martedì 31 dicembre 2013

LENTICCHIE E...

Il fenomeno è talmente imponente che sul Corrierone ci hanno fatto il dibbattitoparte 1 ovvero la critica al modello "neo-oleografico" di famiglia rappresentato, parte 2 ovvero i pregi da uovo di colombo che ne hanno decretato il successo, parte 3 ovvero macché l'unica genialità è esser riusciti a fare soldi con la scoperta dell'acqua calda, parte 4 ovvero il sottile confine tra la giusta critica e l'invidia. Per i pochi che non l'avessero ancora capito, sto parlando di Peppa Pig.
E' che Capodanno è tempo di cotechino, e quindi mi sembra l'argomento giusto per gli auguri di "bona fini e bon principiu", come diceva mio nonno.
Io non so se i bambini cresciuti a Peppa Pig saranno meglio o peggio di quelli cresciuti a mostri giapponesi, ma ricordo di quelli analisi critiche dello stesso livello e tenore di quelle che oggi colpiscono l'insopportabile maialina inglese, e le ricordo bene perché le condividevo ("uccidi e vieni ucciso poi risorgi così apprendi in modo distorto il concetto di violenza", si diceva dimentichi del lupo squarciato dal cacciatore da cui riemergevano intatte e vive Cappuccetto rosso e sua nonna...), e non mi sembra si possano riscontrare differenze statistiche significative tra gli adulti nutriti da piccoli a quella schifezza e/o a robe melliflue e tragiche come Heidi e Candy Candy e quelli come noi che avevano fatto il pieno di orrori intramontabili come Cenerentola Bambi e tutti gli incubi dei Grimm e affini e poi di Looney Tunes (il migliore, l'anche lui immortale Will Coyote) e H&B (Antenati e company). Forse è semplicemente che le equazioni che collegano ciò con cui popoli la mente di un bambino con ciò che penserà e crederà da grande sono troppo complesse anche per i computer di adesso, o magari di sempre per cui resteranno terreno di quella parascienza a posteriori che è la psicanalisi.
Forse.
Però io mi sentirei lo stesso di consigliare a chi ha la responsabilità di un bimbo di provare a fargli piacere anche, che so, Tom e Jerry, così, per variare un po'...
Anche perché a fare l'analisi razionale dei personaggi dei cartoni se si è seri si rischia il ridicolo, per cui forse è meglio puntare direttamente a far ridere. Come Bisio in questo vecchio cavallo di battaglia, con cui auguro ai miei (pochi) lettori un felice 2014.


martedì 24 dicembre 2013

I PAZZI SONO FUORI

"Giro giiro toooondo..."
Se proprio non volete cercare negli archivi di questo blog, e nemmeno seguire questo link al blog di Odifreddi, ve lo riassumo qui, perché il 25 dicembre si festeggia il Natale: è il giorno in cui il Sole, comprensibilmente Dio (in un modo o nell'altro) di tutte le comunità umane da quando possono definirsi tali, "risorge" dopo i tre giorni in cui la sua presenza nei cieli è ferma ("solstizio": sole che sta) al minimo annuale. Vi ricorda qualcosa? Si, il catechismo, e non solo Gesù bambino e il Natale ma anche la Pasqua ("di resurrezione", non a caso poi traslata in primavera e "flottante" col calendario). Ma anche, per chi abbia il minimo di cultura in materia (va bene anche La settimana enigmistica) per farci caso, quasi ogni altra religione costituita: Apollo Mitra Ra o comecavolosichiama, c'è sempre un dio che nasce muore e rinasce periodicamente come il Sole ogni giorno e ogni anno. Non può essere un caso. Deve essere insito nella natura umana.
Chi abbia avuto modo e voglia di osservare con attenzione un bimbo crescere se ne accorge: c'è un momento in cui gli cambia lo sguardo. Prima, è come quello di ogni altro cucciolo, e la leggenda di Romolo e Remo con la lupa (che qui casca a fagiuolo: è il Natale, ma di Roma) è un'altro mito seriale dell'umanità fondato su ragioni profonde: i cuccioli dei mammiferi hanno gli sguardi simili per ingannare i predatori stimolando il loro istinto genitoriale anziché il loro appetito. Poi, presto, prima ancora che parlino, comincia a velarsi della vera e sola maledizione della specie umana, quella raccontata nella Bibbia come la cacciata di Adamo ed Eva dall'Eden per aver mangiato i frutti dell'albero della conoscenza: la consapevolezza di poter morire, prima, poi di doverlo fare.
Quel geniaccio di Kubrik (si lo so il racconto è di Clarke, ma lui non se ne aveva a male) ci mostra la stessa cosa addirittura su un computer, e ai tempi in cui la potenza dei computer attuali non era nemmeno immaginabile - ma si sa, la filosofia arriva oltre ogni altra scienza. La consapevolezza di esistere è un tutt'uno con la consapevolezza di potere e anzi dovere smettere di esistere: una cosa letteralmente insopportabile, e infatti nessuno la sopporta (i cosiddetti pazzi sono solo quelli che più si sono avvicinati alla verità, e visti da qui sono i più - anzi i soli - sani di mente), nemmeno una macchina potrebbe o potrà. Le religioni sono state inventate apposta, e sono solo uno degli inganni creati dalla mente per travalicare questo limite, nemmeno il più usato: quello è la proiezione della propria identità, nei figli ma anche in qualsiasi altra cosa prometta di durare dopo di noi, che so un'ideale o una squadra di calcio, e a ruota ci sono le storie (libri o film o musica sono solo declinazioni diverse dello stesso paradigma dell'altrove spaziotemporale che ci permette di credere di vivere molte altre vite oltre la nostra).
Vi avevo "promesso" che non mi sarei fatto vivo per un po': questo post è un'eccezione fortuita che mi permette di augurarvi a modo mio (innescato come al solito per cavoli miei) buon Natale. Con in coda la perfidia che chi voglia sapere il perché del titolo deve seguire i link.

mercoledì 18 dicembre 2013

COMPITI PER LE VACANZE

Bellissima immagine, molto rappresentativa della linea tenuta
dalla BCE e delle misure prese dalla stessa per combattere la crisi...
Non so se importa a qualcuno, non ho mai seguito davvero i contatti (il contatore sta li diciamo "per bellezza", non ho mai voluto nemmeno gli spiccioli che avrei potuto raccattare con adsense), altrimenti peraltro avrei dovuto scrivere molto diversamente, sia per contenuti che anche solo per punteggiatura (ahi Saramago!), magari ormai siete rimasti davvero in pochi, ma è una comunicazione di servizio che vi devo lo stesso. Per via di un banale trasloco, per quanto un trasloco possa essere banale, nei prossimi giorni avrò difficoltà a collegarmi in rete e quindi questo potrebbe essere l'ultimo post dell'anno. Per cui sappiate che se anche non lo vedete aggiornato il blog non è chiuso, ripeto il blog non è chiuso. Al massimo è in vacanza, come le scuole a Natale. E per dimostrarvelo vi do i compiti: una serie di spunti di riflessione tratti dalla cronaca:
  • Roberto Perotti da LaVoce.info, ovvero come e perché la riforma Letta del finanziamento ai partiti significa più soldi ai partiti e non meno, e quindi l'ennesima dimostrazione di come e perché la stampa tutta, specialmente televisiva, sia oggi più che mai un colossale letamaio di falsa coscienza e disinformazione;
  • Alessandra Daniele su Carmillaonline, ovvero quanto la satira politica può essere più efficace di un discorso serio nel demolire certi personaggi, specie se vacui e sparapallle come il neosegretario della DC (pardon del PD, vabbé);
  • a proposito di Renzi, chi avesse ancora dubbi sulla sua connotazione destroide può leggere sul Corriere della Sera cosa ha intenzione di fare dell'articolo 18 (quando c'era Silvio, cavallo di battaglia del centrosinistra dei diritti dei lavoratori); 
  • Institute for fiscal studies sempre sul Corrierone, ovvero seppure sotto forma di statistiche anche nel mainstream ogni tanto emerge qual'è il vero problema e cioè qual'è il piano del capitalismo internazionale (impoverirci tutti) che sta dietro anche alla creazione stessa dell'Euro.
La summa di questi spunti ce la dà la conclusione di questo pezzo di Loretta Napoleoni sul Fatto, che riporto testualmente:
Il nostro è un Paese dove convivono due realtà: da una parte c’è l’Italia dei forconi e dall'altra quella che si può permettere di pagare due euro per votare il nuovo leader del PD, la prima non arriva alla terza settimana del mese e ha il polso della situazione, la seconda tiene gli occhi ben puntati sullo spread e gestisce la macchina propagandistica. Più passa il tempo, però, più cresce il numero degli appartenenti alla prima categoria e presto saranno troppi per essere tenuti a bada dai messaggi mediatici della propaganda. Negarlo è comportarsi come gli struzzi.
Buone feste, ci risentiamo appena possibile.

venerdì 13 dicembre 2013

I CAPPONI DI RENZI

Chi ha formazione culturale di sinistra non può non provare un brividino lungo la schiena quando sente parlare di camion che bloccano le strade: gli ricorda i preparativi davvero eterodiretti di un undici settembre, quello vero, il 1973 non il 2001.
D'altronde dopo trent'anni di berlusconismo (si, trenta: l'inizio del regime va datato all'avvio della strategia di rincoglionimento delle masse per via televisiva, peraltro teorizzato da Gelli nei suoi piani) ad avere formazione culturale di sinistra siamo rimasti in pochi, e piuttosto anzianotti, e tra noi ancora troppi vivono il senso di appartenenza oltre quel termine temporale in cui il rischio di risultare patetici diviene elevatissimo. Questo, più la sindrome "sono quarant'anni che le perdo tutte, me la volete fare vincere un'elezione?", spiega il trionfo di Renzi alle primarie del PD.
Il problema, e lo dico con autentica mestizia perché colpisce anche un sacco di gente a cui voglio bene, è che se per vincere devi diventare come il tuo nemico se non peggio allora è meglio perdere, come dovrebbe insegnare almeno a chi ci crede la metafora di un tipo che essendo in teoria figlio di dio e dio egli stesso poteva scatenare un'ira appunto di dio e invece preferì non usare i superpoteri e morire in croce. Anni prima, un suo cugino cattivo nel deserto provò a tirargli lo stesso tranello, e millenni dopo ci fu un tipo che sconfisse l'allora prima potenza mondiale del pianeta predicando la non violenza proprio perché se avesse dovuto per vincere ricorrere alla violenza e avesse ceduto a questa tentazione la cosa avrebbe sancito la sua peggiore sconfitta.
Lascio le metafore, la metto in piano: il PD nasce dall'idea insensata di unire due tradizioni troppo diversamente riformiste, e col passare del tempo riesce a tradirle entrambe, finendo per funzionare da trappola ideologica per milioni di persone legate appunto a quelle due tradizioni al punto da nascondere (ideologia: falsa verità costruita appositamente per occultare quella vera) l'essenza della sua stessa esistenza, quella che oggi si dice la sua mission, impoverire gli italiani. Gianni Agnelli, che aveva tanti difetti ma non era un fesso, diceva che in Italia solo un partito di sinistra può attuare politiche di destra: la Storia ha dimostrato che non era una boutade.
E allora eccovelo il vostro Cicciobello2, amici miei, il primo al mondo capace di perdere e vincere lo stesso tipo di elezioni, quella pagliacciata travestita da esercizio democratico chiamata primarie, nello stesso anno: a parte il fatto che è tranquillamente possibile che le elezioni vere le perdiate lo stesso, specie se nelle risposte alla crisi restate agli annunci che più stridono con la realtà più fanno incacchiare, nel caso vinceste avrete portato al governo un democristiano di destra figlio di cotanto padre, un giovane che della giovinezza ha soltanto il fatto che molto probabilmente lo avremo tra le palle per tanto tempo (con Berlusconi potevo ancora sperare che schiattasse prima di me, almeno...), un simpaticone che porta avanti politiche, monetarie e non solo, di estrema destra (guardate che soggettino si è scelto come portavoce, ad esempio) trattandole come assiomi. Perché ha un padrone che gliele ordina e gli da buone ragioni per continuare a eseguire il compito. Quando lo avrà finito, cioè quando avrà finito di privatizzare tutto e regalare agli amici degli amici la ricchezza nazionale, completando l'opera dei suoi predecessori sempre di centrosinistra, maledizione, e di smantellare quello che resta del welfare, ve ne accorgerete. A quelli come me resterà solo l'amara soddisfazione di potervi dire a brutto muso di avervi a suo tempo avvertito, che i Renzi portano i capponi agli Azzeccacarbugli e i capponi siamo noi... (e per capire la metafora, prego rileggersi il Manzoni).
Io non so se i "forconi" siano populisti o popolari, di destra o sinistra, autentici o sospettamente puntuali, o se abbiano torto o ragione, e faccia bene o meno Grillo a guardarli con cupidigia piuttosto che con preoccupazione. So che c'è sempre più gente ad avere acquisito in qualche modo la sorda consapevolezza di essere bestie portate al macello, e che l'unica cosa giusta da fare, a meno che non sia anche questa rivolta una parte in commedia e combatterla l'altra parte, è togliergli gli argomenti: abbiamo bisogno come l'aria di una politica monetaria espansiva con obiettivo piena occupazione, o siamo in grado di farla adottare all'Europa o dobbiamo uscire da questa Europa costi quel che costi. Peraltro, molto ma molto meno di quanto i proclami terroristici di premier e ministri vari lascino intendere, per quanto resti un affare di difficile attuazione, e in ogni caso molto ma molto meno di quanto ci costi continuare su questa strada, come il neosegretario ha tutte le intenzioni di fare.

venerdì 6 dicembre 2013

DI GIGANTI E DI NANI

..ripensando a quell'incedere incalzante
dei viaggi persi nella sua memoria,
intuiva con la mente disattenta del gigante
il senso grossolano della storia,
e nelle precisioni antiche del progetto umano
o nel mondo suo illusorio e limitato,
sentiva la crudele solitudine del nano
nell'universo quasi esagerato,
due facce di medaglia che gli urlavano in mente:
"da tempo e mare non s' impara niente..."

da Gulliver, Francesco Guccini 1983
I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift è decisamente un libro sottovalutato: ritenuto dai più, anche per via del successo sia immediato (parliamo del settecento) che successivo (specie cinematografico) delle sue parti più famose, un libro per ragazzi, è invece una feroce visionaria e profetica satira sociopolitica ancora incredibilmente attuale. Chi non ci crede non ha che da (ri?)leggerlo. La splendida metafora che ne ricava Guccini, che ho messo in avvio in testo e in coda in musica, mi dà l'occasione di commentare assieme le due notizie di politica, una internazionale relativa a un personaggio enorme e grandioso, una nostrana relativa ai soliti minuscoli e meschini protagonisti della scena, che affollano le cronache odierne: la morte di Nelson Mandela e la bocciatura del porcellum da parte della Corte Costituzionale.
La differenza di statura politica dei protagonisti delle due vicende è infatti drammatica: da un lato un Gigante che è stato capace di portare avanti la sua battaglia ideale attraverso 27 anni di carcere e vincerla senza (quasi) concessioni opportunistiche, dall'altro gente che ha messo queste ultime sopra ogni altra cosa, introducendo (il Nano di Arcore) e poi mantenendo (lui e gli altri) regole truccate e (persino sedicenti) porcate per la sola ragione che gli erano convenienti. Col risultato da un lato di avere riscritto la Storia ed essere oggi protagonista di un coro (fin troppo) unisonico, dall'altro di rendere addirittura possibili interpretazioni della correzione di oggi (quindi quanto tardiva!) che giungerebbero ad invalidare gli ultimi 8 anni, se non gli ultimi 20, di esiti politici. Tanto che questa proposta di Grillo, di far decadere almeno quei deputati eletti col premio di maggioranza incostituzionale (del PD, ma anche di SeL), può sembrare addirittura moderata... E, a proposito, se Mandela avesse dosato le energie della propria azione politica in proporzione alla probabilità di successo, piuttosto che (come a fatto) all'importanza e alla grandezza degli obiettivi, non avrebbe vinto, e non si sarebbe nemmeno chiamato come davvero si chiamava:  non Nelson, ma (giuro) Attaccabrighe.
...
A proposito di giganti, oggi e domani 7 e 8 dicembre 2013 a Roma, non come al solito in piazza Fabrizio De Andrè alla Magliana ma in un teatro sulla Portuense e a gratis, si svolgono le ormai consuete finali del premio intestato al cantautore genovese, che come sempre sarà consegnato dalle mani di Mama Do-Dori Ghezzi. Roba da non mancare.

lunedì 2 dicembre 2013

GIOVANI SENZA ZAPPA

"Gli articoli dei giornalisti di musica rock sono scritti da gente che non sa scrivere,
che intervista gente che non sa parlare, per gente che non sa leggere
" - Frank Zappa
No, non è un invito ai tantissimi ragazzi disoccupati di ridedicarsi all'agricoltura. E' che scopro ascoltando Radiodue che il 4 dicembre 2013 fa vent'anni giusti giusti che è morto, quindi molti ragazzi forse non sanno nemmeno chi sia, l'incommensurabile Frank Zappa; nel programma tra l'altro veniva intervistata (la classica "marchetta", e va bene, si comprano così pochi libri, ce stà) l'autrice di un libro in uscita in questa occasione, che metteva le mani avanti con un cenno autoironico, qualcosa tipo "adoro Frank Zappa ma non sopporto gli zappiani".
L'artista siculoamericano è stato immenso non solo per qualità: la sua discografia è infinita. Io l'ho affrontata "da grande" dopo che un amico, uno che vent'anni fa un amico comune mi aveva presentato come "eccoti finalmente uno che ha gusti musicali più strani dei tuoi", mi ci ha introdotto tramite due C-90 (questa non ve la spiego, se siete giovani peggio per voi), il sistema con cui ai tempi nostri girava la conoscenza musicale (e funzionava: i discografici non si erano ancora incartati nella inutile lotta alla pirateria). Non essendo il mio faticoso approccio postumo sufficiente a dire qualcosa di sensato, in assoluto figurarsi di un personaggio così, non potevo che chiedere a lui, che solo per comodità (come nella cronaca nera si usa per i minorenni) chiameremo Ivano, un contributo che lo celebri in modo sufficientemente degno.
Gli lascio dunque la parola, non prima di avere fatto un altro paio di precisazioni:
  • non condivido il giudizio di "Ivano" sugli E&LST, che possono non piacere ma sono davvero talmente legati al Nostro (persino Scaruffi dixit) nella formazione musicale (per quanto ad anni luce negli esiti, della cui cosa sono i primi ad essere consapevoli) che non solo possono osare di suonarne di tanto in tanto qualche pezzo (questo ad esempio, qui l'originale) ma addirittura con dentro uno dei musicisti "fissi" (dove le virgolette sono obbligatorie, per una carriera multiforme così) del loro emulo, o alle celebrazioni ufficiali come quella del 18 dicembre prossimo a Milano;
  • c'è in Italia un'altra band che ha il coraggio di proporre, stavolta con costanza, un classico zappiano come Peaches in regalia nel suo repertorio: è l'ensamble, anch'essa mutante e multiforme, di Daniele Sepe.
Detto questo, proviamo a sfidare "Ivano" a definire l'indefinibile, e magari a estorcergli alcune "dritte" per cominciare a conoscerlo: se anche pizzichiamo un solo nuovo adepto, il dio della musica se esiste ce ne renderà merito.
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Come descrivere Zappa in poche righe e portarlo a conoscenza di colui che nulla sa oppure lo conosce solamente come il nume tutelare degli infami Elio & le Storie Tese? Innanzitutto  il Maestro di Cucamonga non è:
  • un musicista pop;
  • un rockettaro;
  • un virtuoso della chitarra;
  • un compositore classico;
  • uno scrittore di untuose canzoni da pomicio stile anni 50;
  • un teorico;
  • un pornografo sotto false spoglie.
Egli è la quintessenza di TUTTE queste cose, nello stesso tempo! E anche molto altro di più.
Detto così non significa nulla, lo so, ma il bello è proprio questo: Frank Zappa non si può descrivere.
Occorre tempo, pazienza, cultura… ed anche una certa predisposizione a farsi prendere per il culo, per esplorare l’opera di uno dei più grandi geni del secolo scorso. Quando parlo di opera non intendo soltanto musica: quanti sanno che FZ è stato scrittore sarcastico e (para)regista? Oppure discografico indie antelitteram e scopritore e valorizzatore di talenti (non solo musicali: date un’occhiata alle copertine dei suoi dischi)?
Il cuGino si sta spazientendo ed attende una minimale playlist; cedo malvolentieri alla sua richiesta, certo della maledizioni che mi invierà Zio Frank dalla sua tomba: egli non ammetteva “spezzettamenti” della sua arte (o per meglio dire della sua vita). Ecco 7 titoli per l’ignorante in materia che, sono sicuro, resterà altrettanto ignorante dopo averli ascoltati:
  1. The world’s  greatest  sinner (dall’album Cucamonga years, primi anni 60), ovvero lo Zappa prima di Zappa. Accreditata a tali Baby Ray & The Ferns, questa orribile canzoncina lo vede nelle vesti di compositore e produttore. Faceva parte della colonna sonora di quello che le classifiche specializzate considerano uno dei film più trash di tutti i tempi. Se tutto questo vi sembra strano e assurdo… state entrando nell'ottica zappiana;
  2. Hungry freaks daddy (da Freak out, 1966): qui comincia lo Zappa vero e proprio. Anche se detesto dirlo, bisogna contestualizzare: quella che adesso sembra una canzone (quasi) normale, all'epoca dell’uscita fu un vero e proprio pugno nello stomaco ai danni dell’ascoltatore medio;
  3. Nine types of industrial pollution (da Uncle meat, 1969); ogni tanto qualche buontempone, pur riconoscendo a Zappa il valore musicale, ne sminuisce quello strumentale. In poche parole dice che come chitarrista non era un granché. Per zittirlo fategli ascoltare questo brano;
  4. Ella guru (da Trout mask, replica Captain Beefheart & the Magic band 1969): Zappa fu il produttore dell’opus magna del suo antico amico-rivale Don Van Vliet. Racconta la leggenda che fu inciso in una sola notte mentre FZ stava dormendo. Anche in questo Zappa fu grande: trovatene un altro che incide un capolavoro senza metterci niente ma proprio niente di suo…;
  5. The torture never stops (da Zoot allures, 1976); si può tranquillamente definire come la Quinta Sinfonia di Zappa. Come il capolavoro beethoveniano, lo riconosci dopo le prime tre note. Dal vivo era uno dei must del nostro: versioni dilatate fino a 20 minuti con assoli di chitarra strappabudella;
  6. When yuppies go to hell (da Make a noise jazz here, 1991); mi sono sempre chiesto che tipo di musica avrebbe fatto se non avesse incontrato la signora con la falce. Un indizio può darlo il disco in questione, inciso dal vivo con la sua ultima band, forse la migliore di tutte. Ultrarock polidimensionale, indefinibile nelle forme e nella classificazione ma non nel piacere d’ascolto. Un vero e proprio “viaggio” senza alcun bisogno di stupefacenti;
  7. Waffenspiel (da Civilization phase III, 1994); qui finisce il viaggio terreno di Zappa. La musica cessa e rimangono soltanto spari, squitti di uccelli e lontani latrati di cani. Toccante come non lo è mai stato.

giovedì 28 novembre 2013

DECADANCE

Il saldo primario (al netto degli interessi passivi sul debito) in Italia è positivo
dal 1991
(fatta eccezione per i momenti "top" dei governi Berlusconi, in cui comunque
ha sempre registrato cali. Siamo il Paese europeo più "virtuoso", altro che chiacchiere!
Detesto essere autorefenziale ma quando ce vò ce vò: era il 20 luglio, le intese erano larghissime la decadenza del pregiudicato ancora oltre l'orizzonte, e in questo post scrivevo:
...il mandato a Letta dei suoi padroni europei è di mettere le cose in maniera che a quello che resta dell'opinione pubblica sembri inevitabile, più prima che poi, che le ultime ricchezze in mano pubblica italiana passino ai privati. Quello che non vi diranno mai, ma lo sanno benissimo e quando ve ne accorgerete sarà tardi, è che vendute Eni, Enel, CDP (se non la vendono la rovinano - nota odierna) e Finmeccanica, il debito pubblico continuerà a crescere lo stesso...
Come si vede, si tratta di una serie di previsioni purtroppo già dettagliatamente avveratesi, più un'ultima asserzione sul debito ancora da verificare ma su cui però potete giocarvi i cabbasisi...
La ragione in breve è che quello che sentite nominare di continuo, perché poi è quello che interessa alle famigerate agenzie di rating, non è il debito pubblico in quanto ammontare in assoluto ma in rapporto al Prodotto Interno Lordo, e quindi qualunque misura abbia come effetto di fare diminuire quest'ultimo (aumentando le tasse o diminuendo la spesa pubblica, cioè tutte le misure adottate in questi anni, dette appunto "recessive") fa aritmeticamente aumentare il primo. Ma se non volete accontentarvi di spiegazioni abbozzate e didascaliche, vi consiglio vivamente di studiarvi attentamente questo post che ho scovato sul blog OneEuro: ci sono una marea di dati in grafici e tabelle, a dimostrare che ci stanno mentendo da anni: l'epoca in cui vivevamo "al di sopra dei nostri mezzi" è passata da un pezzo, da anni siamo in testa alla classifica (se non ci fosse stato il Caimano, con enorme distacco) dei Paesi europei più virtuosi, e un governo che si rispetti e non ci tradisca dovrebbe agire in direzione diametralmente opposta all'attuale innanzitutto nei rapporti con l'Europa.
Fate molta attenzione, amici di sinistra: la faccenda sta passando oramai nel famigerato "senso comune", con tutto quello che comporta nel bene o nel male. Questo significa che, delle due l'una: o l'Europa nei prossimi mesi cambia radicalmente politica monetaria e si mette a perseguire al piena occupazione, o le prossime elezioni saranno vinte da qualcuno che cavalca il sentimento antieuropeo. E il più attrezzato è ancora Lui, il Decaduto. Che può addirittura candidarsi alle europee, pare, o comunque tenere le fila del suo movimento da extraparlamentare, come Grillo e Renzi peraltro (ipse dixit: era impossibile non vederlo ieri, il suo discorso eversivo è stato trasmesso praticamente a reti unificate e ridondato fino a notte). E vincere. L'unica nostra speranza, l'unica, è puntare sull'unica politica che Berlusconi non calza e non può né vuole fingere di calzare: l'onestà, la lotta alla corruzione, l'appoggio incondizionato all'azione della magistratura, l'abolizione de iure della figura del politico di carriera tramite la limitazione temporale della candidabilità e il monitoraggio permanente dei patrimoni di chiunque "scenda in campo". Tutte cose che il PD non può e non vuole fare, perché nel settore si distingue da Forza Italia solo per ipocrisia, tanti e tali gli impicci in cui sono coinvolti gli eredi dei compagni.
Ipocrisia. Dicono solo bugie, una dietro l'altra. Con la scusa di combattere il Maligno, recitato magistralmente dal'uomo di Arcore, hanno eseguito in questi due decenni il mandato di impoverirci, depredare un patrimonio pubblico costruito coi sacrifici di generazioni, distruggere il tessuto industriale, cinesizzarci. Il PD è il Nemico, e Renzi proprio perché può portarlo alla vittoria il Nemico numero 1; bisogna invece riempire il Parlamento di gente come Paola Taverna, come forse qualcuno a sinistra comincia a rendersi conto.

 

giovedì 21 novembre 2013

EVENTI NORMALMENTE ECCEZIONALI

Non è che l'anno scorso non ci fossero stati elementi in cronaca per tornare sul tema, è che dopo che uno scrive le stesse cose ogni autunno (ecco le prove: 20092010 e 2011) un po' si stufa, alla fin fine questo è solo un blog i conti li tiene la stampa "vera".
L'evento sardo però racchiude in se meglio che altri tutti gli elementi necessari a dargli una funzione paradigmatica, buona per tutti i casi a venire che uno spera non ci siano ma sa già che ci saranno.
Il territorio italiano, infatti, è ormai diffusamente incapace di reggere quelli che la stampa ama descrivere come eventi ogni volta "del secolo" ma che invece probabilmente ci sono sempre stati, e anche quando ci fosse (e c'è) un aumento di frequenza e ampiezza degli stessi per via di fattori climatici globali l'incuria sarebbe ancora più colpevole.
A fattori generici come l'incuria e l'eccessiva e selvaggia urbanizzazione, si aggiungono spesso fattori specifici come appunto nel caso di Olbia e dell'oristanese: anni e anni di consapevole (ma incosciente) occupazione di alvei ed edificazione in barba ai (e talvolta in protesta esplicita contro i) vincoli paesaggistici e orografici suggeriti dalla legge e prima ancora dalla scienza e dal buonsenso. E questo è solo l'inizio dell'elenco delle cause riconducibili a una generica mancanza di prevenzione e di politica del territorio.
Più a valle (espressione qui sinistramente metaforica) di queste colpe decennali, ci sono tutte le cause per cui il pensiero unico economico imperante ritiene che non ci siano le risorse economiche per intervenire ex post a sanare i misfatti del "palazzinarismo" dell'Italia dei condoni e della malintesa libertà. I soldi si trovano per salvare le banche, riforaggiare Alitalia , realizzare la TAV o nuove inutili autostrade, comprare aerei militari, mantenere (peraltro in violazione della Costituzione) contingenti in guerra, alimentare una delle classi politiche più voraci vaste permanenti e articolate del pianeta con relativo immenso sottobosco, ma quando si tratta di istituire il reddito di cittadinanza o di varare un piano capillare di lavori per la rimessa in sesto del territorio i soldi non ci sono (e quei pochi che ci sono, vengono dirottati a esigenze ritenute più urgenti).
A chi è di sinistra dall'età della ragione, credete faccia piacere che questi argomenti siano stati totalmente abbandonati dal partito erede del più grande partito comunista occidentale, che ha venduto la nostra sovranità nazionale tramite il progetto Euro e una montagna di privatizzazioni (di cui si appresta a "fare la scarpetta"), e rimangano solo i grillini ad enumerarli (non solo, quando lo fanno c'è sempre un piddino che s'indigna contro sti populisti)?
L'Italia ha un patrimonio culturale e ambientale in grado teoricamente di sostentare l'intera popolazione, dalla manovalanza al sovrintendente restauratore passando per l'operatore turistico, e - per via del moltiplicatore keynesiano - a saldo zero per le classe pubbliche. Ma ci vogliono assieme una guida keynesiana dell'economia e una draconiana della giustizia per potere avviare un progetto del genere, che presuppone una rimodulazione dell'Unione monetaria o l'uscita dalla stessa. Se pensate che c'è chi riuscirebbe anche lasciando intatte le forche caudine del rigore a varare una "controfinanziaria" equa e redistributiva, immaginate cosa si potrebbe fare senza questi lacci. Invece a sinistra ci si ritrova a rimpiangere l'occasione perduta di Renzi per far cadere il governo e accelerare il suo trionfo, come se questo non fosse la definitiva sconfitta dell'idea stessa di sinistra in Italia, che meriterebbe l'epitaffio "morì democristiana".

lunedì 18 novembre 2013

N-EURO

In questo schema, che profeticamente parlava di Forza Italia e non di PdL,
l'NCD di Alfano e soci, sia ideologico che reale, sta in alto a sinistra
Quando ho concepito questo schema logico, ho avvisato che lo avrei richiamato ogniqualvolta fosse stato utile a non rispiegare il perché e il percome il voto a 5 stelle è una scelta obbligata per chi abbia ancora a cuore le sorti dell'Italia e non sia vittima della propria stessa ideologia di appartenenza. Lo so perché io stesso a lungo ho creduto alle bugie degli eredi del PCI, oggi talmente evidenti nel loro dolo che buon per loro che non esistono i fantasmi e non possa tornare quello di Berlinguer. Nel disegnare i quadratini, però, sono stato a lungo indeciso se inserirvi la voce Forza Italia, di cui allora appena si cominciava a riparlare, o la voce PdL, allora compatto sotto il ducetto e peraltro più breve e meglio adatta alla grafica elementare della mia figura.
Oggi aver optato per Forza Italia mi gratifica anche di una dose di preveggenza, perché alla fine la scissioncina a destra c'è stata, e proprio alla luce del mio schema è più comprensibile: in teoria, si tratta di gente che sposa la linea europeista del governo Letta, quindi nella tabella a doppia entrata sta col PD reale, e a differenza del PD coerentemente al proprio doppio ideologico. E siccome la campagna elettorale è bella che iniziata, e la crisi perdurante colloca le messi nel fronte antieuropeo, ha ragione Leonardo a valutare l'operazione come l'ennesima genialata del Maestro di Arcore: creo una bad company per far durare il governo, ma io opponendomi mieto consensi mentre loro alle prossime elezioni spariranno (sapendolo già da ora). Insomma, un gioco delle parti in cui gli attori sono tutti consapevoli, mentre quelli che esultano per le defezioni alla pattuglia berlusconiana mi spiace ma sono solo dei boccaloni.
Il punto è questo: ormai le colpevoli distorsioni già nelle fondamenta della costruzione Euro sono evidenti alla maggioranza delle persone pensanti, da una miriade di economisti (tra i quali viene data visibilità nel mainstream solo a pochissimi, e in condizioni di renderli bersagli facili) alla gente comune che senti al mercato o negli spogliatoi del tennis. Per cui, salvo un cambiamento radicale delle politiche dell'Unione, impossibile perché sgradito ai veri registi delle stesse, che stanno dietro agli stessi esponenti della Commissione e della BCE peraltro neanche loro eletti democraticamente, alle prossime elezioni europee, e alle prime politiche degli stati in crisi, vinceranno forze politiche che si pongono in maniera estremamente critica rispetto a quelle politiche e alla scelta stessa dell'Euro. Ora, come lo stesso Grillo da tempo denuncia inascoltato, è molto diverso se queste forze antiEuro sono ispirate a ideologie nazionaliste e mirano a demolire con la moneta anche quel complesso di valori e istituzioni che ha consentito l'inedita pace decennale che il Vecchio Continente sta sperimentando, o a blocchi di interessi fondati sull'illegalità diffusa e la spesa clientelare, piuttosto che a movimenti che coniugano il tema della sovranità monetaria con quello della moralità tramite un programma per vastissima parte definibile di stampo decisamente progressista. Ecco, avversare Grillo in Italia oggi equivale a spianare la strada alla destra berlusconiana, sempre che anche da noi non ne emerga una peggiore (o una peggiore ancora). La sinistra, essendosi legata a filo doppio all'Euro, è destinata a perire definitivamente con esso (leggi anche qui Amoroso), e casomai a risorgere dopo, certo con altri soggetti. Proprio riferendosi a Vendola, oltre che a Cancellieri, ben dice Gramellini su La Stampa, non so se consapevolmente o meno ricalcando uno dei punti più importanti del programma grillino, devono essere scritte nuove regole una delle quali sia che non si può fare politica per più di dieci anni: meglio l'ignoto che "la solita pappa".
...
Ed ora una serie di approfondimenti che possono consentire a chi nutre ormai un sentimento antiEuro viscerale, perché percepisce nelle carni l'ingiustizia delle politiche ad esso connesse, di dotarsi di strumenti culturali per strutturare il suo sentimento e magari propagandarlo, e a chi ancora crede al sogno Euro di eventualmente aprire gli occhi e svegliarsi prima che anche per lui si concretizzi in incubo:

  • Voci dall'estero, ovvero le banche italiane in Italia non la dicono, ma la sanno, la verità: che l'area-Euro non ha nessuna delle quattro caratteristiche di un'area monetaria ottimale, quindi è destinata al collasso, qui lo dice un rapporto Mediobanca pubblicato dal Telegraph;
  • perfino Bolkenstein, ovvero uno dei padri di questa UE, ammette che sarebbe il caso di creare un Euro 2 - il fatto è che quando si impone un'area monetaria non ottimale, i Paesi che avrebbero bisogno per funzionare di una moneta più debole vengono in breve tempo depredati del tessuto produttivo e i loro lavoratori costretti a emigrare, mentre quelli per cui è la moneta unica ad essere relativamente debole prosperano alle loro spalle (e certo che poi premiano i loro governanti) e possono scialare (come ammette qui persino Repubblica): vi ricorda o no quella che poi hanno chiamato "questione meridionale" , con la stessa dote di razzismo oggi presente in chi accusa i meridionali d'Europa delle stesse colpe?
  • se essere gli unici a dire le cose come stanno, col Fiscal compact e le politiche monetarie europee, significa essere populisti, allora meglio populisti nella forma che contro il popolo nella sostanza come chi ci ha cacciati consapevolmente in questa trappola, anche perché i populisti di cui sopra sono gli unici che ancora difendono la Costituzione italiana dagli squali che la stanno smembrando in punta di diritto e di fatto;
  • Barnard, il paladino della nuova politica monetaria keynesiana, mostra senza volerlo, con proposte roosveltiane come questo circolo virtuoso, sia la faccia sia il retro della medaglia: è un circolo che funziona solo se contemporaneamente alla sua attivazione vengono disattivati quei meccanismi, in Italia perversamente avvinghiati al sistema economicosociale come un vero e proprio cancro, che fanno si che almeno la metà del denaro creato esca prima o poi dal giro per alimentare altri circuiti;
  • con buona pace di Bagnai, la stessa cosa è vera delle politiche svalutazioniste: funzionano solo in caso di controllo rigido della moralità, altrimenti come abbiamo ben visto in Italia nei decenni scorsi generano solo inflazione;
  • d'altronde, è vero che volendo i soldi per riattivare l'economia ci sono: basta darli ai cittadini anziché alle banche, anche risparmiando qualcosina rispetto allo scialo che sta compiendo Draghi, peraltro tenendo i tassi ben al di sotto della "trappola della liquidità", cioè di quella soglia sotto la quale ogni manovra sui tassi non ha più effetto sull'economia reale;
  • Megachip, ovvero l'inganno dell'Euro serviva, una volta "finita la festa" del secondo dopoguerra, per guidare una scientifica depauperazione delle masse e il mantenimento dei privilegi dei pochi;
  • Brancaccio, ovvero l'argomento principale che ha convinto gente come me ai tempi del passaggio all'Euro: la convinzione che senza un vincolo esterno, come Maastricht innanzitutto indubbiamente era, non si sarebbe fatti quel salto in avanti nella moralità pubblica che solo poteva salvarci, dopo che gli italiani avevano tradito i giudici di Mani pulite per il compare di suo compare - dovevano passare anni, per capire che era una scusa per attuare un piano eversivo di furto di sovranità.

sabato 16 novembre 2013

IL TUNNEL IN FONDO AL TUNNEL

"Vedi se vedi la fine, la vedi?" - Bugs Bunny
No, non è un errore di stampa. Lettino può fregare i gonzi, sempre meno speriamo, che si bevono le fole sulla ripresa prossima ventura che racconta al monoblocco informativo che è ormai l'ex duopolio rainvest: se prova a farsi bello con quelli che contano (e sanno contare) quelli subito lo bacchettano sulle dita. Dunque, signori e signori, l'Italia non ce l'ha fatta ("da sola", poi! da sòla, forse...) e non ce la può umanamente fare. E questo governo è lì apposta a dire bugie, perché se sapessero la verità gli italiani forse farebbero qualcosa di peggio che votare 5 stelle, ammesso che ne siano ancora capaci.
In mezzo a una serie interminabile di menzogne, di cui qui Grillo elenca solo quelle relative all'appunto finto tentativo di accordo di governo targato Bersani ormai smascherato con tanto di confessioni (eppure ancora alcuni amici, mica solo Michele Serra poraccio, credendo a questa narrazione fasulla danno a Grillo la colpa del governissimo), la più grave è quella che occulta il fatto storico che i due pilastri di questo governo, quando erano ancora in teoria nemici giurati, hanno approvato in un attimo una riforma della Costituzione che vi ha inserito l'obbligo del pareggio di bilancio, la qual cosa unita alla ratifica altrettanto rapida e mai pubblicamente discussa degli accordi europei che ci costringono a rientrare entro vent'anni sotto un rapporto debito/PIL del 60%, significa che ogni anno da qui a quando un cinquenne di adesso si laurea il bilancio dello Stato italiano al netto degli interessi deve essere in attivo di tutta la quota enorme che il peso degli interessi ci pone: spannometricamente qualche decina di miliardi di euro l'anno. Un giogo tale da schiantare definitivamente il nostro già moribondo tessuto produttivo in pochi anni, nei quali peraltro data la natura frazionistica del numero il rapporto di cui sopra non accennerà nemmeno, a calare.
Che la coperta sia corta, praticamente uno spolverino, viene reso evidente ogni giorno: se ti tolgo l'IMU devo mettere altre tasse dai nomi fantasiosi che alla fine incassino uguale se non di più, se aumento l'IVA i consumi già depressi diminuiscono quel tanto da azzerare se non peggio l'aumento di gettito atteso. Eccetera eccetera. E, ripeto, non è che l'inizio. Anche perché in tutto questo cercare di raschiare il fondo del barile della gente comune non solo non mettono in discussione boiate costosissime e inutili come la TAV in Val di Susa o costosissime e dannose come gli F35 e le missioni cosiddette di pace, ma trovano pure il modo di ricicciare l'autostrada Orte/Venezia: fedeli al principio "grandi opere grandi tangenti", molleranno l'osso solo il giorno del giudizio. A sera inoltrata...
Che l'uscita dalla, o la rimessa in discussione così com'è della, area Euro sia l'unico piccolo spiraglio di speranza è ormai pacifico a chiunque non abbia le fette di prosciutto sugli occhi. Ma di questo ne riparliamo, oggi qui nel tunnel si vede nero, perché uscendo da quello non è che si va all'aria aperta, no: si entra in un altro tunnel. Più grande e difficile da demolire.
A mo' di esempio prendo due proposte di questi giorni, una governativa e una dell'opposizione, la prima con le solite coperture di fantasia la seconda con finalmente la messa in discussione delle spesone tangentare di cui sopra, ma con una caratteristica comune: non tengono conto dell'italiano medio. Parlo della proposta di portare la no tax area a 12mila euro e di quella di istituire il reddito minimo di cittadinanza a 600 euro. Belle cose, la prima più facile la seconda rivoluzionaria e enormemente più utile, in teoria. Peccato che ogni anno di questi tempi escano fuori le statistiche sui redditi dichiarati medi per categoria, da cui salta fuori che il nuovo gradone di esenzione praticamente lascerebbe fuori quasi tutti i non dipendenti dal pagamento di imposte sul reddito. Che poi sarebbe pure una cosa intelligente, abbandonare la pretesa di poter tassare i redditi a chi non puoi intercettarli alla fonte, se però si applicasse a questi soggetti una specie di "tariffa per attività", forfettaria ma ponderata con le associazioni di categoria come una sorta di studio di settore strong, della serie: vuoi fare il gioielliere in tale zona? dammi questa cifra e accomodati - cosa che taglierebbe la testa al toro di contabilità e fatture. Stiamo parlando di gente che già oggi accompagna i figli in SUV al nido gratuito scippato al ben più povero figlio dell'impiegato postale. Ecco, immaginate ora il macchinone di prima parcheggiato magari dietro l'angolo per andare a riscuotere pure i 600 euro, e magari vi viene voglia di emulare l'autore di questo articolo su Mentecritica...
Insomma non se ne esce, non così: nessuna misura di politica economica o fiscale o monetaria può funzionare senza un cambiamento profondo di natura culturale, e questo non può instaurarsi se non dopo almeno un paio di decenni di applicazione rigida di norme intelligentemente pensate alla bisogna. Se pensate sia impossibile, voltatevi indietro e vedrete come il processo inverso è stato possibilissimo: in trent'anni siamo passati dall'essere così maturi politicamente da discutere un Berlinguer ad essere così imbecilli da sperare in un Renzi dopo aver creduto in un piazzista da piano bar (coi mezzi, televisivi e politici, per attuare il processo che i suoi mentori avevano pianificato) e qualcuno addirittura crederci ancora.

martedì 12 novembre 2013

IL ROSPO E LO SMARTPHONE

No, questi sono vecchi: qui parlo dei fratelli minori...
Presto tornerò ad ammorbarvi con la politica monetaria, ma quello che mi ronza in testa sti giorni la fa passare in secondo piano, come fosse una sovrastruttura marxiana. E' che mi è capitato di osservare un gruppo di dodicenni ciascuno prigioniero a modo suo del suo smartphone, e sulle prime ho represso i pensieri conseguenti un po' per paura di sorprendermi afflitto dalla sindrome "co-sti-giovanidoggi-dove-andremoafinire-signoramia" un po' mormorando l'antico scongiuro reggino "non gabbu e non maravigghia", una sorta di augurio di non finire domani vittima dei guai vizi o problemi che affliggono gli altri oggi. Però, si sa, ingoiarsi le cose ha sempre l'effetto di rimuginarle, talvolta quello di ridigerirle, di rado - stavolta, forse - quello che ne venga fuori qualcosa di utile.
Quando ero ragazzo io la regola era avere due tre regali l'anno, non costosi, un paio di jeans "4 stagioni" da indossare fino a consunzione e comunque pochi cambi di vestiario e un paio di scarpe per stagione, qualche moneta in tasca solo in caso di regalia parentale (la "paghetta" verrà istituzionalizzata il decennio appresso), eppure i nostri genitori e nonni ci guardavano più con schifo che con invidia, pensando a quanto avevamo più di loro alla loro età e nemmeno sapevamo apprezzarlo. E' dunque una sindrome senile, ineluttabile come la presbiopia, e quindi niente impedirà ai ragazzi di oggi di diventare ottime persone nella stessa percentuale nostra e dei nostri avi, né poi di avere lo stesso atteggiamento quando toccherà a loro essere anziani? O c'è un qualcosa di oggettivo a fare da discrimine?
Proviamo. Uno smartphone costa in media 500 euro o giù di li, ma cosa c'è dentro? Delle materie prime, preziosi sono solo i metalli rari che servono per gli schermi, ma dagli schiavi che servono ad estrarre questi e fabbricare quelli, su fino agli ingegneri passando per creativi e marketing, ci sono dentro parecchie ore/lavoro. E questo ragionamento, con gli ovvi adattamenti relativi, può essere ripetuto per ciascuno degli oggetti che fa si che la vita quotidiana di un occidentale medio sia paragonabile a quella di un qualunque ammesso a una corte ad esempio medievale. Perché uno abbia uno stile di vita regale, tanti devono soffrire. Questo perché il nostro pianeta è quello che in fisica si chiama "sistema quasi chiuso" e quindi le sue risorse sono limitate. Il problema è che se in passato ciò era conseguenza essenzialmente della limitata capacità tecnologica dell'uomo di sfruttarle, nell'arco di un paio di centinaia di anni, a fronte di una storia di svariate migliaia, l'umanità è arrivata a toccare e superare il punto in cui il ritmo di consumo annuo delle risorse sopravanza quello di ricarica da parte dell'unica fonte di energia esterna al sistema: il sole, non a caso Dio di quasi tutte le religioni positive, cristianesimo compreso (anche se non ve lo dicono).
In ogni sistema chiuso, il secondo principio della termodinamica impone la freccia del tempo di cui è figlio, verso l'equilibrio termico, in continuo aumento dell'entropia, si dice, ma si potrebbe dire disordine. Qualsiasi tentativo di fermare o invertire questa tendenza naturale è temporaneo e costa lavoro, richiede energia, risorse. Tenere su frontiere, e difenderle militarmente, ad esempio. Oppure, prendere una fetta di popolazione, che shockata da una guerra enorme e sanguinosa e attratta da ideologie egualitarie (falsamente, perché anch'esse tendenti ad occultare la realtà di un potere detenuto dai pochi sui molti, ma ciò è ininfluente) potrebbe creare problemi, e innalzarla artificiosamente a livelli di vita mai visti, a spese del resto del mondo, occultandole quest'ultimo particolare.
Ecco il punto: dopo aver constatato amaramente che il capitalismo dopo aver vinto la guerra fredda era passato all'attacco delle cosiddette conquiste sociali dei lavoratori, cui sono così strettamente connesse, perché vi si può pensarci solo con la panza piena, tante belle cose come la libertà di pensiero la crescita culturale la parità dei sessi il welfare e il tempo libero, che noi giustamente riteniamo costituire la nostra dignità umana, e avere a lungo pensato che esistesse se non un grande vecchio almeno un club di grandi vecchi che orchestrava la Reazione, ora amaramente confesso di avere cambiato idea. Forse il club esiste pure, ma si è semplicemente accollato il duro compito di fare accettare la realtà ai bambini. Non si può, perché nel pianeta Terra non ci sono abbastanza risorse naturali per consentirlo, tutti e sette miliardi che siamo avere uno smartphone a testa, per usare una metafora del nostro tenore di vita. E non si può nemmeno più far si che il miliardo scarso di europei americani e affini ce lo abbiano e tutti gli altri no, perché non c'è che la forza per difendere un privilegio ingiusto e non c'è una guerra che può essere vinta contro sei miliardi di persone, specie da quando cominciano a organizzarsi. Si può solo sperare che regga una versione postmoderna del modello corte reale, l'uno per cento con gli smartphone e tutto quanto serve a vivere una vita "da signori", e gli altri a dividersi equamente le risorse restanti, comunque enormi ma non sufficienti, e se non sufficienti a soccombere pro quota. Anzi, si deve sperare che regga, proprio perché è l'unica tendenza neg-entropica con qualche chance di riuscita, l'unica possibilità di mantenere un qualche ordine mondiale, oltre cui c'è solo il Chaos, il precipizio.
Siccome però "nessun bimbo molla volentieri il giocattolo che ha avuto", per tentare una sintesi della legittima difesa da parte di ognuno dei diritti e dei privilegi acquisiti, occorre mettere in piedi una pantomima che pian piano accompagni i loro detentori alla naturale uscita di scena nel frattempo togliendo dalla testa di chi li segue che quei privilegi siano persino mai esistiti. Col lavoro ci sono già riusciti, con la democrazia quasi pure, con la cultura era facile, gli smartphone li lasciano per ultimi perché sono utili anzichenò a questa operazione, quasi quasi conviene scendano a portata di tutti... Insomma sono dei filantropi e noi che li pensavamo criminali!
Ecco, ora che l'ho sputato, il rospo, posso tornare a recitare la mia parte in questa commedia, quella dell'ex-ragazzo studioso figlio di ferroviere e maestra ("una famiglia umile ma onesta") che a lavoro cerca di comportarsi in modo da meritare lo stipendio che gli danno (e rimette tutto subito nel circuito economico, peraltro) e la notte o in altri rari momenti-buco (vedi frequenza dei post) rimette in circolo da queste pagine quello che la società gli ha dato in termini di formazione culturale, così, tanto per sentirsi a posto con la coscienza. E quindi presto tornerà ad ammorbarvi con la politica monetaria...

lunedì 4 novembre 2013

CANC

L'ho trovato anche altrove, in uno dei covi della controinformazione che frequento, ma l'elenco delle trenta persone suicidatesi o comunque morte in carcere dall'intervento pro-ligrestina del Guardasigilli ad oggi, praticamente quattro mesi. c'è persino in un blog di Repubblica. Laddove il persino è in corsivo perché ancora mi fa effetto dovermi stupire di trovare una notizia fuori dalla traccia del monopensiero eurocentrico filogovernativo nel giornale che quando era capofila del progressismo italiano ho comprato per anni (oggi è imbarazzante per conservatorismo, per giunta mascherato).
Lo scandalo è talmente macroscopico che persino il Corrierone trova la forza di un resoconto equilibrato, da cui emerge tutta l'ottusa pulsione autoconservativa di Lettino. Anche Piovono rane (blog de l'Espresso ispirato a un film con Tom Cruise...) centra il problema, ma è su il Fatto quotidiano che scopriamo le radici remote dell'amicizia della Cancellieri con i Ligresti.
La foglia di fico Idem per molto meno si è dimessa, ma deve essere stato appunto per il suo provenire da un ambiente culturale altro rispetto a questo coacervo di interessi e amicizie che è la classe dirigente e politica italiana. L'unica stretta via di salvezza di questo Paese passa proprio per il reset di questo sistema, quello che si fa pigiando i tre tasti assieme: ctrl, alt, e come si chiamava il terzo?

venerdì 1 novembre 2013

CHE SALONE!

Chi si trovi a Roma questo weekend e decida che non è il caso di affrontare il terribile traffico del "Ponte dei Morti", ha una opportunità culturale in più. Dal 31 ottobre al 3 novembre si svolge infatti, in una struttura della Provincia di Roma dentro ai nuovi mercati di Testaccio, accanto all'ex-Mattatoio, insomma "ner core de Roma" (anzi di quella Roma romanista attualmente piuttosto in auge), la quinta edizione del Salone dell'editoria sociale.
Non vi dico molto altro: qui c'è il sito dell'organizzazione, qui il programma in pdf e qui il catalogo interattivo, vi aggiungo soltanto:
  • che l'iniziativa l'ho saputa grazie a Sbilanciamoci.info, uno dei siti cui faccio riferimento più spesso in questo periodo, tanto che ora lo aggiungo pure in colonna sinistra, e che in questa crisi eurogenica occorre tenere d'occhio come ogni altra fonte di una narrazione "altra" rispetto a quella monocorde monetarista che ci propina il mainstream su commissione di quelli che stanno affossando il Paese;
  • che nell'ambito del Salone la sera di sabato 2 novembre dalle nove alle undici c'è la presentazione con estratti del film Indebito, protagonista Vinicio Capossela e il suo soggiorno in Grecia per capire la Crisi da "dentro", da cui quel geniaccio ha già tratto un libro che proprio in questi giorni sto leggendo con entusiasmo: Tefteri - Il libro dei conti in sospeso.
Seguo Capossela da quando, misconosciuto, per suonare girava l'Italia con una Volvo 244 in cui sembrava anche dormisse. E' uno sincero, uno che vede le cose. Andiamo a scoprire il suo reportage da un posto che è assieme il nostro passato e il nostro futuro...

martedì 29 ottobre 2013

URBI ET ORBI

Oggi martedì 29 ottobre 2013 si svolgono i funerali del cinematografaro Luigi Magni, a Roma in piazza del Popolo, e dove sennò? Il regista romano (cheteodicoaffà?) è infatti una sorta di nume tutelare della Roma de na vorta, avendo messo la sua firma su alcuni capolavori che ne rappresentano l'anima profonda. Film che chi ama la Città eterna non può non aver visto e rivisto, e infatti non a caso la query Magni nel motore di ricerca di questo blog mostra nei risultati alcuni spezzoni folgoranti della sua cinematografia. Altri li riporta questo pezzo di Panorama, e i secchioni possono andarsi a studiare la biografia e la filmografia su Mymovies o su Wikipedia.
Gli amanti del cinema invece non possono che andarsi a rivedere Nino Manfredi, Alberto Sordi, Monica Vitti, Aldo Fabrizi, Gigi Proietti e tanti altri giganti girare per le strade di una Roma del passato ricreata in modo che risulta forse decisivo per comprendere la Roma di oggi, e il mondo. Qui metto solo un video breve breve, in cui si vede tutta la magnificenza di una delle attrici più belle e brave della storia del cinema mondiale, che funziona anche da omaggio a Carlo Lizzani e all'immenso Mario Monicelli, e al Maestro Armando Trovajoli.

giovedì 24 ottobre 2013

SALVA LA CARTA

Questa è la stampa schermo della mia mail inviata ai Senatori della Repubblica.
In fondo al post le istruzioni per imitarmi. Fatelo e invitate i vostri amici a farlo.
Ci aveva provato, Silvio, a stravolgere la Costituzione secondo i piani della P2, ve lo ricordate? Fu pochi anni fa, il centrodestra era solidamente al governo, eppure non riuscì ad approvare la riforma con la procedura prevista dall'art. 138, appositamente complessa per evitare che qualunque governo potesse cambiare e ricambiare la Carta fondamentale del nostro ordinamento: doppia approvazione in entrambe le camere a mesi di distanza, e solo se nella seconda si ha la maggioranza di due terzi ancora sia alla Camera che al Senato si può evitare il referendum confermativo altrimenti facilmente richiedibile (qui la spiego meglio, oggi vado di fretta). Infatti, fu indetto il referendum, e il Popolo Italiano ha respinto al mittente il tentativo di "eversione legalizzata" messo in atto da quella che si credeva la maggioranza del Paese ma invece aveva solo vinto quella gara con regole truccate che è l'elezione politica nella Seconda Repubblica.
Il bello è che proprio quel centrosinistra protagonista di quella battaglia democratica è oggi capofila di un nuovo e più infido tentativo eversivo, in accordo proprio con l'autore del precedente: si punta al cuore del problema, attaccando proprio l'articolo 138. In pratica, questi approfittano del fatto che le larghe intese gli consentono in teoria di raggiungere i famosi due terzi (le prove generali le hanno fatte un paio di anni fa inserendo in tempi record, in ossequio al Fiscal compact, il pareggio di bilancio in Costituzione), ma consapevoli della precarietà di questo equilibrio non ci provano neanche ad approvare una riforma costituzionale organica, ma puntano a rendere possibile in futuro che approvarla sia più semplice, ammazzando la sentinella 138 appunto.
Il delitto avverrà nei prossimi giorni, ma siccome per quanto larghe siano le intese la maggioranza dei due terzi è tosta da raggiungere e mantenere per il tempo necessario a commetterlo, è sufficiente che pochi senatori (hanno calcolato 23, i promotori di Costituzioneviamaestra) non partecipino alla votazione per sabotare il tentativo. E dunque per una volta può avere senso far girare un appello on-line, che riporto pari pari dal sito di Megachip dove l'ho trovato.
Si tratta in pratica di scrivere una mail a tutti i senatori. Si fornisce sia il testo che gli indirizzi di posta. Io l'ho fatto, fatelo anche voi e fate girare la cosa, su blog siti social network con la posta come vi pare. E' un dovere civico.
Ecco la mail da inviare...
Oggetto: La Costituzione è un bene comune, si ascoltino tutti i cittadini!

Gentile Senatore,
chiediamo in aula un comportamento democratico, responsabile e trasparente per evitare che la legge costituzionale 813-B (che consente la deroga all'articolo 138 della Costituzione), venga approvata con la maggioranza dei due terzi. Tale maggioranza preclude infatti la possibilità di ricorrere al referendum. Sarebbe sufficiente che un limitato numero di senatori (più di 23) non partecipasse alla votazione finale, il 23 ottobre, consentendo così a tutti i cittadini di esprimersi con un referendum su un provvedimento che incide profondamente sul sistema delle garanzie costituzionali e crea un pericoloso precedente per il nostro paese. Allontanando ancora di più la classe politica dai sentimenti di molta parte degli italiani.

Firma
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...e a chi inviarla:
francesco.verducci@senato.it, magdaangela.zanoni@senato.it, sergio.zavoli@senato.it, vito.vattuone@senato.it, daniela.valentini@senato.it, stefano.vaccari@senato.it, mario.tronti@senato.it, giorgio.tonini@senato.it, walter.tocci@senato.it, angelica.saggese@senato.it, giancarlo.sangalli@senato.it, giorgio.santini@senato.it, francesco.scalia@senato.it, annalisa.silvestro@gmail.com, pasquale.sollo@senato.it, lodovico.sonego@senato.it, maria.spilabotte@senato.it, ugo.sposetti@senato.it, roberto.ruta@senato.it, francesco.russo@senato.it, lucrezia.ricchiuti@senato.it, raffaele.ranucci@senato.it, laura.puppato@senato.it, francesca.puglisi@senato.it, luciano.pizzetti@senato.it, roberta.pinotti@senato.it, leana.pignedoli@senato.it, stefania.pezzopane@senato.it, annamaria.parente@senato.it, giorgio.pagliari@senato.it, venera.padua@senato.it, pamelagiacoma.orru@senato.it, claudio.moscardelli@senato.it, mario.morgoni@senato.it, franco.mirabelli@senato.it, domenico.minniti@senato.it, corradino.mineo@senato.it, mauriziomigliavacca@hotmail.com, claudio.micheloni@senato.it, giuseppina.maturani@senato.it, donella.mattesini@senato.it, claudio.martini@senato.it, ignazio.marino@senato.it, salvatore.margiotta@senato.it, andrea.marcucci@senato.it, luigi.manconi@gmail.com, patrizia.manassero@senato.it, giuseppe.lumia@senato.it, carlo.lucherini@senato.it, doris.lomoro@senato.it, sergio.logiudice@senato.it, stefano.lepri@senato.it, nicola.latorre@senato.it, silviolai@gmail.com, josefa.idem@senato.it, paolo.guerrieri@senato.it, mariacecilia.guerra@senato.it, pietro.grasso@senato.it, miguelgotorpd@gmail.com, nadia.ginetti@senato.it, francesco.giacobbe@senato.it, rita.ghedini@senato.it, mariagrazia.gatti@senato.it, federico.fornaro@senato.it, elena.fissore@senato.it, anna.finocchiaro@senato.it, rosanna.filippin@senato.it, marco.filippi@senato.it, elena.ferrara@senato.it, valeria.fedeli@senato.it, nicoletta.favero@senato.it, emma.fattorini@senato.it, camilla.fabbri@senato.it, stefano.esposito@senato.it, nerina.dirindin@senato.it, rosamaria.digiorgi@senato.it, isabella.demonte@senato.it, mauro.delbarba@senato.it, erica.dadda@senato.it, vincenzo.cuomo@senato.it, giuseppeluigi.cucca@senato.it, paolo.corsini@senato.it, stefano.collina@senato.it, roberto.cociancich@senato.it, monica.cirinna@senato.it, laura.cantini@senato.it, massimo.caleo@senato.it, rosaria.capacchione@senato.it, valeria.cardinali@senato.it, filippo.bubbico@senato.it, claudio.broglia@senato.it, danielegaetano.borioli@senato.it, amedeo.bianco@senato.it, mariateresa.bertuzzi@senato.it, bruno.astorre@senato.it, ignangioni@tiscali.it, silvana.amati@senato.it, donatella.albano@senato.it, luigi.zanda@senato.it
ULTIM'ORA - A momenti ce la facevamo, ma non ce l'abbiamo fatta: la modifica all'articolo 138 è stata approvata al Senato con una maggioranza di due terzi ottenuta per soli 4 voti. Alla Camera a dicembre sarà più facile: lì il PD domina. E così, a meno di clamorosi ripensamenti o fratture, il partito che aveva fatto della difesa della Costituzione la sua bandiera metterà la propria firma sul piede di porco che la distruggerà. Se neanche questo basta ai suoi elettori a ripudiarlo, si saranno meritati la rovina a cui ci condurrà. Anzi, verso cui è già a buon punto di averci condotto....

martedì 22 ottobre 2013

ESPROPRIO PROPRIETARIO

Prendo la cronistoria dal Corriere, non dalla Pravda: si noti!
C'era una volta... Un re! diranno subito i miei pochi lettori! No, ragazzi, avete sbagliato: c'era una volta uno Stato sovrano...
Parafraso non a caso questo incipit piuttosto noto: chi ci racconta da decenni che "privato è meglio" se fosse Pinocchio avrebbe un naso lungo chilometri. In statistica quella tra privatizzazione e correttezza di gestione è quella che si dice una correlazione falsa, come il caso italiano ha ampiamente dimostrato: ovunque si sia privatizzato qualcosa in Italia, il grado di corruzione e cattiva amministrazione è aumentato assieme ai costi per l'utenza mentre diminuiva specularmente la qualità dei servizi corrispondenti, col risultato che l'alimentazione dell'economia sommersa e/o delinquenziale è aumentata mentre lo Stato veniva man mano spogliato dei suoi averi.
Mi autocito, un po' per pigrizia un po' perché non saprei riscriverlo meglio:
Gli Stati liberali nascono per iniziativa della borghesia, che toglie a re e aristocratici la proprietà della Cosa Pubblica sostituendo al suo libero uso, che ne costituiva il contrappeso negli Stati assoluti, il concetto di bene demaniale. In altri termini, prima tutto era del re e dei suoi vassalli, che concedevano gentilmente in uso al popolo quello che loro serviva per vivere, poi tutto diventa recintabile e attribuibile a proprietà privata, salvo un elenco più o meno rigido di beni che restavano allo Stato e quindi a disposizione della collettività. Secondo questo modello, con le tasse di chi poteva pagarle, e quindi pian piano anche dei nostri bisnonni e nonni e padri, si è faticosamente creato nel corpo dello Stato un sistema nervoso di uffici postali telegrafi e linee telefoniche, un sistema circolatorio di strade e ferrovie e stazioni, un sistema linfatico di acquedotti e cavi elettrici, eccetera eccetera. Tutte queste cose sono costate e costano un patrimonio, da costruire e mantenere. Un patrimonio di soldi nostri, che provengono dai nostri padri e dovrebbero andare ai nostri figli.
E ora ve la ridico più brutale: sono più di vent'anni che il termine privatizzazione viene utilizzato intendendo "efficientazione". E' una colossale balla, fatta per compiere una ruberia peggiore di quelle che venivano commesse nei settori già pubblici (quindi inefficienti, quindi da privatizzare), spesso peraltro dagli stessi ladri di prima o da loro sodali. Il capitalismo non è intrinsecamente capace di creare ricchezza. Non l'hai mai fatto, dico mai, nella storia. La ricchezza viene tutta "dalla terra", la tecnologia può moltiplicarla, il capitalismo solo spostarla. E tende a farlo nelle mani di pochi: la vulgata è "i soldi chiamano soldi". E quindi non inizia nemmeno a funzionare se non c'è prima un'accumulazione iniziale, la quale (cito Marx) è teoricamente possibile e storicamente avvenuta con violenza (furto, guerra, malavita, ecc.). Il capitalismo italiano, come molti altri di Paesi che non avevano a disposizione né ricchezze naturali sul proprio territorio né sufficienti colonie da sfruttare, si è sviluppato per una decisione dello Stato. Negli anni 30. Decisione non a caso parallela a un patetico tentativo coloniale e a una disastrosa avventura bellica. Ed è durato finché chi ci ha sconfitto in quella guerra ha deciso che gli conveniva tenerci buoni: avevamo il più grande Partito Comunista dell'Occidente, del cui Impero eravamo praticamente il confine orientale, hanno lasciato che continuassimo ad accumulare ricchezza grazie all'intervento pubblico (ma guai a esagerare, vero Mattei?) e che questa si distribuisse secondo il modello consumistico (cioè in modo da moltiplicarsi prima di tornare nelle mani giuste, avendo però consentito uno sviluppo delle condizioni materiali e conseguentemente spirituali di tutti). Nel 1989 la pacchia è finita. E dai primi anni 90 è iniziato il processo inverso: derubare scientificamente la ricchezza pubblica accumulata nei decenni precedenti, fregandosene del degrado conseguente del tessuto industriale e delle condizioni di vita dei cittadini (in una spirale che l'enorme prevalenza delle piccole e medie imprese, fin li punto di forza del nostro sistema, ha ovviamente accelerato: sono le prime a chiudere se girano meno soldi, e con l'aumento di disoccupazione conseguente girano ancora meno soldi eccetera). Questo è stato: un furto deliberato (chi vuole farsi il sangue acqua legga questo sommario "resoconto dei regali"). E chi ha tentato di presentarci la faccenda come un processo positivo di modernizzazione, quindi tutto l'arco politico con in testa il centrosinistra, o era complice o peggio era idiota.
Il caso Telecom è paradigmatico, ma ci si potrebbe dilungare con tutti gli altri. Prima però una precisazione: abbiamo vissuto sotto il teorema
"carrozzone pubblico = inefficienza e corruzione
invece
impresa privata = efficienza e redditività
"
ma quello che si è dimostrato è un altro:
"carrozzone privato = inefficienza e corruzione senza controlli, a ricchezza regalata a chissachì"
laddove c'erano tutti gli strumenti legislativi e organizzativi (dunque è mancata solo la volontà politica di attuarli) per inverare un'altra equazione:
"inefficienza e corruzione? controlli e azione della magistratura, quindi efficienza e correttezza". 
Tra parentesi, questo stessa sintassi è stata applicata anche al pubblico impiego: avevamo un modello gerarchico con tutti gli strumenti per correggere eventuali sprechi e inefficienze, si è deciso invece di cambiare il modello in uno di stampo privatistico che ha risolto poco o nulla, salvo diminuire l'occupazione (e non abbiamo ancora visto nulla...), quindi alimentare la spirale di impoverimento di cui sopra, e alla fine peggiorare i servizi (con esclusione dei soli che si autoremunerano: per un esempio vedi l'alta velocità e l'abbandono delle tratte periferiche - e l'AD di Trenitalia dichiara "prendano l'auto": forse si crede Maria Antonietta con le brioche, e si scorda che fine ha fatto l'asburgica...).
Dalla vicenda Telecom (qui riassunta da Il fatto) si evince che abbiamo ricavato la miseria di 13 miliardi di euro per una compagnia monopolista più la rete fisica deposta capillarmente su tutto il territorio nazionale a spese dei contribuenti più una caterva di immobili acquisiti sempre a spese nostre, e che ogni due e tre si presentano difficoltà di gestione che portano a passaggi di mano. Non vi si evincono alcune verità neanche tanto nascoste (ma tanto per cambiare è solo Grillo che le denuncia da anni, anche da molto prima che entrasse in politica):
  • regalare la rete ha creato di fatto un monopolista privato, che in quanto tale si comporta ovviamente peggio del monopolista pubblico;
  • infatti, le compagnie che hanno tentato di concorrere sul mercato telefonico, nell'era si noti bene dell'impennata dei collegamenti Internet casalinghi, hanno dovuto pagare il pizzo al monopolista privato, scaricandolo tutto o in parte, direttamente o meno, sul consumatore;
  • neanche con questo indubbio enorme vantaggio chi l'ha via via controllata è riuscito a farla funzionare economicamente: tutti incapaci, o con altri obiettivi?
  • ci risponde Tronchetti Provera, che fa un bel pacco con Pirelli, crea un'immobiliare apposita, le conferisce il patrimonio Telecom, e quando cede la telefonia se lo tiene;
  • oggi che a Internet ci si collega in tanti modi e la rete fissa perde importanza, si inscena la manfrina della vendita agli spagnoli solo per poter gridare alla difesa della Patria e poter riacquistare, pagando, dai privati quella rete che all'inizio delle danze lo Stato ha regalato ai privati.
Ma appunto, come ben spiega qui Geopolitica, Telecom non è che uno degli episodi di una telenovela (tanti e tutti uguali, vedi ad esempio Alitalia) che scrive forse oggi le ultime puntate, visto che il governo Letta, al di là delle commedie messe in atto con tanto di finti colpi di scena, è lì solo (basta saper leggere le righe piccole) per completare il latrocinio: Eni, Enel, e magari Cassa Depositi e Prestiti. Poi non ci resterà che il patrimonio naturale (ma con le spiagge ci sono quasi) e culturale, enorme quanto anch'esso pessimamente gestito. In questa commedia, i soldi non ci sono per la sanità o per abbassare significativamente (e non la presa per i fondelli che hanno fatto) il cuneo fiscale, ma ci sono per le grandi opere pozzo-senza-fondo (come la TAV e la metro C di Roma), non ci sono per l'istruzione pubblica o il reddito di cittadinanza, ma ci sono per gli F35 e le missioni di guerra dette di pace (ora se ne inventano un'altra "per" gli immigrati). E si continua con le privatizzazioni (quando si dovrebbe tornare a parlare seriamente di nazionalizzazioni, certo con in parallelo un serio rilancio dell'azione della magistratura) mentre un viceministro gioca a fare il keynesiano nel governo più liberista della storia patria (gioca, si, altrimenti dovrebbe essersi già dimesso o non aver accettato l'incarico) che ha portato i livelli di occupazione al minimo storico.
Una recita che può avere solo una via di salvezza, ma qui dobbiamo tornare a parlare di Europa e di moneta. E' una promessa, e una minaccia.

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