Il fotogramma è tratto da questa clip, al minuto che vedete |
Ma la ragione per cui oggi riparliamo del Ponte sullo Stretto non è che grazie all'ineffabile Salvini esso sia tornato agli onori della cronaca: ci va e ci viene da duemila anni, Berlusconi è solo l'ultimo dei tanti a non fare a tempo a vedere realizzata l'impresa associata al proprio nome, e la lista è aperta. E' che in questi giorni mi sono imbattuto in un bellissimo lavoro a fumetti che sintetizza le ragioni del NO, e gli dei mi siano testimoni di quanto sia necessario contrapporre messaggi sintetici ed efficaci alla retorica raffazzonata e rozza ma proprio per questo efficacissima dei sostenitori della Madre di tutte le Grandi Opere.
Pigliamo ad esempio un giornaletto locale, che consulto da anni per non essere davvero mai riuscito a tagliare i ponti, almeno quelli interiori, con la terra natia. Vai a sapere perché, da quando si riparla di Ponte lo troviamo in prima fila tra i sostenitori, e in un modo che risulta esemplare rispetto alla sintassi degli argomenti a sostegno. Dategli un'occhiata, ecco come fanno gli araldi di ogni regime a combattere il dissenso: con la denigrazione (dandogli dei passatisti, come se ancora fossimo ai tempi della Tour Eiffel) e la falsa logica (accusandoli di essere cointeressati al mantenimento della povertà, con ciò dando per scontato invece che la megacostruzione significhi un arricchimento per tutti - quando invece è proprio questo il punto: sprecare enormi risorse in un'opera inutile, dannosa, praticamente senza effetti keynesiani, talmente difficile da realizzare che con ogni probabilità non sarà mai ultimata, e se lo fosse non reggerebbe al vento o alla tettonica della zona, significa proprio impoverire la gente, arricchendo invece solo le tasche dei soliti noti).
Allora, anche se una volta che stanziassero i soldi e iniziassero davvero i lavori ci augureremmo anche noi che la struttura fosse completata (non come il ponte sul Calopinace, ad esempio, 50 metri scarsi, che punta a battere il record trentennale di incompiutezza dell'intubata nel lungomare qualche centinaio di metri più in la) e poi resistesse per sempre, perché è sempre meglio un "ponte / pugno nell'occhio" che il panorama dominato dal cantiere abbandonato o dalle macerie come persino un film di Vanzina facilmente preconizzava, diviene dovere civico continuare fino ad allora a dare voce all'altra campana, anche a faticare a scovarla. E quando ne trovi una così ben fatta e facile da capire, dargli tutto il rilevo che merita (le immagini si allargano al click).
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