
Oggi 38 anni fa iniziava la Rivolta di Reggio Calabria, lo spartiacque di una storia cittadina. Sono state fatte molte letture della vicenda, ad uso politico di chi le ha fatte. Pochi però hanno sottolineato che probabilmente il senso intimo della faccenda era autenticamente popolare, e che la circostanza storica che furono i missini a capire questa cosa ha fatto si che Reggio diventasse "per sempre" una città di destra, quando invece se avessero fatto la stessa cosa i comunisti Reggio probabilmente sarebbe diventata "per sempre" una roccaforte rossa. Forse. Sicuro all'inizio dei moti c'era una componente anarchica, come dimostra il bel libro di
Fabio Cuzzola, Cinque anarchici del sud. Una storia negata, Edizioni Città del Sole 2001. Che fra l'altro rende ragione di intrecci che sembra non ci fossero invece c'erano.
Resta il fatto che il sentimento popolare aveva ragione: il capoluogo non era un pennacchio, era il volano dell'unica forma di sviluppo che avrebbe visto il Sud negli anni a venire, quello legato ai potentati politici. Il polo universitario cosentino sarebbe rimasto un'isola nel deserto, il polo industriale reggino un'eterna (e sbagliata) promessa. Che giunge fino ai giorni nostri con l'assurda proposta di riconvertire i rottami del Liquichimico di Saline Joniche in una centrale a carbone.
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