giovedì 30 luglio 2020

STATO DI NORMALE EMERGENZA

Prima di giungere ai più miti consigli di una ritrattazione
si era permesso di chiedersi come mai uno come lui che
conosce migliaia di persone non sa di nessuno di loro
in terapia intensiva. Apriti cielo!!! Invece la risposta è
semplice, basta saper leggere le statistiche...
Non se ne può più. La sensazione, non suffragata né suffragabile dalle statistiche, strumento costoso in mano a chi ha il Potere, è che ci sia in giro sempre più gente con le palle piene. Solo che ciascuno di loro, di noi, si sente isolato, e sarebbe così anche se fossimo la maggioranza, perché viviamo tutti immersi in una melassa mediatica da cui è difficile districarsi. Sono ormai quasi due mesi che siamo usciti dagli arresti domiciliari, eppure ci presentano quei pochi casi che ogni giorno riescono a scovare nonostante un'attenzione morbosa, nonostante continui la scorrettezza originaria di contare come morti di Covid quasi tutti i morti (facile, se ha girato un virus ha preso quasi tutti, quindi trovi positivo pure uno segato in due da un incidente stradale, volendo), e dove ce n'è tre vicini come fossero focolai di peste bubbonica, una pandemia vera che infatti ha dimezzato la popolazione quando e dove ha colpito.
Invece questa presunta tale, nonostante sei mesi di contabilità attenta e scrupolosa, ancora ha colpito nel mondo, dati loro, 17 milioni di persone, su 8 miliardi sarebbe il 2 per mille. Di questi, uccidendone meno di 700mila, cioè meno di 5 su 100. In questo totale, di cui ovviamente recitano i valori assoluti perché fanno impressione e tralasciano le percentuali perché sono tranquillizzanti (un morbo che uccide - capito, Bocelli? - meno di 1 su 10mila, senza contare gli asintomatici che vengono citati per spaventarci senza rendersi conto che con essi scenderemmo a 1 su ics centinaia di migliaia, terrorizza ancora? lo sapete che probabilità avete di morire se usate sempre la bicicletta? meglio che non lo sapete...). Ah, e questi dati comprendono Paesi che hanno fatto il lockdown e Paesi che no, Paesi dove ora è estate e il virus gira meno e altri dove è inverno o la stagione dei monsoni e gira più, Paesi governati da cazzoni e Paesi governati da traditori (indovinate dove siete voi...).
A proposito, i nostri governanti (direi mannaggiammé, ma visti gli altri tanto era uguale, almeno i cinquestelle predicavano bene e non c'erano precedenti del loro razzolare male), dopo aver presentato come un successo il fiasco clamoroso del Recovery Fund, ora prorogano lo stato di emergenza fino a metà ottobre. Prima parlavano di farlo arrivare a dicembre, ma l'accorciamento non è una buona notizia: vuol dire solo che hanno intenzione di dare all'Italia il colpo del KO a breve, prima che facciamo la bocca a quel poco di libertà che abbiamo assaporato. Quei pochi che hanno ancora due spicci in tasca per andare in vacanza, almeno. Perché il bilancio del disastro economico è tragico oltre ogni immaginazione, e il fatto che dall'Europa arriveranno le briciole (e se pigliano pure il MES anche le briciole delle briciole, e in cambio della fine definitiva di ogni residua libertà di autodeterminazione della politica economica), e nemmeno a breve, rende praticamente certo questo scenario catastrofico, ve ne accorgerete, e se vi fidavate e eravate ottimisti sarà peggio per voi. Se anche non tornasse questo virus, ma vi pare che coi primi freddi non arriva un'altra influenza? Una volta che è in moto, l'apparato della fabbricazione delle pandemie, ben oliato com'è, non può fallire. Siete abituati ad andare in ufficio, o ad aprire il vostro banco al mercato, anche col raffreddore? scordatevelo. Se vi volete bene, prendete ferie o fingete un lutto familiare e chiudetevi a casa, ma non ditelo a nessuno: potreste avere la vita sconvolta. Lo Stato di Polizia Sanitaria ha ormai soppiantato quello che aveva come compito curare i malati e lasciare prosperare i sani.
Chiudo come ho iniziato: i segnali positivi sono dalle chiacchiere per strada, a lavoro, al circolo sportivo, nelle rare interviste televisive a passanti non abbastanza manipolate. Un ragazzo dice uso la mascherina nei locali perché anche se per me prendere il virus sarebbe come una specie di raffreddore potrei attaccarlo al nonno (fa il bravo, ma intanto butta la frecciata, non colta, e nemmeno sa quanti nonni sono morti negli anni scorsi per aver preso l'influenza dai nipotini: almeno quanto quelli di quest'anno, ma visto il diverso livello di attenzione è lecito pensare anche molti di più). Un collega dà con arguzia e moderazione segno di aver capito, a differenza della stragrande maggioranza degli altri, abbagliati dalla comodità del momento, che razza di cavallo di Troia sia lo smartworking (segnatevi la profezia: se non cade il governo, e vista la destra forse anche se cade, il prossimo passo è una riforma del pubblico impiego tale da farlo diventare un pallido ricordo, gettando sul lastrico altri milioni di persone). Una chiacchierata tra vicini ascoltata per caso, da cui emerge che uno dei due ha un brutto male e si ritiene fortunato di non essere morto in ospedale, dove sarebbe stato cremato e contato tra i morti di covid. Un signore che si rifiuta di indossare quella specie di guanti scomodi (hanno le dita solo disegnate) e comunque schifosi all'ingresso del supermercato. Segni, purtroppo molto labili, di resistenza civile, insomma. Meglio che niente, facciamoceli bastare. Addà passà 'a nuttata...

giovedì 23 luglio 2020

CANCELLI MALTHUSIANI

Foto tratta da questo illuminante post su Il simplicissimus
Per sgombrare il campo da equivoci, prendo i dati da un sito di sinistra, di quelli prima critici e ora convinti dall'affabulazione a reti unificate di Conte. Sono stralci, ma per chi avesse dubbi costituiscano una manipolazione questo è il link all'articolo completo, che straparla di politica fiscale europea senza nemmeno accorgersi di contraddirsi:
[...] i leader europei hanno trovato martedì 21 luglio un accordo sul pacchetto di misure per il rilancio dell’economia dopo la pandemia, che ha finora provocato oltre 200 mila vittime in Europa [...] è il programma che segna la nuova politica fiscale europea, con 750 miliardi di fondi, ma con una riduzione dei sussidi a fondo perduto: saranno 390 i miliardi anziché 500, il resto in prestiti [...] al nostro Paese spetterà un ammontare di fondi superiore a quello previsto a fine maggio: 209 miliardi di euro, circa 82 di sussidi a fondo perduto (a fronte di 40-50 miliardi di contributo previsto dell’Italia al bilancio comunitario) e 127 di prestiti (rispetto ai circa 90 inizialmente previsti). Il piano di spesa prevede l’impegno del 70% delle risorse nel biennio 2021-2022 e il restante 30% entro la fine del 2023.
Sapete fare di conto? Bene, 82 miliardi a fondo perduto, meno 40-50 che sono i nostri, fa una trentina, massimo una quarantina di miliardi di contributo netto del sovrano ai guai che questa epidemia (ma sarebbe meglio dire la risposta politica che le si è dato) ha provocato ai sudditi. Altri 127 ce li danno, ma glieli dobbiamo ridare, il che significa aumento del debito, quindi incremento del rischio di trovarsi con aumenti di spread quindi ulteriori debiti da interessi, da qui alla sua (impossibile) restituzione, col risultato di tradursi (anche senza MES, che a sto punto diventa irrilevante, avendo questo cosiddetto Recovery Fund la stessa sintassi con dimensioni maggiori) in una ulteriore e forse definitiva cessione di sovranità (peraltro perpetrata con la collaborazione decisiva di un movimento che era arrivato al 33% promettendo di restaurarla, uscendo dall'Euro come si può e si dovrebbe - e se è vero come è vero che di Salvini e Meloni non ci si può fidare, cosa cavolo votiamo ora? Non resta che Paragone?).
Tra l'altro, dell'elemosina prevista niente arriva oggi, ma solo tra l'anno prossimo e il 2023 (se va bene). Peccato che i danni siano stati fatti oggi. E' oggi che le piccole imprese stanno chiudendo, e da qui a fine anno se non ci sarà una mostruosa iniezione di liquidità, e l'accordo significa che sono tramontate le residue ipotesi di rovesciamento dell'Unione Europea e restituzione di sovranità agli Stati cui erano affidate le restanti speranze che ci fosse, chiuderanno a frotte. Il danno complessivo, se mai qualcuno potrà calcolarlo appieno, ammonterà solo per l'Italia ad alcune centinaia di miliardi, quindi stiamo esultando, povere pecore idiote, per una trattativa che ci rifonde per un decimo o forse addirittura un quinto, e nemmeno in tempo per salvare qualcuno (figurarsi per programmare un minimo per il futuro, ad esempio investendo sulla sanità rendendola in grado di affrontare le emergenze senza misure autolesioniste). Il moltiplicatore keynesiano, infatti, anche se ormai è passato di moda, esiste lo stesso, funziona in due direzioni, e non perdona: niente turisti, altre chiusure, metà persone nei ristoranti, altre chiusure (e uscite improvvide ma significative di ministri sul cambiare mestiere), più disoccupati e meno soldi che girano, altre chiusure, e ancora non è iniziato (ma vedrete che inizierà, lo smart-working è la preparazione del terreno) l'attacco al pubblico impiego, che innescherà una ulteriore contrazione della domanda interna, e stiamo ragionando a bocce ferme di una emergenza finita, ma vedrete che se serve ricomincerà coi primi freddi. Quello che ci frega? Non riuscire a credere che siano così stronzi da volere tutto questo. E' umano: i buoni non riescono mai ad immedesimarsi nei cattivi, ed è questo che li frega. Ma può essere utile l'intelligenza, qualora si decida di usarla, magari per capire qual'è l'obiettivo, dei malamente: la decrescita, infelice perché non sono riusciti a convincerci di quella felice. Il bello è che lo dicono apertamente, sia tra loro che in occasioni pubbliche. Siamo troppi. E consumiamo troppe risorse non rinnovabili. E non siamo in grado di autoridurre volontariamente il nostro impatto in maniera sufficiente o anche solo significativa. Devono, sterminarci. Il coronavirus è solo una occasione preliminare: bastava leggere i dati di ogni influenza stagionale per capire che potevano essere usati, se manipolati sapientemente, per fermare l'economia mondiale. Questi numeri se li avessero contati allo stesso modo uscivano anche l'anno scorso, e l'anno prima, eccetera.
Ora, le belle anime specie sinistrorse che fioccano sui social hanno un bel dire, per sentirsi migliori, che chi ha sostenuto e sostiene questa ipotesi è un coglione, sciorinando numeri fuori contesto e citando magari Trump Johnson e Bolsonaro. Ma se uno si trova ad avere, sulla scialuppa della Ragione, compagni che non gli piacciono, non significa certo che sarebbe meglio buttarsi e annegare assieme a tutti gli altri, quelli si veri coglioni e pappagalli. Ad esempio, gira sui social un post che parla dei circa 80mila morti brasiliani paragandoli ai soli 58mila morti americani del Vietnam, per dire quanto è sciagurato il presidente anti-lockdown. Ma, a parte l'assurdità di certi paragoni, che se uno si mette a farli allora potrebbe scoprire che uccidono più le infezioni contratte in ospedale che qualsiasi virus influenzale o para-tale (è così, che ci crediate o meno, e se a marzo vi tagliavate affettando il pane vi conveniva valutare bene se perdere il dito, piuttosto che andare al pronto soccorso cioè nel posto dove era più probabile finire contati tra i morti di covid e cremati senza autopsia), lo stesso post ammette che i contagiati sempre in Brasile sono 2 milioni: non rendendosi conto che così riconosce che il virus uccide nello 0,4% dei contagiati acclarati, quindi figurarsi contando gli asintomatici. Inoltre, il Brasile supera i 200 milioni di abitanti, praticamente mezza Europa, e se pensiamo che in Europa i morti da covid (sempre secondo le loro statistiche) superano i 200mila, se ne dedurrebbe che senza lockdown si muore di meno, quindi perlomeno che sia stata una misura inutile. Agli scopi dichiarati, non a quelli reali: alla lotta al virus, non alla decrescita e alla soppressione della libertà. E rieccoci al punto.
L'ineffabile Gates ("cancelli", come dire che aveva già nel nome il destino di volere rinchiuderci tutti) sono anni che predica in giro teorie malthusiane. Che, per carità, possono anche essere prese sul serio, se si intende favorire una strategia che spinga i popoli a maturare e assumere comportamenti responsabili, diverso se se ne deduce la necessarietà di interventi draconiani, variamente motivati e articolati  ma tutti implicanti una sintassi antidemocratica ed elitaria. Chi ritiene se stesso (magari per avere avuto fortuna negli affari finendo nel gotha dei miliardari anziché nella platea milioni di volte più vasta di chi la cosa se la sognava ed è rimasto tra gli sfigati) talmente al di sopra degli altri da avere il diritto di pontificare sul loro destino, e magari fare tutto quello che è nei suoi potenti mezzi per fare avverare i propri vaticini, deve essere fermato. Senza mezzi termini. Prima che diventi troppo pericoloso. Il paragone con Hitler non è azzardato: anch'egli fu a lungo sottovalutato. E quando si interviene tardi in genere il prezzo da pagare aumenta, e purtroppo non solo in termini economici. E non è nemmeno una cosa personale: ci sono altri con lui e come lui, in una ristretta cerchia che si ritiene al di sopra della democrazia e della sovranità dei popoli. Un altro, Bezos, è uscito su tutti i TG per quanto aveva guadagnato in un giorno, 13 miliardi pare. E' colui che guida il più grosso dei gruppi del commercio online, che hanno ricevuto una spinta decisiva dal fermo di quella tradizionale e prospereranno sulla sua definitiva rovina prossima ventura. E si, pure io ogni tanto compro cose sul web, ma prima di esagerare ricordatevi che dalla rovina altrui sarete danneggiati anche voi: una città senza negozi, con gli impiegati che restano a casa in mutande comodi comodi al punto che quanto prima pur di non tornare in ufficio accetteranno metà stipendio, coi ristoratori che hanno cambiato mestiere o più probabilmente campano di sussidi, e i musicisti che non possono nemmeno più suonare nella metro o per strada, è un incubo. Che sarà stato costituito sulla vostra acquiescenza, se non vi ribellate (i serbi serbono, direbbe Totò, almeno a dare l'esempio).
Nei prossimi giorni il premier tornerà a chiedere la proroga dello stato di emergenza. Se gliela daranno, com'è probabile, state certi che ne riabuserà. E un altro lockdown, di cui pure daranno la colpa a voi per le movide estive senza mascherina, porterà a completamento il crimine. Premeditato. E, credetemi, NON andrà tutto bene.

venerdì 17 luglio 2020

RADIOCIXD 23: US

Vi avviso: siamo a livelli altissimi. Se non conoscete questo disco dovete rimediare assolutamente, tanto è talmente fatto bene che non dimostra gli anni che ha e non suonerà mai fuori moda. Stiamo parlando di Peter Gabriel, e di quello che può definirsi il suo capolavoro nonostante ci siano una manata di altri album che si trovano a tanto così dal soffiargli il titolo (rimando a Ondarock per un efficacissimo rendiconto complessivo). D'altronde, questa è la mia "radio" e queste sono le mie opinioni: sono certo che tra i tanti devoti fan gabrielliani ci sono preferenze diverse, come fra i cultori dei Genesis ci sono mille sfumature tra quelli per cui gli stessi praticamente non esistono andato via Peter e quelli che continuano a seguirli ancora adesso, passando per quelli (come il sottoscritto, ma già lo sapete) che apprezzano fino a quando c'era ancora Hackett e anzi anche un po' il primo da che erano rimasti in tre.
In particolare, scegliere tra Us e il precedente So è particolarmente difficile, perché in questo il livello medio dei brani è forse superiore ma in quello ci sono due capolavori assoluti come Sledgehammer (che lo è anche del videomaking) e Don't give up (impreziosito dall'impareggiabile Kate Bush), e perché in questo c'è il perfezionamento del codice della world music ma in quello assistiamo alla sua nascita (ma Gabriel ammise di dover molto all'ascolto di Crêuza de mä di Faber e Mauro Pagani). Alla fine per me prevale Us, di un soffio, ma forse solo perché ho visto una tappa del relativo Secret world tour (al palaghiaccio di Marino), che rimane senza alcun dubbio il migliore concerto dal vivo a cui io abbia mai assistito. Nei lavori precedenti, Gabriel aveva introdotto e via via perfezionato le nuove possibilità che l'elettronica dava alla musica, ma è qui che quel suono raggiunge il vertice, anche nel senso che nessuno dei rari lavori successivi riuscirà mai più ad eguagliarlo. Come al solito, consiglio vivamente l'ascolto integrale, ma fornisco anche la playlist commentata: cliccando sui video con le casse accese i brani si sentono mentre leggete. In alcuni casi ho trovato i video originali, che meritano in se. Poi mi dite...

1. Come Talk to Me
Anche se la versione studio è con Sinéad O'Connor, di questo brano vi propongo la versione live. Così, almeno in parte, capite perché ho parlato di "miglior concerto dal vivo della vita". In breve, aspettiamo osservando un palco a forma di osso lungo tutto il parquet, nero, liscio. Alla prima nota, da una botola inizia a spuntare una cabina telefonica inglese, con dentro qualcuno. Il testo è struggente, la figlia dopo la separazione con la madre non gli parla, ma tutti i sensi sono bombardati, si fatica a seguirlo. A ogni strumento che parte, esce da una botola il musicista che lo suona. Dopo un po', Peter cantando esce dalla cabina e si dirige verso l'altro estremo del palco, dove lo attende la vocalist, col filo che resiste e che alla fine se lo ritirerà indietro su un tapis roulant fino ad allora invisibile. Ok, ok: non si capisce a parole, ma ve l'avevo detto...
2. Love to Be Loved
La band conta su mostri come Tony Levin, David Rhodes e Manu Katche, a fare da architrave sotto la guida di Daniel Lenois. Ma gli ospiti sono tanti: in questa confessione accorata, un certo Brian Eno...
3. Blood of Eden
Qui invece c'è di nuovo Sinéad O'Connor, e stavolta ve la faccio sentire e vedere (era bellissima, i due pare avessero una relazione) nel video originale. Non siamo ai livelli di Don't give up, ma ci andiamo vicini.
4. Steam
Anche qui si sfiora Sledgehammer, senza raggiungerlo. Ma la potenza dell'esecuzione (specie dal vivo e specie nella linea di basso) di questo brano, perfettamente incarnata già dal titolo, è tale da avere un effetto fisico adrenalinico, tangibile, in chi lo ascolta. Meglio non sia prima di un colloquio col capo. O forse invece si.
5. Only Us
Brano intimista scelto per dar titolo all'album: due lettere come il precedente e il successivo, ma sempre meglio di niente come i primi quattro...
6. Washing of the Water
Altra confessione catartica: testo magistrale, accompagnato magistralmente da una musica perfettamente attinente, che cambia registro quando è ora "di andare".
7. Digging in the Dirt
Dall'intimismo all'impietoso scavarsi nell'intimo, o meglio nel torbido, con di nuovo la musica a sottolineare il diverso approccio. Il video, molto bello, nemmeno servirebbe.
8. Fourteen Black Paintings
Pochi versi, un manifesto: dal dolore viene il sogno, dal sogno la visione, dalla visione la gente, dalla gente il potere, dal potere il cambiamento. Con sotto John Paul Jones dei Led Zeppelin, scusate se è poco.
9. Kiss That Frog
Il primo verso di questo brano ci spiega la fortuna dell'inglese (ok, lo ha detto meglio Guccini introducendo Statale 17 nel disco coi Nomadi): "dolce principessina, lasci che le presenti Sua Ranità", non rende "sweet little princess, let me indroduce His Frogness". Brano potentissimo e video azzeccatissimo.
10. Secret world
Questo brano invece da il titolo al tour, di cui vi dicevo, dove si allungava come un mantra. La musica rotonda e intima qui fa contrasto con le collisioni, le scosse, le rotture, le costruzioni, dei nostri mondi segreti.

domenica 12 luglio 2020

50 ANNI FA

Se non sbaglio è il rione Marconi - bisognerebbe chiedere a Teo
Teocoli che ci è cresciuto - ma se no è un'altro di quei quartieri di
"baracche a cemento", casupole in muratura dove molti riggitani
hanno vissuto per quasi cent'anni dopo il terremoto del 1908...
Questo breve post è uno dei primi di questo blog, che aveva aperto da pochi giorni quando scoccò il 38° anniversario dalla Rivolta di Reggio. Oggi siamo al 50°, e la cifra tonda richiede più spazio.
Ho sentito al tg5, con mia grande sorpresa, una lettura dei fatti non lontana dalla realtà, quindi molto lontana da quella riportata a pappagallo per decenni da tutto il mainstream. Sarà proprio  il tempo trascorso, a consentire la cosa, ma è la prima volta che sento in TV qualcuno dire che l'etichetta di rivolta fascista fu posticcia, essendo i moti scoppiati all'inizio con una forte componente anarchica di sinistra e condivisi poi da tutta la popolazione o quasi, che aveva intuito che il capoluogo sarebbe stato probabilmente l'ultimo treno per una qualche forma di sviluppo occupazionale, perso il quale la città sarebbe stata al palo per decenni, come infatti è stato. Il servizio, visto nella rubrica "La storia" qualche giorno fa, ma poi ripassato in sintesi direttamente nel TG, lo trovate forse nelle teche web di Mediaset, sennò fidatevi.
All'epoca dei fatti avevo 7 anni, le donne a noi bambini ci tenevano prudentemente a casa in quei giorni d'estate; mio padre in quanto macchinista tornava spesso a casa sporco, con le mani proprio nere, per cui non so se anche lui sia stato o meno sulle barricate, ma ricordo benissimo la sua delusione per quel ceto politico del cosiddetto arco costituzionale, per cui lui pure aveva sempre votato, che stava compatto voltando le spalle alla città, inducendolo come a molti altri a diventare missino. Comunque, tornava a casa con delle copie di giornali semiartigianali che sostenevano la rivolta, e io mi divertivo a riprodurli su dei notes, chissà forse fu allora che cominciai a pensare che da grande volevo fare il giornalista - e meno male che non ci sono riuscito, altrimenti oggi starei pure io a scrivere menzogne per paura di perdere il pane.
Più avanti, diventato "comunista", presi le distanze da quella sua lettura dei fatti, e mi rifiutai di leggere quei libri e quelle raccolte di articoli e fotografie che gelosamente conservava. Ma poi mi capitò di collaborare con Parallelo 38, la rivista di quel Giuseppe Reale che era stato tra i pochi del suo partito a sostenere Reggio ai tempi, e poi ancora mi capitò tra le mani un libro di Fabio Cuzzola che mi diede da riflettere. Oggi ho quei suoi libri, tra l'altro proprio edizioni Parallelo 38, in libreria.
Certo, l'opportunismo della destra era stato almeno pari allo sciagurato tradimento del centro-sinistra (anche quello paradigmatico di quello che verrà. ai danni di tutta Italia). E si, il magma golpista che in quegli anni aspirava per l'Italia a una deriva greca (mi accorgo scrivendo che sinistramente la frase potrebbe descrivere l'attualità, anche se la declinazione è diversa) sicuramente fece di tutto per approfittarne. Ma la rivolta era e restò per tutta la sua durata sinceramente popolare, decisamente trasversale, e sicuramente giusta: perdere inopinatamente il capoluogo, che gli spettava per Storia ma anche secondo ogni manuale di geografica politica ed economica, sarebbe stato un danno economico da cui la città non si sarebbe ripresa per decenni. Un "pennacchio", invece, erano le promesse da marinaio con cui furono placati i cittadini: industrializzazioni fuori tempo massimo e infatti mai realizzate, se non nella misura in cui hanno consentito speculazioni mafiose con tanto di rovina del territorio.
Quei cittadini, gli unici del mondo occidentale nel dopoguerra ad essere affrontati militarmente, meritano di essere ricordati con orgoglio. A prescindere da chi si approfittò di loro per fare carriera. Avercene, oggi, di gente così fiera e consapevole delle manovre politiche che si fanno sulla sua testa: il ducetto che nei mesi scorsi ci ha rovinati non se lo sognerebbe nemmeno, di chiedere altri mesi di mani libere per poter completare l'opera.
...
Mi ero ripromesso di scrivere, per questo anniversario, solo una breve introduzione ad uno stralcio del mio Sushi Marina (magari vi viene voglia di leggerlo tutto, lo trovate qui - ma anche qui, qui e qui, e sennò sul sito di Leonida edizioni), in parte lo stesso scelto dall'editore per la quarta di copertina, perché in esso ho messo in bocca a uno dei personaggi, il padre di uno dei due ragazzi protagonisti, più o meno quello che penso io, con quel quid in più che la forma letteraria consente

E così Nino attaccò.
Raccontò di una città povera ma bella, dove i ragazzi giocavano per le strade, pulite perché gli spazzini le spazzavano (e non c'erano cassonetti perché per i rifiuti passavano porta a porta), interrotti più spesso dagli ambulanti che dalle auto. Giocavano a pallone, si gettavano gli uni sugli altri a scarricacanali, gareggiavano coi tappi in piste di gesso lunghe decine di metri, si lanciavano senza paura lungo discese infinite su tavole di legno che andavano su cuscinetti a sfera sballonzolando sui basalti (l'asfalto? quale asfalto?) senza freni. Il dopoguerra, in Italia, alla fin fine era durato 25 anni, durante i quali gli americani avranno avuto i loro buoni motivi per garantirci una ricchezza crescente. Certo, gli italiani erano stati molto bravi a indirizzare per il meglio quel flusso di aiuti. Ma tra loro i più rapaci cominciarono allora, ad organizzarsi nella casta autoreferenziale che conosciamo oggi: fu la fine dell'accelerazione postbellica che li rese più determinati a farlo. Si avvio il regionalismo, previsto dalla Costituzione e rimasto bellamente inattuato fino ad allora. È li che va cercato l'inizio del problema conti pubblici, mentre questi straparlano di federalismo, abolizione delle province e privatizzazioni. Le regioni fino al 70 c'erano solo sulle cartine a scuola, ciascuna col suo bel colore, la città capoluogo segnata in maiuscolo, grassetto, sottolineato, insomma evidenziata. In quelle cartine, il capoluogo calabrese era Reggio. E come poteva essere diversamente? Era di gran lunga la più antica delle città, la più grande, quella con l'economia più avanzata, e anche quella meglio collegata al resto del Paese e della regione. E in geografia politica ed economica, si sa, il centro non va individuato con la geometria, ma analizzando collegamenti e flussi economici, giusto? Ebbene, in tutte le regioni il capoluogo amministrativo restò quello segnato in quelle cartine. In Calabria e in Abruzzo no. Reggini e aquilani scesero in strada a protestare. Agli aquilani fu dato ragione, e forse avevano torto: Pescara aveva più carte in regola, ma vinse la Storia. Ai reggini fu dato torto, e avevano ragione sia per storia che per geografia. Avevano solo politici peggiori. Allora i reggini si incazzarono, tutti assieme forse per la prima e ultima volta della loro storia. Per rabbonirli e dividerli, gli venne detto che il capoluogo era in fondo solo un "pennacchio", che la città più grande e importante restava tale, anche perché era stato deciso che la sua provincia sarebbe stata un polo industriale, mentre quella di Cosenza sarebbe stata quello accademico e quella di Catanzaro solo quello politico. Ma i reggini non ci credettero. Non so quanti consapevolmente, ma tutti in cuor loro, sapevano che nei tempi a venire in Italia non ci sarebbe stato posto per nessun nuovo polo industriale e anzi molti allora fiorenti avrebbero chiuso, e che anche di tutto questo studiare per diventare tutti "ufficiali senza truppa" si sarebbe perso il senso, mentre invece anche in tempi di vacche magre chi amministra amminestra e anzi è proprio quando le cose vanno peggiorando che è importante stare dalle sue parti. Protestarono, e quando la risposta fu di repressione, sulle barricate ci andarono tutti, e quelli che non potevano sostenevano i rivoltosi nei fatti e nei pensieri, anche vecchi e bambini. E quando l'arco costituzionale fu unanime nella loro condanna, si legarono a quelli che non si unirono al coro, anche se li chiamavano fascisti. Ma chi c'era sa che all'inizio la rivolta fu persino comunista e anarchica, e i missini furono solo bravi ad approfittare dello spazio lasciato vuoto da tutti gli altri, e poi si, lo usarono pure per coprire altro. 
  • ...ma dovreste leggervi "quattro anarchici del sud" di Fabio Cuzzola, per capire bene.
  • .. e quindi quello che raccontano della rivolta di Reggio sono tutte fesserie, papà?
  • Abbastanza.
  • ...allura avi rraggiuni 'u zi Rroccu!
  • 'u zi Rroccu era fascista puru prima d'a rivolta 'i Rriggiu. A iddhu nci piacìu sempri mi jasa i mani, 'i quand'erimu figghioleddhi... Assulu futtiri, 'o zi Rroccu! C'a scusa d'a rivolta, eppi 'u sò mumentu 'i gloria, e avi quarantacinc'anni chi campa 'i chiddu...
  • Scusate Don Nino, ma allora qual'è la verità?
  • La verità, Paolo bello? La verità la scrive sempre chi vince, e noi allora abbiamo perso. E per forza: ci mandarono i carri armati contro, io ero piccolo ma me li ricordo! In occidente non è mai capitato nel dopoguerra, né prima né dopo. Sulu a nui. Due anni prima i russi lo avevano fatto a Praga, 14 anni prima a Budapest. Venti anni dopo lo fecero i cinesi a Tien-an-men. Eppuru, nt'a storia chi vi cuntanu, i bboni su sempri chiddi nterra, e i mali chiddi supra i carriarmati, menu chi a Rriggiu... A Rriggiu vi cuntanu chi i mali erumu nui... Insomma, non fu per coincidenza, se la città nei decenni a venire subi una progressiva marginalizzazione. Le industrie ovviamente non nacquero mai, e che sarebbe stato così lo capirono tutti già con la crisi del petrolio del 73. Ma i cantieri continuarono per decenni, quando c'è da mangiare fino a che si può si fa.

martedì 7 luglio 2020

TI CONOSCO MASCHERINA

Ma sarà un metro?...
Visto in TV un famoso regista che quando si vanta del fatto che ha iniziato con Sergio Leone (ed Ennio Moricone: RIP, non ne scrivo finché non tace il coro dei coccodrilli, ma mi viene da dire che a quel livello si è immortali, e ieri mi sono rivisto per l'ennesima volta C'era una volta in America) non si rende nemmeno conto che senza i buoni uffizi di suo papà non avrebbe mai fatto nemmeno i suoi primi esilaranti film (che però erano collage dei suoi esilaranti sketch televisivi ma se parliamo di film con una storia propria esclusi un paio belli poi niente di nemmeno decente), dicevo un regista che giocando sulla sua fama di ipocondriaco è uscito dagli studi mettendosi la fatidica mascherina, dopo esserci stato venti minuti senza, a sputacchiarsi con Carlo Conti: si vede che gli piacciono proprio, gli autogol comunicativi. Poco prima, infatti, ne aveva fatto un altro, enorme: dopo aver simpaticamente rimbrottato "quei fresconi che all'inizio dicevano che era solo un'influenza un po' più forte", ha raccontato che il lockdown è arrivato proprio alla vigilia dell'uscita nelle sale del suo ultimo capolavoro, per il lancio del quale avevano peraltro scelto proprio il lombardo-veneto, le zone che sarebbero diventate di lì a poco le più colpite (e forse a conti fatti, se mai saranno fatti bene, si scoprirà siano state le sole, davvero colpite, e chissà da cosa), dove quindi decine di persone dello staff hanno trascorso decine di giorni sempre tra eventi teatri e ristoranti, senza che nessuno si beccasse niente. E ha avuto pure la faccia tosta di dire che era stata "fortuna", tra le risate del pubblico. Chissà se a qualcun altro, oltre che al sottoscritto, è venuta a mente la semplice deduzione che l'episodio, che in quanto tale non dimostra niente, se proprio gli si vuol dare un valore ce l'ha esattamente nel senso opposto dall'obiettivo di chi ce lo ha raccontato, dando ragione ai fresconi: una normale influenza li avrebbe contagiati in tanti. E magari lo ha fatto - o hanno fatto tutti il tampone, o almeno quelli che hanno avuto qualche linea di febbre o fatto qualche starnuto?
No, non mi arrenderò mai: stiamo parlando di un virus che non si è comportato in maniera molto diversa dai suoi predecessori, salvo che per il modo tragicamente sbagliato con cui si sono curati i malati nei primi tempi e soprattutto in alcune zone, modo che in quei tempi e in quelle zone ha sballato le statistiche, che però depurate di quei tempi e di quelle zone sono inferiori, altroché, a una normale influenza. Non insisto solo perché questi hanno fermato un Paese, e hanno buon gioco a prendersi meriti impropriamente: se fermi completamente il traffico, è ovvio che non ci sono più morti per incidenti stradali, salvo quei coglioni che già sfrecciano coi monopattini elettrici (impedendo il tranquillo struscio sul Corso). Ma resto convinto che il sistema sanitario di un Paese democratico moderno deve, ripeto DEVE, poter affrontare un'epidemia di queste proporzioni, e anche una dieci volte più contagiosa e letale, senza costringere incostituzionalmente tutti i cittadini, il 99% dei quali sanissimi, a restare chiusi in casa per mesi, e quindi moltissimi di loro a finire in rovina. Un modo per sapere chi ha ragione ci sarebbe, ma potete scommetterci che non lo faranno mai, perché se poi vengono sbugiardati devono come minimo andare a processo: sessanta milioni di sierologici, e se danno anche solo 6 milioni di positivi, come più o meno tutte le influenze, è bello e dimostrato che hanno fatto una cazzata enorme, anche ammettendone la buona fede. Ma devono essere a tappeto, e con garanzia di anonimato, altro che la insulsa app che ha già rovinato la vita ad alcuni dei cazzoni che si sono affrettati a installarsela senza riflettere sulle conseguenze (passi vicino a un altro cazzone che era pure positivo, e sei sequestrato in casa tu e i tuoi familiari anche senza avere niente, e magari avevi appena riaperto il bar e allora ti sta bene che se lo pigli il cravattaro).
Ma anche volendo ammettere la buona fede o persino l'efficacia (ho detto "anche volendo": trattasi di espediente retorico), il problema arriva dopo. Ora, e domani. Tu Signore vuoi fermare il motore del Paese? Sei padrone - se non tu chi? - ma poi hai l'onere di riavviarlo. Sono, per usare un eufemismo, cazzi tuoi. NON puoi venirci a dire che l'Imperatore ti lega le mani. Sennò noi abbiamo diritto ad assaltare il castello e prenderti il tesoro. E se poi arrivano le truppe dell'Imperatore a pretenderlo indietro (ma non era il tuo?), ce la vedremo con loro, magari soccomberemo davanti a forze soverchianti, ma venderemo cara la pelle. Capita la metafora medievale? Chi è Sovrano ne ha onori e oneri. Trump sta cacciando i soldi, e l'economia USA sta ripartendo anche ad epidemia più attiva che da noi. Conte non può, quindi non è sovrano... quindi - udite udite - non poteva nemmeno fermarci. Chi è il nostro sovrano, la UE? dovevano fermarci loro, eventualmente, e comunque ora devono risarcirci loro. Sull'unghia, la BCE stampando Euro. Ogni altro scenario, Mes, recovery fund, o altra etichetta anglofona ad occultare prestiti, quindi ulteriore indebitamento quindi schiavizzamento dell'Italia, è da respingere al mittente con ignominia, e senza mezzi termini. E chi dice il contrario o è prezzolato, e allora è un traditore da processare e arrestare, o non lo è, e allora è un deficiente pericoloso da emarginare.
Mi rendo conto dei toni forti, ma se non la pensate così, perdonatemi ma vi sarete meritati la rovina che arriverà. Se non arrivano i soldi europei prima di subito, e a titolo totalmente gratuito, infatti, anche quelli che sono riusciti a riaprire la loro attività, tra buffi da fare per onorare i pagamenti nel periodo di chiusura forzata e minori introiti successivi per via delle cervellotiche e spesso contraddittorie misure delle fasi 2 e 3 e per via della paura instillata nella gente da una campagna di stampa criminale (e lungi dal terminare), la dovranno chiudere. Ma non pensate, anime belle, "chissenefrega io compro su Amazon". Meno soldi girano, meno ce n'è per tutti. Un tracollo del 20% dell'attività economica, che fino ad oggi si era visto solo in seguito ad eventi bellici, senza misure da cavallo si traduce presto in un crollo di entità multipla. Le entrate fiscali sono già calate: crolleranno. E presto vi diranno che non ci sono più soldi per pagare gli impiegati pubblici, che peraltro grazie allo smart working avranno dimostrato che ne basta la metà, a voler essere generosi. E voi magari applaudirete pure, "gli sta bene, sti fannulloni!" Ma così la domanda interna scenderà ancora, esponenzialmente. Eccetera eccetera. Quando arriveranno le elemosine della UE, se mai arriveranno, sarà troppo tardi. Pretendete risarcimenti subito, o siete morti. Pretendete di rientrare in ufficio, o siete scemi, e poi morti. Pretendete un governo che sia disposto davvero (quindi non l'attuale centrodestra, niente illusioni) a sbattere la porta in faccia all'Europa se non sgancia immediatamente, o siete morti.
I sopravvissuti, li vaccineranno di un vaccino inutile al Covid19 che chissà cos'altro contiene, e li camperanno con sussidi di povertà. Il disegno è questo: Guglielmino si è fatto già scappare un vaticinio sugli attacchi chimici, non dovesse bastare la ripresa dell'epidemia, data per certa dagli evidentemente bene informati. Come dite? esagero nel catastrofismo? IO? ma non era meglio esagerare in un senso a novembre, attrezzandosi per spegnere sul nascere i focolai e comunque prepararsi a curare i malati lasciando campare gli altri, piuttosto che farlo in un senso molto più deleterio da marzo? Sentite a me, se ci tenete ancora a quel po' di libertà che vi è rimasta, preparatevi a lottare e resistere per essa. Cominciando dallo spegnere la TV e impiegare il tempo di un TG a leggere le cose giuste, ad esempio seguendo i link nel testo del post e quelli belli carichi che ho lasciato per dessert:
  • Bagnai, ovvero i dati nudi che dimostrano che gli italiani sono di gran lunga gli europei più virtuosi, quelli che negli ultimi trent'anni più di tutti hanno dato ricchezza allo Stato di quanta ne abbiano avuta da lui - mi spiace non avere alcuna fiducia nel fatto che una volta al governo la Lega lasci dettare la linea politicoeconomica a gente come lui, piuttosto che a qualche berlusconiano a caso;
  • Piccioni e Dal Corno, ovvero dati alla mano come e quanto le privatizzazioni in Italia siano state un disastro, e non c'è salvezza se non in una forte ripresa del ruolo dello Stato in economia (certo, facendo tesoro dei lati negativi, specie inefficienza e corruzione, che però hanno caratterizzato ancora di più il privato mentre la narrazione era che sarebbero sparite ipso facto);
  • Bizzi, ovvero quello che penso io detto ancora più direttamente, letto dopo aver completato questo post e aggiunto alla fine per completezza. Conte non è Churchill, è Cromwell, sapevatelo.

sabato 4 luglio 2020

ANCORA QUI?

Tra pochi giorni questo blog compie 12 anni, e inizia il suo tredicesimo anno di pubblicazioni. Francamente, non credevo che sarebbe durato tanto, specie considerando il fatto che non ho ancora nessuna intenzione di chiuderlo. Certo, avere un qualcosa dove poter sfogare senza fare troppi danni il proprio esibizionismo e la propria grafomania può essere una buona spiegazione, ma forse c'entra anche la percezione opprimente, aggravatasi in questi mesi bui, che gli spazi per una democratica e libera espressione del pensiero si stanno così tanto stringendo da configurare come un delitto, davanti alla propria coscienza, il non insistere a mantenerli aperti finché si può e quanto si può. Insomma, prendetemi in giro se credete, ma questo per me è un vero e proprio dovere civico.
Ma un blog per essere "vivo" ha bisogno di post non dico frequenti ma almeno ricorrenti. Negli anni ho usato alcuni stratagemmi, come pubblicare una a una le mie canzoni, le mie storie brevi e le ricette di Nonna Carmela, di recente mi sono inventato RadioCIXD, una rubrica di recensioni musicali personalissime, e YOSS, uno spazio dove chiunque di voi può vedere un proprio racconto online, e anche ho ripreso a pubblicare post non miei, con un mio "cappello", per cui vi invito: imitate Pasbas e L'elio e mandatemi novelle o articoli da pubblicare. Non avrete migliaia di lettori, ma un paio di centinaia magari si, hai visto mai.
E qui apro una parente, approfittandone per ribadire un concetto: da questo blog non ci ricavo, per scelta originaria, nemmeno un centesimo. Non c'è l'ombra di un banner, nemmeno di quelli che il signor Google volendo ti mette lui customizzandoli automaticamente. E questa scelta non è solo perché ho per fortuna un lavoro fisso e di quelli per cui è vietato avere altri redditi. E' anche che non ne vale la pena: con un sito come questo ci si comincia a guadagnare qualcosina quando le letture si contano a (parecchie) migliaia, non a centinaia figurarsi a decine. E per arrivarci, alle migliaia di click, bisogna scrivere di cose che interessano le masse, inseguire il consenso, tutte cose che per carità saprei pure come si fa, in teoria, ma non c'entrano nulla proprio con l'intenzione primigenia di aprire un blog, avuta nel lontano 2008. Eppoi, basta guardarsi intorno: è pieno di siti di informazione, mainstream e no, che per poter continuare a campare ripetono tutti la stessa narrazione, terrorizzati dalle conseguenze che avrebbe un minimo discostamento. Io campo d'altro, qui voglio (e quindi posso) dire quello che penso (e quella che penso sia la verità: le cacchiate sono già in tanti a raccontarvele), e mi basta che siate in pochi a seguirmi. Ma anche i blog e i siti che cercano di acchiappare click perché chi li tiene ci deve campare, oramai hanno vita difficile: i soldazzi adesso si fanno: con altri strumenti che girano su altri device, e abbassando ulteriormente il livello della comunicazione. E no, non sto facendo come la volpe con l'uva: è che so bene che ci vogliono il fisico e l'età, e avendoceli la voglia e la capacità, per fare l'influencer. Di cui peraltro ce ne sono già troppi e il mercato inizia a saturarsi.
Chiudo la parente, e arrivo al punto. Come ogni anno, "regalo" al mio blog una nuova grafica, a rispettare un antico precetto del web secondo cui un sito che non si rinfresca regolarmente è presto vecchio. Nella immagine a fianco, la vecchia grafica (ma basta curiosare a ogni inizio luglio per ritrovare quasi tutte le precedenti). La nuova, spero vi piaccia.

mercoledì 1 luglio 2020

RADIOCIXD 22: STANCAMI STANCAMI MUSICA

E' sbreccato, ma con un buon piatto suona ancora.
Non è solo per il relativo successo dei post di Pasbas su garibardo e questione meridionale, che oggi recensisco Mimmo Cavallo, il più meridionalista dei cantautori, più ancora di Eugenio Bennato se ha senso questa misura. Magari pensate di non conoscerlo, ma alcuni dei suoi brani degli anni 80 sono state delle hit assolute, sia in tema, come Siamo meridionali e Uh, mammà! (occhio che il video è assolutamente da non perdere, così vintage da risultare tenero), che fuori tema, come quella Caffè nero bollente con cui si rivelò al grande pubblico una certa Fiorella Mannoia. Quindi ora avete capito di chi parlo.
Dopo quei successi estremi, il Nostro si è segnalato per una dichiarata vocazione non-commerciale, ragion per cui ha differenziato la sua carriera, mantenendo però il contatto con la musica popolare sia come autore di alcune star della nostra musica, come le sorelle Bertè, Gianni Morandi o 
Giorgia, che con suoi album tanto rari quanto di qualità, tra cui appunto un concept contro la narrazione ufficiale dell'unità d'Italia fatto uscire proprio nel 2011.
L'ellepì di cui vi parlo oggi è però del 1982, subito dopo i succitati successi. Non li ripeté, come singoli brani, ma l'album nel suo complesso è forse il suo migliore, anche come vendite, e anche grazie ai lanci reiterati di quel Mister Fantasy di cui vi ho già detto a proposito degli Eurythmics e vi ridirò quando vi parlerò di Flavio Giurato e Sergio Caputo (è una promessa). Stancami stancami musica, infatti, è un (divertente) concentrato denso di contenuti: 8 brani, come si usava ai tempi del vinile, ma tutti notevoli. Trovare i tube delle tracce originali è un'impresa, per cui se non avete come me il vinile dovete accontentarvi in alcuni casi di versioni live o recenti.
1. Stancami stancami musica
Le invettive contro i "giovani d'oggi" sono vecchie come l'umanità, o almeno come la scrittura, ma solo le migliori possono essere lette in qualsiasi epoca restando attuali. Questa infatti sembra scritta oggi, e inoltre può vantare l'allora non scontato vaticinio sulla deriva di Repubblica, che ai tempi a noi sembrava un quotidiano progressista...
2. Tutto quello che farai...
Niente, ho trovato solo una versione live, per fortuna con la stessa Mia Martini che impreziosiva già la versione studio, di questa canzone d'amore. Che è un esempio di come si possa scriverne una senza essere retorici e banali.
3. Giù le mani
"Il sud è un figlio sporco", si, ma è anche "un'altra cosa": "è festa", e allora "giù le mani" dal nostro meridione. Un gospel veloce, su cui scatenarsi e urlare la propria protesta.
4. Buon Natale Angelina
Vedi il punto 2: Cavallo, se avesse voluto, il mestiere lo avrebbe avuto, per fare i soldi con il pop romantico, restando comunque su un livello qualitativo ignoto per il genere.
5. Aria di Risorgimento?
Questa canzone già dal titolo anticipa le tematiche che invece Mimmo preferirà, arrivando ad accompagnare le tournée teatrali terroniche di Pino Aprile. Mentre nel ritornello chiarisce molto efficacemente che non di soffiare sull'odio si tratta, ma proprio di mettere le basi per un nuovo reciproco e reale volersi bene basato sulla verità storica.
6. Canto da galera
Brano interlocutorio, che ci culla come sopra una nave che spingiamo a braccia, etimologicamente prigionieri.
7. La civiltà del cotone
E' il mio brano preferito: un intimo manifesto ateo, per i "nazisti in ritardo" che siamo, magistralmente musicato ad accompagnare i cambi di clima.
8. Una canzone commerciale
Questo è invece il manifesto della poetica "cavalliana": non potevamo saperlo, ma avrebbe mantenuto quello che dice. Il prossimo album sarà sei anni dopo, avendo perso tutto l'avviamento di questi tre anni fortunati, e gli altri saranno ancora più rari. Chapeau!
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