martedì 28 giugno 2022

MANCO 10 ANNI

Non mi sono mai iscritto a un partito o a un sindacato, e non solo per il noto aforisma di Woody Allen che poi citava Groucho Marx che poi citava qualcun altro, ma principalmente per quell'allergia tipicamente meridionale al venire schedati, irreggimentati, ditelo come volete. De Andrè diceva più o meno che non voleva morire per delle idee per magari scoprire solo un attimo prima che erano quelle sbagliate. Per questa ragione, la persistenza ultraquinquennale del banner del Movimento 5 Stelle in home di questo blog, dalla sua nascita al suo abbraccio mortale col PD, è stato per me un record personale di "appartenenza". Chi non mi vuole (più) bene, e/o chi è superficiale, ne approfitta per tacciarmi di incoerenza, ma anche chi mi vuole bene non rinuncia a rammentarmi di essermi fidato delle persone sbagliate. Ma le cose non sono andate esattamente così: semplicemente, io credevo fermamente nella indispensabilità per il nostro Paese di una serie di cose che guarda caso miracolosamente erano scritte nero su bianco sul programma di Grillo Casaleggio e soci, e ci credo ancora, sono loro che le hanno abbandonate, che ci posso fare? Ma non mi fidavo del tutto: infatti non mi sono iscritto al moVimento. E da subito (chi vuole controlli pure, è tutto qui, non cancello mai niente), assieme all'endorsement, ho espresso alcune perplessità rispetto ad alcune ingenuità costitutive: se metto un limite di due mandati (di qualsiasi tipo, peraltro) all'attività politica, cosa avrebbe impedito ai singoli, carneadi miracolati strappati all'anonimato e agli stenti da un'inattesa nuova modalità di selezione della classe politica, di lasciare il partito prima della scadenza, magari abbastanza prima da assicurarsi un proseguimento della carriera sotto altre insegne?

Certo, nemmeno Nostradamus poteva prevedere una parabola così rapida: dallo zero ad un terzo dei voti validi nel giro di un paio d'anni, un plateau di cinque durante i quali tradire uno a uno tutti i punti del programma iniziale, e un altro paio d'anni per sparire. Si perché di fatto lo scisma Di Maio sancisce la sparizione dei cinquestelle, ne chiude di fatto l'esperienza, senza mezzi termini. Non serve nemmeno andare a contare quelli che restando con l'ineffabile faccia tosta napoletano sperano di seguirlo anche nella durata della bella vita che si fa a guadagnare (e tanto) senza lavorare in cambio dell'approvazione disciplinata dei diktat della dittatura planetaria in fieri: alle prossime elezioni, la sparizione sarà sancita, perché a parte chi ha la vocazione all'appartenenza e casualmente la sua l'ha legata alle cinque stelle come una volta usavano alla falce e martello anche i figli di papà senza alcuna reale adesione al comunismo, nessuna testa pensante voterà per il m5s o per i dimaiani se ci saranno e comunque si chiameranno. D'altronde, perché sostenere gli imitatori, quando sono ancora li vivi e floridi gli originali, traditori della Patria, quei piddini che proprio Grillo si era ripromesso di cancellare quando fu respinta la sua candidatura alla segreteria?

Quello che serviva all'Italia, e che servirebbe ancora adesso, e allora era scritto nero su bianco nel suddetto programma grillino causando l'entusiasmo del sottoscritto assieme ad altri milioni di elettori, ed oggi se qualcuno lo proponesse sarebbe votato da me e da molti altri, era ed è semplice: recupero della sovranità monetaria, e suo utilizzo per una miriade di medie e piccole opere pubbliche (scartando a priori quelle grandi, forieri solo di grandi tangenti) utili a risanare il territorio e il tessuto socioeconomico italiano, unitamente ad un ridisegno della classe politica finalizzato alla riduzione a livelli fisiologici della corruzione, capace assieme all'evasione di impedire che la spesa in deficit si ripaghi da se a stretto giro grazie al maggior gettito. Traduciamolo in pratica, nella storia recente: i grillini al governo, secondo il loro programma, avrebbero dovuto immediatamente attivarsi per invertire la decennale rotta (fatta di chiusure nel pubblico e deviazioni del flusso economico verso il privato) di paternità eminentemente piddina in tema di sanità, chiedendo alla UE immediatamente tutti i fondi necessari ad attivare terapie intensive ovunque necessarie, e in caso di risposta negativa, attuando un altro punto del loro stesso programma, portare l'Italia trionfalmente fuori dalla UE con tanto di oceanico consenso popolare motivato dalle ragioni di salute pubblica. Invece, hanno lasciato la sanità al disastro in cui si trovava, aderendo alla narrativa imposta dalle multinazionali farmaceutiche e dai miliardari finti filantropi che ci stanno dietro, per calcolare improbabili parametri per le chiusure mettendola al denominatore così com'era ridotta. Mettendo in ginocchio l'economia e distruggendo la società.

Andando in cronaca, tra le battaglie grilline c'è stata quella per l'acqua pubblica (referendum stravinto, ricordate? carta morta, lo sapevate?), e nel loro programma c'erano una miriade di interventi sugli acquedotti colabrodo, sul territorio ormai incapace di tenere l'acqua e in genere di reggere gli estremi climatici, sui fiumi e gli invasi, sulla diffusione capillare delle energie alternative, eccetera. Avessero mantenuto il dieci per cento di quanto promesso, oggi non ci sarebbe crisi idrica, e non avremmo avuto alcun contraccolpo dalle sciagurate sanzioni boomerang alla Russia: un Paese in grado di autosostenersi dal punto di vista energetico, questo dichiarava di volere costruire Grillo, e Di Maio gli faceva eco. Cosa ne è stato di quelle promesse, lo vedete nel portafoglio e in casa vostra. Ah, e non sto menzionando l'uscita dalla Nato ("te la do io l'America!") e il ripudio della guerra eccetera eccetera, altri cavalli di battaglia oggi usati come pretesto per lo scisma in cronaca, chissà, forse finalizzato proprio a frenare l'emorragia trattenendo quegli elettori cinquestelle che già non digerivano Di Maio prima, figurarsi dopo che è diventato europeista (cosa gli avranno detto, dato o promesso colà dove si puote?) e guerrafondaio (se l'occidente non avesse mandato armi all'Ucraina, la guerra si sarebbe conclusa in due settimane come una baruffa di cortile, ma già: senza l'azione occidentale l'Ucraina avrebbe ancora il governo che aveva democraticamente eletto nel 2013 e non ci sarebbe stata alcuna guerra - e lo dico e ridico ben sapendo di non ritrovarmi nella lista nera solo per la mia irrilevanza).

Spero che il vecchio amico che mi ha pungolato per commentare la scissione grillina sia soddisfatto, e con lui tutti quelli tra voi che proprio non digeriscono quando mi metto a parlare di musica (ma ero in ferie, ho lasciato i CSI a farvi compagnia...). Tolte queste piccole magre soddisfazioni, tra l'altro, non è che ci sia molto altro in giro per cui gioire. L'anno scorso di sti tempi zero contagiati al giorno o quasi, quest'anno cinquantamila con nel frattempo quasi tutti vaccinati con tre dosi, eppure non è che constato in giro, del fatto che questi vaccini siano stati come minimo una truffa ad alto rendimento e non solo per i produttori, una presa di coscienza abbastanza diffusa da impedire che ai primi freddi si rimetta in piedi il baraccone, ammesso che nel frattempo non siano riusciti a mettere su quello della guerra dichiarata con tutto ciò che comporta, anche solo in termini di decrescita, ancora più efficace della pandemia.

Che poi se vogliamo proprio andare a cercare una coerenza in Grillo, perché a fare scemo l'avversario non è che ci si guadagni meglio forse immaginarselo furbo, è proprio nella decrescita: ai primi anni del blog aveva sposato quella "felice" di Latouche, poi pian piano si è convinto della maggiore efficacia di quella "infelice" dell'Euro, di Big Pharma e dei signori della guerra. A pensarci bene, già ai tempi in cui girava l'Italia inalando dallo scarico di una Fiat a idrogeno sui palcoscenici o spaccando computer, ci si poteva arrivare, in qualche modo: a me ad esempio capitò di vederlo a Catonateatro, pagando un biglietto piuttosto salato, e già doveva insospettirmi la presenza in prima fila dei politici cittadini (molti dei quali poi finiti nei guai con la giustizia) ben contenti di essere smerdeggiati e satireggiati dal comico (ma i satirici veri di solito vengono trattati diversamente, vedi Luttazzi), poi però si mise a piovere, forte, e il buon Beppe, trincerandosi dichiaratamente dietro la sua genovesità, rimase sul palco urlando che col cavolo ci avrebbe rimborsato, potevamo restare lì a bagnarci con lui se volevamo. Ma ovviamente la gente scappò, e lui si tenne il maltolto. Qualche anno prima sempre a Reggio a Jannacci gli organizzatori riferirono che avevano rubato l'incasso, e lui uscì a cantare lo stesso, gratis, e anzi siccome era incazzato il concerto gli venne meglio, e non lo finiva più. Per dire.

giovedì 23 giugno 2022

RADIOCIXD 59 - TABULA RASA ELETTRIFICATA

Sarà per essere il più rock dei dischi dell'intero continuum CCCP-CSI-PGR, sarà perché lo zoccolo duro costruitosi attorno ai primi due album si manteneva mentre altri strati di ascoltatori più giovani gli si avvolgevano attorno, questo album rappresenta al tempo stesso il vertice e la fine dell'iperbole (a questo punto, pescando nei ricordi liceali, depongo il termine parabola) artistica del gruppo di Giovanni Lindo Ferretti e soci. Quasi tutti i brani sono talmente carichi di energia da non potersi ascoltare "in quiete", ma invece richiedere di saltare, urlare, e datemi un'arma che voglio anch'io partecipare alla rivoluzione. Esagero? Chiedete a chi c'era. Io a quei tempi vivevo a Trento, e dopo aver visto i nostri dal vivo al palasport di Rovereto (un punkabbestia di qua, un magistrato incravattato di là, entrambi a dimenarsi), sono andato a Padova a rivedermeli, giuro, due volte lo stesso concerto nel giro di pochi giorni, non l'avevo mai fatto prima e non lo avrei più fatto dopo. E ne sono uscito sempre sfinito come dopo un tre set su cinque, e in più senza voce.

Sta di fatto che inaspettatamente i Nostri si ritrovano in cima alla Hit parade, e ho sentito da molti di loro, intervistati negli anni, che quasi contestualmente decisero di chiudere quell'esperienza alla fine della lunga tournée di cui vi parlavo. Tre album in studio tre, di cui l'ultimo in acronimo è T.R.E. e non può essere un caso. 

  1. Unità di produzione - Negli anni 80 chi se lo sarebbe immaginato che negli anni 90 un pubblico quanto mai vario ma mediamente giovane si sarebbe messo a urlare assieme a Lindo "Sogno Tecnologico Bolscevico, Atea Mistica Meccanica, Macchina Automatica - no anima: Ecco la Terra in Permanente Rivoluzione, ridotta imbelle sterile igienica Unità di Produzione"? Ma il comunismo non era morto? Oppure, visto quello che sarebbe successo dopo, ma quelli che cantavano assieme a me capivano quello che dicevano, o facevano solo il pugno quando arrivavano a "rivoluzione" perché ci stava bene?
  2. Brace - Altro pezzo che caricava a molla la folla, a cantare come un sol uomo "Appare la bellezza mai assillante né oziosa, languida quando è ora e forte e lieve e austera, l'aria serena e di sostanza sferzante",,,
  3. Forma e sostanza - Mi autocito: "un trattato di filosofia in forma di canzone ("conosco le abitudini, so i prezzi, e non voglio comperare né essere comprato"), con tanto di catarsi incorporata ("vooglio ciòooo che mi spetta, lo voglio perché è mio, mi spettaaaa!") a cantarla in coro)".
  4. Vicini - Vi basti questo passaggio: "Vicini per chilometri, vicini per stagioni, traversando frontiere che preparano le guerre di domani" (!!!)
  5. Ongii - Se per registrare il primo album studio se ne erano andati alla fine del mondo d'occidente, per concepire l'ultimo se ne sono andati alla fine del mondo d'oriente, nel deserto della Mongolia. Ongii è un fiume che sta sparendo, un rivolo con un passato glorioso, una metafora perfetta.
  6. Gobi - Ed è proprio il deserto del Gobi a dare il titolo al brano successivo, quasi del tutto strumentale e col poco testo quasi del tutto consistente in una preghiera buddista.
  7. Bolormaa - La protagonista di quest'altra metafora è una contorsionista, descritta che pare di condividerne le sensazioni. E l'entrata di Ginevra ha la sua bella parte nella magia.
  8. Accade  - Ecco un altro di quegli slogan apparentemente tautologici, a chiudere dove "chi c'è c'è e chi non c'è non c'è" aveva aperto il discorso.
  9. Matrilineare - Chi ha studiato nei libri giusti lo sa, che l'umanità è stata matrilineare praticamente fino a ieri, ed è diventata patrilineare solo quando le risorse hanno cominciato a non bastare più per tutti costringendola a diventare stanziale e coltivatrice/allevatrice da cacciatrice e raccoglitrice che era. Adamo ed Eva sono stati cacciati dall'Eden, poi Caino ha ucciso Abele, no? Il brano nel disco dura poco, dal vivo si prestava a pogare per dieci minuti...
  10. Mimporta 'nasega - ...ma non come questo, che dava persino il titolo al tour. Non si poteva star fermi. E Lindo non poteva non vederci, deficienti che sembravamo a dimenarci senza capire quello che cantavamo, in questa tarantella rock tutto sommato leggera come e più che nei brani più carichi di significati. Chissà, forse avrà capito allora che aveva ragione il Vecchioni di Pani e pesci, e deciso di chiudere quella fase (quando forse chiunque altro ne avrebbe approfittato per arricchirsi finché durava). Anche per questo ho continuato a stimare e seguire lui e tutti gli altri ex Csi, anche quando non ne condividevo le scelte e le posizioni.

venerdì 17 giugno 2022

RADIOCIXD 58 - LINEA GOTICA

Dopo il "botto" dell'album di esordio, fu subito chiaro a tutti, protagonisti compresi, che stavolta si usciva dagli steccati. E anche se ancora non immaginavano le vette di vendita che sarebbero arrivate, i nostri trovarono immediatamente congruo ripiegarsi in un live unplugged, registrato nell'allora ancora Videomusic (l'acquisto da parte di MTV della gloriosa emittente italica era da venire), come a rendere ancora meno facile la fruizione dei brani, così sfidando il pubblico ad attivarsi in un ascolto "attivo" già allora fuori moda (oggi, non ne parliamo...). Sfida persa: ottime vendite e concerti tutti gremiti, come quello nel fossato di Castel Sant'Angelo cui assistetti al tempo, uno dei primi in cui eseguirono la cover di Battiato di cui parliamo tra poco (immaginate la nostra sorpresa allora...).

La "fine del mondo" non era ancora finita (non lo è nemmeno adesso, che inoltre in giro non c'è nemmeno l'ombra di un cantore adeguato al buio dei tempi), anzi si mostrava ancora più dolorosamente in quella che fu la prima guerra nel cuore dell'Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale (anche se oggi vi dicono che è quella in cronaca...), quella susseguente all'implosione della Jugoslavia (pilotata dalla Germania e gradita al Vaticano, innanzitutto). E i nostri non potevano che cantarla. Ne venne fuori un album ancora più cupo e duro del precedente, sia nei testi che nelle musiche e negli arrangiamenti. Un secondo capolavoro nel giro di due anni, che come un uno-due di Mohammed Alì non poteva non mettere al tappeto chi si dava la pazienza di ascoltare, bypassando la ruvidità. Anche grazie alla voce incantatrice della new entry Ginevra Di Marco, che da qui intraprenderà una carriera tra le più interessanti del panorama musicale italiano (e infatti di lei vi ho già scritto alcune volte).

Il disco fu battezzato Linea gotica, come apparve ovvio a chi ricordava che anche noi, neanche tanto tempo prima, eravamo stati divisi da potenze militari nemiche e ci eravamo ammazzati tra noi, come adesso accadeva ai cugini al di là dell'Adriatico. E anche questo va ascoltato tutto, e con attenzione, perché è forse meno accattivante ma è di una bellezza ancora più straziante e di una profondità ancora più sconvolgente dell'opera prima. Ecco la tracklist commentata, coi tube in popup.

  1. Cupe vampe - In qualunque guerra se la prima vittima è la verità, i primi a bruciare sono i libri. Toccò anche a Sarajevo, città cosmopolita e multirazziale costretta da una guerra insensata, ripeto voluta e architettata altrove (in Jugoslavia i matrimoni misti, in tutte le dimensioni, erano la regola, ed anche per questo quel conflitto fu così atroce), forse da quelli stessi che tirano le fila oggi (e vi raccontano palle ora come allora). Chi ascoltava questa canzone allora si vaccinò, contro il virus della menzogna calata dall'alto, chissà che non funzioni ancora...
  2. Sogni e sintomi - Perché a volte non resta che guardare "il mondo con occhio lineare, come un animale che non sa cos'è il dolore, come un animale che non può capire, come un animale nel tempo di morire"
  3. E ti vengo a cercareLa prima sorpresa ve l'ho già raccontata, fu di sentire i miei idoli di oggi dare tributo a un mio idolo di sempre. La seconda fu, quando poi ascoltai questa versione in studio, sentirne l'ultimo verso cantato dallo stesso Battiato, come a timbrare l'operazione - d'altronde Franco non ha mai nascosto la sua ammirazione per i CSI.
  4. Esco - Sul palco Ginevra e Lindo cantavano questo brano dandosi le spalle e roteando lentamente, con l'esco di lei a punteggiare con precisione il testo cantato da lui. Un incanto.
  5. Blu - "...ho dato al mio dolore la forma di parole abusate che mi prometto di non pronunciare mai più"
  6. Linea Gotica - Squarcio sulla guerra in Italia, con citazioni di Beppe Fenoglio (ci fecero un album sopra, qualche anno dopo) e riferimenti a noti partigiani. Un testo feroce, di cui vi cito solo il verso finale: "la mia Piccola Patria dietro la linea gotica sa scegliersi la parte"
  7. Millenni - Altro ceffone, a ricordarci quanto e come le religioni in genere, e quella cristiana in particolare, siano state nella Storia spesso il pretesto principale per eccidi e stermini.
  8. L'ora delle tentazioni - Ideale seguito del brano precedente, con la religione vista dal punto di vista opposto, estremamente privato, a tentarci proprio grazie al senso del peccato.
  9. Io e Tancredi - Questa per capirla bisogna sapere qualcosa dei cacchi privati di Lindo, allevatore di cavalli prestato alla musica ma alla fine tornato al suo vero mestiere, o almeno queste sono le sue ultime coordinate conosciute...
  10. Irata - A chi lasciare la parola conclusiva di questa opera sulla tragedia della guerra e della divisione, se non al poeta che meglio di tutti l'aveva compresa e anzi prevista? Ecco che il testo di questo brano conclusivo è praticamente di Pasolini, e chiude così: "..ad onta di ogni strenua decisione o voto contrario, mi trovo imbarazzato sorpreso ferito, per una irata sensazione di peggioramento di cui non so parlare né so fare domande"

domenica 12 giugno 2022

RADIOCIXD 57 - KO DE MONDO

Ho già parlato altre volte dei CSI, dato che sono uno dei miei gruppi preferiti in assoluto, ma prima di inaugurare questa rubrica e quindi, diciamo così, in ordine sparso, come dimostrano i risultati di un'apposita ricerca. Come tante volte ci siamo detti, ci sono gruppi che reggono una vita sopravvivendo anche a cambi di formazione ripetuti e gruppi che bruciano la loro parabola nel giro di pochi album, anche se questa resta incastonata in un prima e/o un dopo con parecchi "sfilacci" che vi si collegano: è questo il caso ad esempio dei Police, dei Dire Straits, e appunto del Consorzio Suonatori Indipendenti.

Nati da una costola dei CCCP, gruppo emiliano punk-folk (se proprio vogliamo etichettarlo, consapevoli dell'imprecisione) cui si collegano idealmente sin dal nome (post)sovietico, e da una dei rocchettari toscani Litfiba, si presentano dentro un disco chiamato Maciste contro tutti, in un terzetto di formazioni tutte interessanti comprendente i Disciplinatha e gli Ustamò di Mara Redeghieri (che avranno la stessa rapida evoluzione, e di cui forse un giorno parleremo). Di entrambe le radici avevo stima e apprezzamento (uso questi termini proprio per contrapporvi il sentimento di innamoramento immediato e totale che seguì all'ascolto del primo album dei CSI, un colpo di fulmine che saprò presto di condividere con tantissimi altri, forse troppi, e di diverse generazioni), ma non è che li seguissi poi tanto. Dico questo perché ancora una volta devo, dobbiamo, ringraziare l'epoca in cui era consentito il noleggio dei CD, altrimenti forse nemmeno avrei scoperto la nuova band: andavi al negozio, prendevi tutto quello che potenzialmente ti poteva interessare, e restituivi quasi tutto avendo speso poco per i buchi nell'acqua, tenendo solo (a prezzo di usato) quello che pensavi valesse la pena. 

Fu il caso di questo Ko de mondo, per partorire il quale i nostri si erano rinchiusi in un casolare appunto del Finistere (dal latino finis terrae, fine della terra), filmando il tutto (il video alla fine) come consapevoli sia del livello dell'esperienza che nasceva sia del fatto che non sarebbe durata tanto. Il risultato fu, senza mezzi termini, un capolavoro. E, come capita spesso ai capolavori, con un incipit all'altezza: un'attacco di batteria a svegliarti e dirti: attenzione, questo disco lo devi sentire con attenzione. Era il 1994, io avevo poco più di trent'anni, e un paio di questi brani finirono subito nel repertorio dei Ristrittizzi, la band della mia brevissima parabola di cantante. Cliccate sui titoli mentre leggete le rispettive notazioni, i tube si aprono in pop-up.

  1. A tratti - Come per i grandi romanzi, l'incipit è di quelli che non si dimenticano. Il tamburo chiama alla lotta, poi (mi autocito) "fate attenzione al cambio di ritmica a circa 3/4 di canzone, innescato dalla chitarra, cui la batteria a un certo punto si appende, dopo essersi ostinata per un po' a mantenere il suo pestaggio ossessivo precedente: è uno dei passaggi più interessanti della musica italiana, e non sto esagerando". Il tutto con un testo che rovista nel ruolo dell'artista come manco i Pink Floyd con The Wall, culminando con quel "chi c'è c'è" che mi restò così in testa da intitolarci un libro.
  2. Palpitazione tenue - Cambio scenario ma stesso clima ipnotico, tipo canzone mononota degli Elii ma senza l'ironia.
  3. Celluloide - Vi era mai venuto in mente di scrivere un testo tutto solo con titoli dei film? A loro si, e questo rock travolgente è il risultato: al concerto ci si scatenava.
  4. Del mondo - Quasi una title-track, questo capolavoro è da ascoltare e riascoltare, perché chiarisce il messaggio di tutta l'operazione (il ko del titolo dell'album è allora forse k.o.?): il mondo occidentale è finito, anche se ancora non lo sa. Ancora oggi forse non lo sa, ma qualcuno comincia ad accorgersene: Lindo e soci ce l'hanno detto trent'anni fa...
  5. Home sweet home - Torna il rock, per un testo che a un certo punto ci ricorda le radici del gruppo e anche i suoi rami, come vi ho raccontato qualche riga sopra.
  6. Intimisto - Parentesi ben annunciata nello spirito dal titolo. 
  7. Occidente - Si diceva "la fine dell'occidente"? ahiahiahiahiahi...
  8. Memorie di una testa tagliata - Mi autocito di nuovo: "attenti: è di un realismo assoluto, l'orrore della guerra lo senti nelle ossa meglio che nella prima mezz'ora di Salvate il soldato Ryan, e vi sembrerà di capire cosa si prova a morire" - C'era di nuovo la guerra in Europa, e c'è ancora...
  9. Finistère - "Annus orribili in decade malefica in secolo osceno grondante sangue" era quindi ottimistico, le decadi essendosi ripetute fino al nuovo secolo. Il titolo chiarisce come perfino la scelta della location dove riunirsi per registrare era significativa, non so se mi spiego...
  10. La lune du Prajou - Appare quindi naturale che il brano successivo, breve e strumentale, citi proprio il nome del casolare dove i nostri partorirono questo disco epocale.
  11. In viaggio - Tutti viaggiamo, come "sua Santità", ma quando crediamo di essere fermi in un posto spesso ce lo dimentichiamo. Poi parte questo pezzo e ce lo ricordiamo.
  12. Fuochi nella notte - Altrove è apparsa col sottotitolo "di san Giovanni", che aggiunge un collegamento ad una festa ancestrale nel contesto. L'andamento cantilenante sfocia verso la fine in una sorta di reprise del primo brano: chi c'è c'è e chi non c'è non c'è...

martedì 7 giugno 2022

IL DOTTOR DIVAGO

Di coccodrilli su di lui ne trovate a millanta, in qualunque media, in questi giorni, sia per la sua notorietà, fuori scala per un giornalista sportivo, sia per la sua età, che quando superi gli ottanta cominciano a scriverli e li tengono al pizzo solo i più previdenti, ma quando superi i novanta lo fanno proprio tutti. Ve ne linko un paio, dal sito di Ubaldo Scannagatta, uno che raccoglie alcune dichiarazioni, ed uno più personale che ha tra l'altro il pregio di riportare virgolettati alcuni passi del Nostro e un link a un suo articolo degli anni novanta, piuttosto rappresentativo del suo stile unico, valsogli, assieme alla pubblicazione di alcune opere letterarie sul tennis più ambiziose e più amate nel mondo, l'ammissione alla Hall of fame del tennis mondiale, unico italiano assieme a Nicola Pietrangeli.

Ma Gianni Clerici non era solo un giornalista enormemente competente e colto, anche se mai serioso e supponente. Le sue telecronache in coppia con Rino Tommasi stanno al tennis, infatti, come quelle di Dan Peterson al basket: egualmente corresponsabili dell'aver fatto innamorare dei rispettivi sport generazioni di telespettatori. Quello che nel calcio avrebbe potuto fare e non ha fatto solo perché non ha fatto a tempo (non tutti arrivano a novantun anni, alcuni nemmeno a 50) il grande Beppe Viola - è a lui che va accostato il "dottor Divago" (soprannome che dice tutto: mai un commento didascalico, di quelli che ti dicono inutilmente le cose che hai appena visto), non a Gianni Brera (grande, ma di un altro tipo).

Insomma, e sto per dirvi una cosa che probabilmente pensate anche voi, se avete più di quarant'anni e seguite il tennis da un po', io da grande volevo giocare come Panatta, e scrivere come Clerici. Ovviamente non ci sono riuscito, ma parlare in TV come lui non ho mai nemmeno osato pensarlo. 

giovedì 2 giugno 2022

FESTA ALLA REPUBBLICA

Assistere alle immagini della parata militare del 2 giugno, con tanto di visita all'altare della Patria, anche se solo di sfuggita (il dito sul telecomando ha un riflesso automatico di fuga dall'informazione mainstream, ormai), ha un retrogusto di vomito con un che di deja vu. La pagliacciata pandemica infatti ci aveva per un paio d'anni, infatti, regalato una tregua dallo spettacolo full version, in favore di una versione in tono minore tutto sommato altrettanto insopportabile, ma per ragioni diverse, ecco perché il senso di "già visto" non c'era. Invece adesso siamo di nuovo a coppe: l'esibizione muscolare fasulla (per nostra fortuna mai messa alla prova dal 45 - ma anche prima, pare che il duce sia stato pesantemente ingannato dal suo stato maggiore sulla effettiva consistenza del suo potenziale bellico, tanto che l'entrata in guerra dell'Italia è stato forse il fattore decisivo per la sconfitta della Germania nazista), così percepita dal sentimento popolare, contornata dall'esibizione presenzialista di figuri che andrebbero quasi tutti (esclusi quelli troppo superflui per meritarselo) condannati per alto tradimento alla Repubblica, è francamente insopportabile, anche silenziando i commenti ovvi e retorici del telecronista di turno.

Quando c'era Lui (frase che la mia generazione ha fatto propria per riferirsi a Berlusconi, macchietta di premier, laddove quelle precedenti la riferivano a quell'altra macchietta di dittatore che ci eravamo meritati) il voltastomaco era dovuto alla sorda consapevolezza che la mafia "di persona personalmente" si era installata nelle più alte istituzioni, frutto di una stagione di stragi perpetrate per avere peso nella Trattativa. E il tipo era contornato da un lato da chi blaterava di secessione e Roma ladrona, e dall'altro da chi fingeva di opporvisi per intanto tramare per cedere a Leuropa la sovranità monetaria (senza la quale ogni altro tipo di sovranità resta vuoto proclama).

Oggi, al suo posto c'è uno che non è stato manco mai eletto (ma potrebbe esserlo, visto lo stato di rincoglionimento autolesionista a cui è stato ridotto l'elettorato - ora vediamo se abbocca pure col vaiolo delle scimmie) e che ha ricoperto vari ruoli tutti da protagonista in quella cessione di sovranità (cui seguirà a breve, e a chiudere dopo quella sanitaria, quella militare: amen), contornato da quelli che si sono fatti eleggere proclamando proprio invece di voler recuperare quella sovranità e poi si sono resi protagonisti di uno di quei voltafaccia totali per cui gli italiani vanno famosi nella Storia, e dai figli di quelli di "Roma ladrona" a cui invece ora piace pascolare nel sottobosco di governo, e si: anche ai vecchi paladini dell'antisistema che nel frattempo ha imbarcato.

Tutti questi soggetti, della prima e della seconda palata (con la elle, non è un refuso, è che stavo pensando al letame), hanno in tempi e modi diversi, inoltre, e a proposito di parata militare, partecipato ad un alt(r)o tradimento, sempre di livello costituzionale, ma in particolare dell'articolo 11. Dalla prima guerra del Golfo in poi, da (mynameis) Cucciolone a Zelensky passando per i bombardieri su Belgrado: l'elenco è lunghissimo, e snocciolarlo è doloroso, faccia ognuno da se nel suo cuore, già basterebbe.

Oggi è festa, nel senso che non si lavora (e nemmeno tutti: oramai è evento raro, forse il 25 dicembre...). Per il resto, per quanto mi riguarda, quella non è una parata della Repubblica, è il suo funerale. E per dimostrarvelo non trovo di meglio che invitarvi a leggere Siamo tutti in pericolo, il testo dell'ultima intervista rilasciata da Pasolini poche ore prima di morire a Furio Colombo, ripubblicato da Comedonchisciotte giustamente proprio oggi 2 giugno.

In evidenza

DEFICIENZA, NATURALE

Dell'argomento AI ne abbiamo già parlato come di uno di quei pericoli gravissimi verso i quali sarebbe opportuno porre argini non appen...

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