lunedì 27 settembre 2021

IL RAGNO NEL BUCO - VERSETTI COVIDICI 97-104

Come in qualche modo vi ho già detto, non intendo parlare più di covid come ho fatto da febbraio 2020 a ieri, cioè con nel cuore la speranza di convincere qualcuno dei miei concittadini a ricominciare a ragionare. In questo anno e mezzo, infatti, la maggioranza di "fedeli" della narrazione ufficiale è diventata "totalitaria" (in più di un senso, purtroppo), e oramai ritengo che noi sparuti eretici non abbiamo altro da fare che scavarci ciascuno un buco dove attendere che passi la tempesta e sperare di essere ancora vivi allora. Siccome però tra di voi magari c'è ancora qualcuno che ha voglia di provare a "spaccare la testa" magari a un amico a cui tiene, tornando alla funzione primigenia di questo blog vi posto alcuni link da seguire (perché non parlarne più non significa non continuare a informarsi), che sull'argomento ho chiamato versetti covidici per aver intuito da subito che chi li scriveva o leggeva rischiava la fatwa come Rushdie, e che con questo post superano la boa del centinaio.

Un amico non del tutto perso ce l'ho ancora pure io, ma è una eccezione in un quotidiano fatto di bocconi amari, credetemi (pleonastico: se la pensate come me avete sicuramente esperienze analoghe). Un tennista che al circolo scoprendo che non sei vaccinato comincia a darti dell'incivile e antisociale (sulla base di un processo mentale tanto fallace - il "patto sociale" è stata la scusa delle peggiori nefandezze della Storia - quanto ormai divenuto luogo comune), provocando alla fine una reazione rabbiosa di cui mi pento anche perché queste cose tradiscono debolezza. Il medico che: plaude al furbo Draghi per aver architettato il green pass all'italiana avendo capito che se introduceva l'obbligo vaccinale avrebbe perso i ricorsi, ammette che i vaccinati possono ancora infettare ed essere infettati ma si rifugia dietro la bufala della riduzione dei sintomi (smentita dalle statistiche: quest'anno con tre quarti di italiani vaccinati con due dosi ci sono il triplo dei contagiati e dei morti rispetto all'anno scorso, e nell'estate il gap era ancora più ampio - ma se fosse vera la sua logica conseguenza sarebbe una reazione alla "norvegese": la varante delta è un'influenza, l'emergenza è finita, punto), e prevede tutto felice che il siero anticovid verrà inoculato a tutti per sempre insieme al vaccino antinfluenzale normale, che in questo modo finalmente verrà imposto anch'esso (da solo, non ci si era mai riusciti, anche perché dimostrava con ancora più evidenza la totale inefficacia avverso quelle che ancora si chiamavano nuovi ceppi e non varianti, come si fa ora solo per potere sommare i dati di più annate), e che non si smetterà mai di usare le mascherine, finalmente imitando i civilissimi giapponesi e debellando per sempre il raffreddore ("hai visto sti due anni?"). Infatti il pubblico del concertone trasmesso ieri sera dalla Rai in diretta dall'Arena di Verona, tutti ovviamente muniti di green pass e quindi o vaccinati o tamponati negativi, era tutto ligiamente mascherato nonostante fossero tutti belli larghi e all'aria aperta, e scommetto che erano tutti convinti di essersi meritati la nuova libertà e nessuno si sia invece chiesto, guardandosi attorno, in che cazzo di incubo stia vivendo, e quando e da chi e come à stato preso per il culo..

Ripeto: presi per il culo. Gli hanno detto che la pandemia da noi non sarebbe arrivata, poi che era arrivata ed era così mortale da dover chiudere tutto e pazienza se si facevano danni all'economia per 400 miliardi di euro, ma così a Pasqua si riapriva, poi che era meglio non riaprire subito perché così si riapriva sicuro d'estate, poi effettivamente in estate si è riaperto e non è più morto nessuno (celebri i reportage dai reparti covid vuoti) ma già si prevedeva che in autunno sarebbe arrivata la seconda ondata, e poi quando è arrivata gli hanno detto che era stata colpa della movida estiva (ma non aveva l'incubazione di pochi giorni? e sennò che senso avevano i protocolli quindicinali di quarantena e isolamento preventivo?) e si doveva richiudere per poter così aprire a Natale, poi quando hanno chiuso tutto per tutte le feste che però arrivavano i vaccini e sarebbe finito tutto, e quando sono arrivati che bisognava farseli in massa e si chiudeva li, ma poi gli hanno detto che c'erano le varianti e i vaccini perciò avevano copertura parziale e a tempo, quindi dovevi farti la seconda dose e odiare chi non si vaccinava, vero colpevole di tutto anche se i vaccinati possono infettare e essere infettati tanto è vero che ora si inizia con la terza dose. E intanto gli hanno detto che lo smartworking era il futuro e bisognava attrezzarsi per renderlo stabile, e oggi gli dicono l'opposto coi sindacati che non fanno una piega mentre loro obbedientemente si rimettono in fila con l'auto o rimpinzano i mezzi pubblici.
E noi a guardarli sempre più basiti, pensando: ci sarà un momento in cui si rompe l'incantesimo, capiscono tutto d'un botto e tutti assieme di essere stati ingannati, e parte l'assalto alla Bastiglia!!! No, non ci sarà. Si bevono tutto, si berranno anche le prossime palle, già è riapparsa Greta con tutti i gretini e questo certifica una volta in più quello che in pochi andiamo dicendo fin dall'inizio: la cosiddetta pandemia non finirà se non quando il Big Reset sarà completato, nessun occidentale avrà più diritto al lavoro, alla privacy, all'iniziativa economica e a fare progetti per il futuro. La globalizzazione ha questo obiettivo fin dall'inizio (te lo dicono in faccia, di continuo, tutti - pure un blogger che ha ancora la faccia tosta di pontificare di sinistra, che nulla sarà più come prima): tutti uguali, ma non attraverso il graduale e giusto espandere le conquiste sociali e umane dell'occidente al resto del mondo (no: il mondo non se lo può permettere, mentre continuare ad arricchire i ricchissimi si, perché sono pochi), ma viceversa. Tutti schiavi. Vivi, si, ma solo finché, e fino al punto che, vuole il padrone. E tutti contenti a battere le mani alle canzoni degli anni 60/70/80 con la mascherina su, proprio quelle canzoni che cantavano di quel mondo e di quel futuro che ora gli stanno togliendo.

97. 18 Buone ragioni per rifiutare l’inoculazione del siero. Da tenere a mente per eventualmente sbatterli in faccia all'idiota che vi venga a sfrucugliare i cosiddetti, o anche solo usarli per salvare qualche indeciso, se ancora vi va.

98. The show must go on. I dati sui ricoveri pubblicati dal professor Zangrillo, che poi ci ironizza beffardamente sopra.

99. Planet lockdown. E' in preparazione un film che racconta la verità su tutta la gestione della cosiddetta pandemia. No, non è di Michael Moore, ma lo nomino perché l'approccio di chi si dice di sinistra verso questi tentativi di narrazione alternativa dovrebbe essere quello. Intanto guardatevi il trailer. E se volete leggetevi questi dati sui danni da lockdown raccolti dal solito Blondet.

100. Il colosso dai piedi d’argilla. Il green pass non è uno strumento di risoluzione della crisi pandemica, è l'obiettivo per cui è stata architettata. Di questo post condivido tutto, salvo purtroppo la nota di pur debole ottimismo. E qui Carraro rincara persino la dose.

101. ContiamoCi! L'associazione fondata da un medico sospeso dall'albo e dalla retribuzione perché non vaccinato. Che tra le altre cose da medico ci spiega come e perché adesso i vaccinati risultano potenzialmente più pericolosi dei non  vaccinati.

102. Danni collaterali. C'è un gruppo Facebook (che quando ti iscrivi il signor Facebook ti avvisa essere un pericoloso covo di sovversivi) e Telegram con 160mila iscritti e migliaia e migliaia di segnalazioni di danni da vaccino. Ma per chi preferisce il VIP, ecco il caso del tennista francese Chardy.

103. Onore al vicequestore Schilirò. Ce ne fossero, di italiani così, disposti a giocarsi la carriera pur di dire la verità. Non è che non ce ne siano stati, in passato, è che gli italiani storicamente piuttosto che supportarli o imitarli prima preferiscono commemorarli dopo...

104. Mosche bianche. In questi due video gli interventi di Cunial (che sta ai cinquestelle come Roger Waters ai Pink Floyd: conta chi porta avanti lo spirito della band, non il nome), qui il testo, e Paragone, forse gli ultimi due difensori della democrazia rimasti in Parlamento.



mercoledì 22 settembre 2021

SI NASCE LIBERI, MA...

Il titolo del post è dell'autore, che volutamente ci lascia i puntini per completarlo. La frase che è venuta a mente a me è "...ma chi rinuncia alla libertà per la sicurezza perde sia l'una che l'altra". Gli è che il post di Pasbas dimostra un'altra frase lapidaria, di cui spesso dimentichiamo la validità intrinseca: "chi dimentica il passato è condannato a ripeterne gli errori". E dunque affrontiamolo con la giusta chiave di lettura: sembra, parlare di ieri, ma purtroppo parla di oggi.

Si nasce liberi, ma...

di Pasbas

Uno.

«E’ dai ragazzi che bisogna cominciare se vogliamo cambiare qualcosa, caro Gennaro».

Gennaro Nuvoletta, carabiniere, racconta: «Domenico, bravissimo ragazzo, lavorava alla Prefettura di Palermo, Il prefetto lo sceglie come autista e come agente di scorta....».

Il procuratore generale di Agrigento Pietro Giammanco dice di lui: «Si distingue per intelligente, oculata, intensa e proficua attività, per versatilità d’ingegno, ottima cultura e retto senso giuridico. Nelle istruttorie affidategli dimostra capacità, zelo e correttezza. Rappresenta degnamente l’ufficio nelle udienze penali dando prova di possedere talento e acume».

Papa Francesco lo racconta così: un uomo e magistrato che «continua ad essere un esempio, anzitutto per coloro che svolgono l’impegnativo e complicato lavoro di giudice…..è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni».

Due.

Pietro Nava ha detto “lo rifarei” perché si è sentito ben protetto da uomini di alta umanità e professionalità, capaci anche di giocare con i suoi ragazzi… Anche se non supportato in alcun modo dallo Stato.

Ultime parole del magistrato: “no picciotti, che fate?

Tre.

Guido Soragni: « ...un poliziotto, arrivato di corsa, sparò una raffica a bruciapelo contro un ferito, che morì sul colpo. L'altro ferito, mentre cercava di soccorrere il caduto, venne raggiunto da una raffica di mitra sparata sempre dallo stesso poliziotto... ». 

Compagno Ovidio Franchi, compagno Afro Tondelli
E voi Marino Serri, Reverberi e Farioli
Dovremo tutti quanti aver d’ora in avanti
Voialtri al nostro fianco per non sentirci soli

La CGIL: accusò i latifondisti di voler "soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori".

«Alle 3 del mattino lascio la mia casa e vi ritorno alle ore 3 del pomeriggio e dopo 12 ore di duro lavoro ritorno ai miei cinque figli con nemmeno 500 lire e con la schiena rotta.»

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C’è un filo che unisce queste frasi dette in circostanze diverse, in luoghi diversi e da persone diverse, il filo è l’aspirazione dell’essere umano alla propria dignità attraverso la sua capacità di autodeterminazione, grazie alla intoccabile Libertà di decidere della propria vita. 

A tal proposito, ecco come la Treccani definisce il termine Libertà: “facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo”. E nel diritto: “Dal punto di vista giuridico, per L. si intende in linea di massima il diritto di ogni individuo di disporre liberamente della propria persona”. E’ per questo diritto inalienabile del singolo che le persone protagoniste delle storie di cui parlo hanno combattuto, anche a costo della vita.

Adesso però ricominciamo dall’inizio: ho scelto di raccontare questi eventi perché sono emblematica testimonianza di quanto gli uomini (pochi purtroppo) siano intenzionati a spendersi per preservare a tutti i costi la loro “facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo”.

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Uno.

Siamo nel ’43, più precisamente  è l’8 settembre, momento chiave nella storia recente dell’Italia. Forze armate allo sbando, truppe tedesche hanno invaso l’Italia entrando in massa dal Brennero, l’Italia firma la resa con gli Alleati (ennesimo tradimento!?). Il caos è totale, centinaia di migliaia di militari che si danno alla fuga, ma non tutti: alcuni rimangono e si uniscono alle forze partigiane già operanti in Italia (P.ta S. Paolo - P.le dei Partigiani ne è uno degli esempi più noti e importanti).
E’ dai ragazzi che bisogna cominciare se vogliamo cambiare qualcosa, caro Gennaro”. Questo diceva il generale al suo agente di scorta. L’8 settembre ’43, mentre tutti abbandonavano la nave che affondava, si era arruola nei Carabinieri per partecipare alla lotta partigiana. E’ il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Appena finita la guerra gira l’Italia a caccia di delinquenti di ogni genere, anche se “predilige” la lotta alla mafia. Opera 15 anni a Corleone, poi Firenze, Como, Milano e Roma. Quindi a Palermo nel ’66 e nel ’77 è al Comando Reg. N.O. ; arresta Curcio e Franceschini e diviene coordinatore delle forze dell’ordine contro il terrorismo BR. Indaga, con capacità indiscussa e dedizione, sulla brutale esecuzione di Moro, firmando così inconsapevolmente la sua condanna a morte. Manda una lettera al Presidente del Consiglio di allora, Spadolini: “La corrente Democristiana Siciliana facente capo ad Andreotti, sarebbe stata la famiglia politica più inquinata da contaminazioni mafiose”, lo stato ha fallito! Ormai il suo destino è segnato, isolato e abbandonato dalle istituzioni viene nominato prefetto a Palermo, dove continua con pochissimi mezzi ed in completa solitudine la sua attività investigativa, custodendo gelosamente la sua valigetta con l’incartamento sul delitto Moro.
Il suo agente di scorta Domenico Russo, nato il 27 dicembre 1950, è all’epoca dei fatti Guardia Scelta della Polizia di Stato, in servizio presso la Prefettura di Palermo; viene poi assegnato alla scorta del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa; sposa una ragazza siciliana, Fina, dalla quale ha due figli, Dino e Toni.
L’ho conosciuto, Domenico Russo – racconta Gennaro Nuvoletta, carabiniere e fratello di un altro Nuvoletta, Salvatore, ucciso dalla camorra a Marano il 2 luglio del 1982 – Io facevo già da autista e da scorta al generale Dalla Chiesa da quattro anni. Quando venne nominato prefetto di Palermo il 30 aprile, mi portò con sé. Domenico Russo, bravissimo ragazzo, lavorava alla Prefettura di Palermo. Facemmo subito amicizia, perché lui era campano come me. Il prefetto lo scelse come autista e come agente di scorta. Il generale mi chiese di istruirlo per una ventina di giorni perché conoscevo già le sue abitudini e i suoi metodi di lavoro. Avevamo in dotazione una Croma blindata col telefono a bordo che portai a Palermo i primi di maggio di quell’anno. Il ragazzo di Santa Maria Capua Vetere si dimostrò subito all’altezza”. 
Ho nostalgia della vita passata nella villa di campagna…la vita scorreva serena, ma il nostro dovere era di ritornare qui, sempre in prima linea, perché questa è proprio guerra, sai? E delle più difficili da combattere’’. Emanuela Setti Carraro nasce nel 1950 a Borgosesia, segue le orme della madre diplomandosi infermiera volontaria della Croce Rossa Italiana, esercita presso ospedali civili e militari, lavora anche nel campo delle disabilità.
Questi i protagonisti, ora i fatti.
Il generale e prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa il 3 settembre 1982 esce dalla prefettura a bordo di una Autobianchi A112 beige, alla guida la moglie Emanuela Setti Carraro; l’Alfetta dell’agente Domenico Russo segue a breve distanza. In via Isidoro Carini, una motocicletta affianca l’Alfetta di Russo che viene colpito da diversi proiettili esplosi da un AK-47. Una BMW 518 con a bordo i killer spara una pioggia di fuoco contro il parabrezza della A112, Dalla Chiesa e la moglie sono uccisi da trenta pallottole. Emanuela, crivellata di colpi, viene finita con un colpo di pistola al volto (sa dove gli incartamenti segreti del generale sono nascosti)..Russo, l’agente di scorta, morirà dodici giorni dopo, il 15 settembre all’ospedale di Palermo. “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti", è la scritta apparsa sul luogo della strage). Questi tre difensori della legalità erano pienamente coscienti di cosa li aspettava, nonostante questo hanno lavorato, sofferto e sono morti per la nostra Libertà.

Due.

E adesso passiamo ad un’altra tipica “storia italiana”, la storia incredibile ma vera di Pietro Nava, “testimone di giustizia senza tutela” dello Stato. «Perché ho fatto questa scelta? Semplice: io ho avuto una famiglia che mi ha insegnato che devi avere senso di responsabilità, che quando tocca a te tocca a te. La persona ammazzata era un giudice, ma se fosse stato un pastore sarebbe stato uguale». E’ agente di commercio ed in auto sta percorrendo la statale che conduce da Canicattì ad Agrigento, quando qualcosa di strano accade nel suo specchietto retrovisore: un uomo scende dall’auto inseguito da tre individui, poi degli spari è più nulla.
Lo rifarei!” questo risponde all’intervistatore che gli chiede se sarebbe pronto a ripercorrere lo stesso arduo cammino. In mezzo ad un mucchio di Pilato dello stato e contro l’omertà si staglia la figura di quest’uomo comune, “eroe per caso”. Da quel momento la sua vita e quella della sua famiglia diventano un calvario, 30 anni passati a nascondersi, protetti da agenti che lui definisce persone impagabili. La loro vita va paragonata a quella di reclusi con condanne di 30 anni e nonostante questo lo stato gli fa difficoltà per rendere la sua pensione reversibile e quindi, in caso di decesso, lasciare alla moglie di che vivere: si premiano i pentiti ma si penalizzano i testimoni, è evidente che qualcosa nell’ordinamento italiano non funziona.
E da qui ci leghiamo all’altra storia, quella del giovane che fugge dall’auto bianca e che Nava vede nel suo specchietto retrovisore. Il procuratore generale di Agrigento Pietro Giammanco così ne parla: «Si distingue per intelligente, oculata, intensa e proficua attività, per versatilità d’ingegno, ottima cultura e retto senso giuridico. Nelle istruttorie affidategli dimostra capacità, zelo e correttezza. Rappresenta degnamente l’ufficio nelle udienze penali dando prova di possedere talento e acume».
Invece ai giovani magistrati inesperti chiamati a lavorare su fronti antimafia  non affiderebbe “nemmeno l’amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola finestra, che è anche la porta”, Francesco Cossiga, presidente della Repubblica e noto per la sua attività antidemocratica e  golpista (fonda lui Gladio). E con questa infame definizione diretta ad un integerrimo e scrupoloso magistrato, l’infame Presidente della Repubblica mette una pietra tombale sull’assassinio del “giudice, ragazzino”  (così da lui definito in tono chiaramente dispregiativo) da parte di tre sicari della Stiddha!
Nel 2019 Papa Francesco però dirà di lui che «continua ad essere un esempio, anzitutto per coloro che svolgono l’impegnativo e complicato lavoro di giudice. Lavorava in un tribunale di periferia: si occupava dei sequestri e delle confische dei beni di provenienza illecita acquisiti dai mafiosi. Lo faceva in modo inattaccabile, rispettando le garanzie degli accusati, con grande professionalità e con risultati concreti: per questo la mafia decise di eliminarlo. Livatino è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni».
Rosario Livatino, il “giudice ragazzino”, è un magistrato di 37 anni che si occupa di investigare sulle proprietà e gli introiti della mafia agrigentina, in particolare la Stiddha, mafia emergente in conflitto con quella storica. Il 21 settembre 1990 l’auto del magistrato viene speronata da un’automobile e da una moto lungo la statale SS640 Agrigento-Caltanissetta. Quel giorno Rosario in tribunale avrebbe dovuto decidere alcune importanti misure di prevenzione che avrebbero minato gli interessi dei mafiosi (e quindi anche dei suoi assassini). Il magistrato esce dall’auto e cerca di scappare a piedi ma viene raggiunto e ucciso con 4 colpi di pistola. “Cosa fate picciotti?” sono le sue ultime parole. Un altro eroe, suo malgrado, nella infinita lotta tra il Bene ed il Male, la lotta per la nostra Libertà.

Tre.

Guido Soragni: « ...un poliziotto, arrivato di corsa, sparò una raffica a bruciapelo contro un ferito, che morì sul colpo. L'altro ferito, mentre cercava di soccorrere il caduto, venne raggiunto da una raffica di mitra sparata sempre dallo stesso poliziotto... ».L’ordine del Presidente del Consiglio nonché criminale Tambroni alle forze di polizia è "aprire il fuoco" in "situazioni di emergenza". .E’ il 6 luglio 1960 e la Camera Confederale del Lavoro di Reggio Emilia indice uno sciopero generale provinciale dalle 12 alle 24 «in seguito ai gravi fatti avvenuti a Licata e a Roma». Si dirotta il comizio nella centrale Sala Verdi (ridotto del teatro Ariosto) perché la Prefettura lo proibisce all'aperto, e viene vietato l’uso altoparlanti per diffondere il contenuto degli interventi all'esterno, su piazza della Libertà (sic!). 20.000 manifestanti sfilano in corteo e alcuni operai iniziano a cantare canzoni di lotta. Ma ecco che alle 16.45 una carica di un reparto di 350 poliziotti, al comando del vicequestore Panico, attacca. I carabinieri, al comando del tenente colonnello Giudici, partecipano alla carica entrando in piazza dal lato opposto. E’ una carneficina.
Lauro Farioli (1938), operaio di 22 anni, orfano di padre, sposato e padre di un  bambino; Ovidio Franchi (1941), operaio di 19 anni, il più giovane dei caduti; Marino Serri (1919), operaio[3] di 41 anni, ex-partigiano della 76ª SAP, sposato e padre di due bambini; Afro Tondelli (1924), operaio di 36 anni, ex-partigiano della 76ª SAP, è il quinto di otto fratelli; Emilio Reverberi (1921), operaio di 39 anni, ex-partigiano nella 144ª Brigata Garibaldi (commissario politico distaccamento "Amendola"), sposato, con due figli. Sono i "martiri di Reggio Emilia". Tutti uccisi a colpi di mitra e di pistola; si contano anche 21 feriti da arma da fuoco. Effettuati 23 arresti e molti manifestanti vengono denunciati. Le forze dell’ordine (?) sparano in tutto 182 colpi di mitra, 14 di moschetto e 39 di pistola. Al funerale, in forma civile e unico per le cinque vittime, partecipano 150.000 persone, fra le quali molti esponenti politici, ulteriore segno di istituzioni incapaci, ipocrite e colpevolmente negligenti;  Tambroni. criminale primo ministro, si dimette insieme con il suo becero governo appoggiato dai fascisti dell’MSI. Adesso i cinque operai assassinati dallo stato italiano riposano fianco a fianco nel cimitero monumentale di Reggio Emilia, compagni nella morte come nella vita.
Questo è quanto ha pagato in termini di sangue e dolore il popolo di Reggio Emilia per rivendicare il diritto di tutti noi alla Libertà.

sabato 18 settembre 2021

RADIOCIXD 46 - SORELLE

Ora che il cerchio si è chiuso, e chi vuole o deve continuare a vivere (come invidio i miei amici in pensione!...) deve in qualche modo munirsi del lasciapassare di regime volgarmente chiamato green pass, ho deciso di non parlarvi più di covid19, perlomeno non più con l'intento (dimostratosi vano, com'era peraltro prevedibile) di convincere qualcuno a continuare o riprendere a ragionare. La dittatura ha vinto, come sempre col consenso di quasi tutti i sudditi, spesso anzi entusiasti o comunque infervorati contro i reprobi e gli irriducibili. Chi di questi ultimi vuole o deve continuare a vivere, dunque, deve proteggersi, scavarsi o trovarsi un buco dove aspettare che passi la tempesta, e sperare di esserci ancora quando sarà passata e potrà uscirne. Nutrendosi in cuor suo del disprezzo verso i propri simili, se vuole, e/o cercando conforto nelle proprie isole felici, se ne ha. Una delle mie resta la musica, anche se devo rinunciare ai concerti (il green pass per andare al lavoro è un ricatto a cui a se stessi si è giustificati a cedere, per il divertimento andassero a f...) e devo intensificare il consueto sforzo di distinguere le opere dall'autore salvando le prime - se magari costui, magari antisistema fino a ieri (come quello che diceva che amava la maria e bisognava legalizzarla), si è fatto filmare con i ditini sul braccio nello spot per la punturina.

Come forse sapete, in questa rubrica recensisco album, intesi come opera unitaria, quasi tutti datati (e vista la mia età lo strano è il "quasi"), con rare eccezioni che forse si faranno sempre più frequenti man mano che esaurisco la lista dei (secondo me) memorabili che mi ero fatto per prima cosa. Anche perché ci sono degli artisti per cui è difficile identificare uno o più album interamente da segnalare, ma invece è semplice spulciando nell'intera carriera creare una playlist notevole. Per le sorelle Bertè non è stato necessario, grazie a una compilation del '99 (uscita allora in concomitanza col compleanno delle due, curiosamente coincidente: il 20 settembre - quindi in questi giorni...) che seleziona il meglio di due live - uno per ciascuna: Semplicemente Mimì e Decisamente Loredana - di pochi anni prima, per togliermi la voglia di parlarvene, in parte dovuta alla loro calabresità, anche se di Mimì lo avevo già fatto più volte ad esempio qui nel ventennale della sua fine tragica, e qui in occasione di quella simile di Dolores O'Riordan (una delle poche cantanti, peraltro, a poter rivaleggiare con la bagnarota nostra per intensità di interpretazione).

Solo che siccome questi live non è che "suonino" benissimo, magari stavolta i singoli brani di questo album ve le propongo in versioni non prese dall'album stesso, tranne magari quelle per cui proprio l'esibizione dal vivo inclusa in questa raccolta dà loro un valore aggiunto.

Stante l'estrema notorietà delle due, le cui vicende per ragioni diverse hanno sempre suscitato e continuano a suscitare la curiosità dei rotocalchi televisivi, è qui più che mai inutile riportare cose che sicuramente avrete già sentito da qualche parte: quantomeno nella fiction su Mia, tanto bene interpretata da Serena Rossi quanto piena di buchi e imprecisioni (mancano tra l'altro due personaggi chiave, Ivano Fossati e Renato Zero, che hanno negato la loro liberatoria, e ciò la dice lunga sulle mancanze, mentre le aggrava). Meglio dunque ripiegare, come spesso ho fatto in questa rubrica, su un quello che posso aggiungere pescandolo dal mio bagaglio personale. Favorito in ciò dal fatto che il loro paese d'origine è una amena località sulla bellissima costa Viola, dove bazzico fin dall'adolescenza.

Eccovi quindi le tracce, come al solito potete ascoltarle cliccando sul video mentre leggete il commento affianco:

1. E la luna bussò
Ad esempio questa ve la metto nella versione originale, che davvero contribuì a lanciare il reggae in Italia con un arrangiamento che "spaccò", valorizzando enormemente la musica di Lavezzi e il testo degli immensi quanto all'epoca onnipresenti (fino agli Squallor) Pace e Avogadro.
2. Il mare d'inverno
Anche questa, stavolta perché è una delle poche in cui se ve la canta adesso un po' fatica, anche se il tipico calo di tono delle corde vocali nelle persone anziane nella tigre di Bagnara si presenta meno, a chiudere le strofe l'ottava sopra di quanto facesse l'autore stesso Enrico Ruggeri.
3. Ninna nanna
Ancora un reggae, scritto da Alberto Radius, già chitarrista dei Formula 3 (si, quelli che cantavano le canzoni di Battisti, ricordate bene) e per noi ragazzi degli 70 autore e interprete di Nel ghetto ("e no, io non ci sto!"), canzone destinata dalle caratteristiche dell'umanità a restare sempre attuale.
4. Dedicato
Anche per questo brano di Fossati l'arrangiamento originale, per Loredana, è imbattibile (anche da quelli dello stesso autore). In più vi ho trovato un video pieno di immagini d'epoca della sensualissima e ribelle ragazzotta.
5. Non sono una signora
Se le foto non bastavano a rendere l'idea, questo è il videoclip originale del 1982 di questo brano iconico, talmente tagliato sulla interprete che l'autore non mi risulta essersi mai azzardato a interpretarlo. Fossati, com'è noto, ha avuto una lunga relazione sentimentale con Mia Martini, ma la cosa fu per fortuna foriera anche di una fertile collaborazione artistica con la sorella.
6. Sei bellissima
Questo brano è addirittura del 1975. Chissà perché avevo sentito dire fosse di Malgioglio, ma invece pare addirittura che sia della stessa interprete, ai tempi intrescata con Adriano Panatta (che poi la "piazzò" con Borg...). La canzone è talmente bella che hanno provata a interpretarla praticamente tutte le altre cantanti, nessuna riuscendo mai ad avvicinarsi nemmeno un po' alla versione originale della giovanissima Bertè.
7. In alto mare
Qui la chicca è proprio nella versione scelta per questa raccolta: una delle rare volte in cui Loredana si esibisce live assieme al suo vecchio amico Renato Zero, con cui (e con Mimì) ha condiviso tutti gli anni della gavetta dura, nella Roma di fine anni sessanta. La versione studio era la prima traccia di un album funky in cui c'è lo zampino di Pino Daniele, e si sente...
8. Almeno tu nell'universo
La versione che vi propongo è quella live di Sanremo 1989, indimenticabile anche per chi non abbia visto la fiction RAI (che ha il buon gusto di mostrarla in coda) e quindi ne conosca già la genesi (scritta da Lauzi e Fabrizio nel 72, e ripescata allora per uno di quei casi fortunati della storia). Anche per questa canzone esistono innumerevoli versioni, persino quella di Mina, tutte distante anni luce dalla interpretazione emozionante di Mimì.
9. La donna cannone
Dopo quel Sanremo, sembrò finire l'ostracismo per la Nostra; questo video è ad esempio di una delle tante apparizioni televisive di quegli anni. La canzone, famosissima, fu interpretata da Mimì da par suo, ma non quanto poi fece con un altro brano dello stesso De Gregori, quella Mimì sarà di cui lei si impossessò, quasi fosse stata scritta per lei, poco prima di morire.
10. E non finisce mica il cielo
Questo brano costituisce il vertice dal lato artistico del sodalizio con Fossati. Valse a Mia il premio della critica, che sette anni dopo avrebbe rivinto con "almeno tu" e che dopo la morte le sarebbe stato intitolato, appositamente inventato in quella occasione per compensarne l'ingiusta classifica, quell'anno dominata dal nazionalpopolare. Riascoltarla in versione live fa venire i brividi, ogni volta.
11. Gli uomini non cambiano
Dieci anni dopo, con questa canzone, oggettivamente inferiore anche se stiamo parlando sempre di livelli altissimi, specie per via dell'interpretazione come al solito partecipata, a Sanremo arrivò seconda. Vedi tu.
12. La nevicata del 56
Non è frequente ma nemmeno rarissima, la neve a Roma. Ma questa canzone (dove pare ci sia lo zampino del Califfo) è talmente bella, talmente nelle orecchie di tutti nella interpretazione di Mia, che quando nel 2012 tutti andammo in giro la notte a vedere le strade della Capitale imbiancate, in molti, quasi tutti nati dopo il 56 ma anche parecchi più giovani, ci cantavamo in testa questa canzone.
13. Medley: Minuetto, Donna sola, Piccolo uomo, Per amarti
Esecuzione live della tournée del 1990, che mette assieme il capolavoro di Califano con altre tre bellissime canzoni degli anni 70. Il "valore aggiunto" di cui vi parlavo sopra. Semplicemente, Mimì.


sabato 11 settembre 2021

LA PROVA GENERALE

Ci siamo detti tante cose in questi anni sull'11 settembre, che basta seguire il tag per rileggersele quindi non è il caso ripeterle. Ma ci sono due ragioni per cui è il caso di parlarne oggi: uno, è il ventesimo anniversario, e siccome agli umani piacciono le cifre tonde in questi giorni vi sfracagneranno i cosiddetti con la favoletta che vi hanno raccontato allora, e due, il paradigma usato per la cosiddetta pandemia è sempre quello, al punto da rendere ragionevole supporre che la recita di oggi sia la vera e propria prima, mentre quella di allora, che credevamo esserlo, era solo la prova generale.

Avrete forse sentito anche voi che il presidente Biden, tra un'offensiva e l'altra sui vaccini (come riescano a dire nella stessa frase che bisogna imporli e che serve la terza dose perché le prime due non sono bastate, senza sollevare in rivolta l'intera popolazione, non credo che riuscirò mai a capacitarmene...), ha deciso di desecretare alcuni documenti sulle stragi di vent'anni fa. Ebbene, non saranno tutti e non saranno decisivi: 20 anni sono pochi, ce ne vogliono almeno il doppio. Alla fine, chi c'è ancora lo vedrà, la verità verrà più o meno tutta a galla: l'élite del capitalismo internazionale aveva bisogno di un evento che giustificasse nell'opinione pubblica una escalation militare che da un lato desse modo alla potentissima lobby militarista di estrinsecare al massimo le sue potenzialità, e dall'altro rendesse accettabili sul fronte interno le limitazioni alla libertà personale indispensabili all'attuazione complessiva del progetto oligarchico. Così, predisposero con la scusa di una ristrutturazione le cariche esplosive necessarie alla demolizione controllata delle tre torri più grandi del WTC, peraltro vecchiotte e piene d'amianto per cui un peso per i proprietari, ci misero dentro dei radiofari da aeroporto per guidarci contro degli aerei di linea, e un po' dopo gli impatti (la terza, nemmeno quello) fecero implodere le torri col telecomando, subito annunciando che erano stati dei terroristi islamici, di cui trovarono subito in mezzo a milioni di tonnellate di calcinacci bruciati le carte d'identità, e nonostante quindici su sedici fossero arabi invasero l'Afghanistan, con la pezza d'appoggio ulteriore della condizione della donna sotto i talebani di cui quanto gliene importi lo vedete oggi in cronaca. Imponendo da allora in poi il principio che se vuoi viaggiare ti devi fare perquisire e devi lasciare a casa le forbicine, tanto i terroristi continuano a spostarsi con altri mezzi e magari anche con ben altri appoggi, per colpire dove serve (tipo, in posti turistici o sui mezzi di trasporto delle metropoli, tanto per cominciare a far capire ai grassi occidentali che non possono più divertirsi come gli pare e nemmeno andare in ufficio).

Questa storia fu come al solito evidente, quasi lapalissiana, agli occhi di pochi, tra cui con malcelato orgoglio, e un po' di malinconia vista la vanità della cosa, mi annovero. Dei tizi col patentino per i piperini non possono essere in grado di puntare un bestione a pieno carico verso bersagli stretti come i grattacieli o bassi come il Pentagono, un grattacielo non crolla su se stesso alla velocità della forza di gravità se colpito da un aereo a tre quarti d'altezza, figurarsi per i danni strutturali innescati dai crolli dei grattacieli vicini, e un jet di quelle dimensioni non può volare rasoterra e colpire un edificio basso sul fianco facendogli un buco più piccolo della sua sezione. Da subito dei siti cominciarono a produrre documenti che contraddicevano la versione ufficiale, tra i quali il nostro Mazzucco si segnalava per precisione e documentazione. Ma la versione ufficiale fu imposta caparbiamente, con la solerte collaborazione dei media mainstream, i dissidenti bollati come complottisti, i loro siti censurati a volte chiusi comunque sbeffeggiati, e a chi continuava a usare il cervello non restò che assistere a venti anni di guerre contro il terrorismo, con morti a centinaia di migliaia in teatri sempre più vasti (ad esempio si aggiunse l'Iraq, con la bufala delle armi di Saddam anch'essa sbandierata ai quattro venti e poi sbugiardata rapidamente, ma senza conseguenze per i bugiardi che come Blair continuano a gozzovigliare per convegni mentre per dire un Assange marcisce in carcere), comprandoci le boccette e togliendoci disciplinatamente le cinture e le scarpe se proprio volevamo volare, pazienza è per la nostra sicurezza.

Non mi stanco mai di ripeterlo: quando ero piccolo gli indiani nei film erano i cattivi, e infatti noi bambini ci vestivamo da cowboy. Ma già negli anni 70, la stessa Hollywood poté produrre film in cui si raccontava la storia vera, quella di un genocidio feroce ai danni di un popolo libero e ingenuo, vero peccato originale (e non l'unico, se pensiamo ai negri d'Africa) davvero troppo ingombrante per il Paese sedicente culla della democrazia moderna. Per l'11 settembre è ancora presto (vero, Spike Lee?), ma già si vedono le crepe, al castello di menzogne costruito all'interno del piano del capitalismo sovranazionale per riportare i cittadini al rango di sudditi. Di cui fanno parte altre favole come il monetarismo e l'Unione Europea figlia sua, l'ambientalismo gretino e le altre amenità del politically correct finalizzate a titillare il "sentirsi di sinistra" di masse sottoposte col loro convinto consenso a provvedimenti sempre più "di destra". E la pandemia in cronaca.

Ieri in TV hanno mandato uno di Libero, (mi pare, ma oggi l'ho risentito al TG, quindi vi ci stanno preparando...) a dire che i vaccini non risolvono il problema visto che a 60 milioni di italiani hanno già iniettato 80 milioni di dosi (fate i conti voi, tra prima e seconda, con noi renitenti ad essere sempre meno), e quindi ci vorranno altri lockdown. Si avete letto bene: non "e quindi basta con questa farsa e andiamo a vedere chi semmai ha intascato tangenti dalle case farmaceutiche". Nel gioco delle parti, chi critica un governo che ottusamente continua a voler imporre (vigliaccamente, con uno strumento che Brunetta ha definito "geniale", e lui se ne intende, lo sapete... ops, ma allora era il nemico, oggi è nel vostro governo quindi vi va bene) un rimedio che non è tale (anche se fosse tale, l'imposizione sarebbe ingiusta e illegittima, peraltro) forse è controproducente e in più non si sa se fa male, anzi rilancia con la terza dose (di una serie infinita, probabilmente), lo fa in definitiva portando acqua al mulino del progetto sottostante: l'annullamento definitivo di ogni libertà individuale. E a chi ha ancora il coraggio di cantare fuori dal coro, si fanno le pulci alle chat in cerca di frasi aggressive di certo poco furbe (e quindi chissà magari c'è lo zampino di troll), per tacitare il dissenso con indignata eco ("violenti!", presto "terroristi!") nei telegiornali di regime.

Ma la verità prima o poi verrà a galla, forse la mia generazione non la vedrà, ma verrà a galla. I grattacieli non vanno giù se un aereo li colpisce in cima, e comunque non a quel modo, accartocciandosi come solo se un timer fa saltare il piano sotto un istante prima di quello sopra può avvenire. Un presidente in parata con un esercito a sua protezione non può essere ucciso da un folle isolato che spara da un palazzo in costruzione. Una serie di attentati su tutto il territorio non possono avvenire senza che facciano parte di un piano architettato altrove rispetto a quanto sembra, e per capire dove basta vedere l'effetto che ha avuto sull'elettorato. Una intera flotta navale non può essere sorpresa in porto dal nemico senza la colpevole diciamo così distrazione dello stato maggiore. Due bombe atomiche con centinaia di migliaia di morti non possono giustificarsi con il dover sconfiggere un nemico già sconfitto, forse invece vogliono dimostrare qualcosa a qualcun altro. E così via. Fino a: il virus del raffreddore non può decimare l'umanità, infatti dati alla mano non lo sta facendo nemmeno stavolta, e quindi se ci si comporta come se lo stesse facendo vuol dire che si hanno altri obiettivi.

Non dite che non ve l'avevo detto.

domenica 5 settembre 2021

AMICI MAI

Ho messo un titolo vendittiano, ma ho in mente ben altri modelli letterari. E' solo che questa maledetta pandemia (per dirla in sintesi) ci sta sempre più, in vari modi, isolando l'uno dall'altro, e per uno come me che si era sempre fatto vanto di avere molti amici molti dei quali di lunga data è una bella botta, davvero. E se si capisce che qui oggi parliamo di amicizia, per capire dove voglio andare a parare e perché ho scelto proprio il titolo di questa canzone, mi spiace per voi ma dovete arrivare in fondo al post.

In realtà avrei voluto chiamarlo "dalla parte del torto", ma paradossalmente la frase attribuita a Brecht è così bella e vera che non è solo diventata una canzone e un album di Lolli (ancora lui, ma non è colpa mia se ha scritto tante cose preziose, ad esempio qui L'amore ai tempi del fascismo, di tremenda attualità sia per quello che dice che per lo spunto letterario), ma anche una associazione a favore delle "periferie fisiche e sociali" con annessa web-radio, una rivista online che tra l'altro cerca di capire che fine abbia fatto la sinistra, e un libro con tra l'altro lo stesso interrogativo che meglio che a Brecht si rifà a Caproni e che ha il torto (ancora) di essere uscito un mese prima dell'avvento dell'Era Pandemica (e mi piacerebbe sapere come lo riscriverebbe l'autore oggi).

Forse allora meglio dovrei rifarmi al più grande di tutti, quel Faber che per primo, e con enorme anticipo, ha capito che l'Unione europea è il Quarto reich camuffato, e che scriveva versi come "in direzione ostinata e contraria", "servi disobbedienti alle leggi del branco" (in Smisurata preghiera, di cui qui vi metto il testo e in fondo il video), e altri che continuano a ispirarmi nel quotidiano, perché io sono cresciuto quando si usava ascoltare la musica col cervello acceso, e continuo a farlo ancora. Ed è proprio la questione "cervello" la prima scriminante che serve: ad una generazione di italiani col cervello acceso, per una epidemia influenzale con 50mila morti (1970, ma contati coi criteri di allora: niente tamponi e niente forzature), era talmente impossibile chiuderli in casa terrorizzandoli che nessuno in effetti ci pensò. Vero è che la élite sovranazionale che oggi domina il mondo allora era ben lungi dall'organizzarsi, e d'altronde il mondo di allora erano due - c'erano anche "i cattivi", i comunisti - e questo costringeva i buoni a dimostrare continuamente di esserlo (e infatti hanno smesso appena vinta la Guerra fredda). Ma è vero anche che avrebbe cominciato di lì a poco. E il terrore ci fu, eccome, proprio a partire da quel 1970, solo era di un altro tipo e oggi i "compagni" sembrano averlo dimenticato.

Piazza Fontana, Italicus, Gioia Tauro, Brescia, Bologna, Ustica, le BR, gli assassini e poi le stragi di mafia: l'elenco è necessariamente incompleto, tanto sarebbe lungo. Ebbene, in ciascuno di questi tragici eventi vi fu una maggioranza di persone che reagì al terrore accodandosi a quei partiti che li rassicuravano, e lo fece da buon gregge innanzitutto credendo alle versioni ufficiali dei fatti: gli anarchici, la bomba nel cesso dell'aereo, i boia chi molla, eccetera. Una minoranza (che tra i giovani tale non era, e i giovani allora erano tanti) semplicemente alle "bugie di Stato" non ci credeva, parlava di "strategia della tensione", ed è vero che questi individui avevano alle spalle proprio quel partito il cui discendente oggi è il capofila dei "conservatori", ma molti criticavano anche quello e si ponevano alla sua sinistra. In ogni caso, la Storia che finalmente si racconta a decenni di distanza ci dice che quasi sempre le spiegazioni alternative e allora minoritarie erano invece proprio quelle corrette, in molti casi è addirittura dimostrato giudizialmente. Ma non eravate proprio voi, amici di sinistra che oggi togliete il saluto a chi non si vaccina (giuro, l'ho letto su facebook, non dico chi è perché sicuramente non è il solo e perché ho una minima speranza in fondo al cuore che mi legga si riconosca e si vergogni), a dire che a dimenticare la storia si finisce per ripeterne gli errori? Noi non siamo "no vax", siamo diffidenti di fronte a una narrazione di cui insospettisce innanzitutto la compattezza, e la violenza (repressa, per ora, ma a fatica a leggere il non verbale di Draghi e company) nell'imporla, oltre che i numeri e come vengono manipolati, e abbiamo tutti i diritti costituzionali e umani di esserlo. E se il tempo si dimostrerà ancora una volta galantuomo, la storia dirà che avevamo ragione: che la pandemia è stata montata, cavalcata, manipolata, allo scopo originario di distruggere quelle libertà e quei diritti che i nostri avi hanno conquistato per noi, scopo che prima avevano tentato invano di raggiungere con altri mezzi, trovando alla fine quello giusto. Solo che, come al solito, coloro che dicono la verità, isolati derisi e attaccati in vita, con ogni probabilità non saranno presenti ad incassare i tributi che gli verranno riconosciuti quando verrà a galla.

Insomma non ci sono solo quelli che temono di vederti perché non sei vaccinato, oppure accettano ma all'aperto e temendo che ti avvicini, o ti rifiutano un passaggio in auto anche se ti metti la mascherina. Un altro amico, creduto tale per ben 23 anni, è oltre un anno che non lo vedo perché io sarei uno che o sei d'accordo con lui o sei cretino, sempre se ho capito bene dai pochi scambi di messaggi, sempre da me innescati col tentativo di comprendere il voltafaccia, nel frattempo intercorsi, in cui invocavo almeno il bene di un'accusa esplicita da cui eventualmente difendermi o di cui scusarmi, perché un amico semmai ti smerda, ti vomita tutto addosso, al limite te le da e se le prende, ma mai ti evita, mai ti taglia come se fossi solo un partner da scaricare. Un'altra ha detto di non seguire più il blog perché sarei troppo aggressivo con chi non la pensa come me, Ma io dico: se uno viene messo all'angolo, se crede di indovinare che la discriminazione è solo il primo passo e che la rovina è in agguato per tutti, anche se non è un ristoratore o un operatore turistico o un lavoratore della sanità o un insegnante, categorie già colpite in vari modi solo prima delle altre (ma anche se fossero le sole: dobbiamo indignarci solo quando tocca noi o non è invece nostro dovere di cittadini democratici farlo anche quando non si è colpiti?), avrà almeno il diritto di arrabbiarsi, sputare veleno, criticare e offendere, mostrando peraltro così nient'altro che la sua debolezza? Non siamo tutti Gandhi o Gesù, e nemmeno d'altra parte Sandokan: non abbiamo la pazienza e la furbizia della non violenza ad oltranza, la forza di porgere sempre l'altra guancia fino alla crocifissione (con la certezza di risorgere, però, a pensarci bene l'avremmo tutti...), o il coraggio e il fisico per guidare una rivolta armata e violenta. Lasciateci almeno il gusto di incazzarci e parlare male di chi fa del male a noi e alla nostra idea di società.

Già perché è questo che sta accadendo, e di cui il gregge se ne accorgerà solo a cose fatte: stanno cambiando il mondo. Non ci sarà posto per la piccola impresa, per l'impiego pubblico, per la sanità pubblica, per la casa di proprietà, per il fare studiare i figli con la speranza che avranno una posizione migliore della nostra, per il diritto umano inalienabile all'inviolabilità senza consenso del proprio corpo, per i diritti civili seri come quello al lavoro (rimpiazzati da quelli facili da concedere come quello alla autodefinizione dell'identità sessuale, magari anticipato a quando non hai ancora idea di quale sia). Non mi credete? liberissimi. Ma lasciarmi libero di dirlo con tutta l'enfasi che mi esce dal petto, quello non dovrebbe venire prima di tutto? o siete democratici, e magari di sinistra, solo a parole? L'aporia del relativismo è spietata: tutti sono liberi di sostenere la propria opinione, ma anche chi ha l'opinione (e il potere di imporla) che non tutti siano liberi di sostenerla?

Insomma, cari amici miei, ecco cosa deduco da tutto questo ragionamento, che come al solito è stato difficile e contorto (un altro amico dice che dovrei scrivere più facile, ma io penso che questo sia parte del problema: hanno ridotto la gente a non essere in grado di leggere tantomeno di scrivere ragionamenti difficili, prima di mettergli in mano un telefonino e chiuderli dentro casa in preda ad un terrore statisticamente ingiustificato, altrimenti non ci sarebbero riusciti), ma stavolta questa conclusione la porto fuori dal post e capirete perché. Cominciamo da facebook, dove ho oltre 500 "amici" mentre sul blog ho solo tra 50 e 100 lettori per post. Li stanerò. Chiederò a ciascuno di loro in vari modi di dirmi esplicitamente se è d'accordo o no con l'uso discriminatorio del green pass, che tra l'altro solo l'Italia sta facendo. Io non mi vaccino se non obbligato per legge, con relativa presa di responsabilità da parte di chi mi sottopone a un trattamento sanitario coatto, nonché sperimentale, in caso qualcosa vada storto. Voi potete non essere d'accordo con la mia scelta, potete anche tentare di convincermi con argomenti (sempre che accettiate la reciprocità, ad esempio leggendo questo studio statistico che dimostra la scarsa efficacia dei sieri proprio dove sono stati usati massicciamente, e vi dice cosa vi accadrà in autunno, zucconi), ma non potete non rispettarla e non rispettarmi (ad esempio, reputando giusto che io perda il lavoro o mi paghi le cure mediche, senza capire che pian piano toccherà a tutti, una volta passato il principio: quando tutti avranno la terza dose, se non fanno la quarta eccetera, e a chi fuma se si becca un cancro o ha un incidente stradale con colpa o mangia troppo e il colesterolo fa danni). Se non mi rispettate, non siete più amici, social o non social, e forse non lo siete mai stati e solo ora lo capisco. Vediamo in quanti restate.

Un servo disobbediente.

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