sabato 28 ottobre 2023

SENZA TUTELA

La vicenda del cosiddetto "mercato tutelato" dell'energia è emblematica dell'epoca che ci tocca vivere, dalla "fine della Storia" in poi. Avendo vinto la guerra fredda sul comunismo, il capitalismo è stato libero di realizzarsi in tutte le sue estrinsecazioni senza che gli Stati sedicenti democratici opponessero più tutti quei correttivi, indispensabili fino a che c'era il rischio che altrimenti il popolo votante portasse il socialismo al potere per via elettorale, che ne contemperavano gli eccessi.

Le ultime quattro righe sono sufficienti a spiegare gli ultimi trentaquattro anni di storia, sia nelle grandi linee sia nei dettagli, anche quelli che sembrano insignificanti. Già, perché c'è sempre qualcuno che davanti all'ennesima dimostrazione del fatto che non siamo più uno Stato democratico ed indipendente, che è perfettamente inutile votare tanto la politica economica, cioè quella che conta e da cui dipendono tutte le altre politiche, la decide una non ben definita oligarchia eletta da nessuno e fuori da ogni controllo politico e giuridico, fa spallucce e ti dice "ma di che ti lamenti?", mostrandoti il sempre ineffabilmente presente "lato positivo della cosa", e iscrivendoti d'ufficio ai complottisti. E il bello è che quel qualcuno, se non è tra i beneficiari diretti o indiretti del Nuovo Regime, ne è come te una vittima, solo inconsapevole: l'ennesima rana bollita e contenta.

Venendo alla cronaca, la decisione UE che gli Stati non devono più impicciarsi di garantire ai propri cittadini uno "scudo" alle oscillazioni del Dio Mercato, che talvolta possono avere effetti di portata tale da (restando irrilevanti per i pesci grossi) distruggere le famiglie, è annosa, direi fondativa. Ma in alcuni Paesi, come ad esempio il nostro, dove magari un popolo avvezzo storicamente a fronteggiare i soprusi dei potenti si ostina ad eleggere di volta in volta chi promette in qualche modo una qualche forma di resistenza, si nicchia, si rinvia, e così si rimanda il redde rationem. Ebbene, per luce e gas pare non si possa proprio più. Fino a qualche giorno fa pareva che il governo, memore del mandato preciso per cui si trovava ad essere tale, volesse varare l'ennesima proroga. Ma poi deve essere arrivata la solita telefonata da Bruxelles, Meloni è solo l'ultima di una lista lunghissima che partiva almeno da Andreatta e Prodi e arrivava a Di Maio, ed ecco lo stralcio, e quindi la conferma: fine del mercato tutelato del gas dal 10 gennaio e della luce dal 1° aprile 2024.

Il risultato economico della cosa sarà nelle tasche di tutti noi, soprattutto dei tantissimi italiani che fin qui avevano resistito alle sirene (anche pubblicitarie, come sempre fasulle) del "la concorrenza abbatte i prezzi" (ci fosse stato un solo settore dove in Italia la libera concorrenza non si sia trasformata in sotterranei accordi tra oligopolisti a tutto danno degli utenti...), ricavandone ad esempio risparmi cospicui ogni qual volta la speculazione faceva impennare i prezzi approfittando delle notizie di cronaca (ad esempio, di guerra) ben prima che ci fosse il naturale ripercuotersi degli aumenti delle materie prime, e viceversa tenendoli belli alti ben dopo il calo degli stessi costi, con la scusa delle scorte. Assisteremo ad aumenti medi di due cifre percentuali, anche al netto di eventi del genere. Con qualche fortunato e/o abile che riuscirà a ruspare qualcosa, a fronte di molti sciagurati e/o disgraziati che finiranno in rovina.

Il risultato politico, a meno di cambiamenti in extremis al momento molto improbabili, sarà che molti elettori di questa destra si sentiranno traditi e l'abbandoneranno, esattamente come avevamo fatto qualche anno fa coi cinquestelle, e altri prima con Berlusconi e il PD. Tutte cose che al Vero Potere fanno meno che il solletico, dal momento che le scelte politiche dei popoli appunto sono del tutto irrilevanti ormai a decidere dei loro destini, determinati invece altrove

domenica 22 ottobre 2023

MA COME "SUL TETTO"?!

Non ho l'abitudine di commentare a caldo la cronaca, sia perché non ne ho i mezzi (dedico a questo blog solo ritagli di tempo, spesso notturni per definizione: controinformo per-diletto ma anche perdi-letto) sia perché lascio che passi la sbronza mediatica per dire qualcosa di mio, se nel frattempo mi viene. D'altronde, ho sempre diffidato dei best-seller, che di solito ho letto "alla scordatina" (Il nome della rosa e Il pendolo di Foucault in spiaggia, il mio top, parecchi anni dopo il loro enorme successo commerciale, e dire che Eco l'avevo studiato con piacere all'università). La vicenda del bus precipitato dal cavalcavia a Mestre non fa eccezione.

Le immagini le avete viste tutti, da subito era chiaro (come poi è stato confermato) che il mezzo non stesse correndo quindi doveva esserci un'altra ragione per cui il guardrail non ne aveva trattenuto la marcia. Finché si è parlato di barriera vetusta o addirittura interrotta, eravamo nella purtroppo ordinaria amministrazione delle cose italiche: la quasi totalità delle infrastrutture fondamentali per un paese moderno abbandonate per non avere le risorse per l'ordinaria manutenzione, se non colpevolmente dimenticate da chi avrebbe dovuto rinnovarle o almeno controllarle. Qualche anno fa a Genova è caduto un ponte, che vogliamo di più? E basta che ci facciamo un giro in città, o andiamo in vacanza in uno dei tanti bellissimi territori italiani a vocazione turistica, per vedere, in ordine sparso e non esaustivo: cespugli grandi come alberi a intralciare la carreggiata, asfalto pericolosamente sconnesso, protezioni a ciglio strada quasi ovunque approssimative o inesistenti, carreggiate mezze chiuse per manutenzione da decenni, stazioni dei treni abbandonate, sponde marittime lacustri e fluviali non governate, alvei irresponsabilmente urbanizzati e/o variamente ostruiti, eccetera eccetera. Senza contare che le autostrade rischiano di diventare antieconomiche e quindi di essere abbandonate dal definitivo tramonto, programmato e in fase di attuazione (all'interno di un piano preciso, al quale non avremo scampo, e di cui abbiamo numerose prove), della automobilità privata, e che tolte quelle il tracciato delle strade è ancora quasi totalmente quello ereditato dall'era prerepubblicana, quando non preunionista, al massimo rimodernate nel secondo dopoguerra e fino a che l'Italia è stata padrona di spendere i suoi soldi come voleva. Ok, spesso male, ma non sempre; e non è una buona idea rinunciare a ridurre quel "male" al minimo strutturale per invece optare per un "vincolo esterno" che ti leghi le mani impedendoti si di sprecare ma anche di agire secondo legge e buona amministrazione. Invece è questo che è stato fatto, in sintesi, con l'Unione Europea, avendo origini ancora anteriori.

No, la questione infrastrutture ci azzecca ma non può bastare. Il bus infatti non solo ha preso fuoco come sotto una gragnuola di molotov, ma è caduto a tetto in giù. Un'auto che cade da un cavalcavia, normalmente tende ad andar giù di punta, con la parte più pesante, proprio come un essere umano di testa. Ecco che si scopre che il mezzo era alimentato a batterie, e che chi lo ha progettato, probabilmente partendo da un modello preesistente per risparmiare (come la totalità delle auto elettriche che tentano in ogni modo di propinarci: pensateci, che ragione c'è che abbiano ancora un cofano motore?), le ha messe sul tetto, dove c'era più spazio, e non nel pianale tra i due assali, dove erano più protette (visto che in caso di incidente sono altamente infiammabili e comunque impossibili da riparare - chi non ci crede chieda alle compagnie assicurative). Ma cosa succede a un qualunque mezzo di locomozione che tu carichi in maniera troppo sbilanciata nella parte superiore? Esatto, perde in stabilità, e il perché lo sappiamo dalle elementari: si alza il baricentro, quindi ha un equilibrio più precario.

Quando ci dicono che bisogna fidarsi de "la Scienza" perché sarebbe neutrale (anche politicamente), e intendono l'ingegneria, la medicina, l'economia, ricordiamoci bene ma proprio bene due cose, peraltro strettamente interdipendenti:

  1. la scienza è la casa del dubbio e chiunque ti dica che lui ha ragione al 100% non è un vero scienziato;
  2. la storia dell'umanità è piena zeppa di scienziati che hanno sbagliato, anzi diciamo che ogni scienziato prima o poi è stato sbugiardato o dai fatti o da un altro scienziato, sia i buoni scienziati (quelli che si propongono in modo da rispettare il punto 1) sia quelli cattivi (che invece, per molte ragioni in primis di utilità personale, si atteggiano a portatori della Verità e pretendono obbedienza).

Erano scienziati quelli del Vajont. Lo erano quelli che per decenni ci hanno fatto costruire le case con l'amianto, o che ci hanno fatto ingerire cibi o assumere farmaci certificandoli per efficaci e innocui per decenni prima che venissero tolti dal commercio perché cancerogeni. Lo erano quelli che ci hanno imposto un modello di consumo fatto di packaging indistruttibile, perché la plastica era progresso. E quelli che sostenevano impunemente che le sigarette facevano bene. E quelli che hanno costruito la bomba atomica e le centrali nucleari (che ora ci ripropineranno non appena ci avranno venduto abbastanza auto elettriche per rendere insufficiente l'approvvigionamento elettrico da altre fonti). Lo sono quelli (anche se gli danno il Nobel, una roba che l'hanno dato pure per la pace a qualcuno che nel mentre bombardava) che ci hanno imposto sieri sperimentali chiamandoli vaccini, e ora insistono nonostante la sperimentazione forzata e a rischio nostro sia stata a dir poco fallimentare (quasi tutti gli ammalati di questa infornata sono multivaccinati, e nessuna indagine seria è stata mai avviata -nonostante le ammissioni - sui danni collaterali e le morti improvvise schizzate statisticamente). E lo sono quelli che non sono nemmeno all'uno per cento della comprensione delle dinamiche del clima e si atteggiano a soloni che hanno capito tutto: che c'è un cambiamento, che esso ha eminentemente cause antropiche, e che agendo su un paio di fronti (casualmente, quelli che sono un affare per i loro ungitori) il cambiamento rientrerà (e mo' pure "el Papa" gli porta l'acqua con le orecchie, complimentoni). E quelli che il ponte sullo Stretto si può fare e reggerà abbastanza lungo e porterà abbastanza benefici da giustificare la spesa e la distruzione dell'area. E quelli che l'Intelligenza Artificiale può solo che aiutarci, eppoi come ogni invenzione dipende da come si usa. Tutta gente che se la propria impresa ha successo gli cambia la vita, e che tanto muore prima o poi come tutti, spesso prima che altri scienziati dimostrino la loro sciaguratezza, quindi che glie frega.

sabato 14 ottobre 2023

VOLTA E RIVOLTA

Il cosiddetto "diritto all'autodeterminazione dei popoli" è senz'altro una bella etichetta: vista da sola non si può non apprezzarla come valore assoluto. Il problema come sempre è passare ai casi pratici, e allora si scopre ben presto che la coerenza è un lusso che non molti si possono permettere, evidentemente. E si, perché capita ricorrentemente che gli stessi che lo invocano per alcuni popoli se ne dimentichino totalmente per altri, senza alcuna logica intellegibile che possa giustificare tale incoerenza. Gli esempi sono millanta, dalla storia antica alla cronaca: un elenco non può che essere incompleto, si può al massimo tentare uno schema esemplificativo.

Popoli che secondo la narrazione dominante...

...hanno diritto all'autodeterminazione ...NON hanno diritto all'autodeterminazione
Israeliani, nei confronti dell'Occidente cristiano che li ha per millenni "ghettizzati" e infine ha cercato di cancellarli, al punto di ottenere a titolo di risarcimento di riprendere possesso dei territori da cui erano stati cacciati dall'Impero Romano un paio di millenni prima. Palestinesi, nei confronti di quello Stato di Israele appositamente creato come avamposto dell'Occidente cristiano in Medio Oriente.
Ucraini, assieme a tutti gli altri popoli delle Repubbliche ex sovietiche (spesso disegnate a tavolino all'interno dell'URSS). Abitanti delle regioni russe dentro i confini (come detto, arbitrari) dell'Ucraina.
Croati e sloveni, nei confronti della Jugoslavia, poi cristiani nei confronti della Bosnia e Kosovari nei confronti della Serbia. Abitanti delle regioni serbe dentro i confini (disegnati in seno alla Jugoslavia) del Kosovo.
Italiani, anche se a sentirsi tali erano i soli membri di una ristrettissima élite acculturata e spesso più o meno consapevolmente eteroguidata, a fronte di moltitudini di persone di lingua cultura e tradizioni diversificate nel corso di millenni. Sudditi del Regno delle Due Sicilie, nei confronti degli occupanti Piemontesi sedicenti unificatori dell'Italia.

Gli accostamenti in tabella sono tendenti a evidenziare al meglio lo stridìo di certe logiche. La domanda da porre a chi le sostiene, infatti, sarebbe facile facile: qual è il criterio per poter dire di un popolo che ha diritto all'autodeterminazione?

  • Lo stanziamento stabile e prolungato su un territorio? Allora quello dei palestinesi sulla Palestina è un diritto molto maggiore di quello degli ebrei, che dalla Diaspora al reinsediamento passano tanti di quei secoli che giusto un popolo capace di rinchiudersi e proteggersi nel suo credo poteva conservare così bene lingua cultura e memoria delle proprie origini.
  • La lingua e la cultura? Allora hanno ragione i russi del Donbass (peraltro oppressi per un decennio prima di ottenere l'aiuto di Putin) e i serbi nel Kosovo, a volersi affrancare così come si sono affrancati gli ucraini dalla Russia e i kosovari dalla Serbia.
  • La legittima sovranità e il "tesoro del Re" (o se preferite statale)? Allora aveva più diritto il borbone a unificare l'Italia sotto il suo regno che l'indebitatissimo Savoia, che ci è riuscito solo grazie all'interessatissimo apporto esterno (cooptato anche contribuendo alla guerra di Crimea: vi dice qualcosa?), e ha poi prima depredato l'erario e le industrie del regno di Napoli e poi ha imposto la narrazione per cui il sud era sottosviluppato da prima (creando e mai più risolvendo la Questione Meridionale), nel frattempo etichettando come brigantaggio la resistenza popolare.
  • La lingua, la religione e gli altri fattori "culturali"? Allora hanno ragione i baschi, i catalani, i corsi, i leghisti della prima ora, l'IRA, eccetera eccetera, o se quelli hanno torno lo avevano anche i croati e gli altri secessionisti della Jugoslavia (peraltro culla di un esperimento di convivenza interculturale durato decenni, con una fortissima quota di rapporti di amicizia e anche familiari interreligionari e interlinguistici, messi in crisi dalla guerra - innescata dagli occidentali, non dimentichiamolo - ma non da essa distrutti del tutto).

Se avete una risposta univoca, beati voi. Se non ce l'avete, allora chiediamoci: come mai la narrazione ufficiale (con tanto di censura ai dissenzientifa valere una volta un criterio una volta un altro, magari al suo opposto? Qual'è la logica? La risposta non può che essere una: la convenienza dei centri di potere occidentale. Basta ammetterla, e tutto si incastra perfettamente senza contraddizione. Quando conviene all'Imperatore vale un criterio, ma se gli conviene il criterio contrario vale quello. Ovunque e in qualunque situazione.

Ora fatevi un esame di coscienza: siete d'accordo? Allora continuate pure a commuovervi, come è giusto che sia, per i poveri ragazzi uccisi da Hamas nei recenti attacchi, e giudicate pure legittima la rappresaglia israeliana, unendovi al coro. Ma se invece vi viene il dubbio che anche i palestinesi uccisi nella rappresaglia siano vittime innocenti, come peraltro tutti i morti di questa guerra ormai ultrasettantenne, certo molto più numerosi tra i palestinesi che tra gli ebrei ma possiamo anche sorvolare su questo "dettaglio", allora accanto alla commozione deve trovare posto l'analisi storica delle origini del conflitto, di questo come di ogni altro. E la ricerca di un criterio diverso da quello dell'Imperatore e dei telegiornali suoi servi.

Ad esempio, il popolo, per usare una parola antica. Se un popolo è acquiescente, può esserlo per mille motivi, tra cui la pigrizia di gregge o la bravura del pastore nel pascolarlo col bastone della propaganda. Ma se un popolo si ribella, che sia manipolato o meno, strumentalizzato o meno, un fondo di ragione ce l'ha sempre. Se adottiamo questo, come metro, può darsi che riusciamo a trovarla, quella ragione, e che allora ci sottraiamo al coro che il mainstream ci induce a intonare.

Quando ero piccolo a Reggio Calabria ci fu una rivolta popolare, durò molti mesi e ci furono dei morti. A sette anni, non puoi certo capirci qualcosa. Ma le cose che vedi poi te le ricordi. Ed io ho visto coi miei occhi i carri armati per strada, sotto casa. La rivolta nella narrazione ufficiale era manipolata dagli stessi neofascisti che intanto organizzavano un golpe per prendere il potere a Roma come i colonnelli ad Atene poco prima, quindi lo schieramento in massa delle forze di polizia e dell'esercito era consequenziale. Ma gli stessi che postulavano per i riggitani l'eterodirezione e quindi la non spontaneità delle motivazioni, poco prima ai praghesi riconoscevano l'autenticità della ribellione e quindi l'illegittimità dell'intervento dei carri armati sovietici: la propaganda non ha bisogno di coerenza, ammette qualsiasi capriola, anche doppia, se si pensa che l'ineffabile Napolitano (il peggiore Presidente della storia della Repubblica Italiana, e dire che il livello degli altri è quello che è...) qualche anno prima a Budapest teneva per i blindati russi. A studiarsi bene la cosa, invece, si può scoprire che specie all'inizio la rivolta di Reggio era autenticamente popolare, trasversale al continuum destra/sinistra al punto che cinque ragazzi anarchici furono assassinati mentre portavano a un giornalista (si, ai tempi si scriveva e si portava fisicamente, come Borsellino la sua Agenda rossa, parimenti "misteriosamente" sparita) le prove del complotto delle "mosche cocchiere", buttati fuori strada da un camion addirittura intestato a soggetti vicini ai golpisti di cui sopra, con sopra qualcuno che ovviamente ha fatto sparire il dossier prima che arrivasse un qualche soccorso. E a saper leggere la storia, cioè il buco nero in cui è finita Reggio Calabria a partire da quella emarginazione politica a cui i suoi cittadini si ribellavano, e da cui non è mai davvero più uscita, si capisce che quelle ragioni di fondo c'erano, eccome, e il popolo reggino le aveva intuite.

E allora sforziamoci di cercarle, ogni volta e non solo a corrente alternata, quando fa comodo al Padrone si e quando gli fa comodo il contrario no. Tra l'altro, è proprio l'ONU che sancisce, in una pronuncia colpevolmente dimenticata, il diritto di ogni popolo all'insurrezione armata quando ritiene che sia minacciata la sua esistenza e/o il suo radicamento a un territorio. Di ogni popolo, non solo di quelli che hanno in qualche modo avuto la fortuna e/o la capacità politica di riuscire ad essere intestatari di uno Stato/Nazione.

Insomma, quelli di Hamas, anche a voler escludere l'ipotesi che siano pagati e armati per mantenere l'instabilità in una zona la quale che resti instabile conviene a tutti, anche magari a chi vuole una scusa per scaricare adesso Zelenski (che se n'è accorto, e infatti baccaglia), sono gente disposta a combattere senza pietà, come ce n'è in tutti i popoli e in tutte le latitudini ed epoche: normalmente, questa gente viene disinnescata solo eliminando le condizioni in cui prospera. E non è certo quello che è stato fatto in Palestina negli ultimi settanta anni. O vogliamo dimenticare che quando un leader israeliano e uno palestinese avevano imboccato un percorso di pace, meritandosi persino un Nobel, qualcuno ha trovato il modo di toglierli di mezzo, facendo sparare il primo e avvelenare il secondo? Ora, chi plaude all'escalation israeliana e la incita, o è consapevole del fatto che così se non riesce davvero a completare il genocidio l'unico risultato sarà incentivare e giustificare che in campo avverso emerga qualcosa di peggio di Hamas, oppure è il solito idiota utile a chi vuole la guerra permanente.

venerdì 6 ottobre 2023

PIPPI E I PIPPONI

Ditemi se non sono identici....
Se è vero che il tennis è uno degli argomenti ricorrenti in questo blog, anche se non tra i più frequenti, quando dedicargli un post se non in occasione del miglior piazzamento all-time nella classifica ATP di un giocatore italiano? Tanto lo sapete già, visto che sono queste le rare occasioni in cui uno sport diverso dal calcio diventa mainstream in Italia, che Yannik Sinner è diventato numero 4 al mondo eguagliando il record di Panatta del 1976: ne ha scritto praticamente ogni testata, l'ho visto persino su Il Sole 24 Ore...

Se la cosa vi ha interessato un minimo, e avete seguito qualche link anziché fermarvi ai titoli, sapete però già che Panatta prese quella posizione che era più grandicello del 22enne altoatesino oggi, e la mantenne giusto una manciata di settimane, ragion per cui, come lo stesso Adriano si affretta a prevedere (in un gustosissimo video sfoggia la sua consueta ironia), è altamente probabile che Sinner superi Panatta almeno quanto a durata a quel livello, se non in classifica proprio. Raggiungendo o superando anche quel Pietrangeli che è stato numero 3 per due anni vincendo anche due titoli dello slam a Parigi (come egli stesso sottolinea con la consueta rosica, "dimenticando" che ai tempi la classifica la faceva a manina un giornalista, e ne erano esclusi i professionisti, che fino al '69 giocavano in un circuito loro: un po' come se oggi togliessimo di mezzo diciamo i primi dieci, e il tredicesimo si sentisse in diritto di ricordare per decenni che lui è stato il numero 3 e ha vinto un paio di major ma omettendo che lo ha fatto senza i più forti avversari).

Con ciò non voglio togliere nulla ai due vecchi campioni di cui sopra: Pietrangeli già quando ho iniziato io era una "vecchia gloria" di cui ricordare le imprese e ammirare lo stile nei rari filmati di repertorio in bianco e nero che mamma Rai ogni tanto mandava in onda, magari per commentarne le gesta come CT della nazionale che vinceva la sua prima e unica coppa Davis; Panatta invece è una delle ragioni per cui noi ragazzini di allora abbiamo cominciato a giocare (la Rai non mancava mai di mandare il diretta le sue imprese, e noi lo ammiravamo - talmente bello era il suo stile di gioco - anche nei suoi ricorrenti clamorosi fiaschi) e io ancora a sessant'anni continuo, con impugnatura, serve-and-volley, slice, e panza, mutuati dall'Adriano nazionale (e un po' più di voglia di allenarmi di lui, ma è facile: lui non ne ha avuta quasi mai, e quando l'ha avuta ha vinto, e se ne avesse avuta abbastanza sarebbe stato forse numero 1 al mondo e a lungo). Ma Sinner è un'altra cosa. Sinner è:

  1. potentissimo - nonostante l'aspetto mingherlino, a dimostrare una volta in più che nel tennis la potenza è questione di leve e coordinazione, in altre parole di tecnica di esecuzione dei colpi;
  2. durissimo - il che non significa che non sia anche fragilissimo (avete presente il vetro? o il guscio d'uovo?): il suo atteggiamento serissimo in campo in contrasto con il carattere scherzoso e gioviale fuori dimostra che la sua solidità è frutto di lavoro e applicazione continui, quindi difficilissimi da mantenere sempre, e allora necessariamente talvolta gli capita una giornata storta o un momento topico che gli fa girare contro un match;
  3. giovanissimo - quindi se è fortunato (a non farsi mai male sul serio), bravo (a lavorare sul fisico), e ne ha voglia (il che non è detto, si può sempre fare la "fine" di Borg), lo vedremo ai vertici per almeno i prossimi dieci anni;
  4. tedeschissimo - per mentalità maturità serietà e quindi precocità.

Il combinato disposto di quanto sopra (e specie degli ultimi due punti) fa si che abbia ancora moltissimo margine per crescere, arrivando (anche presto) magari a vincere un Master, alcuni titoli dello Slam, e perché no anche quella coppa Davis per la quale è stato al centro delle polemiche nelle ultime settimane (tipico vezzo italico: Alcaraz, il ragazzo spagnolo ancora più forte e precoce di lui che ha battuto in semifinale a Pechino, ha dato forfait a settembre come lui e per le stesse sue ragioni, senza ricevere in patria nemmeno una piccola frazione delle critiche indirizzate qui al Nostro, e dire che la Spagna a differenza dell'Italia ha pagato l'assenza del suo campione con l'eliminazione, da finali che per giunta si giocano li quindi anche con remissione di denaro). E intanto ha vinto il torneo di Pechino battendo in finale uno con cui aveva perso sei volte su sei, dimostrando l'intelligenza di saper adattare il suo gioco quando serve: una trentina di discese a rete, quasi tutte vincenti, e senza avere la manina di Panatta. Niente male per un ragazzino che da piccolo sognava forse di essere il nuovo Alberto Tomba, vincendo come lui il trofeo Topolino di sci prima di optare per il tennis - perché, ha dichiarato, nello sci ogni piccolo errore significa gara persa mentre nel tennis si può sempre rimediare. E invece alla fine rischia di esserlo per un'altra ragione: portare un paio di generazioni sui campi da tennis, così come Tomba-la-bomba le portò sulle piste da sci, con tutto quello che ne consegue nell'indotto oltre che sul piano sportivo. Anche se per quest'ultimo poi ci vuole di base il talento, infatti, più si allarga la base più è probabile che se c'è emerga. E se no, pazienza: avremo comunque per alcuni decenni moltissimi nuovi pipponi che giocano a tennis avendo iniziato per emulare il roscio coi dentoni che proprio come Pippi Calzelunghe non si sa, secco com'è, dove la pigli tutta quella forza.

domenica 1 ottobre 2023

TRAMONTO OCCIDENTALE

...torneremo a vivere come dei barbari...

Franco Battiato, Tramonto occidentale, 1983

Prendo il titolo da un grande cantautore siciliano, e l'incipit da un suo collega quasi modenese - "Siamo di un'era in transizione fra una civiltà quasi finita ed una nuova inconcepita" - tratta da Mondo nuovo, brano che peraltro cita Huxley, uno che di distopie se ne intendeva qualcosina.

Ora, il problema delle fasi di transizione è che di solito quelli che le vivono non le riconoscono come tali, salvo alcuni che però se osano dirlo, che ci stiamo dentro e magari anche verso quale nuovo equilibrio sembra stiano portando, per gli altri diventano se va bene visionari da lasciare parlare nel vuoto ignorandoli, se no complottisti da zittire. E grazie alla manipolazione dell'opinione pubblica, nata un nanosecondo dopo l'opinione pubblica stessa, la narrazione negazionista della transizione stessa, o semmai indirizzata al suo mascheramento con una versione come minimo edulcorata quando non spudoratamente fasulla, diventa luogo comune facilitando l'isolamento delle voci fuori dal coro.

Può capitare, fidatevi, che financo persone che reputavate amici fraterni da un giorno all'altro vi mollino per non sopportare più la forza e la determinazione con cui sostenete le vostre posizioni eretiche, forse scambiando per presunzione e protervia ciò che invece è ammissione di debolezza e disperato tentativo di uscire dall'accerchiamento (in altre parole, urlate perché di notte vi hanno accerchiato e vi stanno malmenando e violentando, ma il problema è che voi urlate disturbando la quiete pubblica, eccheccazzo lamentatevi civilmente!). Mantenere vivo uno spazio di libertà come questo blog, per quanto minima (senza mai essere stata più che molto piccola) sia diventata la sua audience, è allora né più né meno che un'esigenza vitale. Percepita peraltro come un dovere civico irrinunciabile, come una Cassandra che sa sia di aver ragione e sia che sarà inascoltata ma lo stesso non può esimersi dall'avvisare i suoi cari delle sciagure incipienti.

Tra l'altro, senza ulteriormente scomodare la mitologia, ululare al vento l'avvicinarsi di sciagure ha per sua natura questa caratteristica: che se per caso a forza di farlo qualcuno comincia ad ascoltare e le sciagure vengono evitate, nessuno renderà merito all'ululante, anzi si dirà che visto che non si sono avverate lui aveva torto. Pazienza: ognuno alla fine se la gioca con la sua coscienza, e - nuovi studi provano che Lindo Ferretti e la sua "testa tagliata" avevano ragione - probabilmente "per l'eternità". Ragion per cui mi gioco il mio personale paradiso enumerandovi, e talvolta riservandomi approfondimenti futuri, i segni della deriva (già iniziata da un pezzo) coi pericoli all'orizzonte che annunciano:

  1. sostituzione dei poteri statali, controllabili (sia pure in misura relativa, e spesso più ideologica che effettiva) democraticamente, con un poli-centro di potere multinazionale non eletto e smaccatamente antidemocratico, che ha in mente un suo progetto di nuovo equilibrio mondiale in cui i valori "occidentali" (leggi: i diritti economici fondamentali acquisiti in alcune parti del mondo dopo la seconda guerra mondiale) non hanno posto, e per attuarlo impone una narrazione falsa sul clima, i diritti delle minoranze, l'inclusione e la proprietà privata;
  2. a fare da sponda a questo board mondiale, facendo da tramite nell'espianto di potere a suo favore, è stata appositamente disegnata e designata l'Unione Europea, centro di potere politico non eletto e non indirizzabile democraticamente che fa capo ad istituzioni monetarie private il cui obiettivo fondamentale è drenare dai privati cittadini quel po' di ricchezza che era stata loro concessa dopo la distruzione bellica, per concentrarla nelle proprie mani;
  3. chi non è d'accordo con il progetto di cui sopra ("2030: non possederai nulla") deve essere annichilito o ridotto alla ragione con qualunque mezzo, ecco il perché degli interventi in nord Africa e in medio oriente degli ultimi decenni, e dell'attacco Nato alla Russia raccontato come invasione russa dell'Ucraina - ed ecco perché chi ha a cuore la libertà nel mondo deve fare il tifo per Putin, per quanto controintuitiva possa sembrare la cosa, e sembra lo abbia capito persino quel D'Alema che mandò i bombardieri a Belgrado, figuriamoci: solo se vince la Russia (e per alcuni pare stia proprio vincendo e semmai il problema ora è come mollare l'Ucraina) il progetto può ancora essere fermato;
  4. l'interconnessione delle linee di azione del piano eversivo in atto è dimostrata anche dal fenomeno inflazione, tristemente riaffiorato in cronaca quando ci era stato promesso che cedendo sovranità all'UE non ne avremmo mai più sentito parlare; ma chi ha studiato ai tempi miei (oggi anche l'università obbedisce alla narrazione monocorde globalista-monetarista) sa che l'inflazione può avere diverse cause, e ciascuna causa richiede rimedi diversi, invece questi fanno la guerra, la guerra accende inflazione da costi (e da profitti, dice Bagnai, che ogni tanto si scorda che è al governo), loro la combattono come fosse inflazione da domanda (aumentando i tassi per drenare base monetaria) e tutto ciò toglie soldi dalle tasche della gente proprio mentre i prezzi aumentano: un vero e proprio crimine che col cazzo che i telegiornali vi raccontano per quello che è;
  5. è solo nel quadro complessivo su delineato che si può inquadrare correttamente la gestione criminale (anche nel senso che è direttamente appaltata alla criminalità organizzata: le ONG dalla faccia pulita fanno da fiancheggiatori) delle migrazioni nel Mediterraneo: se favorivi l'ingresso controllato di manodopera legale dovevi inquadrarla nelle tutele del lavoro occidentali, invece importando schiavi di fatto costringi i lavoratori occidentali pian piano (a seconda del settore) ad accettare lo smantellamento di quelle tutele pena restare fuori mercato (e il tempo gioca con loro: anche chi riesce a tenersi le tutele prima o poi va in pensione e muore, e i suoi discendenti non sapranno mai che quelle tutele siano mai esistite);
  6. idem si può dire (e chi vi parla ve lo ha detto per due anni e rotti, e riprenderà a farlo se dovessero ricominciare) della gestione della cosiddetta pandemia, le cui statistiche (anche dando per buone quelle ufficiali) viste da abbastanza lontano non saranno che una piccola increspatura sugli andamenti di lungo periodo, del tutto insufficiente a giustificare i provvedimenti epocali invocati e attuati (la cui motivazione va quindi cercata altrove), ma manipolate criminalmente (e sciorinate quotidianamente in modo da terrorizzarvi) sono bastate a creare una cesura (prima nessun allarme sociale giustificava un attacco alla libertà personali, dopo si - e se avete avuto un brivido alla schiena al messaggio di test che vi ha bloccato il telefonino, senza il quale non potete più vivere, fino a che non cliccavate "ok", avete capito, sennò no) che potrà essere utilizzata ogniqualvolta che si vuole, con la salute (già stanno provando a spacciare per nuova pandemia le risalite dei contagi anche se nemmeno arrivano a causare l'increspatura di cui sopra, forse anche solo per tenerci allenati o propinarci qualche nuovo dannoso "vaccino") come con l'ambiente (vedrete: non si fermeranno finché non si azzererà la mobilità privata dei non ricchi, anche se l'auto elettrica è un bidone energivoro molto peggio di qualsiasi diesel d'annata) e qualsiasi altro pretesto che troveranno.

Se non vi basta l'elencazione, qui sotto metto dei link di approfondimento ciascuno riferito ad uno o più dei punti precedenti.

  • Franco Cardini in un lungo ma prezioso post parla di economia reale e finanziaria (qui anche Bochicchio su Sbilanciamoci), capitalismo e democrazia, lavoro e intelligenza artificiale (punto 1 ma non solo).
  • Maurizio Blondet qui spiega come e perché ci vogliono poveri e morti, e si possa parlare complessivamente di "esproprio proprietario" (punto 2 ma non solo), e qui racconta e spiega come l'attacco ultratrentennale all'Italia, l'UE e la guerra in Ucraina siano indistricabili l'uno dall'altro (punti 1, 2 e 3).
  • Fulvio Grimaldi, uno degli ultimi grandi veri giornalisti che abbiamo, torna sull'11 settembre come paradigma della menzogna come strumento di potere. Menzogna che, come ricorda Mazzucco a proposito del caso Kennedy, prima o poi viene svelata come tale, specie se magari l'obiettivo a cui mirava è da tempo acquisito ed irreversibile. Quello che resta strano è come sia ancora possibile che, a fronte di così tanti esempi di narrazioni ufficiali smentite decenni dopo essere state protervamente affermate (in cronaca abbiamo Ustica con Giuliano Amato, ma la lista è lunghissima), la cosiddetta opinione pubblica sia ancora così disciplinatamente disposta ad accettare ogni nuova bugia (la pandemia, il cambiamento climatico, eccetera: punto 6 e non solo).
  • Francesco Carraro qui mette a confronto gli attivisti di oggi con quelli delle generazioni passate, e il risultato è impietoso (un po' tutti i punti, qui si parla di ambiente, e di come quelli di Ultima generazione combattano la battaglia dei potenti senza nemmeno capirlo).
  • Ilaria Bifarini ci racconta come le premesse all'attuale situazione africana, quindi alla piaga delle migrazioni (punto 5), stiano nell'essenziale fasullità della cosiddetta decolonizzazione.
  • Massimo Mazzucco stana la Meloni sulla questione immigrazione (ancora punto 5): o l'UE esiste e allora i nostri confini sono i suoi (quindi la questione blocchi alle frontiere ad esempio con la Francia manco si pone) o non esiste e allora uscirne è solo un prendere atto di una situazione di fatto (rispettando peraltro le promesse elettorali, che anche se solo implicite hanno contribuito decisivamente alla vittoria). Il guaio è che la stessa cosa ci siamo detti con l'euro e il movimento 5 stelle, e ormai dispero di vedere prima di morire uno schieramento politico che sia uno che agisce secondo coerenza.
  • Chiudo con un video pubblicato da Heather Parisi - che mondo è quello in cui a far suonare l'altra campana (come già per il covid) dev'essere una ballerina? - dal titolo retorico La pretesa di governare il clima della Terra è una illusione?

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