domenica 28 maggio 2023

LUPO SOLITARIO

I lupi sono animali sociali e normalmente cacciano in branco, con estrema efficacia. Per questa ragione l'espressione "lupo solitario" ha ottenuto tanto successo da diventare proverbiale, e con un alone semantico positivo per fascino e romanticismo: perché un lupo si aggira lontano dal branco solo se reietto o costretto dalla necessità.

No, non sto commentando un preoccupante fatto di cronaca (indovinate a chi da la colpa il giornalista? esatto, al cambiamento climatico...). Questo post invece nasce dalla lettura di una lunga intervista a Novak Djokovic sul Corrierone, di cui in immagine vi riporto alcuni significativi passaggi. In un altro, Nole racconta del suo incontro da ragazzo, nella Serbia bombardata dall'Occidente, proprio con un lupo solitario, incontro a cui forse è sopravvissuto solo per aver adottato, magari solo d'istinto (l'istinto di uno che si allenava sotto le bombe...), il giusto comportamento. Nel raccontarlo, il campione serbo lascia quasi intendere di esserne stato in qualche modo marchiato, come se fosse stata la premessa/promessa di un destino lontano dal branco.

Non che fosse necessariamente la sua vocazione: per chi non lo ricordasse, Nole è un ragazzo che agli inizi della carriera si rese simpatico per le esilaranti imitazioni ai colleghi e alle colleghe, nei video magari dagli spogliatoi che ancora girano sul web, e anche dal vivo come talvolta gli chiedevano proprio durante le premiazioni sul campo a fine torneo. Imitazioni che tradivano assieme sia già l'ansia di essere voluto bene, sia la capacità di studio degli avversari che sarà uno dei fattori a portarlo ad essere il più vincente di sempre. Ma se uno ha la tigna di fare tutto quel che deve, soprattutto lavorando su se stesso, per raggiungere i propri obiettivi, e la coerenza di perseguire le proprie idee (e il coraggio di difendere la propria libertà nel farlo) anche se diventano largamente minoritarie, un destino da "lupo solitario" è probabile che lo attenda...

Ne parlo con voi perché se ancora mi seguite (o che seguite qualcun altro dei pochi a continuare l'esercizio del pensiero critico) vuol dire che in qualche modo siete della stessa pasta. E vi ho messo in risalto proprio quelle domande e risposte perché le prime due sono finalmente l'esplicitazione di pensieri non dicibili, visto che solo oggi riesce a dirli con calma ed esplicitamente uno così in vista figurarsi noi comuni mortali. La terza perché è un mirabile esempio delle falsità che a furia di dirle e ridirle sono diventate luogo comune, al quale giustamente Nole riserva una risposta "laterale", che quella diretta in questi casi è inutile. Ma c'è e come: se fosse vero che il virus è diventato endemico grazie al fatto che i divieti hanno imposto a tutti di vaccinarsi, non avremmo avuto la terza (e forse neanche la seconda) ondata coi vaccinati a contagiare ed essere contagiati come se non peggio dei non vaccinati, e chissà se la quarta non sia passata o stia passando senza parlarne solo perché si è deciso che la "mission" era compiuta e si poteva smettere di contare. Forse, è diventato endemico in ritardo proprio a causa della inopportuna campagna vaccinale sperimentale (esperimento peraltro fallito statisticamente parlando, ma questo non impedirà ai sacerdoti dell'ascienza di imporne le repliche). Forse, i sieri magici hanno creato più danni (sia diretti che in termini di cure alternative boicottate per meglio imporli) di quanti ne abbiano riparati, ma questo in mancanza di una seria e indipendente analisi statistica non lo sapremo mai, resteremo noi sempre a sospettarlo e loro sempre a negarlo. Forse: perché la Scienza, ma anche il Bene, stanno dove il Dubbio c'è e si può liberamente esprimere, e viceversa dove se ce l'hai sei un parìa e comunque te lo devi tenere altrimenti se sei pericoloso passi guai se non lo sei vieni isolato, c'è il Male.

Numerosi altri esempi di questo paradigma possono essere rintracciati a proposito della narrazione che ha sostituito (almeno momentaneamente) quella della pandemia nel ruolo di tallone schiacciante del tiranno: la guerra in Ucraina. Ad esempio, nel mondo dell'arte: a una pianista ucraina accusata di appoggio alla Russia è stato cancellato il concerto previsto a Milano, idem a un direttore d'orchestra a una soprano e ad alcuni corpi di ballo russi, e nell'elenco (qui il post completo) ci sono persino milioni di libri russi mandati al macero in Ucraina, che fa subito pensare ai roghi nazisti, con un brivido di orrore lungo la schiena per i non filonazi. O ad esempio, nella cronaca politica: pensiamo al linciaggio subito da Rovelli per le cose che ha detto in piazza il 1° maggio. Roba ovvia tipo "Tutti dicono pace, ma aggiungono che bisogna vincere per fare la pace, solo che volere la pace dopo la vittoria vuol dire volere la guerra", che di questi tempi non si può nemmeno pensare figurarsi dire in pubblico. E per avere un resoconto completo e veritiero dell'accaduto tocca andarselo a leggere da Franco Cardini, ché sui media mainstream invece è stata giustizia sommaria ed è impossibile ricostruire correttamente l'accaduto e l'opinione del reprobo. Poi c'è stata la passerella di Zelensky in tutta Europa in cerca di armi, accompagnata in Italia da un coro unanime e monocorde, tale da meritare la vignetta qui accanto, passerella che il solo Di Battista e pochi altri hanno definito vergognosa com'è effettivamente stata.

Nelle narrazioni belliche, tenere la bussola del Dubbio in mano è fondamentale: come bene spiega uno che durante la pandemia la bussola l'aveva persa, nessuno sa e comunque dice la Verità, nemmeno a guerra conclusa figuriamoci a conflitto in corso. Eppure tutti i ragionamenti si fanno a partire da un dato di fatto che tale non è: la guerra è iniziata con l'invasione russa nel 2022. Mentre invece è iniziata con le prime ingerenze occidentali in Ucraina nel 2014, ma a dirlo ti ritrovi ancora una volta espulso dal branco...

sabato 20 maggio 2023

ELOGIO DELLA FATICA

Mio padre era ferroviere, assunto come aiuto-macchinista a diciott'anni nel 1953, quando la cosa comportava spalare carbone nelle fauci della locomotiva, poi macchinista, infine capodeposito, cioè quello che organizza i turni del "personale viaggiante" (tutti i ferrovieri sul treno, anche quelli che non lo guidano), ai suoi tempi usando un planning con fogli enormi (credo larghi un metro) che casella per casella aggiornava a matita prima dell'ultimo passaggio a penna, cercando di far quadrare le esigenze di tutti con l'indispensabile garanzia del servizio: non esistevano i pc, e quando capitavo in ufficio da lui, anche grandicello, davo sempre un'occhiata di sguincio a quei fogli e ne restavo sempre in qualche modo affascinato come da una prova di quello che la mente umana poteva fare. Ancora più impressionato ero quando, più piccolo, ogni volta che capitava che passasse un treno mio papà era in grado di recitare a memoria che numero fosse e chi ci prestasse servizio sopra; poi ho pure pensato che qualche volta mentisse con disinvoltura, per cavalcare l'affatatura del figlioletto, ma magari invece se li ricordava tutti davvero...

Non so se in qualcuno di voi ho suscitato ricordi simili a questo, ma sono sicuro che la cosa varrà del prossimo, almeno per gli ultraquaranta/cinquantenni. Da ragazzo, mandavo a memoria tutti i numeri di telefono a cui tenevo. Al punto che ancora oggi ne ricordo alcuni. Dei cellulari, ricordo a stento il mio numero principale e un altro paio frequentati moltissimo; di sicuro, non ho idea di quale sia il numero di telefonino di tutti i miei vecchi amici di cui invece ancora ricordo il numero di casa dei genitori, magari estinto da decenni.

Qualche anno dopo, appena laureato tentavo di realizzare il mio sogno di bambino di diventare da grande giornalista, collaborando al mensile Parallelo38 (ve ne ho già parlato) di Giuseppe Reale. Uno dei miei articoli di cui sono ancora abbastanza fiero si chiamava Tante tavolette di terracotta e (come vi ho già ricordato) con molto anticipo (quasi 40 anni fa) intravedeva il pericolo che l'avvicinamento tra le persone e questa nuova alfabetizzazione allora alle porte non fosse realizzato innalzando la soglia di conoscenza delle prime ma abbassando sempre di più la soglia di difficoltà della seconda: avevo previsto una delle derive più pericolose della contemporaneità, e francamente non so come. Sarà che poco tempo prima, che i pc ancora non c'erano, avevo lavorato alla mia tesi di laurea facendo a mano una serie di calcoli (chi quadro e altri indici statistici per costruire e analizzare un questionario) tale che alla fine ho buttato una pila di fogli alta una metrata.

Tutta questa manfrina per ricordare che le capacità cognitive che non si fatica a raggiungere non si acquisiscono né sviluppano, e quelle che non si esercitano si perdono. Mio padre portava me e mia sorella in giro per la città, specie in periferia, a "scoprire strade nuove" (quella Reggio che io ancora oggi se me la sogno è come la ricostruivo mentalmente allora, non com'è davvero) , e io da ragazzo ho girato per Londra e Parigi orientandomi d'istinto, o al massimo guardando una cartina; chi è nato con Maps il giorno che non ce l'ha è perduto, e la cartina non la sa usare. Internet è una miniera, ma chi si è fatto le ossa facendo ricerche nelle biblioteche può usarla meglio di chi nasce abituato a chiedere a Google come prima opzione. Ma non è tutto.

Porre argini è una delle prime fondamentali attività che gli esseri umani hanno dovuto apprendere appena diventati stanziali. E gli argini si costruiscono quando si è lontani, dal pericolo. Quando cioè gli stolti ti deridono, mentre li alzi e il fiume è laggiù, un rigagnolo in secca. Non bisognava accettare con tutto l'entusiasmo che c'è stato che l'informatica prendesse la direzione di rendersi accessibile anche ai bambini o ai vecchi deficienti, bisognava pretendere almeno in parallelo una nuova alfabetizzazione di massa come fu per la vecchia (che tardò secoli rispetto all'invenzione della scrittura, perché il potere tende per natura ad autoalimentarsi). Il processo è stato governato scientemente, per riportare al massimo la distanza tra le masse e la conoscenza, in modo da neutralizzare in sostanza quella democrazia che doveva restare una vuota liturgia tutta apparenza. Ed è tutt'altro che completato.

Con la scusa della pandemia ci hanno fatti (ri)abituare a stare chiusi in casa anche quando è festa ("e c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra" - cit.), tutti tranne quei poveracci che per quattro soldi ci portavano la pizza a casa. Ora che annunciano il drone per le consegne a domicilio, è facile che molti lo vedano come una utile evoluzione tecnologica. In pochi comprendono che si tratta di un altro passo propedeutico al lockdown ricorrente, perlomeno come arma in mano ai detentori dell'arbitrio. E mentre già si annuncia il vaccino antinfluenzale permanente, magari obbligatorio, molti saluteranno il chip sottopelle per la sua somministrazione, e già che ci siamo per la geolocalizzazione di tutti (coi cani hanno già cominciato - e che vuoi fare rinunci alla possibilità di recuperare il cucciolo se si perde? - ma coi bambini valgono gli stessi argomenti), come un altro passo avanti dell'umanità. In pochi tenteremo di resistere, e ci sarà concesso solo in quanto anziani e quindi tendenzialmente problema piuttosto transitorio.

Un altro esempio è in cronaca: la cosiddetta AI, l'intelligenza artificiale. Probabilmente è già tra noi in misura molto maggiore di quanto ammesso, proprio perché è difficilmente distinguibile, sui mezzi attraverso cui si esprime, da quella umana. Se non fossimo assuefatti, dovremmo alzare letteralmente le barricate, e chiedere una legge per cui qualsiasi messaggio o testo confezionato da un non umano venga in qualche modo marcato come tale con pene così dure a chi dovesse essere pizzicato a violarla da metterlo in condizione di non operare più sul mercato italiano, fosse pure il signor Google in persona. Ma leggo in giro tanti minimizzatori sbeffeggianti di noi che vediamo la distopia, per cui è probabile che anche questa si avvererà.

Tengo questo blog da molti anni, ci sfogo la mia grafomania badando bene di tenerlo lontano dal purché minimo obiettivo di guadagno. Ma anche quando ci avessi messo un adsense, con i miei lettori non ci farei nemmeno gli spicci per il caffè. Amici anche cari, fin dall'inizio, mi rimproverano di essere troppo "difficile" da leggere, ed a tutti ho sempre risposto che appunto non ho come obiettivo più click, ma uno ogni tanto a cui leggendomi la testa gli faccia "click", anche se poi manco me lo fa sapere. Ho il massimo della goduria, da lettore, nell'affrontare la punteggiatura di Saramago, e anche se non posso nemmeno sognare di avvicinarmi a un tale genio mi piace tentare di rendere la complessità dei miei pensieri nei miei scritti, e magari di farla apprezzare ogni tanto a qualcuno. A queste ragioni diciamo così "originarie", ora se ne aggiunge un'altra. Coi giusti parametri di impostazione, una AI può già facilmente scrivere un qualsiasi testo, quindi anche un post di un blog, con lo stile di chiunque, di modo che nessuno si accorga del fatto che non lo ha scritto questo chiunque ma una macchina che gioca con gli algoritmi e le montagne di dati su dati accumulati su chiunque. Forse l'unica flebile speranza di essere inimitabili è di essere difficili e magari sempre diversamente difficili. Abbiate pazienza, e continuate ad accettare, quei quattro gatti che siete rimasti, la fatica che ci vuole per leggermi. Eppoi, senza fatica, non c'è soddisfazione, no?

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P.S. Solo raramente mi capita di scrivere un post di getto, più spesso lo ripasso e rimastico per giorni, e non solo per il succitato amore per la scrittura complessa, anche perché ci posso dedicare solo ritagli di tempo (finché non mi mandano in pensione, devo pur lavorare). Per questa ragione, il capoverso "porre argini" l'ho scritto prima, dei tristi accadimenti in Emilia Romagna. Ad alluvione avvenuta, ho prima pensato che magari fosse opportuno cambiare metafora, ma mentre mi ci accingevo mi sono reso conto che uscendo dalla stessa il paradigma era proprio quello adatto a commentare la cronaca. Vengo e mi spiego. Il movimento 5 stelle, oggi meritatamente in via di evaporazione, era arrivato da zero al 30 per cento anche per via di un programma (che conosco a memoria, per anni è rimasto in un banner di questo blog) che tra le altre cose prometteva di usare la recuperata sovranità monetaria (assieme alle risorse recuperate con l'abbandono delle grandi opere tangentogene tipo TAV e Ponte sullo stretto) per finanziare un mega piano di piccole opere pubbliche volte al recupero del territorio italiano; una volta al governo se ne sono scordati, troppo impegnati ad obbedire a Bruxelles (ben ripagata, come era facile prevedere, vero Giggino?) e alle multinazionali farmaceutiche. E non c'è proprio da sperare, che questo governo agisca diversamente. Ma quel piano resta l'unica cosa sensata da fare, dentro l'UE se te lo consente e sennò uscendone dall'oggi al domani. Certo, spiace dirlo ogni volta dopo, le varie tragedie. Che tra l'altro costano, drammi umani a parte, molto di più che non gli interventi preventivi. Invece la narrazione imperante è che è colpa del cambiamento climatico, e così gli sciacalli approfittano anche di queste tragedie per portare avanti l'agenda di impoverimento della popolazione con la scusa dell'ambiente. E allora occorre ripeterlo, anche ad allagamenti ancora in corso: non ne usciamo fuori coi patetici e inutili tentativi di agire sulle infinite variabili del cambiamento climatico, ma solo (forse) riprendendo in mano il governo del territorio in tutti i suoi aspetti, con un piano straordinario di investimenti in deficit (anche sull'edilizia, altro che diktat sulla classe energetica, specie in un Paese sismico come il nostro) seguito e accompagnato da un presidio quotidiano perenne. Costi quel che costi, anche perché questo tipo di deficit si ripaga da solo, keynesianamente. Quello generato da roba come il ponte sullo stretto, no.

sabato 13 maggio 2023

SANITÀ E VERITÀ

Torno sul filone "segui i soldi" perché mi sono imbattuto in un articolo che ha pubblicato un elenco di dati presi proprio dal sito dell'OMS, relativo ai finanziatori dello stesso con tanto di importi. Il fatto che siano dati pubblici è probabilmente un obbligo di legge, e sicuramente è ben "coperto" dalla percezione di senso comune, molto ben costruita e alimentata negli ultimi decenni, che sia "normale" che enti o organizzazioni siano finanziati generosamente da privati a prescindere del tipo di funzione che svolgono.

Apro una "parente". Senza l'instaurazione di questo luogo comune, d'altronde, non sarebbe stato possibile che istituti cruciali nella vita di tutti come le banche centrali divenissero in pratica proprietà di privati (anche qui, l'elenco è pubblico). Tra quelli "fregati" da questo fattore, e i molti altri che si fermano ancora prima, all'etichetta (es. "Banca d'Italia"), dando per scontato che si tratti di "cosa pubblica" anche se appunto non lo è per niente, quasi nessuno s'indigna di questa vergogna. Moltiplicata negli effetti dal fatto che le banche centrali nazionali sono a loro volta azionisti di controllo della BCE, nefasta padrona dei nostri destini a dispetto della dichiarata democrazia.

Chiudo la "parente" e torno all'OMS. Dopo avervi fornito il link con l'elenco completo con tanto di dindi, passo ad un estratto per i più pigri, utile a tutti in quanto evidenzia alcuni finanziatori piuttosto famosi

  • Bayer
  • Bill & Melinda Gates
  • Bloomberg
  • Clinton
  • Elton John
  • Glaxo
  • Google
  • International Vaccine Institute
  • Johnson & Johnson
  • La Roche
  • Meta
  • Microsoft
  • Novartis
  • Regione Emilia-Romagna
  • Regione Lazio
  • Regione Puglia
  • Regione Veneto
  • Robert Koch Institute
  • Rockefeller
  • Rotary International
  • Telecom Italia
  • Università degli Studi di Verona

Meno noto, ma ugualmente evocativo, è "Alliance for Public Health, Ukraine": della serie "tutto si tiene".

Ora, l'esperienza anche minuta di ciascuno di noi può suggerire, anche quando non basti arrivarci di logica, che se uno mette i soldi, tanti soldi, in qualcosa, non è che poi quel qualcosa può andare bellamente contro i suoi interessi. O perlomeno, se uno poi nell'analizzare la politica del finanziato sospetta che egli stia agendo se non su mandato almeno nell'interesse del finanziatore, non è che gli si possa dare del paranoico complottista... Invece, è proprio quello che è successo con la "pandemia". Alcuni dei finanziatori l'hanno addirittura pubblicamente "prevista" (e già prevedono la prossima), ma chi lo rivela e mostra i video è un complottista antisociale e pericoloso per la salute pubblica. Gli stessi, assieme ad altri, sono nel business della sanità privata, che ovunque nel mondo dove è sempre stata o è diventata il modello vincente ha prodotto il risultato che si possa curare solo chi ha i soldi, e la semplice deduzione che questi stiano spingendo in quella direzione tutta la sanità mondiale (quindi anche la nostra), e si anche finanziando l'OMS, non la possiamo fare?

Con ambiente e clima funziona allo stesso modo, ma ne abbiamo già parlato e allora lascio che ve lo dica un Nobel, anche se un altro Nobel che aveva ragione da vendere sui vaccini e il covid ha pagato con valanghe di attacchi ignominiosi il coraggio di dire la sua, peraltro poco prima di morire.

sabato 6 maggio 2023

RADIOCIXD 67 - CCCP E INSOSPETTABILI DINTORNI

Molte volte su queste pagine abbiamo parlato della parabola dell'industria musicale, ad esempio nel 2009 qui (era stato appena eletto Obama, all'inizio aveva abbagliato anche me, ma la postilla finale che ne parla la potete saltare); oggi ci torno perché mi sono imbattuto, come talvolta capita, in un articolo definitivo sull'argomento (pubblicato su Popoff dal jazzista Iverson, qui accanto uno screenshot) non solo aggiornato fino ai giorni nostri ma anche decisamente dotato di una mirabile sintesi che consente, a chi si vuole prendere il disturbo di leggerlo, di comprendere in pochi minuti come e perché la musica è prima diventata redditizia e poi ha smesso di esserlo. Più o meno.

Come spesso capita, infatti, guardando le cose troppo da vicino ci si concentra sui dettagli ma non si capisce il quadro, come guardandolo troppo da lontano: occorre invece "la giusta distanza", ed è proprio quella a cui ci porta il contributo succitato. Ad esempio, ricordandoci che nella millenaria storia dell'umanità la musica c'è sempre stata, ma è solo per un secolo quasi giusto giusto che è stata un'industria che dava da campare a tantissime categorie di lavoratori, mentre arricchiva paurosamente alcuni soggetti. Prima l'indotto non c'era, e dopo la sua platea si è ridotta al minimo, ma sia prima che dopo uno che un modo per campare facendo il musicista, come l'artista in genere, si è sempre trovato e si troverà. Al limite, sapendosi accontentare.

Ecco perché non ho mai sopportato i talent show, fin dalla loro comparsa (non a caso, a fine parabola dell'industria musicale): perché vi si percepisce in modo palpabile lo straniamento e spesso anche lo strazio delle anime di quei ragazzi che vorrebbero anche loro arricchirsi o almeno mantenersi con diciamo così l'arte ma sono più o meno lucidamente consapevoli che la porta è sempre più stretta (e inoltre passa per l'omologazione agli stilemi dominanti, perché alti investimenti pretendono che si minimizzino i rischi). Ed ecco perché mi vengono in mente alcuni esempi "in cronaca", di segno completamente opposto.

Per il decennale della scomparsa di Enzo Jannacci, col figlio che lo celebra da allora e Elio ancora a teatro con le sue canzoni, è uscito un godibilissimo special su Rockol. Jannacci era di una di quelle "infornate" che "cantando dentro nei dischi" i soldi li ha fatti, ma non ha mai smesso di essere innanzitutto un medico, a volte assentandosi per anni dalla scena musicale (per ad esempio lavorare con Barnard, quello che ha "inventato" i trapianti di cuore) e sempre esercitando finché ha potuto. Mi sarebbe piaciuto vederlo alle prese con la gestione criminale della pandemia, ma almeno così posso immaginarmecelo come voglio. Di certo andrebbe spiegato ai ragazzi, uno come lui. Io ogni tanto ci provo, pur consapevole della estrema limitatezza del mio pulpito.

Roger Waters invece "è vivo e lotta assieme a noi", non rinunciando mai ad insegnarci quanto è necessario e urgente schierarsi contro le narrazioni imperanti anche a costo di rischiare il bando, e dire che a quasi ottant'anni un multimilionario certe cose potrebbe pure risparmiarsele, anziché girare il mondo per dirle ai concerti. A pensarci bene, è triste che sia quasi solo tra le voci fuori dal coro, a cercare la verità in questi anni di menzogne presentate come verità indiscutibili. 

Ma l'esempio migliore di questo approccio è uno per cui non solo bisogna fare musica per farla poi se vengono i soldi vengono, ma se ne vengono troppi bisogna fermarsi e chiedersi dove hai sbagliato: Giovanni Lindo Ferretti. Dopo gli anni diversamente punk dei CCCP, benissimo narrati in questo bell'articolo della Milani su illibraio.it, fonda con Zamboni Maroccolo e Magnelli i CSI (poi raggiunti dalla giovane Ginevra Di Marco), e quando ci si trova (col terzo album: T.R.E. appunto, che sta per Tabula Rasa Elettrificata, già peraltro recensito) in cima alle classifiche, decide di sciogliere il gruppo, rimpiazzandolo (dopo un paio d'anni di concerti memorabili, ve lo garantisco personalmente) con nuove incarnazioni sempre meno "commerciali" (come si diceva ai miei tempi). E dimostrandosi sempre capace, da allora in poi, di scelte personali coraggiose, e di prese di posizione politiche e sociali ci cui non si può non riconoscergli il coraggio e l'integrità nel sostenerle anche quando magari non si è d'accordo nel merito. E che forse sono meno incoerenti di quanto superficialmente sembrino, rispetto al comunismo militante degli esordi: diamoci un'occhiata.

Per giustificare l'inserimento di questo strano post nella rubrica RadioCixd, che di solito recensisce album brano per brano, o playlist quando non si parla di un solo album, volevo appunto scegliervi qualche video dei CCCP, meteora fertile del panorama musicale italiano, ma mentre cercavo mi sono imbattuto in questo, che basta e avanza a farvi un'idea poi se vi è scattata la curiosità cercate voi, e inoltre serve a farvene un'altra su cosa può essere la musica in TV e non è più stata (certo anche qui per miopia strategico-industriale). Si tratta infatti di un breve concerto live come quelli che ospitava regolarmente la mitica trasmissione DOC di Renzo Arbore e soci, condotta da Gegè Telesforo e Monica Nannini: averla seguita da giovane è una di quelle cose che consola di avere sessant'anni...

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