quella donna che mi ricorda che può andare tutto in malora; che puoi essere attorniato da appuntiti gelidi stalattiti; che puoi sentire tutta l’indifferente ferocia di cui è capace l’umanità; ma, la gentilezza di un gesto inaspettato da parte di uno sconosciuto lascerà sempre accesa una flebile fiammella che ti consentirà di leggere la bellezza tra le righe della vita.

venerdì 15 maggio 2020

RADIOCIXD 19 - QUELLO CHE CONTA

"Anche in tempo di solitudine, bisogna raccontare"
Luis Sepulveda
Questa è una recensione preventiva. E' possibile per tutta una serie di ragioni: perché tanto le canzoni sicuramente le conosciamo, perché vista l'interprete siamo si curiosi di quale sarà il registro scelto per la loro interpretazione ma non abbiamo alcun dubbio sul livello, e perché così abbiamo la possibilità di esserne co-produttori, aderendo alla campagna di crowdfunding che inizia alla mezzanotte fra il 14 e il 15 di maggio.
Partiamo dall'ultima, per lanciare la news: sulla piattaforma produzionidalbasso è possibile scegliere da vari livelli di sostegno (io ho preso sia la versione digitale che il CD, ma solo perché gli altri CD ce li ho già tutti e non riesco ad ascoltare un vinile da anni) al nuovo progetto discografico di una delle cantanti più brave ed eclettiche del nostro panorama nazionale: "Quello che conta - Ginevra Di Marco canta Luigi Tenco". A seconda di come si aderisce sono previsti vari tipi di ricompense, ma a prescindere la ricompensa maggiore sarà quella di aver fatto qualcosa di concreto per la musica italiana, che già non era messa benissimo e ha ricevuto dalla maldestra e criminale gestione di questa presunta emergenza un colpo da cui difficilmente si riprenderà. Se mai torneremo a sentire un concerto dal vivo (da tempo quasi l'unico sostegno per gli artisti: i dischi non si vendono più) stretti stretti e urlandoci in faccia le parole delle canzoni, infatti, non sarà per quanto bravi siamo stati nella fase2, che ha già comunque fatto praticamente saltare tutta la prossima stagione estiva, ma per se e quando saremo stati capaci di detronizzare i nuovi despoti e fargli pagare il fio delle loro azioni. Cioè temo mai, a giudicare dagli sguardi che incrocio mentre vado a correre senza mascherina.
A maggior ragione, dunque, è importante in questo momento - per chi può e per quanto può - sostenere la prosecuzione di una carriera artistica coproducendo un progetto, a parte la diciamo così ordinaria soddisfazione di vedere un disco crescere grazie anche al proprio sostegno diretto, senza intermediari.
Il disco sarà (cito il comunicato stampa) "un viaggio attraverso i capolavori di uno dei maestri della musica italiana, intrapreso da una delle voci più emozionanti e intense del nostro Paese [...]: Luigi Tenco. Un progetto che, in forma di concerto, aveva già preso vita nel 2018 per alcune repliche e che ora si concretizza in un nuovo album, partendo proprio dalle scelte musicali effettuate in quella circostanza ma lasciando la porta aperta a eventuali sorprese." Ginevra (che avrà ancora al suo fianco Francesco Magnelli e Andrea Salvadori), prosegue così:
"Abbiamo deciso di ripartire da qui. Ora. E di farlo per noi, per ricominciare e darci una possibilità. Per le persone che ci hanno chiesto di esserci, e che abbiamo sentito vicine anche nei giorni più neri, dove tutto sembrava svuotarsi di senso. E poi è primavera e tutto intorno ci suggerisce di rinascere. Vogliamo provarci allora, con il sorriso di questi giorni e con un nuovo progetto, un viaggio attraverso le canzoni di Luigi Tenco che hanno accompagnato l’ultimo anno di musica e concerti. Il 21 marzo del 2018 Luigi Tenco avrebbe compiuto ottant'anni e NEM (Nuovi Eventi Musicali) ci propose di rileggere parte del repertorio di Tenco creando una collaborazione trasversale tra musica classica e moderna. Qualche concerto in trio e quartetto classico con le partiture di archi originali appositamente riscritte per noi. La proposta ci trovò entusiasti e spaventati allo stesso tempo, succede sempre così quando sappiamo che andremo a toccare un grande artista. Ma gli anni ci hanno insegnato che quello che conta è la misura in cui si ama qualcuno e la sua arte. Più ne siamo innamorati più accade che lo si riesca a interpretare e a restituire con personalità. E noi Tenco ce lo abbiamo dentro, infuso e respirato negli anni dell’infanzia e prima adolescenza, allontanato e quasi ripudiato nello spirito ribelle dei vent'anni per poi arrivare a farci i conti in età più matura, quando capisci che per andare avanti e capire il presente devi volgere lo sguardo indietro. Luigi Tenco lo abbiamo cantato, ricordato e inserito anche nei dischi di questi ultimi anni, riconoscendogli il merito di essere stato uno a cui non interessava la sicurezza di linguaggi precotti, men che meno pensare alle mode: nella sua musica sperimentava soluzioni inedite mescolando beat, rock, strumenti classici e incursioni nella musica popolare con il piglio e la sensibilità di uno che sta guardando oltre. Tenco era il cantore dell'esistenza ma scriveva quello che sentiva, sia che raccontasse i turbamenti d'amore che gli ideali sociali e politici, scrivendo tante canzoni manifesto di contestazione. Combatteva a modo suo, il più delle volte disertando. Un'anima militante capace di schierarsi contro ogni sopruso, senza retorica. L'ho amato anche per questo. E poi c'è la parte mia più intima affezionata a Tenco, cantore di quella malinconia indefinibile che ha sempre pervaso il mio sentire la vita e dove ora affiorano ricordi di infanzia, frammenti di giornate trascorse, l'odore di casa, memorie emotive legate alla mia famiglia, verso la quale ora, alla soglia dei cinquant'anni, guardo con tenerezza e gratitudine."
Di Ginevra Di Marco abbiamo già parlato e riparleremo, anche in questa rubrica. Ma sarà difficile scegliere quale album recensire, come è usanza di RadioCIXD, e non solo per la costantemente alta qualità media, ma anche per la forte eterogeneità dei progetti. Uno dei dischi dei C.S.I., che ho adorato, o dei loro discendenti PGR? Lo strepitoso album d’esordio Trama tenue, in cui dimostra di poter presidiare quel territorio anche da solista, o il seguente Disincanto, in cui si conferma e matura? Stazioni Lunari..., quando comincia a spiazzare dedicandosi ai canti popolari europei, o i due album successivi, dove li esplorerà in lungo e in largo per l'Italia e il mondo? Il progetto live con Margherita Hack o quello con Luis Sepulveda? L'omaggio alla latinoamericana Mercedes Sosa o il viaggio, prima o poi inevitabile per chi ha seguito entrambe fin dagli esordi, con Cristina Donà?
Vedremo. Per ora, non essendo ovviamente ancora uscito l'album, vi propongo il video che Ginevra ha deciso di pubblicare online proprio per lanciare il crowdfunding, a cui vi rinnovo l'invito ad aderire: una versione live registrata nel 2018 della title track, un brano del 1962 (autori nientemeno che Ennio Morricone e Luciano Salce) che ha tra l'altro un testo a tratti di stridente attualità. Affianco, vi rinnova l'invito direttamente Ginevra...

   

martedì 12 maggio 2020

DI LOGICA E DI LIBERTÀ

"Chi rinuncia alla libertà per raggiungere la sicurezza
non merita né la libertà né la sicurezza
." (B. Franklin)
Se vi posto di getto uno sfogo antisistema che mi ha suscitato il (mancato) 89mo compleanno di mamma, lo leggete in centinaia, se sullo stesso argomento pondero un post pacato con tanto di link di approfondimento, superate di poco i cento, se ospito un racconto letterario o pubblico una recensione musicale, dando fondo alla mia o alla altrui cultura, se va bene interessa a qualche decina di persone. Meno male che non ho dotato il blog di nessunissimo strumento di guadagno un tanto a click, altrimenti starei anch'io qui a seguire l'onda per raccattare qualche spicciolo, come tutti quelli che con l'informazione in qualche modo ci devono campare, al giorno d'oggi!... Così, invece, posso permettermi il lusso di sottoporre le mie considerazioni a così poca gente che, forse, magari, resto un pesce troppo piccolo per le maglie della censura anche se si stringono un altro po'. E quando avrò avuto ragione potrò almeno avere la magra soddisfazione del "l'avevo detto, io!", o almeno morire pensandolo, e magari prima che invece un eventuale (ma improbabile) aver avuto torto mi sbatta contro il muso.
...
C'è un sito che monitora la demografia terrestre in tempo reale, nascite morti eccetera: andateci, è impressionante. Scoprirete, ad esempio, che i morti totali di questa che sono mesi che ci propinano come "pandemia del secolo" sono nel mondo ancora una frazione piccola dei morti per malattie infettive in genere, e ad esempio meno di quelli per la cara vecchia malaria, e ancora circa la metà di quelli per incidenti stradali, che pure dovrebbero essere stati ridotti dai vari lockdown. Eppure, se mentre sei in fila per entrare al supermercato, magari al caldo e con la insopportabile quanto inutile mascherina, ti scappa qualche segno di insofferenza verso i geniacci che hanno distrutto l'economia e la società, puoi giurarci che lo zelante cittadino appresso a te ti rimprovera severo perché il governo ti ha invece "salvato la vita". Una cosa da far girare le palle peggio dei commenti belluini sui social alle immagini di quei poveri ragazzi che appena hanno potuto hanno un minimo socializzato: "irresponsabili", "untori", eccetera. Allora guardi i numeri e pensi: se quello che hanno fatto fosse logico, allora con la stessa logica sarebbe sensato, per azzerare le vittime di incidenti stradali o quasi, di ritirare tutte le patenti, vietare la circolazione ad ogni mezzo a qualunque motore, senza nemmeno indennizzare chi spinto dalle ultime normative ambientali se l'era appena comprato nuovo, fregandosene di mandare a picco non solo l'industria automobilistica, che quella forse magari un pochino se lo meriterebbe, ma anche tutto l'indotto, compresi carrozzieri meccanici benzinai e autolavaggi, e tutti quelli che con quei mezzi ci lavorano. Attenzione, non sto dicendo che non sia il caso di affrontare una transizione fuori dal modello autocentrico attuale, sto solo mostrando che se fosse logico fermare il mondo e causare una decrescita shock per circa 200mila morti nel pianeta, lo sarebbe il doppio per circa 450mila, o no? (tra l'altro, lì il fermo funzionerebbe davvero...)
Ma la logica è un lusso che di questi tempi si permettono in pochi: a giudicare il gradimento raggiunto dall'ineffabile Conte (uno che alla vigilia di questa avventura aveva le valigie pronte per il dimenticatoio, e invece ora in ogni caso passerà alla storia), la narrazione imposta dal mainstream dalla curva dei contagi giù giù fino alle (solo) vantate misure di ricostruzione dell'economia per centinaia di miliardi è sorprendentemente accolta da una solida maggioranza. Il web, la stampa, le bandiere dei balconi, sono tutto un belato, ma non è questo a stupire: è che questo coro, ai nuovi totalitari, evidentemente non basta, visto che si disturbano di organizzarsi per zittire le poche carbonarissime voci che cantano fuori dallo stesso. Infatti, è  stata istituita una commissione governativa, nemmeno parlamentare, che stabilisce qual'è la Verità e chi sono quelli che invece dicono bugie che "siccome siamo in emergenza sanitaria questa volta è proprio il caso di zittirli, ne va della vita di tutti", giusto? siete d'accordo, amici di sinistra? eccovi pronti a consentire una versione da incubo di quel bavaglio che quando tentava di imporlo il berlusca eravate sulle metaforiche barricate: guardate che fine avete fatto!
Occam suggerisce, stringi stringi, che ciò che non è indispensabile a una spiegazione è superfluo. Quindi non interessa se il virus sia o meno di origine animale, sia o meno fabbricato dai cinesi in laboratorio, sia o meno innescato dal 5G. Basta e avanza, per protestare, quello che è dimostrato al limone: che qualcuno si è trovato in mano un'arma potentissima, e l'ha usata. Se una pistola spara e uccide un uomo, stabilire se il colpevole è un fabbricante di armi, un esperto killer, un maldestro cacciatore, un adulto impaurito o un bambino incauto, cambia qualcosa forse nel rubricare il reato, ma non cambia niente per chi è morto sparato. E chi è stata ammazzata è la democrazia, la libertà personale, l'economia. La logica era già malmessa, altrimenti avrebbe mantenuto l'arma scarica e ben riposta in un cassetto, e non sarebbe successo niente.
Usciamo di metafora, e facciamo un elenco sommario di questioni che se esaminate con un minimo di logica avrebbero avuto e avrebbero una risposta diversa.
1. Cosa dicono davvero i numeri?
A un certo punto salta fuori una statistica secondo cui i decessi totali (da e per coronavirus compresi) nel primo trimestre 2020 sarebbero inferiori di quelli nello stesso periodo del 2019 (che il covid19 non c'era, ma una brutta polmonite virale girava eccome, e io lo so benissimo e ve l'ho già detto) e anche degli anni prima; i debunker si affannano ad argomentare: il dato dell'anno scorso è Istat mentre quello di quest'anno una proiezione non ufficiale, eppoi i morti sono l'ics per cento di più e se non ci fosse stato il lockdown sarebbero stati ancora di più, eccetera. Ma intanto delle due l'una: o il blocco non serve a niente a meno che non sia prolungato ancora per mesi (cosa che per stessa ammissione del premier non ci possiamo permettere) oppure serve ma allora ha ragione Taormina (si, mi tocca pure dire questo, e mi pesa ancora di più trovarmi d'accordo con Sgarbi, ma quest'è) ed è stato criminale non averlo imposto il 31 gennaio (o prima) anziché l'8 marzo. E poi, soprattutto, il problema non è se la statistica che girava sia corretta o sbagliata, il problema è che è VEROSIMILE, e può esserlo solo perché i numeri nel complesso NON fanno sballare i conti, la serie non è interrotta da una discontinuità palese: insomma, stiamo parlando di un fenomeno che la curva dei danni da influenza del secolo la fa al massimo increspare, forse meno che nel 1970, sicuro molto meno che nelle pandemie vere e proprie.
2. Ma allora i soldi si potevano spendere!
Oggi si parla di misure di riparazione pari a centinaia di miliardi di euro. A parte che viste le scelte in tema di UE (alla fine il MES lo hanno firmato, visto?) è praticamente certo che ce li faranno ripagare cari e amari, quando avremo le statistiche ufficiali, tra un annetto, potremo o non potremo chiedere conto di un'azione di governo capace di causare un danno così grave che spendendone un decimo a deficit, anche solo da dicembre, avrebbe reso il sistema sanitario in grado di assorbire il colpo e ridurre il numero di morti senza che la società nel suo complesso se ne accorgesse? Ma che dico? con 40 miliardi oltre che la sanità si sistemava anche l'edilizia scolastica, per esempio, mentre coi 400 di adesso (ripeto, teorici, ma sono loro che si fanno i belli con queste cifre) ci va bene se torniamo al punto di partenza, e non è detto. Anzi.
3. Il nemico ci ascolta!
Si sentono mandrie di "più realisti del re" invocare il distanziamento perenne (ma 4 metri quadrati per cliente e 5 metri di distanza tra ombrelloni significa fallimento per quei ristoranti e stabilimenti che osino riaprire, è difficile da capire?) e nello stesso tempo, senza rilevare la contraddizione, reclamare "cchiù tamponi pi tutti!". Ora, a parte che fermare uno che sta bene in salute e mettergli un cotton fioc in gola, vatti a fidare se pulito, è una violenza anticostituzionale a maggior ragione, visto che costituzionalmente non è possibile imporre trattamenti sanitari ai malati figurarsi ai sani, di nuovo delle due l'una: o il blocco ha funzionato, e allora i cittadini che stanno bene stanno bene e ogni altra misura è sopruso, oppure è pieno di positivi al covid19 che stanno bene in salute, e allora il blocco non serviva a niente. Infatti, se - come postula proprio chi pretende di controllarci tutti - il 90% e passa fosse portatore sano senza sintomi, al massimo attaccherebbe una cosa che crea al 90% e passa altri positivi senza sintomi, o no? Quindi di cosa stiamo parlando? Ve lo dico io: di qualcosa che rischia solo di imporre ulteriore segregazione sociale, magari stavolta pure intrafamiliare, nonché di compromettere ogni velleità di ripartenza! Ma c'è di più: siccome con ogni probabilità abbiamo già raggiunto anche questa stagione la cifra di quelli che normalmente contraggono un coronavirus e simili ogni anno, che è di alcuni milioni, ecco spiegato perché i tamponi a tutta la popolazione non li faranno mai: potrebbero dimostrare (non ne parliamo se assieme poi a una reale imputazione delle cause di morte, invece di segnare come morto di Covid chiunque morisse di una causa non platealmente diversa, per poi vietare le autopsie - sic! - e fare sparire le spoglie) che la mortalità è zero virgola, quindi la gestione della crisi è stata o idiota o criminale (fate voi, non so cosa preferire).
4. Quello che ci aspetta...
Dire che niente sarà più come prima, come si sente sempre più spesso, non solo suona come una minaccia, ma rende lecito il sospetto che qualcuno abbia perlomeno colto l'occasione, per causare una discontinuità. A seconda di come vi posizionate nel continuum ottimista/pessimista, questo potrebbe voler dire che: a) l'UE non stava più in piedi e nemmeno il rigore finanziario come religione su cui era fondata, ma senza un casus belli quelli che fino a ieri avevano difeso e perpetrato queste mostruosità logiche ed economiche avrebbero dovuto pagare il conto delle loro malefatte e uscire di scena, oggi possono persino presentarsi come salvatori della Patria; b) visto che non c'era modo di convincerci alla decrescita felice, in un mondo a risorse finite preda di un modello economico che presupporrebbe un mondo a risorse infinite, bisognava cogliere al volo l'opportunità di imporci una decrescita infelice (e Bill Gates o è un profeta clamoroso o ci ha messo lo zampino); c) a diritti economici fondamentali già abbondantemente distrutti, occorreva qualcosa che desse modo di attaccare anche l'habeas corpus per trasformarci tutti in sudditi di una dittatura più crudele e inattaccabile di quella monetaria, quella sanitaria, che toccandoci le corte primordiali paralizza a priori ogni possibilità di rivolta. Fate voi, ma come ho già detto siamo già tutti in fila (appresso a Di Maio, bella giravolta non c'è che dire!) per il prossimo presunto salvifico (ma realmente del tutto inutile) vaccino magari somministrato con cerotto a GPS incorporato, e in attesa di quello per scaricarci l'app Immuni, e già tutti belli addomesticati perché alla prossima occasione ci tappino in casa alle prime avvisaglie (di un qualcosa che quindi non sapremo mai se era un virus capace al massimo di farci starnutire un po' o uno ancora più cattivo coi deboli di questo) prendendosi il merito di essere lungimiranti ad evitare il bis.
Ah, e magari stavolta non sarà il vostro schieramento politico, magari ne approfitterà quello avversario, quello razzista e becero e antipatico. Ricordatevi, che l'arma in mano avete consentito voi, che la tenesse. Per la ragione più illogica di tutte: la paura di morire. Che inoltre nella fattispecie è stata anche indotta da pesantissime manipolazioni reiterate da una gestione della propaganda da fare invidia a Goebbels. Ma anche fosse stata motivata da un rischio rappresentato realisticamente, guai a cedervi: chi rinuncia alla propria libertà per paura di morire è già morto, si informi.
L'immagine è tratta dalla pagina facebook La teoria del complotto, e non tutto quello che dicono sia
l'una che l'altra è condivisibile (ma questo è il prezzo della libertà: la fatica di dovere sempre tenere il
cervello acceso, ripagata dal trovare video rivelatori come questo), ma il guaio è che se anche solo la
metà, anche solo un quarto, dei misfatti descritti si si avvera, è la fine. Perciò, occhi aperti e vigilare!

mercoledì 6 maggio 2020

FERRIERE E MINIERE DI CALABRIA ULTERIORE - I


A Mongiana ci sono stato con gli amici da ragazzo, il Museo delle
Reali Ferriere di Mongiana (MUFAR) non c'era ancora, e nemmeno
il parco della Forestale: la realtà industriale a suo tempo battistrada
in Europa era stata cancellata dalla memoria di tutti noi calabresi...
Mentre la cronaca sembra far capire anche al più ottuso degli euristi in buona fede (quelli in cattiva fede lo sono perché in vari modi retribuiti, e almeno sono comprensibili) come e quanto l'UE non sia altro che un buon affare per una parte dell'Europa a danni dell'altra, non essendo nemmeno una vera e propria annessione (che almeno se lo fosse oggi dovrebbe sganciare senza se e senza ma), torna utile ragionare di un'altra annessione, avvenuta quasi 160 anni fa, nei termini in cui soltanto Pino Aprile è riuscito in tempi recenti (a partire da "Terroni") ad affacciare al mainstream, ma che non hanno mai smesso di essere verità storica ardente, anche quando la narrazione menzognera (tuttora imperante) non gli aveva lasciato nemmeno uno spiffero d'aria ad alimentarla.
Accolgo con entusiasmo, dunque, il contributo di Pasbas, che parte dichiarando apertamente la sua posizione generale sulla faccenda "unità d'Italia", che condivido in pieno, e poi approfondisce la sua revisione storica (che non è "revisionismo" - il quale implica pretese di verità storica alternativa - ma discussione critica puntuale) restringendo l'obiettivo a una precisa realtà industriale, quella del titolo e dell'immagine qui sopra, lungo tutta una fase storica. Non so se nella seconda parte, che ci ha promesso, seguirà la stessa realtà nella fase successiva o un altro filo logico, ma so che con le Reali Acciaierie saranno trasferite da Mongiana a Terni anche le migliori maestranze (ancora oggi vi vivono dei discendenti): un paradigma tipico, che continua ancora (anche riprodotto a pantografo tra Italia ed estero) e che noi meridionali spesso dimentichiamo, quando non introiettiamo addirittura la narrazione dei vincitori, colpevolizzandoci. Buona lettura.

Date e Dati della Storia: ferriere e miniere nell’Italia preunitaria

di Pasbas

Vorrei partire da una necessaria premessa: come andrebbe fatto per ogni ricerca storica che si rispetti, dichiaro (con orgoglio) di avere scelto (tutti lo fanno pochissimi lo dichiarano) in modo volutamente e assolutamente “partigiano”, date e dati appresso riportati. Questo non solo e soltanto per onestà intellettuale, quanto piuttosto per dimostrare come si possa travisare la realtà storica con la sola scelta di date e dati. La conseguenza più ovvia di una tale scelta indirizza di per sé il lettore a trarre conclusioni vicine o uguali alla verità che lo storico vuole dimostrare. Dichiaro dunque senza veli quello che aprioristicamente penso sull'argomento: il Regno delle Due Sicilie era nei secoli 17°, 18° e 19° molto più avanzato del nord Italia in generale e del Piemonte in particolare; le ricchezze del sud sono state saccheggiate dai piemontesi, sotto la spregevole direzione dei reali di Savoia (tra parentesi, ho smesso persino di usare i savoiardi nel tiramisù, ormai da diversi anni); da emigrato a Torino negli anni 50/60 e maltrattato esattamente come noi adesso maltrattiamo gli immigrati, dichiaro di avere meritatamente odiato Torino e i torinesi di quell'epoca , tanto che non mi è ancora passato del tutto (anche se ormai i discendenti di meridionali sono in forte maggioranza): il Nero mi piace solo per gli abiti, non certo per l’anima. Infatti, come diceva il famoso “io medesimo” da giovine e in tempi non sospetti, l’unica oggettività umanamente possibile e auspicabile è il dichiarare apertamente quello che si è, emotivamente e intellettualmente.
Caro eroico lettore, ove avessi resistito a questo prologo/pippone iniziale, allora meriti pienamente la seguente “tavanata” di Date e Dati importanti nella storia della Calabria Ulteriore a partire dal XVI secolo (per brevità, anche se la nostra è storia millenaria, inizio da li), periodo di Riforma e Controriforma religiosa, di inevitabili conflitti tra vecchi e nuovi poteri anche in Calabria e di grande impulso per le arti tutte.

1516-19
Carlo V di Borbone Re di Napoli e poi imperatore del Sacro Romano Impero.
1523
Donate al Fieramosca le ferriere della Calabria Ulteriore.
1527
Re Carlo ritorna, causa incuria, le ferriere di Stilo al Regio Demanio.
1620
Il capitano Castello dà inizio alla gestione militare del grande patrimonio minerario delle Serre e dell’Aspromonte nei siti di Stilo, Pazzano, Galatro, Soriano, Belmonte.
XVII secolo
Soreto: baco da seta e tessuti; nuovi artigiani del ferro e del legno come fabbri, fuochisti, falegnami.
1734
Carlo di Borbone conquista il Regno di Napoli. Re Carlo investe molto denaro, proveniente dal tesoro spagnolo, in opere di pubblica utilità.
1749
Carlo crea un comitato di studio per l’ammodernamento dei siti minerari calabresi. Tale gruppo di studio internazionale progetta la ristrutturazione economico-industriale e tecnologica del complesso minerario calabrese. I prodotti, derivati dal lavoro estrattivo di altissima qualità, vengono esportati in tutta Europa. Esempio: la Reale Manifattura delle Armi di Lusso.
1751
Vanvitelli progetta il Palazzo Reale di Caserta; Napoli diviene “capitale d’Europa” con oltre 400 mila abitanti.
1759
Re Carlo diviene re di Spagna e lascia Napoli.
1771
Ferdinando IV rilancia il settore metallurgico: fa costruire la nuova ferriera di Mongiana. Il complesso minerario di Stilo ha da tempo un’organizzazione industriale all'avanguardia; nascono nuove ferriere ad Arcà, San Giuseppe, Murata, Ferriera Nuova, Molinelle Inf. e Sup., Maglietto. Nel territorio di Stilo esistevano già le 5 ferriere di Assi; tutte queste erano dotate delle seguenti indispensabili infrastrutture: canalizzazioni per l’acqua, segheria d’acqua, alloggi maestranze, alloggi militari per capitano truppe ed esperti estrattivi, presenza stabile di un medico, chiesa con cappellano, strade, cavalli, e per finire asini e muli per il trasporto. Gran parte dei siti nominati erano in attivo e in piena produzione. Due porti importanti erano pienamente in attività, Pizzo per il Tirreno e Crotone per lo Ionio: da qui partivano i manufatti per il resto del regno e per l’esportazione in Europa. 
1782
Mongiana entra in piena produzione. Vengono banditi dei concorsi riservati a specialisti del settore minerario del regno per viaggi all'estero (verso Francia, Inghilterra, Germania), che hanno l’obiettivo di approfondire le conoscenze delle arti minerarie patrimonio dell’Europa più avanzata nel settore.
1764, 1783
Due terremoti devastanti colpiscono la Calabria. Vengono riorganizzate e divise per produzione le ferriere di San Bruno, San Carlo, San Ferdinando e Real Principe. Ci si specializza in profilati metallici per ponti e per opere infrastrutturali civili, e più tardi binari per le ferrovie del regno.
13/6/1799
Il cardinale Ruffo scaccia i francesi da Napoli. I Sanfedisti, al comando del Cardinale Ruffo di Calabria, scatenano la reazione contro i francesi e li scacciano da Napoli. Il nuovo governo che ne deriva elimina il gruppo di lavoro di specialisti minerari della Calabria. 
1804
La ferriera di Mongiana fa utili e lavora a pieno regime. La produttività del complesso industriale è alta, gli ordini arrivano regolarmente, vengono impiegate maestranze, specializzate e non, dal settore estrattivo alle fonderie, dai trasporti ai magazzini di stoccaggio. 
18/3/1805
Napoleone, sotto l'egida di papa Pio VI, scaccia i Borbone dal Regno delle Due Sicilie e fonda il Regno d’Italia.
1807
Il sito industriale di Mongiana passa sotto il controllo del comandante d’artiglieria calabrese Ritucci. Costui, uomo lungimirante, promuove un grande impulso e dà nuova vita alle ferriere calabresi. All'interno del distretto industriale delle ferriere c’erano città e paesi che fornivano servizi vari al polo industriale quali ristorazione e alberghi (Fabrizia), trasporti via mare (porti di Pizzo, Roccella e Squillace), logistica (Catanzaro, Amantea, Palmi, Polistena e altri). Ogni altoforno vedeva le maestranze organizzate in squadre di specialisti dirette da un esperto supervisore. 
1811
La carenza di cavatori locali nelle ferriere di Mongiana costringe a chiamarne altri dalle saline di Nieti e Altomonte. Per il trasporto ogni operaio, per ovviare alla carenza di mezzi di locomozione, doveva portare con se due muli, pagati a parte dalla direzione di Mongiana; con questo escamotage il numero degli equini da trasporto salì a 60 muli e ben 198 asini. L’artigianato del ferro si sviluppò grandemente con la creazione di piccoli e grandi forge per la produzione di attrezzi agricoli e componenti varie per l'edilizia. Per lavori di alta qualità a Serra San Bruno alcuni artigiani crearono una speciale vernice dorata, introvabile altrove.
La grande e rivoluzionaria novità nella gestione del sito di Mongiana fu la valorizzazione lungimirante del fattore umano e di quello ambientale. Su richiesta delle maestranze viene istituita "La Cassa degli Operai" finanziata con una trattenuta sulla paga dei lavoratori. La Cassa dava accesso a servizi modernissimi, da welfare odierno quali: medico di fabbrica, indennità di invalidità, indennità di vecchiaia dopo 35 anni di lavoro, sostentamento a vedove e orfani di operai morti sul lavoro. Ritucci progettò anche scuole a indirizzo "mongianistico".
27/4/1811La commissione "Mongiana" del Ritucci fissa gli obiettivi per il piano industriale. Gli stabilimenti calabresi devono divenire più competitivi. Vanno elaborate nuove tecniche di raffinazione dei prodotti. Si devono produrre nuovi combustibili più economici del carbone di legna (coke). Nel polo industriale vanno ammodernati molti degli impianti esistenti e ne vanno aperti di nuovi. Vanno realizzate nuove strade e ponti nelle direzioni delle miniere di Pazzano e del porto di Pizzo.
A Ritucci succede il capitano Carascosa che così definisce gli impianti metallurgici: "le ferriere di Mongiana sono un vero tesoro per lo stato napoletano". Carascosa nel dettagliato piano industriale con comparazione costi-benefici, introduce: una nuova fabbrica specializzata nella costruzione di canne di fucile di tipo moderno; la ristrutturazione del complesso delle ferriere di Stilo; la creazione di due nuove ferriere di dolcificazione; la creazione di nuove forge di tipo “stiriano” per il risparmio di oltre il 65% di combustibile; la costruzione di nuove gallerie di aerazione da aggiungere a quelle preesistenti nelle miniere del polo.
1814
Murat finanzia l’intero progetto. Il complesso minerario di Stilo riapre, a Mongiana vengono introdotte nuove tecniche di lavorazione del ferro nelle fabbriche di fucili, con grande risparmio sui costi di produzione. Il capitano Landi sostituisce il Carascosa e continua l'opera dei suoi predecessori e aumenta ancora la produzione delle ferriere, ottimizzandone i costi. Il governo Murat, con la caduta del Bonaparte, si avvia alla fine.
22/5/1815Murat si arrende e Ferdinando, col nome di Ferdinando I, ritorna sul trono. Nonostante questo terremoto politico, il Landi continua senza scossoni il suo lavoro: in quello stesso anno infatti il polo industriale di Mongiana inaugura la rinnovata "Regia Manufattura e Armeria" per la produzione di componenti per armi, da assemblare poi nella fabbrica di Torre Annunziata. Si tratta di una moderna realizzazione di catena produttiva costituita da più siti industriali.
1/5/1816
Ferdinando I suddivide la Calabria in Calabria Ulteriore 1 (RC) e Calabria Ulteriore 2 (CZ). Una sorta di premonizione dei disastrosi e reazionari eventi che portarono ai moti di Reggio Calabria del 1970.
1816
Mongiana e il suo polo industriale sono realtà europea. Con riferimento (anche) ai siti industriali calabresi, rispetto al Regno delle Due Sicilie gli altri stati e statarelli della Penisola sono a tutti gli effetti Terzo Mondo.

continua... 

 

domenica 3 maggio 2020

CANTO PER REGGIO CALABRIA

Il lungomare di Reggio è così bello che non si può immaginare. Questa bella immagine rende
in qualche modo l'idea: i tre livelli di passeggiata a mare si intuiscono, le luci di Messina di
fronte sono fuori inquadratura, ma si vede bene sullo sfondo l'Etna fumante: incredibile, vero?
Lo screenshot qui a fianco è tratto da un video dell'Associazione Culturale Anassilaos che trovate in fondo al post, preceduto dal messaggio con cui il presidente Stefano Iorfida ne accompagna l'uscita. Spero mi perdoni, ma alla vigilia dell'avvio di questa fase 2 che si presenta se possibile ancora più confusionaria della 1 (non entro nel merito per non togliergli spazio, ma ne riparliamo presto) mi viene di accompagnarlo con una considerazione, che potrebbe sorgere nella mente di chiunque dopo aver letto l'ennesimo bollettino su Strill.it riportare qualcosa come "a Reggio oggi 100 tamponi 0 positivi": constatato l'enorme squilibrio tra i dati dei contagi e delle vittime in alcune zone del Nord e quelli medi del Sud (al loro interno peraltro articolati in modo da poter definire statisticamente trascurabile l'impatto in quasi tutte le sue città), e di converso l'impatto del lockdown in partenza identico ma in arrivo aggravato al Sud dall'essere piombato su una situazione delle piccole attività imprenditoriali già drammatica, mi viene da chiedere cosa sarebbe successo nel caso inverso, se cioè un virus arrivato dall'Africa avesse avuto dalle nostre parti un impatto "bergamasco" e però il governo avesse fermato le attività pure in una lombardia e/o un veneto con solo poche centinaia di casi e pochi decessi. Io la risposta la so, e voi pure. E so anche che sarebbe ora che la finissero con tutti questi penosi balletti fatti di prestiti pelosi della UE all'Italia e delle banche agli imprenditori, e RISARCISCANO in contanti e subito chiunque in Italia sia stato danneggiato dalla chiusura, e nella esatta misura.
E’ disponibile dal 2 maggio [...] il video “Canto per Reggio Calabria”. [Dal 4 maggio] si avvierà una ripartenza lenta e, per certi aspetti, ancora confusa. Attendiamo anche per la nostra Città tale “risorgenza” pur ritenendo che i tempi di uscita dal tunnel non saranno brevi. Ci piace comunque pensare che tale “cominciamento” possa prendere le mosse dalla cultura e dalla poesia specialmente in una terra, la nostra, dove ancora sembra risuonare la voce degli aedi e il canto di Ibico che piange la perduta gioventù e dei tanti poeti che hanno celebrato l’amore e, con esso, la vita. Le immagini di Antonio Sollazzo, Marco Costantino e di altri, assemblate da Giacomo Marcianò, e la voce di Marilù Laface che legge dei passi tratti da Un poeta di lingua morta, il discorso che Giovanni Pascoli lesse nel giugno 1898 a Messina presso l'Accademia Peloritana, in memoria del nostro Diego Vitrioli, e nel quale viene esaltato il significato e il valore assoluto della poesia al di là della morte e del tempo, vogliono essere un atto di omaggio alla nostra Città e di speranza nel futuro. Non sappiamo quando - domani, fra una settimana o un mese, forse fra un anno - ma noi ci saremo per abbracciare i nostri cari e gli amici e per ricominciare la nostra vita insieme.

In evidenza

DEFICIENZA, NATURALE

Dell'argomento AI ne abbiamo già parlato come di uno di quei pericoli gravissimi verso i quali sarebbe opportuno porre argini non appen...

I più cliccati dell'anno