mercoledì 28 agosto 2019

MORIRE POMPIERI

Ho un GPL, autonomia simile a quella delle elettriche,
distribuzione non ancora capillare nonostante l'oramai
ampia diffusione, ma quando capita, non raramente, di
restare a secco, posso passare a benzina. E un domani?
La citazione originale, santa Wikiquote aiutami tu, è di Pitigrilli, ed è "si nasce incendiari e si finisce pompieri", ma tutti l'abbiamo sentita molto più probabilmente in una canzone, di Rino Gaetano o di Ligabue a seconda dell'età. Il significato è intuitivo: è nella natura degli uomini da giovani avere voglia di cambiare il mondo anche a dovere spaccare tutto, e poi man mano che l'età avanza e aumentano le "cose da perdere" e con esse la cautela, e in parallelo la consapevolezza della finitezza del tempo, trasformarsi in conservatori. Famosa è anche, al punto di ispirare il titolo di un film, la sua declinazione in "moriremo tutti democristiani": attenzione che li il significato è diverso (sta per "il sentimento popolare profondo degli italiani è tale che, al di là delle increspature superficiali che scambiamo per mutamenti sostanziali, siamo governati dalla DC anche decenni dopo la sua scomparsa e probabilmente lo saremo sempre"), ma qui ci azzecca solo in parte, e il destino del movimento 5 stelle c'entra solo di striscio, quindi semmai ne parliamo quando finisce la telenovela del governo (al momento pare nel modo più nefasto per la creatura di Grillo).
Più pertinente al filo del discorso è invece un'altra citazione di Pitigrilli che scopro in questa occasione: "coloro che accendono candele sull'altare dell'ideale, nove volte su dieci hanno una fabbrica di candele che li sovvenziona". Perché qui parliamo di ambiente, cercando di non ripetere i concetti generali che non riuscirei a dire meglio che nel marzo scorso (rileggetevi il post, è gratis), ma invece partendo dalla cronaca.
Avrete tutti sentito, infatti, della giovane paladina in viaggio transoceanico sulla barca a vela "a zero emissioni": si, il mainstream ha coperto l'impresa con diligenza, lo avete sentito. Ma i quanti avete pensato, magari senza esservi imbattuti in articoli come questo, da quale "fabbrica di candele" è sovvenzionata l'impresa, e qual'è veramente il suo impatto energetico, considerato bene il tutto, compreso il ritorno di Greta e del suo staff a casina comodamente in aereo?
Ma non è nemmeno quello lo spunto di cronaca da cui sono partito. Quello è l'incredibile battage che ha improvvisamente ri-ricevuto la difesa dell'Amazzonia. Ho l'età, infatti, per ricordare che si tratta di un tema ricorrente da decenni, tra i primi fu Sting a farsene paladino, e la cosa ebbe tanta eco che la parodia che ne facevano Elio e le storie tese impersonando Minghi e Mietta faceva scompisciare tutto il pubblico (senza quella eco in molti non l'avrebbero capita), con ricadute variamente positive sui vari paladini da lui in giù (adeguatamente stigmatizzati persino da De Andrè in persona), e invariabilmente nulle sul destino del cosiddetto "polmone verde del pianeta". D'altronde, anche oggi mettere i like sulle news nei social è molto più comodo e fa molto più figo che innaffiare le piante sul proprio balcone tutte le sere.
Ora, è appena ovvio sostenere che la foresta amazzonica non si deve bruciare, e che Bolsonaro è brutto e cattivo perché non combatte adeguatamente i deforestatori. Ma la cosa sarebbe un filino più coerente, e quindi credibile, se mentre si critica lui non si avesse nello stomaco una bistecca proveniente da manzi allevati in quei territori grazie a quella deforestazione. Non dico che possono parlare solo i vegetariani, perché anche quello quando diventa moda si colora di integralismo sospetto (senza nulla togliere al dovuto rispetto per le scelte individuali, ma non dimenticando che esse valgono appunto solo per l'individuo e non comportano automaticamente niente, o Hitler sarebbe un santo), ma magari solo quelli che mangiano la carne solo ogni tanto e magari cercando la qualità e l'allevamento locale non intensivo, quello si.
Così, invece di assumersi l'onere di partire cambiando i propri comportamenti individuali, la maggior parte di noi si accoda al gregge, e finisce per cambiare abitudine solo se e quando la cambia questo. Di conseguenza, non c'è dubbio che il consumo di carne avrà un tracollo, perché l'attuale industria è del tutto insostenibile per il pianeta. Ma sarà quando il capitalismo multinazionale avrà trovato qualcosa di paragonabilmente redditizio (la bistecca sintetica? gli insetti? chi vivrà vedrà, chi ha almeno la mia età può anche ragionevolmente sperare di no) per soppiantarla. Magari, nemmeno avendo un'impronta ecologica effettivamente minore.
E qui l'esempio ce l'abbiamo sotto gli occhi. L'auto elettrica, sapevàtelo, rivaleggiò agli inizi con quella a combustione interna, perdendo soltanto per l'arretratezza tecnologica in materia di batterie, il motore elettrico in sé essendo invece migliore da ogni altro punto di vista (come dimostra la direzione presa dalle ferrovie, dove aveva senso passare dei fili): potenza, durata, accelerazione, velocità, semplicità componitiva, silenziosità, emissioni in zona, minore ingombro del motore e relativa maggiore libertà progettuale della carrozzeria, eccetera. Oggi, invece, pare che tutte le case costruttrici si stiano convertendo via via all'elettrico: com'è possibile? Ok, intanto le batterie sono finalmente competitive. Ma a che prezzo? e chi lo paga? Quanti di noi sono consapevoli del fatto che il passaggio all'elettrico del parco auto mondiale si tradurrà in una catastrofe per quei Paesi, in genere africani, dove si trovano abbondanti giacimenti di quei metalli che servono a confezionarle? Se la cosa era già grave per i cellulari, cosa diventerà con le macchine? E quanti ne comprendono il legame con il business Migrazione? Non è che allora tutta questa spinta sia sospetta? Che le auto elettriche, fatti bene i conti, non siano poi così tanto ecologiche? E che quindi la crociata anti-Diesel, a partire dal caso Volkswagen, non sia stata che il segno visibile di un cambiamento di equilibri tra lobbies concorrenti?
Insomma, eccomi 56enne a sciorinare dubbi su dubbi sull'ecologismo modaiolo di oggi, dopo essere stato ventenne tra i primi a praticare l'ambientalismo anche pagandone personalmente (e in contanti) il prezzo. Mannaggia a Pitigrilli....

domenica 25 agosto 2019

RADIOCIXD 1: THE FINAL CUT

Per inaugurare la rubrica radioCIxD, di cui ho annunciato la creazione pochi giorni fa, scelgo l'album forse meno noto dei Pink Floyd, e non a caso: a parte che il titolo nell'Italia di questi giorni è di attualità politica, questa scelta mi consente di chiarire ulteriormente il senso di tutta questa operazione, che probabilmente accompagnerà la vita del blog nei prossimi anni, alternandosi ai tradizionali pezzi di stampo politico ed economico che ne costituiscono la spina dorsale. Infatti, scegliendo di recensire un disco preciso, o la playlist di un artista, non intendo necessariamente affermare che quel disco o quell'artista siano oggettivamente di valore assoluto, ma soltanto che per qualche ragione abbia, o lo abbia avuto in qualche momento, valore per me, e magari, ma non è neanche detto, questa ragione la spiegherò. Cercherò insomma di far venire voglia a qualcuno di ascoltare (o riascoltare) i pezzi, di cui quindi cercherò comunque di fornire i link da youtube. Di conseguenza, la scelta cadrà prevalentemente su cose degli anni 70/90: anche dopo ho cercato di tenermi aggiornato sulle novità musicali, ma a parte rare eccezioni non ho più trovato niente che meriti secondo me di essere segnalato ai posteri. E ci sta che questo sia anche per ragioni anagrafiche, per cui magari qualcuno più giovane di me la penserà diversamente, ma appunto starà a lui (se e quando vorrà) di fare un'operazione analoga: questo è il mio blog, questa è la mia parzialissima selezione, la pretesa è che possa essere in qualche modo utile a tutti, o almeno piacevole.
Ho iniziato a comprare dischi a 14 anni, pochi perché pochi erano i soldi (con gli amici ci si dividevano gli acquisti e poi ciascuno faceva agli altri la musicassetta: non ci crederete ma così alla fine si compravano più dischi, e infatti tutti gli artisti emersi in quegli anni sono più o meno diventati ricchi), e soprattutto perché a 16 ho iniziato a trasmettere in radio, dove ho iniziato a maneggiare i dischi dei "fratelli più grandi" facendomene delle copie in cassetta direttamente li. Per questa ragione, il primo vinile dei Pink Floyd che ho comprato, non sapendo che sarebbe stato l'ultimo (avevano da poco inventato il CD, che di li a poco avrebbe dominato, e poco dopo sarebbe iniziata l'era della musica digitale), è stato questo The final cut. E' dell'83, l'ultimo con Roger Waters (la copertina sul retro recita "Roger Waters featuring the Pink Floyd", a dichiarare che è un disco dell'uno in cui suonano gli altri), e poi avrei saputo che i brani erano in molti degli scarti del precedente The Wall (e già questo per i pinkfloydiani puri non era all'altezza: per dire...), e comunque tutti scritti da Waters, per la tigna di quest'ultimo di considerarsi leader indiscusso (d'altronde lo era, essendo l'unico rimasto con una ossessione artistica da nutrire, ma qui arrivò al delirio di rimpiazzare Wright alle tastiere), nessuno paragonabile per genio compositivo al resto della produzione precedente (e d'altronde, quella successiva dei Pink Floyd senza di lui - perché alla fine della registrazione di questo disco la band si sciolse, e gli altri poterono pubblicare dischi sotto quel nome solo dopo una battaglia legale di anni - non ci si avvicinerà mai nemmeno lontanamente).
Ma io avevo 20 anni e arrivavo a casa col mio primo nuovo LP dei Pink, ed eseguivo le istruzioni di copertina per l'ascolto: essendo il primo album della storia registrato in "olofonia", bisognava sentirlo in cuffia, oppure (oppure: io odio sentire la musica in cuffia) mettere le casse una di fronte all'altra e sedersi in mezzo, per sentirsi letteralmente immersi negli effetti "più che stereofonici", tridimensionali. Vivevo a Reggio Calabria, in un condominio tutto di parenti: lo zio di sotto poteva incavolarsi, anzi sicuramente lo avrebbe fatto, ma non avrebbe chiamato i carabinieri. Così io ascoltavo abitualmente la mia musica chiuso a chiave in cameretta, seduto davanti allo stereo (ma durava poco, se la musica lo valeva presto iniziavo a urlare e dimenarmi), al buio, col volume del mio impianto (un rack con 120 watt per canale, casse a tre uscite, 8 ohm di impedenza: ce l'ho ancora, vale un patrimonio, non ne fanno più così) a tre quarti (di più, avrei rischiato i vetri).
Insomma, appoggio la puntina sul disco che già gira, e la mia stanza viene attraversata da un automobile che sfreccia, poi un'altra; più avanti sarà un elicottero, poi un aereo mi sgancerà in testa una bomba, a un certo punto qualcuno mi lancerà un pugnale nella schiena. Basterebbe questo per consigliarvi di fare l'esperienza. In mancanza, ecco il link al full album su youtube, e quello con tutti i testi con tanto di traduzione a fronte. Ed ecco la tracklist coi miei commenti (qui invece se volete quelli di Scanzi, che ha già giocato questo gioco sul suo blog anni fa):
  1. The Post War Dream - Il primo brano è già una condanna, del thatcherismo per avere ucciso il sogno del dopo guerra, ma allora capivo l'inglese ancora meno di adesso, e comunque contava la musica, il testo lo avrei seguito sulla copertina in uno dei successivi, tanti, riascolti di approfondimento. Si usava così: ciucciatevela voi, la musica sul telefonino.
  2. Your Possible Pasts - Parte piano, poi urla da dentro le viscere "Do you remember me? How we used to be? Do you think we should be closer?": ti strappa le tue, dopo il primo ascolto la rimetterai su tutte le volte che nella vita hai bisogno di strappartele. Provare per credere.
  3. One Of The Few - L'orologio ti sembra quello di Time, ma il brano è interlocutorio e passa veloce, finendo con un "make them lie down and die", che da solo giustifica che ascoltiate il vinile originale, ora vi spiego perché.
  4. When The Tigers Broke Free - Questa nel vinile non c'era, ma c'è sui CD stampati dal 2004 in poi. Waters però in concerto la suona spesso, ripromuovendola nella continuity di The Wall, per cui l'aveva composta, e lì non ci sta male. Qui però dovete saltarla.
  5. The Hero's Return - Infatti, è qui che arriva la coltellata: vuoi mettere se è subito dopo che hai sentito "die"?  Comunque, che tutta la carriera di Waters sia impregnata della vicenda del padre, morto ad Anzio nel 44 con lui infante, è cosa risaputa...
  6. The Gunner's Dream - ...ma non da me all'epoca, che così mi sono goduto questo autentico capolavoro da cima a fondo, riascoltandolo migliaia di volte, cantandolo con Mimmo al piano prima e poi con la mia band, e poi persino usandolo come ninna per mia figlia, ma tenendomi in gola l'altrimenti devastante e liberatorio urlo centrale ("and hold on to the dreaaaaam") figurarsi quello finale ("night after night going round and round my brain: this dream is driving me insaaaaaane").
  7. Paranoid Eyes - Brano di passaggio, l'ultimo del lato A, che evoca le canzoni più vecchie che evocavano Barrett.
  8. Get Your Filthy Hands Off My Desert - Il lato B inizia con un breve quanto efficace richiamo alla cronaca politica mondiale del periodo: sotto i bombardieri, si accenna ad Afghanistan, Libano e guerra delle Falklands...
  9. The Fletcher Memorial Home - ...per introdurre quest'altra visione utopica: una casa di riposo (intitolata al padre, manco a dirlo) dove i tiranni, nominati uno ad uno, possono giocare alla guerra quanto vogliono, lasciando in pace il mondo reale; tra l'altro così...
  10. Southampton Dock - No, ve lo dice dopo: adesso tornano i soldati dalla guerra. Non tutti, suo padre no (non è ancora chiaro?). Tra l'altro così...
  11. The Final Cut - ...dicevo, tra l'altro così io sono libero di sferzare il "taglio finale": ce la farò? Il brano è un pensiero di suicidio così compiuto che se te la canti, urlando come si deve i ritornelli, ne fa l'effetto tipico: salvarti la vita.
  12. Not Now John - Un rock vero, forse l'unica che piaceva a Gilmour. Qui è fuori contesto, ma ti scuote, ti porta al bar (in italiano, anche) sul finale, e ti prepara all'ultimo brano.
  13. Two Suns In The Sunset - Dovete capire: ai tempi tutti noi ragazzi temevamo l'olocausto nucleare: la corsa agli armamenti aveva raggiunto livelli tali da farci sembrare probabile che anche solo per un accidente sarebbe scoppiata la guerra termonucleare globale. Hollywood ci avrebbe fatto parecchi soldi, sopra, ma questo brano arriva un paio d'anni prima, e resterà insuperato per potenza evocativa. Alla fine, gridi anche tu che hai capito, finalmente ("Finally I understand the feelings of the few"), che aveva ragione Totò, la morte è una livella, "we are all equal in the end".

lunedì 19 agosto 2019

COME TI PASSO ALLA STORIA

Casalduni 1861, una rappresaglia feroce con centinaia di vittime innocenti, peggiore di
quella dei nazisti alle Fosse Ardeatine, perpetrata dall'esercito italiano: sapevate nulla?
Chiudete gli occhi e fatevi accompagnare a dieci centimetri da un mosaico, poi apriteli e cercate di spiegare cosa vedete: alcune tessere colorate, al massimo un dettaglio se siete fortunati e capitate vicino a uno significativo (che so, un occhio). Per vedere quello che il mosaico rappresenta, dovete spostarvi indietro di qualche passo, se molto grande di metri. So di averlo già usato in molti post, con un esempio cinematografico esemplare in questo, ma non riesco a trovare un espediente migliore per spiegare al volo la differenza tra la cronaca e la storia.
Solo pochi visionari, infatti, riescono a intuire quale sarà, o meglio quale potrebbe essere a seconda di chi vincerà (perché "la storia la scrivono i vincitori" non è un modo di dire è un dato di fatto, come pure il fatto che chi lo dimentica è semplicemente uno stupido), la narrazione degli avvenimenti quando la polvere del brusio mediatico e dei commenti in soggettiva (mai così alta, peraltro, come nell'era dei social network) si sarà posata. E sono quasi tutti inascoltati dai contemporanei, che guardano alla polvere anziché al disegno di fondo come l'idiota al dito anziché alla luna.
Con questo non sto certo arrogandomi di annoverarmi tra questi visionari, anche perché di solito finiscono male, e presto, e io ho ancora delle responsabilità e qualcosa da fare su questa terra. Ma voglio soltanto cogliere alcuni spunti rimbalzati in questi giorni sul web, per fare degli esempi intorno a questa dicotomia.
Il suggerimento arriva da questo articolo di commemorazione, a 158 anni di distanza, di una delle tante stragi dimenticate legate alla cosiddetta Unità d'Italia. Oggi, grazie anche a divulgatori contemporanei come Pino Aprile, capace di ricavarne dei best seller, è diventata abbastanza diffusa la lettura di quella pagina come in realtà di una vera e propria annessione militare di un regno da parte di un altro, con come sempre i sudditi nel ruolo delle vittime. Abbastanza da consentire a chi voglia di raccontarla giusta, che so magari in un'ospitata televisiva, senza rischiare di finire in galera. Ma non abbastanza da aver soppiantato la narrazione ufficiale, che è ancora la Storia ufficiale dei libri specie per i più piccoli, secondo cui Mazzini Garibaldi Pisacane Cavour eccetera eccetera interpretando un sentire popolare diffuso realizzarono la per secoli attesa unità del Paese attraverso tre guerre d'indipendenza e l'annessione plebiscitaria di un centro-Sud arretrato e bisognoso. Mentre, tutt'altro, quel sentire era solo di una élite ristrettissima, finanziata dagli inglesi che avevano trovato nel Piemonte l'indebitatissimo interlocutore per attuare la predazione del ricchissimo tesoro di quel regno borbonico che ai tempi era anche relativamente molto più industrializzato del Nord, effettuata senza il minimo scrupolo anche grazie ad anni di eccidi ai danni di quelli tra i sudditi che avevano capito cosa stava succedendo e si ribellavano (bollandoli come briganti).
Come può non venire in mente, allora, l'analogia con quello che accade oggi con la cosiddetta Unione Europea, nel ruolo dell'Italia di fine 800, con la Germania nel ruolo del Piemonte, o se volete dell'Inghilterra assoldatrice di traditori, e con l'Italia di questi anni, passata da quarta potenza industriale del pianeta a colonia incapace di dare lavoro ai suoi figli, nel ruolo del Regno delle Due Sicilie? E chi se ne accorge, e osa raccontare la verità? Bollato come sovranista, e ridotto a doversi accodare a un becero doppiogiochista dai modi volgari perché magari è l'unico rimasto a difendere la propria causa, o almeno a sembrare di farlo. Se il Movimento 5 Stelle si accorda con il PD, infatti, si realizza lo scenario 1 di quelli che ho descritto come possibili qualche giorno fa, il meno probabile ma anche il più nefasto, per il tradimento della speranza rappresentata da Grillo e i suoi, e non resterà che votare Lega assieme alla maggioranza degli italiani o accettare di buon grado di essere chiusi nelle riserve.
Quest'ultimo passaggio evoca un'altra analogia, stavolta storica: col genocidio dei pellerossa su cui si fonda la sedicente democrazia guida del pianeta. Un fatto storico oramai dato per scontato, ma il cui travisamento persiste nella memoria collettiva ben oltre l'emersione, anche mediatica (i primi film revisionisti sul far west sono degli anni 70, non a caso epoca di Vietnam e contestazione giovanile), della verità.
Questo paradigma, purtroppo, si applica a tutte le situazioni di questo tipo. Mentre accadono, ciascuno vede a un palmo del proprio naso, e solo quelli a cui viene fracassato intuiscono qualcosa. A dare una visione del contesto, saziando una sete istintiva dell'essere umano (animale sociale che ha vinto la battaglia evolutiva alzandosi in piedi per guardare più lontano all'orizzonte), ci pensa la macchina propagandistica. E chi non ci crede viene eliminato, emarginato o neutralizzato. Solo decenni o secoli dopo la verità storica esce dalle nicchie e si afferma più o meno ufficialmente, in genere quando è ormai irreversibile e comunque non può più fare danni. E comunque ancora a lungo la narrazione mistificatoria la accompagna spesso maggioritaria, perché non pensare è sempre più comodo che farlo.
E' di questi giorni la notizia che una commissione di vigili del fuoco statunitensi ha finalmente la possibilità di affermare decisamente, senza finire al rogo, che le torri gemelle erano minate e sono crollate per demolizione controllata. La cosa è auto-evidente a chi guarda i filmati a cervello acceso, ma la narrazione mistificatoria si è affermata lo stesso, essendo stata imposta con una potenza di fuoco mediatico proporzionale agli interessi in gioco. Ma i pompieri morti mentre risalivano le scale con la gente in fuga hanno sentito le cariche esplodere, avevano esperienza tale da distinguere quelle esplosioni da qualunque altro tipo di rumore, e lo hanno detto subito, al telefono ai colleghi e ai superiori prima di morire. Quanti di voi lo hanno sentito ai tempi? Oggi lo sapete tutti, almeno quelli che si informano. Nei libri di Storia del 2200, con ogni probabilità, l'11 settembre 2001 sarà descritto come un autoattentato attuato per spostare l'opinione pubblica a favore delle guerre in medio oriente. Ma oggi, nonostante la verità sia a portata di mano di tutti, la maggioranza ancora crede alla favoletta (sono sempre favolette, ricordatevelo...) dei kamikaze arabi riusciti senza brevetto a pilotare grandi aerei di linea contro dei grattacieli, e non fa una piega né di fronte alla guerra scatenata per rappresaglia non contro l'Arabia Saudita ma contro l'Afghanistan (con la scusa che il capo dei terroristi era nascosto là: con la stessa logica se nel vostro condominio si nasconde un latitante e non lo consegnate la polizia ha il diritto di raderlo al suolo con voi dentro...), né di fronte a crolli che violano le leggi della fisica (e non solo dei grattacieli colpiti dagli aerei, per giunta...).
Tornando alla cronaca politica italiana, applichiamo il paradigma alla questione migranti. Chi non aiuta gente che rischia di morire è inumano, ovvio, qualunque siano la provenienza o l'etnia della gente o le cause per cui rischia. Altrimenti non bisognerebbe muovere un sopracciglio, altro che spendere soldi pubblici (e tanti), per andare in soccorso di coglioni che per sentirsi vivi hanno bisogno di praticare "sport" pericolosi, tra l'altro evidentemente potendoselo permettere. Ma mentre li soccorri (e non invece di soccorrerli, passando dalla parte del torto perché la cosa porta voti) devi dire chiaramente, e insistentemente, che stai soccorrendo persone messe in pericolo da altri: da chi (dopo secoli di colonizzazione e sfruttamento) continua a depredare e impoverire il loro continente, magari interferendo (spesso militarmente) nella politica interna dei suoi Stati, e da chi va a prelevare i più forti tra i bisognosi per letteralmente deportarli dove possono servire da schiavi, o da detonatori di deflazione salariale e dei diritti socioeconomici, e te li porta sottocosta per poterti dire che sei disumano a non accoglierli. Se hai capito a che gioco giocano, magari perché hai visto come è andata con quelli dell'est europeo che oggi se vuoi fare un qualunque mestiere che trent'anni fa rendeva una cifra con cui riuscivi a campare a una famiglia ti devi accontentare di un quarto, o se non vuoi finire a lavorare nei campi a paghe da fame, e ti ribelli, magari con le parole e le categorie di pensiero rozze che si ritrova chi è nato e cresciuto in periferia, sei disumano, razzista. Brigante.
Ancore con la realtà. Se non ho lavoro e il mio quartiere è invivibile ce le ho già. E non mi importa se mi dicono razzista, prima di averne titolo devono provare a vivere al posto mio, come in quel film con Albanese e la Cortellesi. Altrimenti, e più in generale, mi serve crearmele. Ad esempio, ci raccontano tante chiacchiere sul debito pubblico, lo Stato come una famiglia, abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi (chi? i miei genitori che grazie a questo hanno potuto farmi studiare? allora ditelo, che è questo il problema...), il deficit, i parametri, la legge di bilancio da votare entro tot altrimenti c'è il babau esercizio provvisorio e arriva lo spread e ti mangia. A me non interessa chi e con chi farà il prossimo governo. A me interessa che faccia una cosa, ad esempio quello che fece Lincoln ai tempi della guerra di secessione: fornire in tasca alle persone la liquidità che serve per vivere dignitosamente. Se il prossimo governo italiano costringe la UE a riscrivere i trattati in modo da consentire politiche espansive a quelle nazioni che democraticamente le volessero, o almeno vara una moneta sovrana parallela come i Certificati di Credito Fiscale, e se non ci riesce denuncia quei trattati ed esce dall'Eurozona se non proprio dall'Unione, quello è il mio governo, chiunque ne faccia parte. Se fa il contrario, anche se lo compongono uno schieramento che era il mio fino a ieri e un partito figlio degenere di uno che era il mio avant'ieri, non è il mio governo. La coerenza non solo non è detto che sia una virtù, ma va misurata rispetto a punti fermi. Se io rispetto a questi sono fermo, e lo sono almeno da quando voto, non posso farci niente se gli altri si spostano.

sabato 17 agosto 2019

PARAWEBRADIO

Siccome, come qualcuno ricorderà, da (molto) giovane ho fatto il dj, e siccome oggigiorno, anche volendo bypassare il problema età e il fattore denaro, un programma come vorrei e come usavo non si potrebbe fare, inoltre visto che, come forse ho già spiegato, la miopia dei discografici ha seccato le fonti della creatività popolare riducendo a uno, i talent show televisivi, il numero dei meccanismi attraverso i quali ci si può fare largo nel mondo musicale fino a poter pensare di camparci, e al prezzo di arrendersi ad una a dir poco mortificante omologazione di gusti e stilemi (a meno che non sei già così di tuo), allora avendo questo spazio, e avendo il "problema" di tenerlo vivo anche quando scrivere di politica, ahimè, diviene esercizio ozioso e frustrante, ho deciso: mi faccio la mia personalissima web radio.
La faccio senza farla: vi racconto qualcosa, e vi metto i link dei brani a youtube che sarà contenta dei (pochi) click in più che gli procuro a gratis, e chi vuole approfondire oggigiorno ha Spotify che ha reso obsoleto pure il download pirata.
Per decidere cosa raccontarvi, uso un criterio che magari da un senso alla cosa: abbandonando ogni pretesa di oggettività e di completezza, vi recensirò ogni tanto un album di quelli secondo me memorabili, che anche se avete vent'anni e non ne avete mai sentito parlare dovete assolutamente andarvi a cercare, tra quelli sui quali ho qualcosa da aggiungere da un punto di vista personale. Insomma, niente copia e incolla di concetti altrui: al massimo, qualche link di approfondimento, se serve. E in quei casi in cui di un artista non si riesce a rintracciare album con queste caratteristiche, o magari si ma solo per periodi limitati della sua carriera, vi stilerò una mia personale playlist e vi recensirò quella. Consapevole che in quest'ultimo caso avrò una difficoltà in meno coi nativi-spotify, che il concetto di album non hanno al massimo che una vaga idea di cosa significhi.
A dire il vero non è una novità assoluta su questo blog: qualcosa del genere ve l'ho già propinata in calce a qualche coccodrillo. Ma questa è una ragione in più, dell'operazione: voglio svincolare la cosa dall'occorrenza della dipartita di questo o quel cantante, tanto ormai sono più numerosi quelli della mia età o più giovani, di quelli più anziani di me non ce ne sono più tantissimi, e di coccodrillo prima o poi non resterà che preparare il mio, visto che difficilmente ci penserà qualcun altro.
Stay tuned, restate sintonizzati sulle frequenze di radioCIxD (RadioControInformoperDiletto, non ve la spiego più...).

lunedì 12 agosto 2019

POSSIBILI SCENARI

Una bella Trabant a famiglia, e mezzi pubblici gratuiti: ecco il
vero ecologismo, altro che costosissime auto elettriche... E poi,
a dire il vero, a me piacciono più i palazzoni di Berlino est che
le stravaganze degli archistar nei gangli della new Berlino ovest
Devo scrivere qualcosa sull'incipiente crisi di governo, altrimenti ci sarà chi penserà che il mio silenzio sia per la vergogna del fallimento di un qualcosa su cui avevo puntato. Se anche fosse, non sarebbe né il primo né l'ultimo: chi ha la fortuna di poter dire e scrivere quello che pensa (e con ciò potete escludere la quasi totalità dei giornalisti più o meno di mestiere) può anche tranquillamente ammettere i propri errori. E, a proposito, il mio più grave resta sempre aver creduto che il centrosinistra prodiano proponesse il sogno europeo come unico contesto in cui fosse realmente possibile difendere il welfare state dalla globalizzazione, per poi dover amaramente scoprire che era un progetto di asservimento di una parte del continente da parte di un'altra, col centrosinistra italiano nel ruolo dei traditori della patria, tra cui comunque preferisco sempre quelli prezzolati che quelli che lo hanno fatto a gratis continuando a bersi le fesserie.
Il silenzio è invece perché, avendo appunto la fortuna di poter parlare solo se e quando ho qualcosa di sensato da dire, la situazione è talmente ingarbugliata che mi consiglierebbe di attendere almeno lo schiarirsi di qualche scenario, tra i tanti che si vanno invece vanificando. E ciascuno di questi porta conseguenze che possono ribaltare l'analisi, a seconda di quale si avveri. Ma poiché ho premesso che non mi sottraggo, allora provo a schematizzare, in una serie di what if.
Prima però devo fare una seconda premessa. Il movimento 5 stelle è secondo me dal 2013 la scelta obbligata di chi voglia ancora avere titolo di definirsi progressista, sia stato in passato comunista o socialista, socialdemocratico o radicale. E le vicende di questa sciagurata alleanza, obbligata a sua volta e magari anche non senza malizia, non hanno spostato di un millimetro la cosa. Infatti, se alle prossime elezioni si dovesse confermare il travaso di consensi dal moVimento alla Lega che si è registrato alle scorse Europee e sembra essere confermato dai sondaggi, è evidente che si tratta di elettori di provenienza centrodestra, gente che poteva essere convinta dalle piazzate salviniane sugli immigrati e sulle tasse a tornare all'ovile che fu berlusconiano, mentre nessun progressista potrebbe. Resta infatti impossibile, per ogni persona sinceramente di sinistra che voglia davvero incidere sul futuro dell'Italia, fidarsi ancora del PD (partito nato, ripeto, per consegnarci legati mani e piedi allo straniero) o disperdersi tra gli ennesimi schieramenti pseudocomunisti sempre destinati all'irrilevanza.
Detto questo, andiamo a vedere cosa potrebbe succedere, e cosa se succedesse ci direbbe sul passato e sul futuro del nostro Paese:
  1. governo M5S-PD, realizzato dall'asse Renzi-Di Maio per rassicurare l'Europa in attesa del voto e magari varare la riduzione del numero dei parlamentari e qualche altra riforma - darebbe ragione a chi vede nella Lega il solo vero baluardo contro il Nemico-UE e l'invasione programmata dai padroni della globalizzazione, e magari ha sempre pensato che invece il M5S in materia bluffava, come si è dimostrato avendo puntato su un migliorista come Di Maio anziché su un massimalista come Di Battista - questo scenario, nell'orizzonte degli eventi solo per l'ansia di sopravvivenza politica dei due suddetti (che hanno da sempre in comune l'aria da rappresentanti di commercio, col primo solo molto più evidentemente cazzaro), finirebbe per sancire la sparizione della creatura grillina, e riconsegnare l'Italia al centrodestra tangentaro (sovranista solo per meglio tangentare) che inizierebbe con la TAV il nuovo ultimo sacco: se fosse fatto apposta, sarebbe un filino più rispettabile, ma temo sia solo frutto di insipienza politica;
  2. governo Mattarella-UE, magari con al comando quel Cottarelli tenuto in vita da Fabiofazio, a riprendere da dove l'avevano lasciato il mandato di terminare la potenza economica Italia per trasformarla definitivamente in una casa di riposo per tedeschi in pensione - dimostrerebbe che il progetto in realtà non è stato mai abbandonato, e la scelta mediatica di sistematicamente minimizzare le cose buone proposte e magari attuate dal M5S e invece enfatizzare le uscite becere e rozze di Salvini era invece correttamente mirata a vanificare quello che di buono poteva venire dalla forzata alleanza - questo scenario finirebbe di distruggere ogni capacità industriale e produttiva dell'Italia, sbattendo inoltre in faccia agli italiani che è perfettamente inutile votare contro il progetto totalitario chiamato Unione Europea e realizzato tramite l'Euro: devono rassegnarsi a subire la dominazione straniera come molte altre volte in passato, e pian piano ad estinguersi (si, l'immigrazione serve al rimpiazzo graduale della popolazione, la gente lo intuisce se no il successo di Salvini non sarebbe spiegabile);
  3. elezioni subito, con vittoria schiacciante di Salvini e Meloni, magari senza nemmeno l'apporto degli ultimi forzitalioti - dimostrerebbe che Salvini è stato una volpe ad accettare il governo coi cinquestelle per poi continuare imperterrito la sua campagna elettorale sbandierando i suoi cavalli di battaglia sia se fossero nel contratto sia no, sia che fossero realizzabili che meno, mentre Di Maio è stato un fesso ad accettare il governo con la Lega per poi rispettare lealmente il contratto rinunciando a sbandierare i suoi, e nel contempo accettando che i vincoli europei di fatto depotenziassero sino a ridicolizzare quei pochi obiettivi che ha provato lo stesso a realizzare - questo scenario potrebbe, se la Lega fosse davvero quella di Borghi e Bagnai, portarci finalmente fuori dall'eurozona se non addirittura dalla UE, e peggio per i grillini se non sono stati coerenti con questo mandato che i loro elettori gli avevano chiaramente conferito, accettando Tria al posto di Savona e tutto il resto; il condizionale è d'obbligo (oltre che perché forse non hanno la minima intenzione di farci ancora votare...) perché la Lega ha votato il pareggio di bilancio in Costituzione insieme a tutti gli altri traditori, è l'unico partito ancora vivo tra quelli che facevano del sistema di tangenti la loro spina dorsale, e potrebbe avere invece usato i suddetti economisti sovranisti per rendere credibile il suo inganno, perché invece di portarci fuori dal pantano non ne ha mai avuta davvero voglia, e sparate a parte nemmeno il coraggio;
  4. governo gialloverde che resta in vita, con pesante rimpasto pro-Lega - vorrebbe dire che il bailamme di questi giorni non è stata che l'ennesima piazzata a ricattare il M5S, specie dopo il suo indebolimento alle europee, per spostare a destra il programma di governo, magari ottenendo pure quella TAV che significherebbe la fuga della base storica grillina - questo scenario, che è decisamente il meno probabile, avrebbe come lato positivo la prosecuzione dell'esperienza di governo migliore degli ultimi trent'anni, ma come lato negativo la probabile conclusione della parabola grillina, a meno che qualcuno non riesca a ricordare a Salvini che i contratti si rispettano, che la TAV nel contratto non c'era e poi comunque è una spesa enorme e inutile (che con gli stessi soldi se spesi in piccole opere si può innescare un moltiplicatore keynesiano tanto così), e che l'ultimo che siccome aveva stravinto le europee pensava di avere in mano l'Italia sappiamo che fine ha fatto sei mesi dopo al referendum/plebiscito che aveva proditoriamente quanto improvvidamente preteso.
Ci risentiamo tra qualche tempo e vedremo quale dei quattro scenari si sarà avverato, e se ne avrò imbroccato deduzioni sul passato e conseguenze sul futuro.
In ogni caso, per il destino del moVimento è indispensabile che Di Maio lasci la guida a Di Battista, magari con Morra e Fico e lo stesso Grillo a fianco, e che si lasci perdere sta stronzata di Rousseau in favore di una organizzazione dove il web sia di supporto e non sostituisca gli incontri tra le persone faccia a faccia.
E in ogni caso, per il destino dell'Italia è indispensabile che il prossimo governo, chiunque lo guidi, abbia come obiettivo più che primario, propedeutico, di riformare radicalmente i trattati europei o denunciarli ed uscirne. Senza una piena sovranità monetaria non è possibile svolgere la politica economica e finanziaria che si vuole, cioè che il popolo sovrano vuole, quindi la democrazia viene ridotta a simulacro (e il fatto che il papa si scomodi a denunciare il "sovranismo", recitando il vangelo sorosiano, non sorprende: è uno dei pochi sovrani assoluti rimasti, la democrazia non sa manco dove sta di casa). Se i cinquestelle sono diventati euristi, fanculo i cinquestelle. Se è diventato eurista solo il vertice, fanculo il vertice. Io filosoficamente sarei comunista "honeckeriano", ma prima ancora sono realista e quindi appoggio chiunque possa realisticamente attuare una politica anche solo vagamente di sinistra, ma prima ancora sono democratico e se i miei concittadini in maggioranza sono di destra mi va bene pure che possano eleggere un governo di destra che faccia politiche di destra. L'unica cosa che non mi va bene è che votare sia inutile, come ormai purtroppo si accumulano prove su prove che sia diventato. E se non vi va bene, toglietemi pure l'amicizia su facebook, non mi metto a lutto. Se non capite e rispettate questa mia posizione, non siete miei amici. Ma per aiutarvi a capire, uso la sintesi di Fulvio Grimaldi, da leggere sulle note di Qualcuno era comunista di Gaber:
Qualcuno era 5 Stelle perché erano per l’ambiente. Qualcuno era 5 Stelle perché erano onesti in un mondo di ladri. Qualcuno era 5 Stelle perché tutti gli altri mentivano. Perché sul territorio a lottare c’erano rimasti solo loro. Perché Grillo era matto come un cavallo e saggio come un oracolo greco. Perché Di Battista assomigliava al Che Guevara in forma e contenuto. Perché tutti coloro con i quali aveva sperato, o addirittura combattuto, erano tornati a casa o si erano fatti lacchè dei signori. Perché gli argomenti di Di Maio, Taverna, Bonafede, Di Battista, radevano al suolo quelli di Repubblica. Qualcuno era 5 Stelle perché ci avrebbero fatto uscire dalla caserma e strappato di dosso la divisa Nato. Perché avrebbero tagliato gli artigli agli avvoltoi che ci avevano rinchiuso nella gabbia UE e strozzato con l’euro. Qualcuno era 5 Stelle perché a sinistra non c’erano che detriti spiaggiati, al centro una bolla di nulla e a destra tutti gli altri. Qualcuno era 5 Stelle perché, scavando una via di fuga dalla discarica, aveva visto qualcosa di integro e di pulito da farci la casa per i suoi figli.
Qualcuno era No Tav perché aveva una certa storia alle spalle. Qualcuno era No Tav perché No Tav significa vita, giustizia, umanità, libertà, sovranità, patria. Qualcuno era No Tav prima di essere 5 Stelle ed è diventato 5 Stelle perché erano No Tav. Qualcuno è ancora No Tav.

mercoledì 7 agosto 2019

ESCE SUSHI


Finalmente è uscito, dopo una gestazione lunga ma compatibile con le difficoltà di un mondo durissimo come quello in cui opera la piccola editoria, il mio terzo libro e primo romanzo (ok, breve), di cui vi sto parlando da tempo. Lo troverete nei prossimi giorni nelle librerie di Reggio Calabria (sicuramente Ave, Amaddeo e Mondadori), ma già adesso è ordinabile (con la consueta varietà di scontistica e abbattimento costi di spedizione) su tutte le principali piattaforme online, come Amazon, ebay, ePrice, FeltrinelliIBSLibreriauniversitaria, Mondadoristore, Unilibro e oltre che sul sito dell'editore Leonida, da cui riporto integralmente l'abstract e un piccolo stralcio:
Sushi Marina è un romanzo breve, nato sviluppando un soggetto di Peppino Crea, reggino anche lui e sceneggiatore. È ambientato nella Reggio Calabria di oggi, protagonisti due ragazzi neolaureati (in chimica e in architettura) senza lavoro che vorrebbero riuscire a non emigrare, e finiscono per cacciarsi in una serie di disavventure. Dopo aver escluso una a una, non senza peripezie, le altre possibilità, si decidono a creare il proprio ristorante con l’aiuto non disinteressato di un vecchio compagno di scuola che li mette nelle grinfie di un criminale. Il tutto è un pretesto per raccontare, in una tragicommedia, la realtà della “città metropolitana”, da sempre paradigma di quella italiana.
 «‘U fattu è chi ee me tempi apriri un negoziu era ‘a prima cosa chi si scartava, anzi n’a pinzavi ‘i fattu! Ma oggi vìu parecchi figghioli chi si llanzunu nti nu pub o cacc’atra attività, magari oggi i cosi su diversi... ‘Na vota, ambeci..
E così Nino attacca. Racconta di una città povera ma bella, dove i ragazzi giocavano per le strade, pulite perché gli spazzini le spazzavano (e non c’erano cassonetti perché per i rifiuti passavano porta a porta), interrotti più spesso dagli ambulanti che dalle auto. Giocavano a pallone, si gettavano gli uni sugli altri a scarricacanali, gareggiavano coi tappi in piste di gesso disegnate sui marciapiedi lunghe decine di metri, si lanciavano senza paura lungo discese infinite su tavole di legno senza freni che andavano su cuscinetti a sfera ballonzolando sui basalti (l’asfalto? quale asfalto?).
Il libro, ve lo posso garantire "di persona personalmente", si sforza sia di rappresentare la realtà odierna di una città degradata del sud Italia, sia di tramandarne la memoria storica a beneficio delle nuove generazioni, che anche di salvaguardarne il dialetto attraverso un tentativo di codificazione trascrittiva senza pretese di oggettività ma internamente coerente. Il tutto con un tono che aspira alla leggerezza, e a tratti a divertire. Leggetevelo, e se vi piace passate parola...

lunedì 5 agosto 2019

OFFLINE

...anche se, se stai in un posto così (capo Bruzzano, costa ionica
reggina) non è che ti importa poi tanto se non hai lo smartphone
Questa è quella che una volta si definitiva articolessa, di sociologia spicciola per giunta. Il fatto è che da troppi giorni non ci sentiamo, e ho bisogno di un post rapido, per cui comincio subito da uno che vi spiega perché, è da così tanti giorni (dodici, un'enormità per un blog) che non ci sentiamo.
Non è la prima volta, infatti, che mi faccio una settimanella di mare nella natia calabria ulteriore, ma come le altre volte mi ero attrezzato, prima di partire, con degli abbozzi di post interlocutori da pubblicare anche senza limature con un semplice push da cellulare. Non avevo fatto i conti con gli dei: Eolo ha deciso che l'ombrellone a cui avevo agganciato il marsupio con dentro il telefonino dovesse cadere a terra proprio nel momento preciso in cui Nettuno, travestito da cargo diretto a Gioia Tauro, sollevasse delle "marette" in grado di coprire tutto l'ambaradam steso sulla spiaggia compreso appunto l'ombrellone appena caduto.
Chi vi parla è convinto di essere tra gli utilizzatori di smartphone meno maniacali: solo app indispensabili e gratis, no musica e video, poco o niente social, e ai figli piccoli massimo mezz'ora al giorno giusto per non farne degli analfabeti relativi (visto che la maggior parte dei bimbi ormai inizia a usarlo correttamente, e compulsivamente, prima che a leggere e scrivere). Eppure, tre giorni di offline, e sembra di essere fuori dal mondo.
Il fatto è che per diventare sempre più performanti questi accrocchi di fatto introiettano funzioni che prima erano del tuo cervello, o di device esterni magari poco potenti e flessibili ma sempre disponibili, come una rubrica di carta. Mio padre, capodeposito, era in grado di citarti a memoria il numero identificativo di un treno che passava, guardando l'orologio: non credo che oggi ci sia nessuno in grado di fare la stessa cosa. Ma io stesso ricordo a memoria ancora oggi tutti i numeri di telefono fissi del parentado o magari degli amici di un tempo, ma quasi nessun numero di cellulare: spesso non ci si rammenta nemmeno il proprio. Inoltre, fino a qualche tempo fa la rubrica la tenevi sulla SIM card, per cui rotto il telefono la infilavi in qualsiasi altro e ce li avevi tutti. Oggi, siccome abbiamo mille contatti e nella Sim non ci stanno, li teniamo in un account di posta web, che per carità è comodissimo quando ti compri il telefono nuovo. Ma se il tuo va in riparazione e il muletto è un vecchio cellulare che non pesca dalla Rete, devi solo sperare che quelli che dovevi contattare assolutamente, di cui ovviamente non ricordi il numero, e che ti stanno scrivendo su whatsapp e pensando che sei morto o maleducato, si decidano a telefonarti.
Ecco, non volevo dirvi nulla. Solo raccontare un episodio in cui in molti si possono riconoscere. Tanto per chiacchierare, che in inglese si dice chat.

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