lunedì 27 gennaio 2020

IL FIGLIO DI BRYANT

Questo su Kobe non è un coccodrillo: ne avrete letti visti e ascoltati talmente tanti che non si può aggiungere niente. La carriera incredibile, le dichiarazioni di tutti i miti dello sport che lo conoscevano e amavano, persino le radici cestistiche italiane, sono state in questi giorni ampiamente disaminate.
Posso darvi un paio di link dei pezzi che mi hanno più commosso: uno su Ansa.it, uno che Reggioacanestro riporta come nota social della Viola Reggio Calabria; mi fermo perché mi sa che sia questi che tutti gli altri ve li siete già cercati da soli.
Ma io questo bambino l'ho visto coi miei occhi, tirare incessantemente a canestro negli intervalli delle partite della mia Viola, che per tentare di tornare in A1 si era assicurata uno che se voleva giocava da solo, e ciò era assieme la sua forza e il suo limite: con un mangiapalloni come papà Joe campionati non se ne vincevano. Metà spettatori durante la gara erano distratti da sua moglie in parterre, si diceva che fosse stata Miss Universo, e se non era vero era verosimile. Ma tutti nell'intervallo guardavamo "il figlio di Bryant" segnare e segnare, con quella maglietta neroarancio col pescespada sopra, quello spada che per una delle coincidenze bizzarre della vita avevo scelto a illustrare un mio post proprio più o meno mentre lui si schiantava con l'elicottero. Con accanto quella figlia a cui stava passando il mestiere, lui che come suo padre poteva volendo chiudere una partita da solo, ma a differenza di lui vinceva con le sue squadre (uso il plurale perché c'era anche la nazionale USA, di club ha sempre giocato nei Lakers).
Non si può non guardare e riguardare questo cliccatissimo video, e non si possono trattenere le lacrime.

sabato 25 gennaio 2020

SE IL NOME ITTICO E' DI MODA...

... allora preferisco lo Spada
Non mi piace essere autoreferenziale ma ogni volta che sento riportare al TG, o peggio ancora commentare ad minkiam in qualche rotocalco televisivo, notizie come quella della scuola che (viva la faccia!) dichiara di avere sia un plesso per i pooracci che uno per i figli di papà, o l'ennesimo rapporto statistico sulla concentrazione della ricchezza (in Italia come nel mondo, anzi forse relativamente peggio) nelle mani di pochi, senza che alla notizia o al commento segua la conclusione consequenziale che "è il capitalismo baby e se non ti sta bene devi diventare anche tu comunista" (ma andrebbe bene anche socialdemocratico, Carunchio adesso direbbe "magari!"), il sangue mi ribolle e ripenso alla mia tesi di laurea. E si, lo so, ne ho già parlato.
Nel mio ingenuo lavoro sperimentale, con tanto di questionari somministrati nelle scuole e calcoli statistici rigorosamente manuali (sono anzianotto, i PC erano al di là da venire), dimostravo la peraltro intuitiva correlazione tra "mezzi" nella famiglia d'origine e scelta del tipo di istruzione, come preludio alla realizzazione della funzione di "riproduzione sociale" della scuola stessa, a dispetto del dettato costituzionale e dei proclami di egualitarismo allora ancora in voga. Da allora, non solo è passato di moda usare certe categorie di pensiero, ma è anche (e mi piacerebbe misurare la correlazione tra le due cose) peggiorata notevolmente la situazione, sia generale che specifica alla quasi totale disattivazione di qualsiasi "ascensore sociale".
Perciò, la narrazione autogiustificazionista imposta dal capitalismo per trionfare, quella per cui in un sistema egualitario ad economia pianificata i migliori non emergono (se non in minima parte quelli adatti a far carriera nella burocrazia e nella guida politica) mentre invece in una democrazia liberale ad economia di mercato ci saranno anche delle disuguaglianze ma alla lunga premiano i capaci, quella che insomma avete visto in migliaia di film e sentito in tutte le salse, non regge più. Tutti possono vedere in giro, oggi peggio che mai, attori figli di attori, notai figli di notai, albertiangeli di varia arte e professione, e figli di nessuno che se anche hanno sputato sangue e sono diventati medici architetti avvocati, o hanno il padre lo zio insomma qualcuno che li inserisce o languiscono nella disoccupazione fino a che non si arrendono a fare altro, spesso sottolavori sottopagati, e ancora beati quelli tra loro che stanno a casa o ereditano casa, gli altri sono già nemmeno proletari (chi cazzo li fa i figli co sti chiari di luna?), e destinati a una vecchiaia di miseria.
Nel secondo dopoguerra, e ancora negli anni 80 della mia tesi di laurea, si descriveva il fenomeno come duro da sradicare si, ma tendenzialmente in via di superamento. Dopo 30 o 40 anni di ultraliberismo monetarista al potere, tutti capiscono che se ancora qualcuno ne parla allo stesso modo ti sta prendendo in giro. Il PD può anche vincere le regionali in Emilia, grazie allo spauracchio Salvini che più passa il tempo più lascia sospettare di essere stato messo li apposta, può anche essere riuscito a disinnescare definitivamente, facendo leva sulle ambizioni personali di qualcuno e il rincoglionimento di qualcun altro (serve fare nomi?), il potenzialmente rivoluzionario grillismo, ma non incanta più nessuno. Senza abbracciare l'unica speranza di salvezza, l'affermazione della piena sovranità economica e monetaria finalizzata all'attuazione dei principi costituzionali di eguaglianza sostanziale dei cittadini (se non vi piace "sovranismo socialista" trovate un altra etichetta, che so "pesci spada" che magari si mangino le insulse populiste e schiave sardine - ve lo dice persino la Spinelli), è inutile fare promesse: nessuna sarà più creduta. Chi sostituirà Giggino alla testa dei 5 stelle se lo metta in testa, e ancora può recuperare il consenso perduto. Se no, a meno di imprevisti e improvvisi quanto improbabili exploit di Fusaro o Conditi, lo raccatterà tutto Salvini. E lo dilapiderà, perché lui e la Lega hanno già dimostrato troppe volte, l'ultima nel caso Soleimani la più grave ai tempi dell'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, che usano gli argomenti giusti a scopi elettoralistici e poi ci si puliscono il muso, dopo avere magnato come tutti gli altri.
Ed ora un paio di link di approfondimento da seguire, che è un po' che non vi do compiti:
  • Leonardo, ovvero come a sinistra si continua a non capire che Craxi magari si meritava tutto l'odio che gli abbiamo riservato ma il suo sistema di corruzione aiutò soltanto l'esplosione del debito pubblico che ci sarebbe stata lo stesso, perché figlia del divorzio tra BdI ed erario imposto dal monetarismo che iniziava a imperare come primo passo verso l'antidemocratica eurozona (e si, a sto punto voglio proprio andare a vedere il film di Amelio);
  • Della Luna, ovvero come il tramonto dell'era della lettura a favore di quella degli smartphone (passando per quella televisiva, e rieccoci alla vera colpa storica di Craxi: aver aperto la strada a Berlusconi) abbia di fatto sterilizzato la democrazia e anzi l'intelligenza;
  • Bossone e Sylos Labini, ovvero come non ci sia troppo da fidarsi nemmeno di quelli della Moneta fiscale, visto che davvero credono che la soluzione non sia fuori dall'Euro ma invece addirittura nelle mani di Draghi;
  • Bagnai, ovvero ancora il più lucido degli antieuro ce la spiega lui l'assurdità del "+europa" (davvero da leggere con attenzione), peccato sembri credere ancora che Salvini ammesso che vinca le politiche lo piazzi dove possa attuare le sue idee;
  • Blondet, ovvero come possa entrarci il nuovo coronavirus con i piani delle élites mondialiste (agghiacciante, speriamo che abbia torto...).

sabato 18 gennaio 2020

RADIOCIXD 11: LA BUONA NOVELLA

Fabrizio De Andrè è talmente importante non solo per la storia della musica d'autore o della della musica popolare o della cultura popolare o di quella con la C grande e senza aggettivi, ma direi per la storia del nostro Paese, da meritarsi qui un tag tutto suo e in genere una casellina a parte tra tutte le succitate, non essendo la sua dimensione riconducibile a qualunque classificazione. Nella sua produzione musicale le pietre miliari abbondano tanto da risultare impossibile mettersi d'accordo su quale sia il suo album migliore. E anche ripromettendosi di recensirne un po', è difficile decidere da quale partire. Se considerassimo il criterio della maggiore innovazione sul piano musicale e linguistico, dovremmo cominciare con Creusa de ma, che lo stesso Peter Gabriel considera il fischio d'inizio della world music e ammette di esserne stato influenzato. Ma l'album di cui parlo oggi:
  1. è forse il primo vero concept della musica italiana;
  2. tratta di un argomento ai tempi tabù, e nemmeno dopo mai più affrontato con lo stesso coraggio;
  3. era ritenuto il suo miglior lavoro dallo stesso autore, o almeno così lo abbiamo sentito dichiarare.
La buona novella è talmente noto che qui più ancora che per altri album è importante evitare l'approccio divulgativo e invece virare sul personale, per evitare la ridondanza e invece dare un contributo al mantenimento della sua memoria incuriosendo chi non lo avesse mai ascoltato, trattandosi di un disco di quasi 50 anni fa. E' stato infatti ripreso in numerose iniziative, non solo musicali, ma limitandosi a queste ultime è stato portato in tournée da moltissime formazioni più o meno note, tra cui spicca nell'ultimo decennio proprio la stessa PFM, che ne ha pieno titolo non solo per aver accompagnato a suo tempo Fabrizio nel suo tour più noto, ma anche per aver suonato proprio in questo disco del 1970, quando ancora si chiamavano I quelli (e alla voce c'era Teo Teocoli, che quindi nel disco non c'è), assieme a Mauro Pagani (che proprio qui avrebbero imbarcato fondando la Premiata, e che qualche tempo dopo, uscito dalla Fonderia, sarebbe stato coautore arrangiatore e performer proprio del citato Creusa...). Non sembra, perché gli arrangiamenti sono quelli convenzionali di Gian Piero Reverberi (si, quello di Rondò Veneziano...), ma ai tempi nelle case discografiche si usava così, solo poco dopo le cose sarebbero cambiate, ma comunque qui dato l'argomento l'orchestrazione di GPR suona appropriatissima, tanto che nessuno dopo se n'è mai discostato troppo.
L'idea dell'album fu di un certo Dané, che per anni ho creduto fosse un altro che invece era suo fratello, ma l'equivoco era favorito dalla grande cultura di entrambi, e dalla maggiore notorietà del Danè che conoscevo io, e non solo io visto che è quello di Giocagiò e di Paroliamo (per i meno che quarantenni, gli antenati - credetemi, mai raggiunti - delle trasmissioni per bambini e ragazzi e dei quiz con giochi di parole che conoscete voi). Si trattava di mettere in musica i vangeli apocrifi, e la scelta di De Andrè pare non fu nemmeno la prima. Ma quanto fu azzeccata: solo un anarchico può raccontare in modo credibile la storia possibile di un tizio che forse è davvero vissuto circa 2mila anni prima, se ci vuoi credere era figlio di Dio e di madre vergine, ma se gli togli la divinità il suo messaggio risulta molto ma molto più potente che se gliela vuoi lasciare. Non a caso la prima e l'ultima canzone della lista, che trovate qui sotto, sono quelle che sono: lo capirete da soli. Ascoltandovi qui i singoli brani (o se preferite, il full album che vi embeddo in fondo) mentre vi leggete le mie note:

  1. Laudate Dominum - Come vi dicevo, la intro è un corale che loda il Signore. L'espediente retorico di racchiudere i brani chiudendo il cerchio sarebbe inutile, essendo palese che si sta raccontando una storia dall'inizio alla fine, al solo scopo di paratesto ("questo è un concept album") che molte altre volte sentiremo. Infatti non è così (vedi brano 10).
  2. L'infanzia di Maria - Una bambina di tre anni viene affidata ai sacerdoti, forse per bisogno. Ma al primo ciclo, nove anni dopo, l'impura viene cacciata (assieme alla tentazione?) e data al miglior offerente come sposa. Ma forse perché sembrava ancora una bambina, non si trova di meglio di un vecchio (40? 50 anni? vecchio...) falegname che ormai non ci sperava più, e deve partire per un lavoro, che infatti se la porta a casa, la sposa e va via per quattro anni.
  3. Il ritorno di Giuseppe - Ovviamente, quando torna la trova donna. E forse non altrettanto ovviamente, ma non del tutto imprevedibilmente, la trova già incinta. Che fare? Gridare allo scandalo ripudiandola o magari uccidendola, per poi ritrovarsi solo nella vecchiaia incipiente? In fondo, ancora non si vede, sarà incinta da poco, può dire che è il suo, e crescersi un figlio magari maschio cui insegnare il mestiere, tanto lei non è mica andata via e ha l'aria così innocente, chissà che le è successo, sentiamo cosa ha da dire...
  4. Il sogno di Maria - Annunciazione! Annunciazione! Tu, Marì, Marì... Ahem, no, qui Troisi doveva ancora arrivare, a confezionare il vestito definitivo a questo evento nell'immaginario collettivo. Qui Maria ce lo racconta come un sogno, e noi ce lo immaginiamo quello che è successo, uno che si è approfittato di lei e della sua ingenuità, ma le crediamo lo stesso, come Giuseppe. Ci penserà Branduardi (che suona in questo disco) qualche anno dopo a dire la parola definitiva sulla paternità del feto, con Il ciliegio.
  5. Ave Maria - Una preghiera laica, che più che di una sola sembra che parli di tutte, e a tutte, le donne, "femmine un giorno e poi madri per sempre".
  6. Maria nella bottega del falegname - In questo brano, che sembra un pezzo di musical, Maria non parla col falegname che ha sposato, ma con quello che costruisce la croce in cui morirà (dopo aver insegnato "la guerra a disertare") colui che ha partorito.
  7. Via della Croce - Feroce requisitoria contro l'aspetto peggiore del cattolicesimo, il senso del peccato e la salvezza per pentimento, e per interposta sofferenza, introduce lo spostamento dell'obiettivo sugli occupanti delle altre due croci, che esploderà nelle due canzoni successive.
  8. Tre madri - Altro pezzo di musical, anzi qui quasi teatro. Tre crocifissi, tre madri, un dialogo atroce tra chi giustamente risponde recriminando che è proprio la natura divina del proprio figlio ad averglielo tolto, a chi giustamente rivendicava maggior diritto a soffrire della morte di chi non sarebbe risorto dopo tre giorni.
  9. Il testamento di Tito - E qui siamo all'apoteosi, al testamento di Faber, se vogliamo. I dieci comandamenti passati al setaccio da uno dei due ladroni, prima di incarnare quello "buono" del catechismo dolendosi della morte di Gesù. Non ne resta neanche una pagliuzza: il giusto e lo sbagliato sono solo nel cuore di ciascuno, se ci sono. 
  10. 10. Laudate hominem - Chiude il cerchio, come dicevamo, della storia del Cristo narrata senza raccontare di lui. Per lodare la di lui umanità, perché se anche crediamo che tutte le storie che raccontano sul suo conto siano vere, se poniamo che non sia figlio di Dio e Dio egli stesso, se poniamo che sia davvero morto su quella croce e mai risorto, allora si che rendiamo merito alla sua grandezza. Il coro ritornella "non voglio pensarti figlio di Dio ma figlio dell'uomo, fratello anche mio", ma è il resto del testo, più difficile da seguire, che bisogna ascoltare con attenzione.

Insomma, se avete figli in età da catechismo, fategli invece sentire questo disco. Se diventeranno credenti, cattolici o di qualunque altra religione, saranno credenti migliori. Ma in ogni caso saranno adulti migliori.

domenica 12 gennaio 2020

IL CASO SOLEIMANI, IN BREVE

I funerali del "terrorista": per la questura un migliaio di presenti...
Baccini conosceva e amava De Andrè (a un certo punto riuscì persino a duettarci in un brano: Genova blues, si chiamava), per cui è molto probabile che la sua Rifacciamo il muro di Berlino l'abbia scritta con nel cuore la lezione di storia de La domenica delle salme (quella di "la scimmia del quarto reich ballava la polka sopra il muro, e noi che eravamo sotto le abbiamo visto tutti il culo", si). Resta ingenua come tutti i testi di Baccini, ma è del 1993 e non si può certo dire non sia tempestiva. Oggi che il muro di Berlino non si può più rifare, è sempre più evidente la necessità che il mondo torni ad essere bipolare se non che divenga multipolare, perché trenta e passa anni di "fine della storia" hanno dimostrato fin troppe volte che troppo potere concentrato da una sola parte finisce per rovinare tutto il consesso: una semplice legge di natura che vale per qualsiasi consesso, anche il vostro matrimonio, figurarsi le potenze nucleari. Non è questione di "come" lo si utilizzi, se è tutto da una parte troverà il modo di rovinare lo scenario, potete giurarci.
La cronaca dice di un generale iraniano ucciso da un intervento militare americano tramite droni. Una novità storica assoluta: finora avevano sempre preferito mascherare i loro interventi in vari modi. Insomma, ci fosse stato Trump, non avrebbe avuto bisogno di buttare giù le Torri gemelle per attaccare l'Afghanistan. Ma a stupire non è tanto la manovra del cafonazzo momentaneamente imperatore per favorire, spostando i riflettori, l'insabbiamento della farsa del suo impeachment (messa in scena dai dem per farsi belli ma solo perché sapevano che non poteva andare in porto, non avendo i numeri al senato), è il colpo di genio della risposta iraniana: un attacco ad alto valore simbolico, a cominciare dal momento, e a basso risultato pratico, di modo da consentire al nemico di soprassedere all'alimentazione dell'escalation. Mentre non stupisce affatto l'atteggiamento di quasi tutta la classe politica italiana (con Salvini in prima fila, ci fosse ancora bisogno di gettare la maschera) e della stampa a libro paga, come al solito intenta a ripetere una narrazione mendace fino a farla diventare luogo comune, tacendo invece (al punto da far inalberare perfino un Cacciari, mica Che Guevara) la vera statura storica della vittima: decisivo nella lotta contro l'Isis, per dire.
D'altronde, quando qualcuno in Italia si mette in testa di fare del vero giornalismo, se gli va bene finisce nel cono d'ombra, come nel caso dell'intervista della Maggioni ad Assad censurata dalla Rai, per le ragioni che qui ci spiega Grimaldi. Ragion per cui il minimo che possa fare un blog, che vero giornalismo non lo fa, è mostrarvi il video. Se anche uno solo di voi apre gli occhi, è cosa ben fatta...


lunedì 6 gennaio 2020

RADIO CIXD 10: EXTRANEI

..per non parlare della copertina bellissima!...
Claudio Lolli era (è morto da non molto, qui il coccodrillo, in cui sembro promettere la recensione di oggi) quasi il prototipo dei cantautori politici pallosi dei primi anni 70, o perlomeno gli avevano appiccicato quella nomea - certo anche per via degli arrangiamenti davvero minimali dei primissimi album - e lui non se ne curava. Però già nel 76 aveva sfornato forse il capolavoro assoluto almeno del decennio, il meraviglioso ed eternamente attuale Ho visto anche degli zingari felici, che abbinava a dei testi incredibilmente maturi (per un venticinquenne poi...) degli arrangiamenti strepitosi, grazie al connubio con un incredibile manipolo di musicisti capitanato dal sassofonista jazz/prog Danilo Tomasetta.
Io però oggi non vi parlo di questo album cult, sia perché è forse l'unico ad essere un minimo conosciuto oltre la cerchia degli estimatori lolliani, sia perché quando uscì ero piccolo e la sua scoperta fu per me (come per tante altre cose) frutto di archeologia musicale (il mio sport preferito, dopo il tennis). Invece questo Extranei uscì che avevo 17 anni, ed è inferiore per notorietà ma azzardo non per valore assoluto: anche se i testi sono meno direttamente politici, gli arrangiamenti - a cura dello stesso Tomasetta - sono per quanto molto diversi almeno altrettanto riusciti. Iniziavano gli anni 80, il pop elettronico dominerà, ma qui ne siamo già al top, credetemi.
E se non mi credete, ascoltatevi la playlist completa, che stavolta provo a proporvi anche in modo diverso, da consentirvi l'ascolto contemporaneo alle lettura delle mie note brano per brano:
1. Come un dio americano
Non so se fu la major, cui era tornato forse solo perché bisogna pur mangiare, a imporgli un brano così facile di ascolto, magari per mandarlo in TV e cercare di venderne qualche copia (e ci andò, ad Azzurro, ma non credo ne cavò qualcosa...). Di sicuro, è quello che mi piace di meno. E mi piace molto.
2. I musicisti
Il testo è un manifesto per chiunque sia del mestiere o l'abbia almeno sfiorato. La musica uno swing dolce e lento, che lo accompagna tristemente.
3. Double face
Chi non vorrebbe aver pensato lui, di chiedere in un verso al proprio padre "sarò io la tua brutta copia, oppure tu lo eri della mia?"?
4. Il muto
Il lato A del vinile si chiude con uno sguardo dal ponte che verrà. Verso il muto che il ponte non l'avrebbe mai voluto, perché solo nel suo isolamento poteva vivere la dignità di essere quello che era. Una profetica metafora del futuro che abbiamo vissuto in questi 40 anni.
5. Der blaue Engel
L'avete visto L'angelo azzurro, quello con la Dietrich? Anche qui c'è un uomo che si perde, e per ben otto volte. E anche qui se ti lasci portare dalla canzone ti sembra di vedere un film.
6. La canzone del principe rospo
Piacerebbe a tutti che la vita fosse una favola che alla fine baci il rospo e diventa principe. Ma la vita, come questa canzone, a volte finisce prima che succeda.
7. Non aprire mai
E' il capolavoro assoluto. Dell'album e della grande categoria delle canzoni che parlano di un qualcuno che se ne va e non torna mai più. Ascoltatela attentamente, non la dimenticherete mai. Né lei(lui) né la canzone.
8. Il ponte
Il lato B si chiude in un modo che la prima volta che lo senti sobbalzi, al punto che se odiate gli spoiler non leggete oltre. Dopo qualche incertezza, riconoscete la musica come quella del "muto", anche se l'arrangiamento è completamente diverso, qui totalmente elettronico. E anche la storia è la stessa, ma è vista dall'altra parte. La scena è il ponte che cresce con piglio futurista e compie la missione che deve, nel bene e nel male efficace. Lo sguardo è quello "sereno del muto". E anche stavolta giro il disco e ricomincio...

mercoledì 1 gennaio 2020

BUONI ANNI VENTI

Ecco chi doveva fare il discorso a reti unificate...
Un veloce post di auguri per il nuovo anno, anzi per il nuovo decennio, visto che suona come uno che oltre che per il charleston è passato alla storia per la affermazione del fascismo e lo scoppio di una crisi economica epocale, entrambi problemini che poterono essere risolti solo da una guerra mondiale con milioni di morti.
Stanotte decine di migliaia di romani hanno atteso il botto guardando delle ballerine volare e poi ascoltando la bravissima Carmen Consoli, poi quando ha, come si usa, preso la parola il sindaco, pardon la sindaca (non mi abituerò mai all'abominio linguistico a cui ci stanno costringendo: a quando chiamare "il guardio" e non la guardia se è uomo?), sulla piazza è sceso un gelo diverso da quello meteorologico, e i fischi se pur non tantissimi si sono sentiti bene (gli applausi no, visto che non ce ne sono stati). Che fine triste per un moVimento che era stato capace di conquistare una poltrona così importante, prima ancora di diventare il partito di maggioranza relativa. Vaticinio facile da amante deluso: alle prossime politiche scenderanno sotto il 10 per cento, se gli va bene. A Grillo, a guardare ciò con cui ha sostituito il suo oramai tradizionale contromessaggio di inizio anno, sembra vada bene, mah! contento lui...
Così, quello del Presidente della Repubblica è tornato ad essere l'unico messaggio da ascoltare, per chi non ha trovato di meglio da fare. Per chi come me lo avesse fatto ma fosse curioso, ecco un resoconto esteso e puntuale, ma vi anticipo che si tratta del solito cumulo di ovvietà vuote già di suo, figurarci dopo averle considerate nel merito. Tipo il consueto rammarico per l'aumentato divario tra Nord e Sud Italia, con la consueta omissione del banale fatto che fino a che saremmo sottoposti a trattati che ci impediscono la spesa a deficit e ci impongono avanzi primari draconiani non avremo i soldi né per colmare questo gap né per qualsiasi altra promessa fatta da qualsiasi politico (ora che si sono irregimentati, grillini compresi - i leghisti lo erano già, avendo votato il pareggio di bilancio in Costituzione). Quindi nemmeno per riparare i viadotti o i tetti delle gallerie, ammesso che alla fine ritirino davvero la concessione ad Autostrade e rinazionalizzino il settore (se non lo vedo non ci credo). O tipo il modaiolo richiamo all'ambiente, che oramai anche alle scuole elementari è diventato più importante dell'avemaria, peccato che non sia preceduto dal divieto assoluto e tassativo di munire di smartphone (responsabili, con le auto elettriche in arrivo, dell'ulteriore saccheggio dell'Africa in atto) i pargoli.
Tutto questo ragionare, per quanto apprezzabile, è fatica sprecata. Quando ci parla qualcuno, prima non dico di credere a una sola parola, ma prima ancora di ascoltarlo, dobbiamo ricordarci o cercare di capire chi è. Questo - cito letteralmente Wikipedia per non passare guai e perché non si possa dire che sono il solito complottista che si documenta in siti falsi e tendenziosi - è il figlio di uno che "...nella fase iniziale del secondo dopoguerra era stato sospettato di essere '...tra i referenti nel rapporto tra la DC e la mafia'. Di questo nel 1992 venne accusato anche dall'ex ministro Claudio Martelli: 'Bernardo Mattarella secondo gli atti della Commissione antimafia e secondo Pio La Torre (1976), fu il leader politico che traghettò la mafia siciliana dal fascismo, dalla monarchia e dal separatismo, verso la DC'. Secondo lo storico Giuseppe Casarrubea Mattarella era ritenuto vicino al boss di Alcamo Vincenzo Rimi, considerato in quegli anni al vertice di Cosa nostra. Al processo per la strage di Portella della Ginestra, Mattarella fu accusato da Gaspare Pisciotta di essere implicato nell'eccidio.".
Lo sapevate? Sapevatelo! E tanti auguri, che ne abbiamo tutti bisogno. Io mi sa che prossimamente scriverò più di musica. Ma intanto vi lascio sottoscrivendo per Nicoletta Dosio eroe dell'anno. Come fanno i cinquestelle a non vergognarsi di se stessi, con questa che per non tradire quella che era stata anche una loro battaglia se ne va in galera, e fieramente, non riesco a comprenderlo.

In evidenza

DEFICIENZA, NATURALE

Dell'argomento AI ne abbiamo già parlato come di uno di quei pericoli gravissimi verso i quali sarebbe opportuno porre argini non appen...

I più cliccati dell'anno