venerdì 29 maggio 2009

RESPONSABILITÀ "PENALE"

Ho amici di destra sulla cui integrità morale metterei la mano sul fuoco. Non berluscones tipici, come il Paolone sapientemente tratteggiato da Lory e Laura nel loro bellissimo blog, con quelli proprio non ce la faccio, come diceva Totò, a prescindere. Ma persone che sono di destra per svariate ragioni: educazione ricevuta, imprinting genitoriale, tifo calcistico, voglia di ordine per allergia al disordine, eccetera - non sto ironizzando, potremmo fare un elenco analogo per noi sinistrorsi. Queste persone, che non hanno niente a che spartire con la volgarità tracotante la sostanziale amoralità e tante altre doti del Premier, gli sono tuttavia da anni grate per averli sdoganati, avere concesso una chance alla propria parte politica, forse anche solo per averglielo messo a quel posto alle odiate zecche. E quindi ci avrà i difetti che ci ha, ma guai a toccarglielo. La domanda è: quanto durerà ancora questo stato di cose? Quante altre tirate di corda da parte del crinitrapiantato sopporteranno? Quand'è che si accorgeranno che è tempo per la destra italiana di nascere a nuova vita, una vita che finalmente prescinda da personcine autocratiche e debordanti?
Il lodo Alfano potrà mettere al riparo le "quattro più alte cariche dello Stato" dai procedimenti penali, ma la responsabilità politica di uno che usa il potere così, a pene di segugio, quand'è che i suoi - o almeno, i meno simili a lui dei suoi - gliela faranno pagare?

mercoledì 27 maggio 2009

FANNULLONI ALLA GOGNA

Con il permesso dell'autore e del destinatario, pubblichiamo anche noi questa lettera al Direttore di Contrappunti, di estrema attualità.

Caro Direttore, Giovenale diceva "Difficile est non satiram scribere". I tempi non sono cambiati di molto, e la situazione se non fosse da piangere sarebbe davvero da ridere. Buttiamola in satira, allora, che è quel misto di riso e pianto (Salomone: "Risus dolore miscebitur, et estrema gaudii luctus occupat" - Il riso si mescolerà al dolore, e la sofferenza occupa la fine della gioia) che ha come oggetto la verità. Ci sono oggi un sacco di comici in televisione, ma la satira non ce la trovi più, chissà come mai.

Rullano i tamburi, squillano le trombe, si apre la porta (a porta), entra il Vendicatore Solitario a preconizzare la lieta novella della soluzione definitiva al male assoluto della società italiana: debellare la piaga del certificato medico falso del dipendente fannullone. Roba che persino il Ministro “Duemonti” (è calato del 33,3%, seguendo il PIL), ormai spodestato dal ruolo di prima star dei talk show in TV, non avrebbe potuto fare di più e di meglio per affrontare la grave crisi economica e sociale!

Ecco punto per punto le armi con cui la nuova prima donna, Brunetta, combatte questa guerra:
  • reclusione fino a 5 anni e multa fino a 1.600 euro per il medico che rilascia false certificazioni di malattia; per il dipendente pubblico stesse pene più il licenziamento (e una bella gogna, magari non solo mediatica, no?): insomma fare e presentare un falso certificato non configurerà più solo, come oggi, i reati comuni di truffa aggravata e di falso ideologico, ma un reato proprio, cioè che può essere commesso soltanto da colui che rivesta una determinata qualifica o abbia uno status precisato dalla norma (appunto medico e lavoratore pubblico);
  • per tali delitti, una diversa ed illuminata sensibilità politica, oggi più determinata nel contrastare tale pernicioso problema sociale, foriero di irreparabili danni al sistema, auspica il carcere duro (e perché no l’isolamento diurno e l’esclusione di sconti di pena, o magari il 41/bis come ai mafiosi, o in alternativa, per gli amanti dell’avventura, un soggiorno caraibico a Guantanamo prima che chiuda?);
  • si propone anche di sommare alle varie responsabilità peculiari del pubblico impiegato quale pubblico ufficiale, penali (peculato, corruzione, concussione, malversazione, abuso di ufficio, ecc.), patrimoniali, contabili, amministrative e disciplinari, la responsabilità morale e quella etica religiosa: per la scomunica è competente il diritto canonico, ma intanto venghino signori che in piazza (Campo de’ Fiori?) è bell’e servito sulla graticola il capro espiatorio;
  • dal momento che per l’accesso al pubblico impiego non si richiede più la sana e robusta costituzione (per l’accesso al mestiere di politico non si è mai richiesta), si potrebbe subordinare l’idoneità al servizio, più che a una insondabile propensione all’onestà, alla suscettibilità – meglio se portata al terrore – rispetto alle punizioni? Si può, si fa già: si chiama precariato, e la Pubblica Amministrazione vi fa già ampio ricorso.
Nel frattempo, nell’arretrata Germania, e precisamente a Berlino, un giudice tedesco è stato indulgente, non mandandolo in galera, con un giovane lavoratore che non aveva saputo resistere alla tentazione di appropriarsi di circa 100.000 euro in contanti in una banca dove prestava servizio. Condannato ad un anno e 8 mesi, il magistrato gli ha sospeso la pena, così motivando: “Quando penso ai manager che causano danni di milioni di euro e che vanno in giro liberamente, non vedo per quale motivo dovrei infierire su un poveraccio”. La notizia in Italia è passata sotto silenzio. Eppure non è che ci manchino i manager che causano danni di milioni di euro…
No, da noi è di moda dare addosso al fannullone, mentre non risulta sia in piedi alcuna campagna denigratoria del top management finanziario e bancario… Roba da star male dal ridere.

27 maggio 2009 - Suo Affezionato Giufà (*)

(*) Giufà è una maschera presente in tutte le culture del Mediterraneo. Molte di queste hanno una teoria sull’origine sua e del suo nome (leggi qui qui e qui) – a noi è venuto un dubbio: e se tutto partisse proprio da Iuvenalis/Giovenale?

MINIMA IMMORALIA

Qualcuno è in grado di spiegare perchè, da parte di certa politica, e non sto parlando solo del PdL ma purtroppo anche di parti significative del PD, i moniti della Chiesa sono trattati molto diversamente tra loro a seconda dell'argomento?
Se un cardinale incartapecorito pretende di imporre a tutti cosa è da considerarsi vita e cosa no, ecco che lo si scavalca a destra votando bipartisan una legge che in pratica vieta a tutti noi di disporre del proprio corpo in caso finissimo come la povera Eluana, se la Cei stigmatizza la linea politica del governo in tema di immigrazione si fa finta di non sentirla, come pure se parla di sicurezza sul lavoro. La precarietà, i subappalti, l'impunità di fatto degli imprenditori, la flessibilità, tutti questi strumenti colpevoli di tanti morti, fino ai tre disgraziati in Sardegna di ieri, sono stati introdotti e peggiorati indipendentemente dal governo in carica (chi si ricorda del ministro Treu?).
Nemmeno la Chiesa stessa poi brilla per coerenza: si arriva a rifiutarti il funerale se con un'interpretazione un po' forzata si decide che hai commesso suicidio, ma se ti beccano con le ragazzine in fondo sono cavoli tuoi, neanche un rimproverino per non averla raccontata tutta...
Insomma delle due l'una, o conveniamo una volta per tutte che la Chiesa si occupa delle questioni etiche parlando alle coscienze, e l'ordinamento giuridico nel parlare ai cittadini prescinde dalle sue indicazioni, oppure lasciamo che tra i due mondi ci sia osmosi, ma allora facciamolo sempre! Vietiamo la regolarizzazione delle coppie di fatto, ma anche lo sfruttamento dei lavoratori sottopagati in condizioni di sicurezza critiche. Vietiamo il testamento biologico, ma anche il respingimento degli immigrati. O lasciamo l'etica fuori dalla politica, ma per tutte le questioni, pure le diagnosi preimpianto, pure l'eutanasia, pure i matrimoni gay, oppure la teniamo dentro, e allora qualcuno che usa la propria posizione di potere per circondarsi di ragazzine ci deve delle risposte. E' troppo chiedere un po' di coerenza?

venerdì 22 maggio 2009

AULE SORDE E GRIGIE

[...] il popolo italiano - nella sua parte migliore - ha scavalcato un Ministero e si è dato un Governo al di fuori, al di sopra e contro ogni designazione del Parlamento [...]. Con trecentomila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto e quasi misticamente pronti ad un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo. Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli; potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto [...]. Non bisogna dimenticare che al di fuori delle minoranze che fanno della politica militante ci sono 40.000.000 di ottimi Italiani i quali lavorano, si riproducono, perpetuano gli strati profondi della razza, chiedono ed hanno il diritto di non essere gettati nel disordine cronico, preludio sicuro della generale rovina [...]. Io non voglio, finché mi sarà possibile, governare contro la Camera: ma la Camera deve sentire la sua particolare posizione che la rende passibile di scioglimento fra due giorni o fra due anni”.
Benito Mussolini, Discorso alla Camera, 16 novembre, 1922 (dall'Atlante storico Atlasmundi)
...
Ecco perchè cestino ogni volta che mi arriva, e talvolta rispondo male al mittente, la oramai stranota mail che stigmatizza i privilegi e i compensi dei parlamentari. Perchè ogni generalizzazione è sbagliata, e può essere usata strumentalmente, quando non è concepita appositamente, per fare leva contro le stesse persone che si sentono mosse ad adottarla. Perchè dei parlamentari ben pagati dovrebbero non essere sottoposti a tentazioni di corruttela. Perchè pagare bene i parlamentari è una precondizione per rendere effettivo e non solo teorico l'elettorato passivo universale. Perchè non sono daccordo che tanto rubano tutti e allora è meglio che rubi uno solo tanto quanto vuoi che magni. Perchè invece il punto è costruire regole per cui i possibili ladri si controllino a vicenda, mentre se il potere ce l'ha tutto in mano una persona può renderci tutti vittime della sua follia, come già troppe volte è successo. Perchè c'è gente che se gli dai un dito si prende tutto il braccio, e poi ti inghiotte come un'anaconda. Perchè oggi è una legge elettorale per cui i parlamentari li decidono le segreterie nazionali di partito, domani è 100 soli parlamentari bastano e votano solo i capigruppo e bastano solo due partiti, dopodomani è allora tanto vale che la chiudiamo del tutto, quest'aula sorda e grigia.
Per cui ho deciso che a me le aule sorde e grigie piacciono, e le adorerei se dentro ci fosse una vera sinistra e una vera destra. Detesto invece le scatole luminose e colorate, in cui si vedono solo nani e ballerine.

martedì 19 maggio 2009

COSA VUOL DIRE AVERE (AVUTO UN GENIO PER MINISTRO)?

Ultim'ora ANSAKRONOS - Roma, 8 MAGGIO 2013 ore 1.30
Confermata l'identità del cadavere rinvenuto in fondo a una scarpata intorno a mezzanotte. Si tratta purtroppo del neo-ministro dello Sviluppo Globale Prof. Renato Brunetta.
Illustre economista e politico di grande statura, Brunetta, che passerà alla storia di questo Paese per l'opera meritoria, compiuta durante tutta la precedente legislatura, di demolizione dell'odiosa figura del dipendente pubblico (burocrate, assenteista, fannullone e zavorra della società italiana, e perciò irriso, emarginato, ridotto alla fame ed infine licenziato in massa e deportato) ed azzeramento della P.A. nel suo insieme, aveva assunto proprio ieri nel governo Berlusconi appena venuto fuori dalle urne, prestando il giuramento di rito, il nuovo incarico creato su misura per lui.
Col nuovo importante mandato allo Sviluppo Globale gli erano stati infatti affidati Attività Produttive, Commercio Internazionale, Comunicazioni e Politiche di Coesione. Il nuovo dicastero (per il quale sembra assumerà l'interim il vicepresidente del consiglio D'Alema) è dunque il riferimento per i settori portanti dell'economia italiana, sia in termini di promozione e sviluppo della competitività del sistema produttivo nazionale, che in termini di armonizzazione e monitoraggio del mercato interno. Ha infatti competenza in materia di programmazione, coordinamento, attuazione e verifica degli interventi per lo sviluppo e la coesione economica, sociale e territoriale, con particolare riguardo alle aree sottoutilizzate. Pone in essere politiche di supporto alla competitività delle grandi imprese nei settori strategici, provvede alle politiche dei distretti industriali, allo sviluppo per l'innovazione tecnologica, agli interventi di reindustrializzazione e riconversione dei settori di aree industriali colpite da crisi. Attua politiche di sviluppo industriale per le PMI. Provvede all'elaborazione delle linee di politica energetica di rilievo nazionale e coordina le attività connesse agli interventi di programmazione nazionale e regionale nei settori energetico e minerario. Si occupa inoltre di Telecomunicazioni, Commercio Internazionale, promozione e tutela della proprietà industriale; monitoraggio ed azioni di contrasto al fenomeno della contraffazione e tutela della proprietà intellettuale.
Con il decesso di Renato Brunetta, il Paese ha perso dunque una grande occasione per apportare finalmente riforme incisive nel tessuto produttivo ed economico nazionale. Sarà difficile trovare un sostituto all'altezza.
Le ultime dichiarazioni del neoministro, rilasciate al TgUnico di ieri sera in un'intervista al Direttore Riotta, suonano come un testamento politico (e qualche malevolo ci legge un che di sinistramente profetico): "vorrei tanto dare continuità alla mia precedente incisiva azione ministeriale, straordinariamente ricca di consenso sociale e di successi personali. Spero solo che i compagni di coalizione me la lascino condurre sino in fondo. Sarò accontentato?"
Il Presidente Berlusconi, intervenuto sul luogo della tragedia, non si è lasciata sfuggire l'occasione per una delle sue esilaranti battute: "era un brav'uomo, in fondo!".

lunedì 18 maggio 2009

GLI OCCHI DI PIERO

Visto ieri sera, nei locali dell'Associazione Culturale Controchiave di Roma, uno spettacolo teatrale davvero molto interessante: Gli occhi di Piero - Storia di Piero Bruno, un ragazzo degli anni '70 di Massimiliano Coccia e Fabrizio Giannini, regia di Marco Simeoli.
In scena lo stesso Giannini è davvero bravo: la regge da solo per più di un'ora, nel duplice ruolo di padre e figlio succedutisi a reggere la portineria di uno stabile di via Muratori, Roma centro oggi - quartiere popolare ieri, davanti al quale fu ucciso il ragazzo che da il nome al tutto, nel "lontano" 1975. Ha tempi eccellenti, e buon magnetismo, aiutato da un testo che regge e scorre leggero nonostante la grevità dell'argomento, grazie anche all'appoggio di una colonna sonora ben scelta nel serbatoio ricchissimo di quegli anni.
Ed è proprio nella tirata sulla specificità di quegli anni contrapposti ai nostri, piazza e partecipazione contro tivvù e disimpegno, lasciata al portiere padre quando finalmente si decide a raccontare al figlio tornato dal G8 di Genova i fatti a cui assistette tanti anni prima, il momento più emozionante della rappresentazione.
Allo stesso livello, il primo piano stretto sugli occhi di Pasolini, ucciso lo stesso anno, mentre si ascoltano le sue lucidissime parole di vero profeta dello sciagurato tempo che verrà, il nostro.
Il tutto è tratto dal libro-inchiesta omonimo dello stesso Massimiliano Coccia, che a questo punto bisogna cercare. In memoria di tutte le vittime di una finta democrazia, e di un ragazzo di nome Piero, che avrà sempre diciassette anni: chiude così lo spettacolo, mentre sotto parte l'incredibilmente attuale Mio fratello è figlio unico di Rino Gaetano, e iniziano dieci minuti almeno di applausi convinti.

mercoledì 13 maggio 2009

NOUS SOMMES TOUS DES ASSASSINS

Il titolo è preso in prestito da un capolavoro del cinema francese degli anni 50, un film di denuncia contro la pena di morte. Sembra non entrarci nulla con quello che vogliamo dire oggi, ma invece si.
I sondaggi dicono che il governo ha una popolarità crescente, Berlusconi superiore al 70%. Il premier ha dichiarato in video e voce che l'iniziativa del Ministro dell'Interno di "respingimento" degli immigrati in Libia, e non è solo da lui approvata e concordata, ma da lui preordinata nell'ambito degli accordi bilaterali con quell'altro campione di democrazia che è Gheddafi. Si deve quindi presumere che gli italiani, che lo gradiscono tanto, siano in grande maggioranza daccordo con questo crimine (che viene dopo l'obbligo di denuncia per i medici se un irregolare si presenta al pronto soccorso, e la boutade dei mezzi pubblici per soli milanesi in stile Ku-klux-klan di un "onorevole" leghista).
Ed è un crimine non perchè lo dice l'ONU, ma perchè non c'è altro modo di definire questa bella pensata. Come spesso ci accade, prendiamo in prestito le parole giuste da blog fratelli, che esprimono le nostre stesse idee molto meglio di noi: leggiamo attentamente, molto attentamente, questo pezzo di Antonella Randazzo. Chiunque di noi non si esprime apertamente, mettendoci la faccia, contro questo crimine, si macchia di complicità. Come il popolo tedesco con i campi di concentramento, occorreranno generazioni per espiare questa colpa. Quando si evoca la Shoah, occorre sempre rimarcare che non è per esprimere un pregiudizio favorevole agli Ebrei sempre e comunque, ma invece per denunciare l'abominio di ogni massacro, di ogni genocidio, di ogni singola persona vittima delle nostre azioni o anche solo del nostro egoismo e delle nostre omissioni. Ogni massacro, anche quelli commessi dagli ebrei sui palestinesi, e non c'è contraddizione (semmai è loro). Ogni genocidio, anche quello commesso dagli americani sugli indiani d'America, vero peccato originale che nessun battesimo potrà mai cancellare. Ogni singolo morto, sia una ragazzina uccisa a un posto di blocco che un clandestino che dovesse morire per il fatto di essere stato riconsegnato ai libici.
Quando ero piccolo, come poi ho scoperto molti bambini, sognavo di essere divorato dai cannibali. Avevo paura, ma aveva anche qualcosa di erotico (stiamo parlando di preadolescenza, non te ne rendi neanche conto). Oggi mi sono sorpreso a ripensare a quel sogno antico, ma con un significato molto diverso.
Siamo tutti assassini, e pagheremo per questa colpa di condannare a morte gente che bussa alla nostra porta perchè ha fame. Ecco il duplice addentellato alla citazione cinefila.
Se scegliamo di arroccarci, lo si sappia, abbiamo già perso. Vinceranno loro, e ci divoreranno, e con noi tutto quanto di buono abbiamo costruito nella cosiddetta civiltà e ci rifiutiamo di dividere. Quelli che non si arrendono a questa consapevolezza, soccomberanno senza sapere il perchè, pensando pure magari di avere ragione. Chi invece ha capito, anche se è ateo o agnostico come me, aspetta cristianamente: ecco cosa intendeva Gesù Cristo, forse, quando diceva "questo è il mio corpo ... prendete e mangiatene tutti".

sabato 9 maggio 2009

CI VUOLE ORECCHIO

Dopodomani sera sarei voluto andare a sentire Enzo Jannacci dal vivo al Sistina. Vado sul sito del teatro per comprare i biglietti e leggo uno scarnissimo comunicato che dice che il concerto è spostato ad ottobre. Ho una brutta sensazione, che spero sia infondata ed accolta dall'interessato, se mai dovesse leggere queste righe, con una risata delle sue unita a una ricca grattatina di cabbasisi.
Jannacci l'ho visto in concerto numerose volte, a partire dai primi anni 80. Allora girava l'Italia con un suo teatro tenda, che smontavano e rimontavano ogni giorno come un circo. A Reggio ebbe problemi con gli organizzatori, che forse non intendevano pagarlo quanto promesso per via della scarsa vendita di biglietti, non so, resta il fatto che l'attesa di noi pubblico fu molto più lunga dell'ordinario, ma alla fine Enzo usci, blaterò qualcosa di incomprensibile sulla sua lite dietro le quinte, finendo con un "che mi frega dei soldi, io canto lo stesso!". Cantò per quasi tre ore, con rabbia, distruggendo quasi un piano, e facendoci delirare. Gratis.
Questo è l'uomo. Chi vuole si legga la lunga biografia su wikipedia. Cardiochirurgo dell'equipe di Barnard, sempre controcorrente, artista eclettico. Il grande pubblico lo conosce come precursore del nonsense e del demenziale. Ma Enzo è pianista vero e grande inventore di melodie. Come viene ampiamente dimostrato ogni volta che una sua canzone viene interpretata da un altro, a cominciare da De Andrè con Via del campo. Solo che quando canta lui, come quando parla, tutto viene destrutturato. E' Picasso, non Donatello. Ma è Picasso, non uno dei tanti suoi epigoni astrattisti per non sapere disegnare una figura.
Come lui, il suo vero erede. Che non è i tanti che uno direbbe: Bandabardò, Elio e le storie tese, Paolo Rossi. Sapete, quando uno che ha orecchio ascolta un qualsiasi artista, riesce a capire cosa quell'artista ascoltava "da piccolo", cosa cioè ne ha influenzato lo stile. Parlo non solo dell'esecuzione, ma anche della scrittura musicale: ad esempio, la Consoli deve molto a Dolores O'Riordan dei Cranberries, come Giorgia a Witney Houston, Lucio Dalla a James Brown, De Gregori e Mark Knopfler dei Dire Straits a Bob Dylan, Vecchioni a Neil Young, Battiato ai Pink Floyd, Venditti a Cat Stevens, Nek e i Maroon5 a Sting, Gazzè ai Police, e così via, potrei continuare parecchio. Ebbene, il "figlio naturale" di Enzo è un altro che passa per altro (nel suo caso, rocker) ma in realtà è un grande creatore di melodie: Vasco Rossi. Vasco potrebbe cantare tutto il repertorio di Jannacci, pensateci. E viceversa. Magari facessero un tour, o anche solo un concerto, assieme...
Il capolavoro assoluto di Jannacci è l'album Quelli che... del 1975, scritto a quattro mani con il compianto Beppe Viola, giornalista sportivo dall'ironia graffiante. Il brano omonimo, notissimo per essere stato anche sigla oltre che ispiratore del titolo di un programma calcistico Rai, ha per sua natura infinite versioni; qui postiamo quella originale, che inizia con un parlato dal titolo La televisiùn, che recita profeticamente:
la televisiùn la ga una forsa da liùn
la televisiùn la ga paura de nisùn
la televisiùn la te ndurmenta come un cujùn
bah!

mercoledì 6 maggio 2009

OPEL-INO AMARANTO

Dando per chiuso l'accordo non ancora chiuso con Chrysler, Re Magio Marchionne, che ha un futuro da Presidente del Consiglio di centrosinistra quando il Signore in carica passerà a miglior vita (tanto, prima non molla...), si è gettato a capofitto su un altro tavolo di trattativa: acquisire la Opel.
Dopo aver rilanciato la casa torinese nell'unico modo sensato, cioè tornare a fare automobili decenti dopo anni in cui si badava a tutt'altro, finanza in primis, Marchionne approfitta della crisi, che ha colpito Fiat in misura leggermente minore rispetto alla concorrenza, per accaparrarsi pezzi della disastrata industria automobilistica statunitense adesso che sono al minimo (ma lo sono?): compra prima la storica casa della Voyager, fino ad ieri consorziata con Mercedes, pagando per giunta solo in know-how, poi la storica casa della Corsa, che un altro colosso americano sull'orlo del collasso, la General Motors, è costretta a mollare dopo molti decenni. Qui i soldi li deve cacciare, ma intanto approfitta del prestito-ponte che il governo tedesco ha già previsto per salvare un pezzo della propria industria nazionale. Non dimentichiamo che la gestione Marchionne cominciò proprio dall'astuto smarcamento da GM, che aveva comprato a caro prezzo una quota di FIAT e preferì rimetterci quasi tutto pur di rompere l'alleanza e scappar via. E che da quella alleanza erano nati una serie di pianali comuni per auto di tutte le taglie ancora in circolazione (Punto e Corsa, Bravo e Astra, Croma e Signum), che rendono ancora più sensata e conveniente la scelta attuale.
Tutto bene, allora! Cosa temono, dunque, i sindacati italiani e tedeschi? Sono decenni che gli analisti prevedono la riduzione a pochissime unità dei gruppi automobilistici mondiali, con sopravvivenza quindi solo dei più grossi e forti. E' in questa logica che è da tempo in atto una specie di raggruppamento di stelle in galassie, di galassie in ammassi, che ci vorrebbe Margherita Hack per descriverlo. Ma sarà sufficiente? Quando tutto questo cominciò, India e Cina erano ancora sottosviluppate, e oggi bussano alle riunioni dei Grandi. I loro cittadini sono alle soglie della motorizzazione di massa, una specie di quello che successe a noi ai tempi di 600 e 500, moltiplicato per 100. Già questo fattore (che potremmo chiamare Tata dal nome del costruttore indiano che ha appena varato la 600 del suo popolo, la Nano) accelera e trasforma il fenomeno, al punto che Fiat stessa, come tutti gli altri che vogliono avere un futuro, ha già contatti per partnership in quegli immensi Paesi. Ma non basta.
Il pianeta ha risorse limitate. L'esplosione, non solo automobilistica, di entità gigantesche come quelle citate, ma anche il Brasile ad esempio non scherza, ha avvicinato in maniera esponenziale il punto di non ritorno delle politiche di sviluppo basate sulla crescita del PIL. Lo dice pure il futuro Re di Gran Bretagna: non abbiamo che pochi anni per poter fare qualcosa. Se FIAT non vuole che la sua inopinata assurzione (al secondo o terzo posto) nel Gotha dei produttori mondiali di auto non si traduca in un botto più forte quando (presto) ci sarà il crollo, deve approfittare di questa posizione di forza per lavorare ad evitarlo, o almeno a premunirsi contro le sue conseguenze.
In pratica, è bene che in America girino più 500 e meno gipponi. E' bene estendere a tutta la gamma le sinergie progettistiche coi tedeschi dell'omega. Ma non servirà a nulla senza una prepotente fuga in avanti, che a questo punto Fiat dovrebbe essere in grado di compiere, prima al mondo. Pensare e realizzare a tempo di record una gamma di vetture totalmente nuova, che con tre vestiti diversi per i tre mercati, grazie ai tre marchi, si componga essenzialmente di vetture molto piccole ed economiche a motore anche o solo elettrico, vetture medie esclusivamente ibride, e vetture grandi esclusivamente ad idrogeno. Nessuna di queste auto dovrebbe riuscire a superare i 150 orari, ma il governo italiano e quello USA non dovrebbero avere nessun problema a rivedere le norme in modo da negare l'omologazione ad auto che lo facciano. I tedeschi avranno più problemi ma cinesi e indiani no (nel nostro boom Morandi cantava "andavo a cento all'ora" e il numero sembrava tanto a noi bambini anche a sentirlo pronunciare), e se se ne fa una strategia mondiale dovranno adeguarsi anche a Berlino. Certo un conto è subire questo processo di riconversione un altro è averlo guidato. E' questa l'occasione che si presenta a FIAT, ed è da non perdere.
E' un problema culturale, ci siamo in mezzo tutti. Ci sarà un periodo di problematica convivenza con i SUV e altra ferraglia inutilmente pesante ingombrante inquinante e veloce. Ma alla fine si potranno pure smantellare i tutor e limitare gli autovelox. Per le emozioni, non ci sarà problema: sarà come dopo la seconda guerra mondiale, su una vecchia Topolino amaranto, praticamente una due posti che non superava gli 80 all'ora, che "se le lasci sciolta un po' la briglia mi sembra un'Aprilia, rivali non ha...".

lunedì 4 maggio 2009

PAPY, CI SEI CASCATO!

La notizia è talmente grossa che nemmeno al boss dei boss era possibile la solita tattica dell'embargo assoluto, per cui il profilo scelto è "sono affari privati" e quindi se ne parli il meno possibile. Se solo si ricorda il battage, enorme a paragone, che aveva ricevuto la vicenda analoga di Sarkò e Carlà, si capisce la potenza del filtro messo in atto dal padrone delle ferriere.
D'altronde, si pensa pure a sinistra, perchè ci dovrebbe interessare dei cavoli propri del premier? Ci sono almeno due ragioni, invece:
  1. la cosa potrebbe concretizzare finalmente la risoluzione del conflitto d'interessi: Veronica pretende e probabilmente otterrà la spartizione del patrimonio un tot a figlio, e quindi 60 e 40 a proprio favore, ma anche Berlusca ottenesse il richiesto 50 e 50 avremmo comunque la fine del monoblocco, e non si pensi nemmeno a una gestione in accordo tra i fratellastri, chè la Storia è piena di Imperi smembratisi per le lotte tra fratelli...;
  2. è interessante politicamente la posizione di un certo elettorato di fronte alla causa ultima di questa separazione, la tendenza continuata ed ostentata all'infedeltà coniugale peraltro con ragazze giovani certo meno innamorate del tomo che attratte dalle possibilità di carriera (anche politica) come corrispettivo alla concessione dei propri favori; si tratta di un sistema di valori molto popolare nel Belpaese, e perfino trasversalmente, ma dovrebbe essere incompatibile con quello propugnato dalla Chiesa cattolica (e infatti la campagna elettorale dell'UDC ha subito una pesante virata etica...).
In realtà c'è ancora chi pensa che la cosa potrebbe rientrare, tanto annose sono sia le abitudini farfallone del Cavaliere che le piazzate a mezzo stampa della consorte poi rientrate clamorosamente. Se ciò non succede, è per via della natura della goccia che ha fatto traboccare il vaso (oltre che per l'ammontare degli interessi in gioco, ovviamente...): la partecipazione alla festa di compleanno di un'avvenente diciottenne napoletana che in pubblico (e su Facebook, anche se da oggi è sparita) lo chiama Papy, mentre gli impegni istituzionali lo avevano tenuto lontano dall'analoga occasione della figlia propria e di Veronica. La vicenda - amante minorenne, nomignolo, uomo la cui fortuna è iniziata con impicci su estero - ci ha fatto venire in mente una delle tracce dell'esilarante film Totò contro i 4: Nino Taranto è un dirigente delle Dogane così apparentemente solerte da bloccare le supposte che il Commissario Totò si faceva arrivare dalla Svizzera per curarsi le emorroidi, senonchè recatosi quest'ultimo presso un negozio di lingerie per acquistare degli articoli per travestirsi, scopre che una giovane piuttosto avvenente ne è proprietaria grazie all'omaggio del dirigente delle Dogane di cui sopra, che lei chiama affettuosamente Pipì. La scenetta che postiamo parte da quando Nino Taranto si reca al commissariato con le supposte prima sequestrate, nel tentativo almeno di rabbonire ed eventualmente di corrompere Totò, che invece registra il tutto e incastra Taranto.
E' da guardare fino alla fine, per capire il nostro titolo ma soprattutto perchè è esilarante. Tra l'altro scattano altri collegamenti più o meno inconsci: il finanziere corrotto, le intercettazioni, eccetera.

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