giovedì 20 gennaio 2022

RADIOCIXD 51 - ELISIR

La parabola artistica di Roberto Vecchioni è decisamente singolare: inizio da autore di canzonette per i Nuovi Angeli e da coautore di Renato Pareti, poi cantautore triste e melodico legatissimo arrangiamenti compresi alla generazione precedente (Tenco, Paoli, Endrigo, Bindi), si butta presto come tanti sul progressive (e ne abbiamo già parlato) e sul cantautorato impegnato anni 70, riuscendo però (a differenza di molti altri) a sopravvivere alla sua crisi fino ad arrivare a vincere Sanremo in vecchiaia. E senza mai lasciare l'insegnamento, se non per limiti di età, e la scrittura di libri. La svolta autorale, come a molti altri (ad esempio, Dalla) non gli valse subito abbastanza soldi da camparci, ma lui se la cavò componendo la celeberrima soundtrack di Barbapapà. Un paio di anni dopo, ecco il suo primo autentico capolavoro, primo di un trittico fenomenale: Elisir.

L'album è da possedere in vinile, anche per la magnifica copertina doppia, un vero gioco dell'oca con alcune caselle ispirate ai brani del disco, dalla grafica che oggi diremmo vintage. Lo stacco di maturità, rispetto al pur pregevole precedente Ipertensione, è avvertibile fin dalle prime note, che tutti subito accostarono per scrittura musicale - nonostante il timbro vocale lontanissimo - a Neil Young di Harvest, uscito pochi anni prima: ballate semplici con tre accordi tre (a volte proprio gli stessi tre) a dipanarsi a lungo per consentire a dei testi importanti di adagiarvisi sopra per guadagnarne in comprensibilità. Anche grazie agli arrangiamenti pregevoli, non scarni e noiosi come ai tempi si usava.

I brani sono dieci in tutto, ma se ce n'è un paio "minori" è per durata: il disco va ascoltato tutto, anche se non ha la natura di corpus unico e meno che meno di concept - e per questo vi metto le tracce singole. Nello scrivere i miei commenti a ciascuna di esse, sono sicuro che attingerò a un cassetto della memoria ben preciso: sono talmente cresciuto imbevuto della poetica vecchioniana, che da teenager addirittura scrissi con la mia Lettera 22 un opuscolo monografico sul "professore" (lo chiamavano così, nell'ambiente, mentre Guccini era il "maestrone") come fosse davvero un nuovo Leopardi. E ricordo che me lo portai appresso in una occasione rarissima: faceva un concerto acustico nella piccolissima piazza di Cardeto, e il "camerino" era la prospiciente casa di una mia amica, che conoscendo il mio culto mi invitò per darmi l'occasione di conoscerlo. Inutile dire che l'ho incrociato a tu per tu, e... manco gli ho chiesto un autografo, altro che parlargli della mia analisi della sua produzione artistica, anzi l'ho proprio schivato abbassando lo sguardo. Ma quanto coglioni si può essere, da ragazzi!!!

1. Un uomo navigato
L'attacco è preciso: si parlerà di viaggi fuori e dentro se stessi. La ballata è dylaniana, ma la voce piena di Vecchioni ti impedisce di riconoscerlo subito. Fa un po' sorridere, ma è mooolto indicativo di come la si pensava in quegli anni li, il passaggio "mi sento soltanto un uomo navigato [...] il sogno è già passato", scritto da un ragazzo che allora aveva 32 anni.
2. Velasquez
Un capolavoro di quasi otto minuti, di cui forse oltre metà strumentali tra lunga intro e coda che tradirono subito coram populo la scrittura neilyounghiana, Che parlasse del navigatore l'ho capito dopo, allora pensavo fosse il pittore, chissà forse suggestionato dalla copertina.
3. Effetto notte
L'omonimo famosissimo film di Truffaut era uscito da poco. E il plot ha la stessa impronta "paracomunicazionale" del disco: nel film girano un film, nell'album tante canzoni parlano del mestiere di fare dischi. Ma non questa.
4. Le belle compagnie
Altro brevissimo brano di transizione, con una perla finale, nuovamente in argomento 'mestiere del cantautore impegnato': "su dimmi, specchio delle mie brame, chi è il più anarchico del reame".
5. A. R.
Per dire, a un ragazzo degli anni 70 poteva capitare, dopo essersi innamorato di questa meravigliosa canzone, che narra del viaggio di ritorno a casa mai portato a termine dal poeta maledetto (talmente da negare se stesso -"Ho visto tutto, e cosa so? Ho rinunciato, ho detto 'no', ricordo a malapena quale nome ho..." - e la poesia) Arthur Rimbaud, di andarsi a cercare le sue poesie per leggersele tutte. 
6. Il suonatore stanco
Il lato B si apre con la canzone più in tema di tutte, come si evince dal titolo. L'industria discografica, che in quel periodo ebbe il merito di aprire il mercato a tutto ciò che di nuovo veniva espresso da una società estremamente dinamica, iniziava a stritolare i suoi figli. Chissà, forse Vecchioni è proprio parlandone che evitò di restarne vittima come troppi altri, e non solo artisticamente parlando.
7. Canzone per Francesco
I due si conoscevano già da un po', e mi sa che ricorrentemente sbevazzavano insieme. Per il passaggio "la rabbia un tempo la scandiva soltanto la locomotiva" vale quanto detto per il primo brano ('un tempo?' il celeberrimo hit di Guccini è di soli tre anni prima!...). Subito dopo spiega dove vuole andare a parare: "adesso è giorno di mercato: spuntano a grappoli i poeti, tutte le isole han trovato". Beh, L'isola non trovata era di cinque anni prima, però...
8. Pani e pesci
In questo brano allegrotto, forse per questo piuttosto "passato" ai tempi, il Nostro si diletta al massimo grado in uno dei suoi esercizi più frequenti, sia prima che dopo: la rilettura di episodi e personaggi storici. Ed è sempre molto istruttivo. Qui è alle prese con Giulio Cesare, Cornelia dei Gracchi, Isabella di Castiglia. Ma il passaggio più significativo e in tema è: "e l'occhio del padrone a furia di ingrassare fece ingrassare pure chi lo stava a contestare - viviamo per il pubblico ma ci chiamiamo Pietro: in cima alle classifiche, ci rivogliamo indietro".
9. Figlia
Una meraviglia, che mi ha sempre commosso. Con un fondo autobiografico, ben mascherato (come si deve). Quando è nata la mia, era una delle ninne che usavo per farla addormentare. La mia preferita. Passaggio imprescindibile: "e figlia, figlia, non voglio che tu sia felice, ma sempre contro, finché ti lasciano la voce: vorranno la foto col sorriso deficiente, diranno 'non ti agitare che non serve a niente', e invece tu grida forte, la vita contro la morte".
10. Pagando, s'intende (Canzone degli effetti sbagliati)
Il titolo di questo brano nel testo è sottinteso, alla fine, dopo "e tutto quello che so dire è che sovente il mio dolore sa farmi divertire". Ma è tutto da ascoltare con attenzione. Per poi rimettere il disco daccapo.

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