domenica 30 gennaio 2022

SEGUI I SOLDI - VERSETTI COVIDICI 120-124

Ho rallentato, coi versetti covidici, da quando ho perso la speranza di riconquistare alla razionalità anche una sola delle vittime dell'inganno statistico che ha stravolto il mondo oramai da due anni. La manipolazione è stata ed è talmente efficace che a nulla vale fare due conti ed affermare che un fenomeno di questo ordine di grandezza poteva e doveva essere gestito in modo diametralmente opposto, cioè attraverso una gestione sana della sanità esistente (perdonate il gioco di parole, intendo: curando tutti senza creare e alimentare allarme, anzi usando la stessa potenza di fuoco mediatico che è stata usata per crearlo e alimentarlo invece per sopirlo e zittirlo: questo era ed è il dovere sia di uno Stato democratico che di ogni buon medico, provo a curarti in ogni modo e intanto ti tranquillizzo) e uno sforzo economico immediato e intelligente per rafforzare ogni presidio sanitario ovunque l'emergenza lo chiedesse. Ciò avrebbe riparato in parte i danni alla sanità inflitti negli almeno venti anni precedenti dalle politiche economiche e finanziarie che in Europa sintetizziamo come "eurismo" ma che affliggono tutto il mondo dalla "fine della Storia" (come un filosofo ebbe a battezzare la vittoria del capitalismo sul comunismo) in poi. E così avrebbe persino rilanciato l'economia, perché la spesa in deficit (che peraltro sarebbe stata al massimo un decimo di quella poi programmata per tappare le falle "titaniche" causate dalle chiusure) sul mercato interno in microopere, come sarebbe stata quella ad esempio necessaria a riaprire strutture chiuse (ne ho una davanti casa, sono anni che un comitato protesta per la riapertura di Villa Tiburtina, ma ne ha una vicina ciascuno di voi, c'è da scommetterci) e ad attrezzare reparti volanti anche di intensiva dove servivano assumendo tutto il personale di ogni tipo che serviva, alimenta il moltiplicatore, aumenta le entrate fiscali, e alla fine azzera il deficit iniziale avendo generato crescita. Ne ho parlato molte volte negli anni, e il fatto che fosse nel programma del movimento 5 stelle (dove ora sembrano essersene scordati tutti) mi attenua il senso di colpa per averli sostenuti per anni.

Un vecchio amico che credevo intelligente e razionale, ad esempio, in questi anni è tra i più solerti a postare su facebook giaculatorie su Lascienza e Laverità. Anche di questo ho già parlato e non intendo tornarci. Ma oggi un suo post mi fornisce il modo di spiegare dove voglio andare a parare. Parla del giorno della memoria, e dice più o meno che chi lo equipara ai green pass è un testa di minkia. Ora, secondo me commette un errore marchiano proprio chi parla del giorno della memoria solo per ricordare l'olocausto degli ebrei, o al massimo per ricordare la vittoria sul nazifascismo a rimarcare che grazie a quella oggi siamo per fortuna democratici, dimenticando sia che non è stato l'unico né il più grande massacro (i nativi americani sono stati vittima di uno ben maggiore, o almeno - se non vogliamo fare a chi ce l'ha più lungo - della stessa gravità), sia che la Storia spesso si presenta in modo da confondere i semplici, ad esempio ripresentando il nazifascismo sotto spoglie che gli antifascisti non riconoscono. Volevo scriverglielo, ma ho rinunciato (mi leggerà qui se gli capita), sarebbe stata fatica inutile: chi si ritiene depositario della verità non accetta il dissenso argomentato. Infatti oggigiorno se tenti, in qualunque ambiente, di illustrare una tua posizione articolata, tipo "festeggerò il giorno della memoria quando sarà dedicato a tutti i genocidi, anche a quello armeno, pellerossa, indio, cataro, aborigeno e... palestinese, e quando servirà pure a far si che nessuna altra stella di pezza, mai, sarà cucita sulle giacche di nessuno, o scaricata sul suo telefonino, a distinguere tra cittadini di serie A e B", sei un antisemita e un minchione. Esattamente come se azzardi mettere in discussione la gestione della cosiddetta pandemia e l'accettazione fideistica di sieri sperimentali chiamati vaccini solo per poterli somministrare in mancanza di sperimentazione, e per lo stesso motivo bloccare ogni altra cura empirica possibile causando chissà proprio così forse la maggior parte dei morti, sei no-vax antiscienza antisociale. Il nesso c'è eccome, tra green pass e nazifascismo, e se non lo vedi il testa di minkia sei tu.

Ogni tanto la verità gli scappa...
Un vecchio adagio recita più o meno che per capire un fenomeno devi indagare su chi ci guadagna e come: "segui i soldi", chissà in quanti film americani lo avete sentito. Prima della pandemia, l'Italia aveva un rapporto debito/PIL elevato ma ancora gestibile, tanto che la boutade grillina del referendum sull'Euro poteva reggere, come potevano reggere le strategie di Italexit illustrate dai vari siti di controinformazione, tra cui si segnalavano oltre a quello di Grillo stesso anche quelli di Borghi e Bagnai. Gli incarichi di governo e sottogoverno probabilmente fanno male, che vi devo dire, ma annegare sotto post carichi di dati e grafici (che lui che studiato capisce e tu invece no quindi zitto) il fatto che non parli più di come e perché uscire dall'eurozona, non ti salva anche se sei il più preparato di tutti, anzi quella è un'aggravante. Poi i grillini hanno tradito, o forse hanno compiuto la loro missione originaria come dice Mazzucco, ed è arrivata la Pandemia. Oggi, anche se Paragone, l'ultimo a parlare ancora di uscita dall'Euro, prendesse domani la maggioranza assoluta in parlamento, non potrebbe: due anni di colpi all'economia reale, e una massa enorme di prestiti mascherati da PNRR, ci hanno ridotto a schiavi dell'Euro (e quindi della Germania) senza più nessuna speranza di riscatto. Ve la dico meglio: tre anni fa, potevamo uscire dall'Euro e fare la linguaccia a chi ci restava, per esserci riusciti e per iniziare a inanellare prestazioni economiche da fargli invidia - oggi, semplicemente non possiamo più senza restarne stritolati. Ora, non dico che la pandemia sia stata architettata apposta: ha obiettivi ben più grandi e globali. Ma chi ci sa fare sa calcolare se una strategia mentre persegue un obiettivo principale è in grado intanto di raggiungerne di secondari pure importanti. E magari fare in modo di piazzare al posto giusto chi è in grado di occuparsi della mission: ecco perché abbiamo avuto e abbiamo Draghi premier, perché come liquidatore del Paese per conto terzi è ancora più utile al governo che non alla presidenza della Repubblica. Cossiga, che era uno che ogni tanto la verità gli scappava (chissà, forse ne aveva troppe, da nascondere...), una volta di Draghi disse che era "un vile affarista". E quando un popolo plaude in grande maggioranza a uno così, e segue con diligenza e convinzione i suoi assurdi diktat, di solito poi arrivano guai seri. Di cui poi puoi anche autoassolverti (come noi italiani, bravissimi in ciò, abbiamo fatto col fascismo meglio ancora che i tedeschi col nazismo), ma mentre ne subisci le conseguenze dentro la testolina ti risuona, eccome, che in fondo è colpa tua, e pensare che c'era pure stato un amico che perdeva il suo tempo nel tentare di metterti in guardia.

E ora eccovi un po' di versetti covidici, che mancano da troppo tempo.

120. I padroni son tornati. Bellissimo post di capodanno in cui Halak sintetizza molto meglio di me il nesso strettissimo tra la pandemia e la globalizzazione capitalistica, deducendo quello che quindi ci aspetta...

121. Roma: il profitto non si rifiuta mai. ...Tra cui, la definitiva privatizzazione di tutto, compresa l'acqua pubblica - con cui i grillini rastrellarono buona parte dei loro consensi, assieme al no euro eccetera - e i rifiuti. 

122. Per un’opposizione di classe alla gestione autoritaria della pandemia. Finalmente una voce di sinistra che tenta di chiamare a raccolta, mentre da un lato racconta le cose come "da sinistra" si sarebbe dovute vederle fin dall'inizio e dall'altro mette il dito nella piaga dei troppi "compagni" prigionieri della narrazione ufficiale al punto di non accorgersi che il loro schierarsi contro i "no-vax" (le virgolette rimarcano l'arbitrarietà dell'etichetta, da manuale della propaganda) in quanto destrorsi è funzionale proprio a quelle forze sistemiche che fino a ieri combattevano.

123. Filantrocapitalismo e politica del terrore. Dove si spiega il legame tra la gestione terroristica dell'influenza e quella analoga (ma la salute "attacca" di più, l'unica cosa da chiedersi è come mai non l'avessero capito prima) dell'ambiente, ad essa precedente e successivo: potete scommetterci, il green pass resterà anche quando decideranno di dichiarare la pandemia finita, e sarà legato alla green economy, non gli devono manco cambiare nome.

124. Green Pass "eterno". Ecco infatti una idea più precisa della strategia in atto. Con tanto di normativa europea già approvata. Poi non dite che non ve l'avevo detto.

giovedì 27 gennaio 2022

SERVITÙ E POTERE

Una persona che mi vuole bene assai mi ha mandato in regalo, prima di Natale, il libro qui accanto. Si tratta di un breve saggio politico e filosofico, del cinquecento, rimasto talmente attuale nel tempo che l'edizione in commercio riporta in copertina la faccia di V come Vendetta, simbolo contemporaneo di ribellione e anarchismo, tanto da essere adottato anche da uno schieramento come Anonimous.

La tesi che sostiene, ve la stringo parecchio perché il libro è breve e costa poco (forse si trova pure a gratis o quasi), è che gli uomini sono servi perché vogliono, esserlo. Sono talmente tanti e più forti di chi li tiene in soggezione, che basterebbe lo volessero perché non lo facesse più. Il mio amico è trivaccinato ma rispettoso delle posizioni di tutti e anzi inorridito dal clima di intolleranza imperante, tanto più odioso quanto anche illogico: ora i vaccinati con terza dose avranno anche il green pass illimitato, quindi, siccome possono ancora infettare e essere infettati, saranno loro la principale causa dell'eventuale prossima risalita dei contagi, come è stato  - e ve lo avevo predetto a settembre - per il green pass base, tanto basterà prendersela coi sempre più esigui non vaccinati e la massa ci crederà. Egli è pertanto bestia davvero rara, ed è evidente che mandandomi questo libro ha voluto farmi una carezza. 

La scrittura è semplice e diretta, e la lettura è perciò semplice e veloce. Ma man mano che si va avanti ci si chiede: com'è possibile, allora, che questa pietra miliare del pensiero moderno sia stata "saltata" da tutto il pensiero successivo, tanto che se l'era persa pure uno come me, che legge di politica da quando era adolescente? La risposta è che non lo è stata, anzi è stata abbondantemente considerata da tantissimi (ma quasi sempre senza citarla, forse anche perché l'autore è morto giovanissimo e sconosciuto), solo  quasi sempre utilizzandola per la costruzione delle proprie, di tesi, ed anche in direzioni opposte. L'assunto, infatti, si presta come architrave sia a edifici anarcoidi (visto? lo stato di natura è libero, basterebbe esserne tutti consapevoli per rivoltare ogni sovrastruttura gerarchica e vivere liberi), sia a strutture autoritarie (visto? che vi ribellate a fare? potete al massimo avere un successo effimero, non potete combattere contro la natura umana). E di fatto così è stato: probabilmente se ne trova traccia in tutta la filosofia politica successiva, anche se l'intento dell'autore invece forse era proprio la presa di coscienza individuale, tipica dell'umanesimo, o perlomeno è così che l'ho intesa io e penso possa essere utile oggi a ciascuno di noi.

L'unica teoria che riesce ad accogliere questo assunto includendolo senza travisarlo o strumentalizzarlo è una che si studiava ai miei tempi e forse non si studia più. Ve ne ho parlato nel 2013, allora purtroppo includendo nel discorso la speranza che il nascente grillismo potesse essere un autentico punto di svolta nella politica italiana (ci ho sperato a lungo e lo sapete, che tristezza pensare ad esempio a tutti quegli anni a sparare a zero sui finanziamenti alla stampa, e oggi li raddoppiano, con una cifra che equivarrebbe a 300mila giornate di ricovero in terapia intensiva). Anche questa ve la riassumo, usando in parte le mie stesse parole di allora.

La reale formula del Potere è identica in tutte le società umane (tutte: dall'intera umanità alla famiglia nucleare, passando per qualsiasi gruppo intermedio, che so i colleghi), mentre le formule dichiarate sono diverse ma avendo tutte il medesimo scopo di occultare quella reale. Ogni formula dichiarata del potere, perciò, è ideologica, ovvero è una rappresentazione di comodo volta a creare in chi ci crede una falsa coscienza, cioè la credenza che le cose vadano in un modo quando invece vanno in un altro. Confrontando ad esempio le ideologie democratico/liberale e social/comunista, la vittoria storica della prima non si spiega attraverso differenze sostanziali in realtà inesistenti, ma attraverso l'affermazione del principio che un regime è tanto più efficace quanto più l'ideologia che lo sostiene riesce nel suo scopo originario di nascondere la reale struttura del Potere, e la freccia della Storia va verso regimi sempre più efficaci. Dunque, la Democrazia è una bufala, una bugia, una presa per il culo di chi ci crede, un modo come un altro, solo più efficace di altri, il più efficace fino a ieri (la dittatura sanitaria, esercitata attraverso la paura, è anche in questo senso precisamente postdemocratica) scoperto, di consentire a chi detiene il potere di esercitarlo efficacemente e indisturbatamente.

Ovviamente, anche questa teoria può essere utilizzata in modi diametralmente opposti: a giustificare ogni ribellione e ogni acquiescenza. Oppure, come è forse più legittimo, da ciascuno di noi ad accrescere la propria consapevolezza, parolina magica che quasi sempre fa la differenza per qualsiasi cosa, dal respirare al comunicare al vivere politico e sociale. E guai a pensare che in pratica ciò si traduca in un invito a ritirarsi nel proprio particulare. Al contrario, è un invito ad agire sull'unico versante in cui si ha davvero la possibilità di effettuare cambiamenti profondi ed efficaci: se stessi. Ma se l'invito lo raccogliessero tutti o quasi, ecco che la rivoluzione sarebbe rapida quanto incruenta. La pandemia rientrerebbe in una narrazione ordinaria, e nessun provvedimento liberticida sarebbe più possibile. La democrazia resterebbe una formula ideologica, ma gestita da cittadini consapevoli di ciò si avvicinerebbe un po', in pratica, all'ideale teorico in declaratoria. E ogni tiranno si toglierebbe di mezzo da se (per constatazione della vanità della propria posizione, senza bisogno di quei tirannicidi che da sempre in ultima analisi non ottengono che cambiare tiranno) se ciascuno di noi "uccidesse" il tiranno in se. Comincia da te: tu. E tu. E tu. E tu.

giovedì 20 gennaio 2022

RADIOCIXD 51 - ELISIR

La parabola artistica di Roberto Vecchioni è decisamente singolare: inizio da autore di canzonette per i Nuovi Angeli e da coautore di Renato Pareti, poi cantautore triste e melodico legatissimo arrangiamenti compresi alla generazione precedente (Tenco, Paoli, Endrigo, Bindi), si butta presto come tanti sul progressive (e ne abbiamo già parlato) e sul cantautorato impegnato anni 70, riuscendo però (a differenza di molti altri) a sopravvivere alla sua crisi fino ad arrivare a vincere Sanremo in vecchiaia. E senza mai lasciare l'insegnamento, se non per limiti di età, e la scrittura di libri. La svolta autorale, come a molti altri (ad esempio, Dalla) non gli valse subito abbastanza soldi da camparci, ma lui se la cavò componendo la celeberrima soundtrack di Barbapapà. Un paio di anni dopo, ecco il suo primo autentico capolavoro, primo di un trittico fenomenale: Elisir.

L'album è da possedere in vinile, anche per la magnifica copertina doppia, un vero gioco dell'oca con alcune caselle ispirate ai brani del disco, dalla grafica che oggi diremmo vintage. Lo stacco di maturità, rispetto al pur pregevole precedente Ipertensione, è avvertibile fin dalle prime note, che tutti subito accostarono per scrittura musicale - nonostante il timbro vocale lontanissimo - a Neil Young di Harvest, uscito pochi anni prima: ballate semplici con tre accordi tre (a volte proprio gli stessi tre) a dipanarsi a lungo per consentire a dei testi importanti di adagiarvisi sopra per guadagnarne in comprensibilità. Anche grazie agli arrangiamenti pregevoli, non scarni e noiosi come ai tempi si usava.

I brani sono dieci in tutto, ma se ce n'è un paio "minori" è per durata: il disco va ascoltato tutto, anche se non ha la natura di corpus unico e meno che meno di concept - e per questo vi metto le tracce singole. Nello scrivere i miei commenti a ciascuna di esse, sono sicuro che attingerò a un cassetto della memoria ben preciso: sono talmente cresciuto imbevuto della poetica vecchioniana, che da teenager addirittura scrissi con la mia Lettera 22 un opuscolo monografico sul "professore" (lo chiamavano così, nell'ambiente, mentre Guccini era il "maestrone") come fosse davvero un nuovo Leopardi. E ricordo che me lo portai appresso in una occasione rarissima: faceva un concerto acustico nella piccolissima piazza di Cardeto, e il "camerino" era la prospiciente casa di una mia amica, che conoscendo il mio culto mi invitò per darmi l'occasione di conoscerlo. Inutile dire che l'ho incrociato a tu per tu, e... manco gli ho chiesto un autografo, altro che parlargli della mia analisi della sua produzione artistica, anzi l'ho proprio schivato abbassando lo sguardo. Ma quanto coglioni si può essere, da ragazzi!!!

1. Un uomo navigato
L'attacco è preciso: si parlerà di viaggi fuori e dentro se stessi. La ballata è dylaniana, ma la voce piena di Vecchioni ti impedisce di riconoscerlo subito. Fa un po' sorridere, ma è mooolto indicativo di come la si pensava in quegli anni li, il passaggio "mi sento soltanto un uomo navigato [...] il sogno è già passato", scritto da un ragazzo che allora aveva 32 anni.
2. Velasquez
Un capolavoro di quasi otto minuti, di cui forse oltre metà strumentali tra lunga intro e coda che tradirono subito coram populo la scrittura neilyounghiana, Che parlasse del navigatore l'ho capito dopo, allora pensavo fosse il pittore, chissà forse suggestionato dalla copertina.
3. Effetto notte
L'omonimo famosissimo film di Truffaut era uscito da poco. E il plot ha la stessa impronta "paracomunicazionale" del disco: nel film girano un film, nell'album tante canzoni parlano del mestiere di fare dischi. Ma non questa.
4. Le belle compagnie
Altro brevissimo brano di transizione, con una perla finale, nuovamente in argomento 'mestiere del cantautore impegnato': "su dimmi, specchio delle mie brame, chi è il più anarchico del reame".
5. A. R.
Per dire, a un ragazzo degli anni 70 poteva capitare, dopo essersi innamorato di questa meravigliosa canzone, che narra del viaggio di ritorno a casa mai portato a termine dal poeta maledetto (talmente da negare se stesso -"Ho visto tutto, e cosa so? Ho rinunciato, ho detto 'no', ricordo a malapena quale nome ho..." - e la poesia) Arthur Rimbaud, di andarsi a cercare le sue poesie per leggersele tutte. 
6. Il suonatore stanco
Il lato B si apre con la canzone più in tema di tutte, come si evince dal titolo. L'industria discografica, che in quel periodo ebbe il merito di aprire il mercato a tutto ciò che di nuovo veniva espresso da una società estremamente dinamica, iniziava a stritolare i suoi figli. Chissà, forse Vecchioni è proprio parlandone che evitò di restarne vittima come troppi altri, e non solo artisticamente parlando.
7. Canzone per Francesco
I due si conoscevano già da un po', e mi sa che ricorrentemente sbevazzavano insieme. Per il passaggio "la rabbia un tempo la scandiva soltanto la locomotiva" vale quanto detto per il primo brano ('un tempo?' il celeberrimo hit di Guccini è di soli tre anni prima!...). Subito dopo spiega dove vuole andare a parare: "adesso è giorno di mercato: spuntano a grappoli i poeti, tutte le isole han trovato". Beh, L'isola non trovata era di cinque anni prima, però...
8. Pani e pesci
In questo brano allegrotto, forse per questo piuttosto "passato" ai tempi, il Nostro si diletta al massimo grado in uno dei suoi esercizi più frequenti, sia prima che dopo: la rilettura di episodi e personaggi storici. Ed è sempre molto istruttivo. Qui è alle prese con Giulio Cesare, Cornelia dei Gracchi, Isabella di Castiglia. Ma il passaggio più significativo e in tema è: "e l'occhio del padrone a furia di ingrassare fece ingrassare pure chi lo stava a contestare - viviamo per il pubblico ma ci chiamiamo Pietro: in cima alle classifiche, ci rivogliamo indietro".
9. Figlia
Una meraviglia, che mi ha sempre commosso. Con un fondo autobiografico, ben mascherato (come si deve). Quando è nata la mia, era una delle ninne che usavo per farla addormentare. La mia preferita. Passaggio imprescindibile: "e figlia, figlia, non voglio che tu sia felice, ma sempre contro, finché ti lasciano la voce: vorranno la foto col sorriso deficiente, diranno 'non ti agitare che non serve a niente', e invece tu grida forte, la vita contro la morte".
10. Pagando, s'intende (Canzone degli effetti sbagliati)
Il titolo di questo brano nel testo è sottinteso, alla fine, dopo "e tutto quello che so dire è che sovente il mio dolore sa farmi divertire". Ma è tutto da ascoltare con attenzione. Per poi rimettere il disco daccapo.

mercoledì 12 gennaio 2022

UN TENNISTA, UN POLITICO, UN VIROLOGO E UN NESSUNO

Non sono morto, evidentemente. Il che non significa nulla, potrei morire tra un istante, ma questo vale per tutti e per qualsiasi ragione. Non sono morto "di" covid, non questo giro, ed ecco che come mi ero ripromesso ci risentiamo dopo il mio test negativo "tana-libera-tutti" che per sei mesi mi garantirà lo status di cittadino di serie A. Attenzione, però: non vi ho detto se già lo fossi o meno, e non perché sia un segreto (chi mi vuole bene e mi conosce lo sa, e se no mi chiama e ne parliamo), ma perché qui siamo in pubblico e in pubblico ancora uno può decidere e dire che i cacchi suoi sono appunto cacchi suoi. Almeno, finché é e resta un signor nessuno come me...

Quando uno è qualcuno, invece, uno dei terribili contrappesi della notorietà che deve mettere in conto, a controbilanciare gli enormi vantaggi anche economici che gli vengono dalla stessa, è che tutti vogliono farsi e alla fine in qualche modo si fanno i cacchi suoi. A meno che - e nella storia del vippume contemporaneo i casi sono invero rarissimi - non adotti con fermezza e determinazione una qualche strategia che gli consenta di erigere una sacrosanta barriera tra il sé pubblico e la sua vita privata. Djokovic non è mai stato granché da questo punto di vista, con tutte le attenuanti che si possono concedere a un ragazzo che ha iniziato a giocare letteralmente sotto le (nostre) bombe ed è arrivato a giocarsi il titolo di MVP ogni epoca (avesse vinto a New York qualche mese fa, già lo avrebbe in tasca). Proprio per questa ragione, se volete conoscete tutti i dettagli e i rivoli delle ragioni per cui ha diritto all'esenzione dal vaccino e di quelle per cui forse alla fine non riuscirà a farle valere e giocare il torneo che evidentemente per lui vale come prova di appello per passare alla Storia (ma non è così: un conto è diventare il primatista solitario di titoli slam, un conto vincere il Grande Slam di un anno, cosa fin qui riuscita solo a Rod Laver, e per ben due volte, con in mezzo una lunga squalifica per "professionismo"). Quello che forse sfugge a Nole (che, carenze nella gestione dell'immagine a parte, è sempre il bravissimo ragazzo che quando iniziò a vincere si distingueva nel fare le imitazioni dei suoi colleghi e colleghe in campo e davanti alle telecamere, e che, non dimentichiamolo, ha versato sull'unghia un milione di euro per la gestione dell'emergenza a Bergamo a inizio 2020), è che per quanto lunga possa essere la sua carriera di tennista il resto della sua vita sarà probabilmente più lungo, e non è affatto detto che non possa essere anche di molto più significativo: dipende da lui, da quello che davvero è e vuole essere. Un rosicone che ha bisogno di mezzucci per dimostrare quello che mai tutti all'unanimità gli riconosceranno (ad esempio, per me Federer è inarrivabile, e io non ho visto giocare Laver), o un campione che sa riconoscere le occasioni e le sfrutta per crescere. Ebbene, qui e ora, Nole può andare ad occupare una casella rimasta inopinatamente libera: quella di paladino del libero arbitrio, di alfiere e simbolo del principio per cui ciascun essere umano ha pieno e inscalfibile diritto di fare del proprio corpo quello che decide lui e basta (che il "superiore bene comune" in questi casi è un argomento nazista punto e basta), ruolo per cui uno come lui che ha fatto del proprio corpo un tempio su cui ha eretto una carriera formidabile appare perfettamente tagliato. Non sarebbe il primo né l'ultimo, campione dello sport con una lunga e fortunata vita politica successiva. Ma potrebbe diventare il più grande e importante di tutti, in questa fase storica in cui le peggiori distopie letterarie si stanno avverando una a una. Per cominciare, gli basta usare contro il Nemico le sue stesse armi, dal momento che cavilli a parte obbligare alla vaccinazione uno che ha appena contratto il virus (e per la seconda volta) è talmente assurdo e pericoloso che non è previsto nemmeno nelle norme italiche, le più cervellotiche e illiberali di tutte. Ma vedremo presto, se il ragazzo vuole crescere o meno, e cosa vuole fare da grande: forse quando leggerete sto pezzo lo saprete già.

Intanto, osserviamo per l'ennesima volta (quasi con ammirazione per la faccia di tolla) il comportamento a due pesi e due misure del mainstream: mentre si mettono a cavillare sulla vicenda di uno sportivo di vertice, che ha il naturale diritto di decidere su se stesso potenziato al massimo dal suo stesso rapporto con il corpo e la sua salute, glissano alla grande sulle vicende di altri notabili, seppure non del livello di numero uno al mondo comunque abbastanza in vista da potersi invocare per loro lo stesso diritto alla diminutio della privacy che si pretende per lui. Non è dunque irriguardoso per il politico di vertice, già giornalista di vertice con tanto di patente da progressista bruciata sull'altare dell'eurismo, scandalizzarsi se viene liquidata la notizia della morte con "complicanze immunitarie polmonari" o espressioni simili. Ve la dico più esplicita: delle due l'una, o - come io credo sia giusto - restiamo fuori dai dettagli di tutti per rispetto di tutti, o facciamo che per le persone in vista purtroppo si entra nei dettagli per tutti. Sarò inopportuno, ma Andreotti docet: se la morte di Sassoli non c'entrasse niente col covid, si sarebbero affrettati a dirlo con una formula inequivocabile. Se usano espressioni che prestano il fianco ad equivoci, per poi glissare evitando gli approfondimenti, è naturale dedurne che o il covid prende anche i trivaccinati e in caso li ammazza pure, fregandosene delle statistichesse recitate ad minchiam a reti unificate, o peggio ancora è il vaccino che doveva essere evitato come la peste da chi poteva avere complicanze immunitarie. Lo abbiamo già rilevato: le cronache locali sono piene ogni giorno di morti inspiegabili. Come sempre? Forse. Ma cento morti al giorno in media per ragioni volendo riconducibili all'influenza, pure ci sono state se non sempre ricorrentemente, a saper leggere le serie storiche, e senza i tamponi a drogare le statistiche: lo andiamo ripetendo, sempre più pochi e sempre meno ascoltati, da due anni. Non insistiamo. Ma allora pretendiamo che per ciascuna morte inspiegabile si faccia almeno la domanda: quando si era vaccinato? O almeno, lasciando in pace la gente comune (a parte aiutarla in caso di danni non letali ma rilevanti), pretendiamolo almeno per i VIP.

A proposito di VIP, uno dei virologi più pompati mediaticamente in questi anni si è beccato il covid bello serio nonostante tre dosi, e si è salvato perché, beato lui, ha avuto immediatamente accesso a quei protocolli di cura alternativa a lungo vietati, e ancora oggi difficili da raggiungere, per i comuni mortali. Si, è vero che oramai è risaputo che la cosa migliore è attaccare con antibiotico e cortisone prima di avere sintomi significativi, ma te li deve prescrivere il medico di famiglia, e sti pooracci vengono monitorati e recalcitrano, tocca essere fortunati e anche sapersi muovere (vi segnalo una iniziativa utile praticamente, a proposito). Ora, ben felice che la vicenda di Galli si sia chiusa diversamente che per Sassoli (o per mia madre nel 2019, morta di complicanze polmonari di una influenza per mancanza di posti in terapia intensiva), ma mi sarebbe piaciuto che nel mainstream qualcuno lo avesse notato, che la sua vicenda dimostra una volta di più che i vaccini non servono a un cazzo e che invece servono cure empiriche tempestive ed efficaci. O perlomeno che avesse dubitato. Ma dubitare non si può. e questo mi fornisce lo spunto per la chiusa.

Gira da un po' sui social, purtroppo condiviso da persone che stimavo, un post che nella sua versione lunga vi metto in foto, ma in molte altre versioni corte si può stringere fino a "se non sei medico, non puoi parlare". Si tratta di un ragionamento veramente vomitevole da ogni punto di vista, oltre che vistosamente fallace. Ne parliamo non perché io abbia la benché minima speranza di redimere nessuno, ma per fornire a chi voglia argomenti per difendersi, ovviamente se ritiene che ne valga la pena, e ovviamente auspicando nel contempo il reciproco, che qui nessuno è maestro a nessuno. Due sono i profili per cui il costrutto logico si rivela miserrimo:

  • se fosse valido, varrebbe anche in altre "relazioni". Vero è che un conto è che è il medico a dirmi di prendermi un'aspirina e un conto è che me lo dice il mio amico meccanico, come è vero che per l'arredamento un conto è il consiglio di un architetto e un conto quello della suocera, eccetera, ma è anche vero che alla fine il corpo è mio e casa è mia, e in ultima analisi sono io l'unico che deve decidere nel merito. Tanto è vero che l'imposizione di un qualsiasi TSO presuppone il riconoscimento di una almeno temporanea incapacità di intendere e volere, e sarà istruttivo vedere come riusciranno a tradurre l'obbligo vaccinale prossimo venturo in modifiche testuali al consenso informato sufficienti a impedire che chi venga punturato a forza si rifiuti almeno di firmare alcunché. Ora, gli amici prigionieri della fallacia logica in questione potrebbero obiettarmi che io non sono avvocato, ma la risposta è sempre quella: sono io che firmo o non firmo. Sono io che decido, presunta competenza o meno, o sennò ha ragione chi parla di totalitarismo e dittatura, e un solenne vaffanculo - finalmente! - a chi osa ancora metterlo in discussione;
  • se anche fossimo di fronte a una evidenza lapalissiana che i presunti determinata del medico (o di qualunque altro scienziato, non lo ripeto più) siano corretti, e con tutti i vaccinati contagiati anche seriamente di questi giorni chi continua a sostenerlo è un povero deficiente, non bisogna mai dimenticare che la storia della medicina è piena zeppa di determinazioni parse incontestabili a lungo a tutti e poi clamorosamente abbandonate al discredito generale come barbare e assurde. Giusto un paio di esempi, per i più zucconi: i salassi con le sanguisughe, o le lobotomie. Pratiche al loro tempo date per scontate e indiscutibili, che oggi ci fanno inorridire per le implicazioni, e sorridere amaramente per l'ingenuità. Se non vi basta, pensate a questo: tutte le più grandi scoperte scientifiche della storia all'inizio si sono dovute scontrare con un establishment accademico che le considerava (citofonare Einstein) bizzarre eresie. Tanto che se volete capire se state parlando con uno scienziato vero o con un cazzone ciarlatano, chiedetegli semplicemente: credi che la tua teoria sarà mai confutata radicalmente? Se risponde che è impossibile, è uno che finge di essere scienziato ma in realtà gioca allo sciamano con la tribù. Lo scienziato vero sa invece che la scienza o è confutabile o non è scienza. Per cui, le continue e peraltro contraddittorie cavolate che sono due anni che ci propinano come La Scienza altro non sono che L'Ascienza. Resterò senza amici, ma chi continua a blaterare di questi vaccini come verità scientifiche e tacciare di ascientificità o di acompetenza chiunque osi avere dubbi, dimenticando che la scienza è esattamente la casa del dubbio laddove la casa della verità si chiama fede (e la fede è libera, o bisogna credere per forza?), non gode più del minimo sindacale della mia stima. Sticazzi, mi dirà, e pace.

Se fossimo invece di fronte a una evidenza lapalissiana che questo sfruttamento abilissimo e manipolatorio dell'influenza per cambiare i paradigmi all'umanità sia stata e sia davvero una pandemia, ebbene lo stesso non ci sarebbe alcun bisogno di imporre alcunché, vaccini o teorie o terrorismo statistico che sia. Basterebbe che davvero la consistenza del rischio, mai in realtà allontanatasi da ordini di grandezza minimi quando non infinitesimali (per i bambini, questo è), fosse oggettivamente grave, diciamo dell'uno per cento nel rapporto tra decessi e contagi, per spazzar via ogni perplessità: se fosse gravissima, diciamo del dieci per cento (ancora inferiore alla spagnola o alla peste, per dire), non ci sarebbe questione e anzi ci sarebbero sommosse per accedere a ogni possibile cura, anche vaccini fasulli. In altre parole, è proprio la complessità e la durezza dell'apparato messo su a giustificare provvedimenti su provvedimenti (che non dimentichiamolo, sono andati dalla rovina economica di interi settori alla subordinazione a provvedimenti amministrativi di diritti naturali dell'uomo, fino a giungere al rimodellamento in caste della cittadinanza democratica) a dimostrare logicamente la loro infondatezza scientifica e statistica. Il ghigno di Draghi a reti unificate è autoesplicativo sia della propria malafede, sia dell'idiozia col botto di chi ancora gli crede o magari lo stima addirittura. Buon 2022 agli amici superstiti.

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