mercoledì 21 giugno 2023

TE LO DICO A FUMETTI

Il fotogramma è tratto da questa clip, al minuto che vedete
Il rischio di utilizzo della stampa come strumento di propaganda anziché di informazione è stato sempre ben presente agli occhi di chi ha ben presente l'importanza del Quarto potere nel bene (come Guardiano della democrazia) o nel male (come Cane da guardia del Potere). La cosa è stata particolarmente evidente nel triennio della Pandemia, periodo che peraltro possiamo solo augurarci che sia finito ma non esserne sicuri, quando era praticamente impossibile trovare nel mainstream chi desse voce a una narrazione dissonante (il link va a un sito locale, questo a un sito di meteo) da quella imposta, ma in misura meno totalizzante gli esempi sono tantissimi, anche in cronaca.

Ma la ragione per cui oggi riparliamo del Ponte sullo Stretto non è che grazie all'ineffabile Salvini esso sia tornato agli onori della cronaca: ci va e ci viene da duemila anni, Berlusconi è solo l'ultimo dei tanti a non fare a tempo a vedere realizzata l'impresa associata al proprio nome, e la lista è aperta. E' che in questi giorni mi sono imbattuto in un bellissimo lavoro a fumetti che sintetizza le ragioni del NO, e gli dei mi siano testimoni di quanto sia necessario contrapporre messaggi sintetici ed efficaci alla retorica raffazzonata e rozza ma proprio per questo efficacissima dei sostenitori della Madre di tutte le Grandi Opere.

Pigliamo ad esempio un giornaletto locale, che consulto da anni per non essere davvero mai riuscito a tagliare i ponti, almeno quelli interiori, con la terra natia. Vai a sapere perché, da quando si riparla di Ponte lo troviamo in prima fila tra i sostenitori, e in un modo che risulta esemplare rispetto alla sintassi degli argomenti a sostegno. Dategli un'occhiata, ecco come fanno gli araldi di ogni regime a combattere il dissenso: con la denigrazione (dandogli dei passatisti, come se ancora fossimo ai tempi della Tour Eiffel) e la falsa logica (accusandoli di essere cointeressati al mantenimento della povertà, con ciò dando per scontato invece che la megacostruzione significhi un arricchimento per tutti - quando invece è proprio questo il punto: sprecare enormi risorse in un'opera inutile, dannosa, praticamente senza effetti keynesiani, talmente difficile da realizzare che con ogni probabilità non sarà mai ultimata, e se lo fosse non reggerebbe al vento o alla tettonica della zona, significa proprio impoverire la gente, arricchendo invece solo le tasche dei soliti noti).

Allora, anche se una volta che stanziassero i soldi e iniziassero davvero i lavori ci augureremmo anche noi che la struttura fosse completata (non come il ponte sul Calopinace, ad esempio, 50 metri scarsi, che punta a battere il record trentennale di incompiutezza dell'intubata nel lungomare qualche centinaio di metri più in la) e poi resistesse per sempre, perché è sempre meglio un "ponte / pugno nell'occhio" che il panorama dominato dal cantiere abbandonato o dalle macerie come persino un film di Vanzina facilmente preconizzava, diviene dovere civico continuare fino ad allora a dare voce all'altra campana, anche a faticare a scovarla. E quando ne trovi una così ben fatta e facile da capire, dargli tutto il rilevo che merita (le immagini si allargano al click).



























 


giovedì 15 giugno 2023

IL NEMICO NATURALE

Di solito questo blog non insegue, non avendone peraltro i mezzi, l'attualità, tantomeno quando questa è fatta di cori, di esultanza o di lutto che essi siano, o di qualunque altro sentimento in questo continuum. Ma quando si parla di un personaggio in funzione del quale si è orientata, in un modo che poi si è rivelato fasullo (quindi probabilmente appositamente ingannatorio), tutta la società italiana degli ultimi trent'anni in tutte le sue sfaccettature (dalla politica allo spettacolo passando per lo sport e l'arte - e mentre scrivo mi rammento dei tanti punti di contatto tra questi mondi), non si può passarla liscia. E quindi anche qui ora leggete quello che è stato chiamato "il coccodrillo del Caimano".

Visto il peso del personaggio, in questi giorni abbiamo tutti assistito allo sport nazionale della commemorazione del caro estinto esaltandone i pregi e nascondendone i difetti, o quando proprio non si può nasconderli mostrandoli con la tecnica del "si ma", sport portato alla ennesima potenza. Fino alla celebrazione dei funerali di Stato, a uno che stato lo intendeva con la minuscola non solo quando era participio passato. Volendosi sottrarre, bisogna necessariamente essere estremamente sommari, evitandovi il pippone che risulterebbe dal rammentare punto per punto chi fosse e cosa abbia fatto. Peraltro, essendo stato, come molti a sinistra, per anni ossessionato dalla sua figura di Nemico naturale, il tag Berlusconi è ancora uno dei più cicciotti, anche ad anni di distanza da quando ho praticamente smesso di usarlo (evitando, anche, da un certo punto in poi, di proseguire con altri nella abitudine di creare tag "personali", preferendo invece etichette più generaliste), per cui hai voglia a ripassarselo, volendo, anche solo su questo blog.

Quello che faremo è, allora, "salutarlo" con tre o quattro ragioni per cui davvero l'uomo di Arcore, nel bene o nel male, dovrebbe passare alla Storia, e non è detto che siano quelle per cui invece lo farà:

  1. palazzinaro figlio di uno intrallazzato con le banche, non si è mai saputo davvero dove abbia preso i soldi per cominciare, ma si sa che ha avuto per anni un boss mafioso in casa come "stalliere", che Borsellino lo aveva attenzionato prima di essere ammazzato, che ha assunto il finanziere che indagava sulle scatole cinesi delle sue società estere, che quando è "sceso in campo" aveva così tanti debiti che aveva un liquidatore in casa, e che è con la Trattativa (che in questi giorni si è decretato che non c'è mai stata) che è iniziata la sua fortuna politica e quindi economica - a fronte di tutto questo e molto altro, il claim che sia stato un valente imprenditore che è entrato in politica per il bene del suo Paese è stato talmente ripetuto che è diventato luogo comune ("per combattere i comunisti", che non c'erano già più e anche se egli stesso ebbe a dichiarare apertamente di essersi schierato a destra solo perché a sinistra i posti erano tutti occupati fitti fitti);
  2. d'altronde anche il suo impero televisivo è considerato unanimemente frutto del suo genio imprenditoriale, ma se non fosse stato per gli appoggi politici non sarebbe mai iniziato (chi si ricorda che senza la diretta nazionale Canale5 sarebbe fallita assieme alle due concorrenti Rete4 e Italia1, che lui comprò a due lire da editori rivali e ignari del decreto che suo compare Craxi stava varando per concederla?), e solo grazie a questi guadagni, inaugurando da autentico pioniere una prassi allora inedita in Italia, si buttò cambiandolo per sempre (io dico rovinandolo, ma quelli che la pensano come me oramai sono morti quasi tutti, perché se uno può schierare il doppio dei giocatori pagandoli il doppio, gli altri o fanno lo stesso o sono fuori) nel mondo del calcio - ma i tifosi in genere (e i calciofili più di tutti, ma senza l'esclusiva, altrimenti ad esempio io non sarei contento che la "mia" Viola basket pare se la stia comprando un imprenditore francocalabrese che pare abbia dei lati oscuri) non guardano dove abbia preso i soldi chi ne ha messi molti per fare vincere la loro squadra...;
  3. nel 2001, anziché fare il possibile per fermare l'Euro o almeno neutralizzarne le peggiori implicazioni (peraltro, la ragione precisa per cui gli italiani lo avevano rimandato a palazzo Chigi, come poi avrebbero fatto prima coi grillini e poi con la Meloni, purtroppo coi medesimi risultati), si concentrò sul fare in modo che la sua entrata in vigore si trasformasse in una bella scorpacciata per il suo principale elettorato (i piccoli e medi autonomi), prima accettando un tasso di cambio suicida (per stessa postuma ammissione dello stesso sponsor Prodi) e poi smantellando ogni possibile vigilanza sulla transizione, di modo che si ebbero di fatto due tassi di cambio diversi: uno a millenoveerotti per tutti, e uno a mille per quelli che potevano permettersi di riscrivere così i prezzi, raddoppiando in pratica i guadagni;
  4. d'altra parte, sottoscrivo quanto dice Giovanni Lindo Ferretti a proposito del fatto che Silvio sia stato una delle poche voci, in questi mesi di propaganda bellica atlantista che manco l'Istituto Luce dei cinegiornali di guerra, a dire la verità su quello che è successo tra Russia e Ucraina, anche se lo ha fatto un po' perché ai vecchi gli si consente di dire quello che vogliono tanto tra un po' muoiono (appunto), e un po' proprio perché non era direttamente al governo (o nella posizione di influenzarlo sostanzialmente) - quello che sarebbe successo se lo fosse stato lo possiamo desumere da cosa fece con Gheddafi, ricevuto in pompa magna a Roma pochi mesi prima di avallarne detronizzazione e assassinio decisi colà dove si puote.

Ho detto tre o quattro punti, ma me ne scappa (a proposito di sincerità compulsiva, da cui dunque era affetto anche da "giovane") un quinto, che uso come chiusura. In un'intervista da neopremier, allo slinguazzatore di turno che gli chiese a cosa fosse dovuto il suo successo elettorale, rispose che lui considerava l'elettore medio come un bambino di otto/dieci anni, e nemmeno troppo intelligente. Se ripensiamo alla campagna pandemica, e facciamo due più due, capiamo su quali presupposti abbia poggiato, e come e perché questo debba lasciarci pessimisti per il futuro.

sabato 10 giugno 2023

DEFICIENZA, NATURALE

Dell'argomento AI ne abbiamo già parlato come di uno di quei pericoli gravissimi verso i quali sarebbe opportuno porre argini non appena si delineano all'orizzonte come tali, perché invece aspettando di vedere la piena che arriva poi non si fa più a tempo nemmeno a scappare. Altro esempio è il famigerato green-pass, accolto da tutti come un prezioso dono di governanti illuminati volti a proteggere la salute pubblica, e solo da noi quattro "complottisti" additato come un pericolosissimo vulnus alla libertà individuale, accettato il quale si sarebbe spalancata la porta ad un suo utilizzo discrezionale ora e sempre: a saper leggere la cronaca già si vede chi aveva ragione, e il peggio deve ancora venire.

Avere il punto di vista di un tecnico del settore come Pasbas è però occasione da non lasciarsi sfuggire, per meglio comprendere cosa sia mai questa nuova sigla che ormai imperversa in cronaca e cosa comporti. Anche se al titolo interrogativo da lui proposto, e che ho lasciato al suo posto, affianco, come titolo a questo post, una possibile, anzi probabile, risposta.

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Intelligenza “Artificiale”?!

di Pasbas

Come ogni acronimo di origine anglofona anche AI (Artificial Intelligence, per quei pochi che non lo sapessero) entra a buon diritto tra le sigle che ci tormenteranno per i decenni a venire. Ma cosa veramente si nasconde dietro questa “parolona”? Condivido alcune riflessioni...

Nella seconda metà degli anni 80 scrissi un appunto da discutere nella sezione Ferrovieri del PCI; si parlava all’epoca di come la robotica avrebbe modificato i rapporti tra i lavoratori in fabbrica, i sindacati ed i padroni. Portavo l’esempio di una grande multinazionale del settore automobilistico, la cui filiale europea aveva visto i lavoratori scendere in sciopero: la semplice reazione del padrone fu che, da remoto, i colletti bianchi misero in moto le linee robotizzate di produzione ed in pochissimo tempo lo sciopero fallì… Da qui la domanda: la tecnologia sviluppata nel contesto capitalistico è davvero elemento neutro? 

Fine anni ’90, nel settore hi-tech delle telecomunicazioni uscivano le prime applicazioni di AI con algoritmi di autoapprendimento (come si vede la tecnologia è in pieno sviluppo da 25/30 anni). Per quanto mi era dato sapere all’epoca le applicazioni erano fondamentalmente sviluppate in ambito universitario e di alcune multinazionali hi-tech e destinate ad uso prevalentemente civile. Considerando già solo i primi due punti si capisce facilmente quali siano i suoi veri ambiti di applicazione nel sociale.

E’ però indubbio il fatto che in molti campi AI abbia portato grandi progressi; mi viene in mente innanzitutto il campo della medicina, tutto il supporto che la tecnologia fornisce per interventi complessi e ad alto rischio per il paziente. E così è per altri campi del settore civile. Discorso diverso per le multinazionali hi-tech come Microsoft, Apple, Amazon, Google etc. Per loro il discorso è diametralmente opposto: l’uso dei dati dell’utente che, filtrati da AI, portano a caratterizzare ed inserire i clienti all’interno di categorie socio-merceologiche ben determinate. Da notare che fino a questo punto eravamo in ambito di supporto previsionale che i direttivi di queste compagnie usavano per aggredire il mercato attuale e costruire le proprie visioni di un futuro più o meno distopico.

Siamo però entrati da qualche anno nella fase 2 dello sviluppo di AI: la tecnologia si trasforma da “oggetto di supporto” alle decisioni di mercato a “soggetto creativo” che costruisce ambienti ed opzioni senza intervento umano. Dal campionamento della voce umana, per esempio con successiva possibilità di scrivere dei componimenti più o meno estesi e di farli leggere con la voce del soggetto campionato (proviamo a immaginare quanto devastante possa essere in campo politico, sociale, della giustizia), alla modifica di tratti somatici di persone reali per crearne versioni digitali controllate a distanza, fino ad arrivare ad applicazioni militari da utilizzare nello scontro asimmetrico tra super-potenze militari e società povere e più o meno inermi (vedi conflitti mediorientali e altro). Ci si trova ad avere da una parte macchine di aria, terra e mare guidate da AI senza significativo intervento umano, capaci di cambiare in tempo reale tattiche e strategie militari in funzione della situazione militare sul campo di battaglia. E magari governi folli e potenti, come ne conosciamo oggi, tentati di affidare a “soggetti AI” le decisioni relative all’uso del nucleare.

Esistono alcuni limiti della AI nello stato attuale di sviluppo. Essa infatti è sostanzialmente ancora un esecutore automatico di compiti ben definiti e solo all’interno di un contesto chiaramente e rigidamente definito. Come esempio prendiamo il “Riconoscimento Facciale” (da qui in avanti RF): la funzione AI che realizza il RF esegue una operazione “semplice” ma estremamente veloce sulla immagine acquisita che deve confrontare con un archivio vastissimo di foto preesistenti. Il confronto viene fatto interpretando i tratti facciali fondamentali e scandagliandone a fondo i particolari. Se questo è l’ambito e la Base Dati (da qui in avanti DB) è sufficientemente grande il tutto funziona; ma c’è un ma, il sistema AI di RF non ha “consapevolezza” di cosa sia una testa ed un essere umano, sta solo analizzando tantissime immagini ad una altissima velocità. Questo è tanto vero che se si tenta il riconoscimento di un oggetto non presente nel DB il risultato dell’analisi sarà un sicuro fallimento. Proviamo ad immaginare cosa questo possa significare per le applicazioni di “Guida senza conducente”: le conseguenze potrebbero essere fatali. AI non è in grado di conoscere tutto l’ambiente che lo circonda, come sa fare un essere umano, ma di quell’ambiente riconosce ed interpreta solo gli oggetti e le situazioni per le quali è programmato. Qualsiasi richiesta al di fuori del suo contesto condurrà ad un fallimento del processo decisionale. Come esempio prendiamo tre giganti dell'HighTech: Google, Facebook e Amazon. I loro sistemi previsionali basati su AI sono progettati per indurre il cliente a fare il maggior numero di click per visualizzare il maggior numero di siti. I loro algoritmi propagandano perciò siti ad alto numero di accessi, molti dei quali illegali e potenzialmente pericolosi a livello sociale: AI non è quindi in grado di “entrare nel merito” delle situazioni non opportunamente predefinite, al massimo può ricercare “parole chiave”. Da quanto detto si desume che per ottenere risposte coerenti da sistemi AI vanno poste le richieste nel modo giusto, nel contesto giusto e col linguaggio giusto.

Un esempio. Amazon ha aperto recentemente alcuni negozi chiamati Amazon Go Supermarket, in questi luoghi il cliente deve seguire procedure ben definite:

  1. Caricare una app Amazon per la spesa nel loro supermercato.
  2. Aprire il tornello facendo leggere i propri dati app al lettore.
  3. Recarsi agli scaffali di interesse e prelevare i prodotti desiderati. Nel caso di ripensamenti tornare allo scaffale giusto e posare il prodotto, il sistema prende nota di questo evento.
  4. Le casse non esistono, si esce direttamente senza pagare, come un qualsiasi “taccheggiatore”.

Sorge spontanea la domanda, in base a quali input il sistema AI gestisce la procedura di acquisto di ogni cliente? Semplice, alzando gli occhi al soffitto si vedono chiaramente una marea di dispositivi che seguono il cliente passo passo e continuamente durante i suoi acquisti. E la privacy? Beh, quello è un problema vostro, non certo delle Big Tech.

Un altro esempio. Nella Bay Area (S. Francisco), e precisamente alla Stanford University, si stanno facendo ricerche molto interessanti in campo medico, basate su AI. Un ottimo esempio è la lettura e interpretazione delle immagini radiografiche. Basta caricare una app sul cellulare, fare lo scanning della lastra ed in pochissimi secondi si ottiene la diagnosi relativa. Ecco per sommi capi il funzionamento del sistema: si raccolgono centinaia di migliaia di radiografie con relative diagnosi. Poi il sistema viene “istruito” su come interpretare le immagini. Man mano che le migliaia di referti vengono interpretati il sistema affina la sua “rete neuronale”, alla fine di questo lungo processo di apprendimento la “granularità” del sistema diviene sempre più spinta e la sua capacità diagnostica più efficace. Finito il “processo di apprendimento” sono stati fatti dei test di diagnosi da parte di veri radiologi molto quotati e del sistema diagnostico AI e in entrambe le situazioni (radiologo vs AI) i risultati hanno dato una percentuale di successo di oltre il 90%. Applicazione davvero interessante che mostra come un sistema AI, opportunamente “educato”, è in grado di costruire una “rete neuronale” molto efficace (ma solo nel campo specifico, radiologia polmonare).

Ancora un esempio. In una università britannica è stato sviluppato un sistema per la diagnosi precoce del Parkinson basato sulle modificazioni della voce e del modo di camminare. Le applicazioni sui cellulari, che misurano il numero e l’ampiezza dei passi basandosi sui sensori presenti nei telefoni, possono raccogliere la grande massa di dati (decine di milioni) su cui fare la ricerca . Analizzando le caratteristiche della voce e la frequenza e regolarità dei passi il sistema è in grado di predire con grande precisione (cosa non possibile per dottori umani) l’insorgere della malattia negli anni a venire. Il matematico coordinatore della ricerca dice che, in mancanza di un complesso di leggi che regolino la materia (la cosa impatta su enormi problemi di privacy, tanto per cambiare), il progetto su larga scala non può realizzarsi.

Diversa, come spesso capita, è la realtà cinese. Una delegata tedesca per l’HighTech in Cina ha condotto varie ricerche, soprattutto tra i giovani impegnati nell’esplorazione di nuovi campi di applicazione dell’AI. Ha scoperto che la maggioranza degli intervistati è molto motivata e contenta di lavorare secondo la formula 9-9-6: cioè dalle 9.00 alle 21.00 per 6 giorni a settimana (sic!). Esperimenti interessanti sono in corso, come un ristorante completamente gestito in modo automatico, dalla cucina al servizio robotico in sala: ogni macchina, attività e lavoratore continuamente sotto controllo del sistema. I problemi di riservatezza non preoccupano minimamente i cinesi il cui giudizio è estremamente positivo, loro valutano infatti i vantaggi di molto superiori rispetto ai possibili problemi. Infatti la loro cultura, molto diversa dalla nostra soprattutto riguardo alle libertà personali, non gli fa percepire alcuna anomalia o rischio nei confronti della “sorveglianza totale”. Nel distretto finanziario a nord di Hong Kong, il più importante della Cina, una intera città di 13 milioni di abitanti (Shenzhen) è gestita completamente in tempo reale da un sistema basato su AI, grazie ad un complesso progetto sviluppato dal colosso delle telecomunicazioni Huawei (compagnia messa al bando dagli USA per spionaggio nazionale… e le compagnie USA quali Cisco invece?): videocamere e sensori ovunque collegati tramite 5G al sistema, individui muniti di webcam che riprendono continuamente le zone non coperte della città, tutto spedito in tempo reale e analizzato a livello di sala di controllo. Le decisioni sul “che fare?” vengono prese in tempo reale dal sistema. Il giovane coordinatore del progetto sostiene che in questo modo la città è gestibile in modo più efficiente e che il numero di crimini è significativamente diminuito (sarà vero??).

Un quarto esempio. Le sedi centrali delle tre compagnie USA BigTech Google, Apple e Meta (Facebook) sono totalmente inaccessibili al pubblico: è appena tollerato avvicinarsi agli ingressi principali per guardare gli edifici e fare qualche autoscatto. Ogni cosa relativa alle attività è considerata riservata o “top secret”. Va considerato inoltre che Google spende oltre 6 milioni di dollari l’anno per le sue attività di “lobbying” a Bruxelles, obiettivo condizionare pesantemente le scelte politico-economiche dell’UE! La stessa compagnia ha sviluppato (e continua a sviluppare) applicazioni davvero inquietanti, una per tutte il sistema AI installato in ambiente domestico per catturare e tenere sotto controllo lo stato emotivo dei suoi abitanti. I responsabili di Google Germania sostengono che, avendo la compagnia un forte connotato etico (?!), molte delle applicazioni sviluppate non vengono rilasciate sul mercato per problemi di impatto morale. Negli USA l’influenza delle BigTech sul mondo politico rappresentano ormai un problema noto e costantemente osservato. Un importante consulente di mercato globale spiega come questi giganti tecnologici, attraverso i loro burattini ed emissari politici, condizionino pesantemente le scelte politiche strategiche di USA e UE. Inoltre afferma che è divenuto urgente legiferare per limitarne l’azione, in quanto compagnie che lavorano per modificare i pensieri della gente e la struttura della società a loro uso e consumo, usando il loro indiscutibile potere. 

Un ultimo esempio (per ora: probabilmente seguirà un secondo articolo). Una ricerca importante è in sviluppo al MIT di Boston riguardante la “Nuova Mobilità”. Il nome del progetto è “Moral Machine” ed è focalizzato sulla problematiche delle scelte etiche che, nel campo della guida senza conducente, il sistema deve operare. Un primo grosso ostacolo è trovare un modo per interpretare le intenzioni di un umano dall’osservazione della sua espressione facciale, della sua postura fisica: per esempio comprendere se un pedone fermo davanti alle strisce pedonali avrà intenzione di attraversare o no; in base a questa analisi AI deciderà se frenare o sterzare o proseguire dritto. Il coordinatore del progetto, uno dei massimi esperti del settore, sostiene che ci vorranno almeno venti anni, probabilmente trenta, prima di arrivare ad una tale capacità. Nel campo delle scelte etiche (componente ancora più complessa del sistema) AI dovrà essere in grado di decidere in frazioni di tempo brevissime, chi salvare e chi no in caso di incidente fatale. In questo peseranno le culture dei vari popoli. Da uno studio condotto su 40 milioni di persone, tra tedeschi e francesi, è venuto fuori qualcosa di singolare e davvero interessante: per i tedeschi in casi controversi e con rischi gravissimi, la cosa migliore è affidarsi alla scelta del sistema proseguendo senza deviare. Per i francesi invece la cosa fondamentale è salvaguardare la vita di donne e bambini presenti sulla scena. Come si può evincere da questa analisi il problema etico è pressoché irrisolvibile in ambito AI, la scelta etica è e deve restare del guidatore umano.

domenica 4 giugno 2023

L'OBBEDIENZA NON È UNA VIRTÙ

Cade in questi giorni il centenario dalla nascita di uno dei personaggi più influenti del secolo scorso, anche se lui riderebbe di questa etichetta (o forse si arrabbierebbe, ma essendo morto prematuramente tanti decenni fa non lo sapremo mai), e anche se molti contemporanei non lo hanno mai nemmeno sentito nominare. L'affermazione è dimostrabile, ma prima di tentare metto le mani avanti dichiarando, questa volta senza possibilità di essere smentito, che perlomeno si tratta di uno dei personaggi che ha influenzato maggiormente il mio, modo di pensare. Anche se io sono dichiaratamente ateo da quando ero adolescente e lui era un prete. Sto parlando di Don Lorenzo Milani.

La contraddizione a me sembra solo apparente, e se no sticazzi. D'altra parte, anche un altro prete è stata una figura fondamentale per la mia formazione (e di tutta una carrettata di miei concittadini, e immagino sia stato lo stesso nelle altre città che ha girato finché ce l'ha fatta): Gernaldo, il mio insegnante di religione al liceo. Uno che a scuola ci raccontava le barzellette e ci faceva educazione sessuale, ma poi mezza città andava regolarmente a gremire le messe della sua parrocchia in collina, e si anche perché quando non esistevano i cellulari se volevi incontrare qualcuno dovevi andare dove sapevi che si ritrovavano in tanti (e in tante), ma soprattutto perché le sue omelie erano impagabili. E uno con cui parlare, come a un amico, era così bello e istruttivo che l'ora di religione volava, mentre magari altri ne approfittavano per andare a giocare in cortile o se era l'ultima uscirsene prima, a chiacchierarci di adolescenza o disquisire di teologia. E alla fine mi dava Ottimo in religione, a uno ripeto non credente.

Ma torniamo a Don Milani. Se vi capita, in queste sere stanno passando, specie su alcuni canali secondari del digitale terrestre, sia documentari che fiction sulla sua vita, tra cui un bel film in cui lo impersona Sergio Castellitto: se potete, soffermatevi a guardarli. Sarà istruttivo, anche se probabilmente nessuno di essi mostrerà fino in fondo (girandoci invece attorno) la potenziale dirompenza del suo pensiero e della sua azione (mai disgiunti). La scuola, come ogni altra istituzione di una data società, ha la sua funzione principale e fondativa quella di riprodurre quella società. L'alfabetizzazione di massa non è una bella concessione ai sudditi nel loro interesse, ma una conseguenza logica della rivoluzione industriale volta a una almeno minima riqualificazione della manodopera nell'interesse quindi dei potenti. Questo assioma marxiano, che ritroviamo in varie salse fino ai giorni nostri, era particolarmente palpabile nell'Italia del secondo dopoguerra, dove il sistema scolastico era dichiaratamente (e senza vergognarsene) estremamente classista. Ora, che il cristianesimo delle origini e il marxismo di base abbiano molti punti di contatto è certificato, più ancora che da ragionamenti filosofici, dalle barzellette (tipo quella in cui Marx chiedeva a Gesù come mai visto che ogni suo messaggio in fondo era simile ai suoi lui stava in paradiso alla destra del Padre mentre lui stava all'inferno, e Gesù rispondeva "perché tu hai detto che io non esisto"), che se non si basano su un fondo di verità non fanno ridere. Ma che fosse un prete di campagna, anzi mandato in campagna per punirlo di certe sue posizioni, a denunciare a parole e combattere a fatti questo classismo, ebbe una eco così grande che ai tempi in cui crescevo io non solo non si era ancora spenta (a oltre dieci anni dalla morte del protagonista) ma stava ancora dispiegando tutto il pieno dei suoi effetti.

Due sono i suoi scritti più famosi: la sua lettera di risposta ai cappellani militari che si schierarono contro la nascente obiezione di coscienza (la leva era obbligatoria, e chi si voleva sottrarre a questa inutile e assurda corvée o si faceva raccomandare, spesso riuscendoci, o si dichiarava obiettore, e all'inizio andava in galera, poi una legge lo consentì ma senza impedire angherie e ingiustizie: ai miei tempi una commissione sindacava volgarmente i tuoi principi e poi comunque ti facevano fare otto mesi di servizio in più, cioè se non avevi un lavoro allontanando il momento che potevi cominciare a cercartelo, se come me lo avevi togliendoti 20 mesi di stipendio, 26 se eri di marina, comunque otto in più), famosa per la frase che dà il titolo a questo post, è perfettamente adatta a descrivere anche quello che sarebbe successo nei decenni successivi fino alla guerra in cronaca; e la Lettera a una professoressa, scritta assieme ai suoi alunni, folgorava sulla via di Damasco noi ragazzi che la leggevamo in quegli anni. Anche voi che non seguite mai i link di cui dissemino i miei post, e siete la maggioranza, per i due di questo capoverso fate uno sforzo, è per il vostro bene.

La professoressa trattando tutti uguale credeva di essere giusta, ed era invece sommamente ingiusta in un contesto in cui le differenze di partenza erano enormi, e un famigerato articolo della Costituzione declamava che era compito della Repubblica neutralizzarle. Cos'altro sarebbe, se non questo, la democrazia? L'obbedienza non è una virtù, poi, se vogliamo è una stella polare, per l'esistenza di chi obbedisce a un ordine solo quando lo ha capito e in qualche modo condiviso, costi quel che costi. Cos'altro sarebbe, se non questo, la libertà?

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