giovedì 29 aprile 2010

DAMMI TRE PAROLE

"Me ne frego" è l'espressione verbale che sintetizza meglio sia il fascismo sia l'italianità che di esso è mamma e figlia: ce la ripetiamo dentro infinite volte, talvolta in leggera storpiatura come il gerarca impersonato dal mitico Bracardi ("che te frega?").
Il rapporto tra cosa privata e cosa pubblica deviato patologicamente verso la prima, al punto da non vedere nemmeno quanto la seconda la influenzi pesantemente seppure indirettamente, che potremmo etichettare come "egoismo miope", è davvero caratteristica comune di tutti noi, dalle Alpi al Canale di Sicilia, solo declinata diversamente, nel rispetto del federalismo. Non credo sia necessario, anzi forse sarebbe offensivo dell'intelligenza del lettore, riportare in dettaglio in quali sistemi di valori ciò si traduca al sud e al nord, e quali comportamenti pratici origini alle varie latitudini.
In questi giorni le tre paroline magiche fanno da scudo alle italiche genti nei confronti del marasma greco. La cosa è adeguatamente indotta e incentivata dal Padrone del Vapore e di Tutte le Televisioni, con una tecnica sperimentata da ultimo con la crisi finanziaria internazionale innescata dai mutui subprime:  noi siamo fuori, siamo altra cosa, per questo questo e quest'altro motivo. Ora, altro popolo andrebbe a verificare gli addotti motivi e, scopertoli falsi, defenestrerebbe i millantatori. Noi no: se una bugia ci rappresenta uno scenario che ci piace e/o ci fa comodo, ci crediamo.
Raramente punto al blog di Grillo (dice tante cose giuste ma lo ascolterò se e quando annuncerà di entrare in politica per fare comizi gratis anzichè show a pagamento - così come leggerò Saviano dopo che avrà lasciato la Mondadori), ma quando il comico genovese parla di soldi c'è da credergli sul serio: in realtà stiamo davvero a un passo dalla Grecia, e chi lo nega ci sta prendendo in giro. In Grecia i titoli di Stato sono stati declassati a mondezza, gli stipendi sono stati già decurtati e lo saranno ancora per evitare forse che si debba smettere di pagarli, gli avvoltoi sono pronti a prestiti che sembrano ciambelle di salvataggio e sono catene, ma quel popolo non è stato rincoglionito da decenni di tivù spazzatura, ancora forse ha voglia di incazzarsi e lottare, e ascolta gli allarmi dei suoi intellettuali. C'è insomma da sperare che, come gli Argentini ieri, i Greci oggi trovino la forza per puntare i piedi sul fondo e risalire.
Se e quando toccasse a noi, invece, ci sono tutte le premesse per lo scavo del fondo, che ci condurrebbe a una sciagura epocale. Non abbiamo più, se mai lo abbiamo avuto, uno spirito patrio cui aggrapparci. Non abbiamo mai nemmeno scritto univocamente la nostra storia: le mistificazioni sull'appena trascorso 25 aprile, ad esempio, non solo ci sono sempre state ma aumentano a ogni giro di calendario. Come qui fa notare molto argutamente Pasquinelli, in un'altra contingenza economica le pressioni leghiste potevano anche avere uno sbocco naturale positivo, la divisione dell'Italia in macroregioni tutte parte degli Stati Uniti d'Europa, ma in questa situazione l'unico scenario plausibile se non li si ferma è quello jugoslavo. Non dimentichiamo che la nazione balcanica aveva molti tratti in comune a noi: costruita a tavolino, mantenne e anzi ampliò fortissime divergenze economico-sociali tra le sue regioni, fino a che in vista della disgregazione gli interessi economici del centro Europa si infilarono a piede di porco in quelle fessure per scardinare l'unità del Paese e scatenare una sanguinosissima guerra fratricida. Non li fermò nè l'estrema commistione familiare, nè la formidabile nazionale di basket dei fratelli Petrovic, una delle più forti squadre di qualsiasi sport di qualsiasi epoca. Insomma, in tempi di vacche grasse il federalismo di cui si ciancia su tutto l'arco politico è forse una soluzione, se concepito bene (quello che stanno lanciando, invece, ci condurrà dritti dritti alla bancarotta, potete starne sicuri e cominciare ad accumulare cibi non deperibili in cantina), mentre di questi tempi è l'anticamera della guerra civile. Io sono un obiettore di coscienza di mezza età, non credo in nessun dio e non ho figli: ho poco da temere. Voialtri, specie se siete giovani, o avete figli, fareste bene se siete di destra a dar manforte a Fini che è  tra i pochi che, seppur tardivamente, pare aver capito cosa si rischia a lasciare il timone in mano ai buzzurri e ai mafiosi; se siete di sinistra non avete nemmeno la fortuna di averne uno così, dovete mandarli a casa tutti e in fretta. Quelle tre parole, dobbiamo smettere persino di pensarle: Sarajevo è vicina, davanti a noi.

mercoledì 28 aprile 2010

PRIVACY DI TE, PLEASE

Oggi 28 aprile, dalle 10 in poi, davanti al Senato si manifesta per la libertà di informazione. Il Segretario dell'Associazione Stampa Romana Paolo Butturini, in un appello a giornalisti, sindacati, partiti, associazioni, società civile e intellettuali, ricorda che
"Il Disegno di Legge 1611, firmato dal Guardasigilli Angelino Alfano, non vieta soltanto di pubblicare le intercettazioni, istituisce una vera e propria censura preventiva. Impossibilitato a cassare a valle le notizie scomode, il Governo risolve il problema vietandone la diffusione tout court. Non potremo raccontare ai cittadini che si è danneggiata la loro salute per arricchire qualche primario o casa di cura, non potremo dire ai risparmiatori che è stata operato un saccheggio ai danni del loro denaro, non potremo denunciare che gli elettori sono stati truffati grazie al voto di scambio con le mafie e così via. Non è in gioco il destino di un piccolo, per quanto importante, sindacato di categoria, a rischio sono la professione e il diritto dei cittadini a essere informati. Senza libertà non ci sarà contratto che ci possa tutelare, perché sarà definitivamente uccisa la ragione stessa dell’esistenza dei giornalisti."
La democrazia e l’informazione sono un patrimonio di tutti, tutelato dalla Costituzione, proprio quella Costituzione che il Capo del Governo più indagato della storia ha osato attaccare, a saper leggere le sue parole "indirette", addirittura il 25 aprile, il giorno che ha restituito agli italiani la loro dignità, peraltro trasformandolo da festa della liberazione a festa della libertà con dolo semantico neanche troppo sottile.
Mentre qualcuno si sta già preparando alla sua Caduta, organizzando un governo tecnico che ci metta nelle mani dell'FMI prima del crack anzichè dopo come tocca ai greci a meno che non trovino il coraggio di fare come gli argentini, ed evitando di discettare se sia meglio la padella o la brace, degli episodi ci ricordano che il problema dell'Italia non è Berlusconi ma sono gli italiani. Tra gli altri, ecco due perle:
  • Silvio al forum confindustriale di Parma che col consueto humour si vanta di essere "il più grande imputato di tutti i tempi nell'universo" e chiama a correi gli imprenditori presenti sfidandoli sul tema scheletri nell'armadio, proprio nel corso della campagna di marketing che accompagna l'approvazione della normativa antiintercettazioni, e riceve un'ovazione anzichè una selva di fischi come sarebbe toccato a chiunque in qualunque altro Paese occidentale;
  • i reggini che onorano il boss Tegano al momento dell'arresto - e va bene che è in corso la tipica offensiva contro il braccio militare della mafia condotta con lo scopo principale di tenere fuori dal mirino il cosiddetto terzo livello, hai visto mai ci fosse qualcuno con responsabilità di governo, ma il fatto stesso che qualcuno trovi il coraggio di una manifestazione di schieramento così pubblica la dice lunga su sistema di valori e rapporti di forza in seno alla cosiddetta società civile nella mia "povera patria".
Comunque, chi volesse sapere davvero a cosa servono le intercettazioni, qual'è la loro reale entità, quanto costano e cosa si rischia a limitarle, colpendo la libertà di stampa per giunta, dovrebbe sentire non le farneticazioni di un pluriinquisito dalle ricchezze di dubbia origine, ma le parole sante di un giudice di prima linea come Nicola Gratteri. Uno che la privacy ce l'ha limitata davvero, dalle esigenze di una scorta che lo deve difendere da proiettili non da souvenir, e che in certe circostanze prende il comando, non uno che se ne fa scudo per rivendicare il diritto di prenotarsi le zoccole per interposta persona.

giovedì 22 aprile 2010

DANCE ON A VOLCANO

Quando Peter Gabriel lasciò i Genesis, al termine della trionfale tournèe di The lamb lies down on Broadway, molti davano per chiusa la parabola artistica del gruppo. Non avrebbero sbagliato di tanto: di lì a poco i tre superstiti, accecati dalle prospettive di guadagno facile, tradirono il loro dono di musicisti di livello eccezionale per trasformarsi in una ricchissima pop band come tante. Mentre Gabriel, che paragonato a loro era "uno che non sapeva suonare", e aveva il solo merito di aver inventato un certo modo di stare sul palco - togliendo agli altri però in visibilità, intraprese il percorso opposto: dischi di crescente qualità e valore artistico, sempre più radi, che possono non piacere a tutti ma di certo non accusabili di vocazione eminentemente commerciale. Il tipo sembrò pensare che una volta che sei abbastanza ricco da non potere mai spendere tutto quello che guadagni, almeno a quel punto se non hai il coraggio di farlo prima, cercare di guadagnare ancora a costo di perdere la vocazione artistica è un delitto contro se stessi, e ha preferito utilizzare la propria notorietà per "inventare" la world music, dando una possibilità editoriale a tutto quello di buono che ascoltava nel mondo, non senza tributare al nostro Fabrizio De Andrè e all'ascolto del suo Creusa de Ma la paternità dell'idea.
Ma all'inizio, eravamo a metà degli anni 70, entrambe le fazioni di fan che sempre si formano all'uscita di un big da un gruppo, dovettero trasalire: nessuno si aspettava, infatti, che quello pelato, si per carità eccezionale batterista, scendesse dal podio spazientito dalla vanità di infinite audizioni, e cantasse così bene, in un disco così bello come The trick of the tail. I Genesis completeranno la loro metaformosi con l'abbandono di Hackett, dopo un altro paio di dischi decisamente decenti, ma quell'album noi appassionati della prima maniera continuiamo a venerarlo assieme a quelli dell'era Gabriel, pur con i dovuti distinguo. Il primo brano, quello che scartato il vinile e messo sul piatto si ascoltava subito e talvolta si ricordava per sempre, fu folgorante: si chiama Dance on a volcano.
...
In questi giorni un vulcano islandese dal nome impronunciabile ha deciso di mostrarci quanto il nostro stile di vita è fragile. Una settimana di cenere, tutti i voli a terra, panico in mezza europa, milioni di euro di danni. Non lo siamo ancora del tutto, ma anche volendo dirci fuori, va tutto bene? E se fosse durata un mese? Un anno? Due riflessioni, una seria di Simoni su l'Unità e una solo apparentemente meno seria dell'immenso Stefano Benni, ci aiutano a fare mente locale:

  • compagnie aeree fallite, aeroporti chiusi, decine di migliaia di licenziamenti
  • ridisegno dei traffici europei sulle vecchie rotte navali e ferroviarie
  • spostamento di molti centri nevralgici verso il mediterraneo e il nord Africa
  • raffreddamento brusco delle temperature medie, aumento drammatico dei consumi energetici per riscaldamento
  • anticipo della crisi petrolifera, anche per il minor rendimento dell'energia solare nei paesi che vi hanno investito di più
  • recrudescenza delle guerre per il controllo delle aree di produzione del greggio, probabile conflitto anche in Iran
  • conseguente rinfocolarsi del terrorismo islamico, attentati in Spagna Francia e Italia
  • sospensione dei diritti democratici a cominciare dall'Italia ufficialmente a scopo preventivo degli attentati stessi, come in Usa nel 2001 ma in salsa fascista
  • denuncia di Grecia Italia e Spagna dei trattati europei, smembramento dell'aria Euro
  • inflazione a due cifre, tensioni sociali, austerità forzata anche per l'assoluta impreparazione del tessuto socioeconomico italiano alla fine dell'era del petrolio, abbandono dei cantieri appena iniziati del Ponte sullo Stretto e delle centrali nucleari
  • secessione del nord sotto la guida di Renzo "la trota" Bossi, il Papa viene rimesso sul trono di Roma dal premier Casini, il sud si organizza sotto la guida della ex criminalità organizzata oggi forza legalizzata - lungi dal rappresentare la panacea dei desiderata di alcuni commentatori, la cosa sfocia in una guerra aperta: il Triunvirato a capo delle Due Sicilie chiede i danni dell'unità d'Italia al Nord, e non ottenendoli passa all'offensiva, forte dei quattro quinti degli effettivi del fu esercito italiano...

Sembra una ricostruzione fantasiosa e forse lo è, ma provate davvero a immaginare una nube che insiste per un annetto sull'Europa, o qualsiasi altra cosa avvicini la comunque prossima fine dell'era petrolifera, e siate onesti con voi stessi.
....
Ora, un giorno Peter Gabriel si disse: se continuo su questa strada, faccio un sacco di soldi subito, ma tradisco me stesso, se cambio rotta sarò meno ricco, ma avrò lasciato il mio segno nella musica... eppoi meno ricco non vuol dire mica per forza povero... Allo stesso modo oggi siamo tutti
noi di fronte a un bivio, e prenderemo una strada o l'altra a seconda se abbiamo o meno capito la lezione: o ridefiniamo il concetto stesso di benessere e ricchezza in una dimensione compatibile col pianeta, e ci resteremo a lungo imparando a sfruttarlo senza consumarlo, oppure insistiamo con l'attuale modello dissennato di sviluppo e ci condanniamo all'estinzione. Stiamo danzando su un vulcano acceso, che sta per esplodere. Ma come ci piace, come ci fa fischiettare, sta musichetta orecchiabile...

sabato 17 aprile 2010

NOBILI DELLA LUNA

Oggi solo un veloce doppio richiamo, postato tra la manifestazione di Emergency e le prove dei Mambo Legend (il sacro e il profano, alla faccia di chi si fa l'idea che chi legge libri e si occupa di politica debba essere poi necessariamente un musone...).
Su Contrappunti, si rifà vivo Gino Nobili con una disanima del caso Fini e un'analisi di pro e contro, e di cui prodest, di ciascuna delle ipotesi in merito alle riforme di cui si parla in questi giorni. A valle di un sondaggio dell'Espresso dai risultati sconfortanti: persino lettori attivi come quelli di un magazine web peraltro schieratissimo dimostrano di non conoscere l'abc della scienza della politica. Come peraltro i loro leader...
Sul portale dei Liberi Industriali Associati, ma lo riporto da Comedonchisciotte, perché l'ho letto lì e perché il sito nativo non consente il link puntuale, Marco Della Luna torna a disquisire di democrazia, dimostrando con uno schema logicamente inattaccabile quale sia la realtà del sistema di potere di cui siamo sudditi, a dispetto di quello che vogliono farci credere. Sul finale però si lascia andare a uno scenario simile al filmaccio di Emmerich 2012: anche se un piano del genere fosse perfettamente provato dagli elementi in suo possesso, il suo racconto sarebbe più efficace se le conclusioni le facesse tirare al lettore, tanto se avesse ragione non avrebbe nessuno a cui dire "l'avevo detto io!"...
Entrambi i pezzi sono però da leggere attentamente e ragionarci su, perchè è solo l'esercizio faticoso delle funzioni intellettuali superiori che ci distingue dalle scimmie e dagli homo televisivus, citati in ordine di intelligenza.

martedì 13 aprile 2010

STORIE DI ORDINARIA EMERGENZA

Ci sono due appuntamenti questa settimana a Roma che sembrano scollegati tra loro, a cominciare dal fatto che uno è programmato da tempo e l'altro dettato dall'emergenza, ma non lo sono:
  1. giovedì 15 alle ore 20e30 presso la Libreria Flexi in via Clementina 9 si svolge un incontro della serie organizzata dalla Onlus Pizzicarms sul dramma dei bambini-soldato africani e roba simile;
  2. sabato 17 alle 14e30 a piazza Navona appuntamento per palesare sostegno ad Emergency, in questi giorni sotto il fuoco incrociato delle truppe di occupazione in Afghanistan e dei vigliacchi in Italia.
L'associazione di Gino Strada è infatti, grazie anche alla sua distanza ideologica dal neocolonialismo (vera neutralità, scambiata dagli schierati di qui per partigianeria: il cosiddetto ministro lascia persino ad intendere adiacenze col terrorismo...) e alla sua equidistanza da ogni credo religioso (e quindi anche da nessun credo), l'unica a potersi permettere la presenza in certi teatri, in cui altre associazioni che viaggiano sotto simboli religiosi e vantano i padrini politici giusti non possono nemmeno avvicinarsi: ciò, unito alla mancanza di diplomazia tipica di chi nel dolore altrui si sporca le mani, ne fa un osservatorio troppo scomodo per chi deve poter continuare a uccidere civili innocenti e presunti terroristi in proporzione di cento a uno, e mi sono tenuto basso.
Per non fare i soliti "comunisti", leggete cosa ne pensa un uomo non etichettabile a sinistra come Massimo Fini. Se ancora vi ronza per la testa il dubbio che forse magari qualcosa gli "arrestati" coi terroristi c'entrano, leggete cosa ne pensa un militare di alto grado. Ma poi andate sul sito di Emergency a firmare l'appello on-line, e sabato tutti in piazza a rappresentare con il proprio corpo se si è dalla parte dei due milioni e mezzo di afghani curati da Emergency oppure di chi ha mandato loro in ospedale e forse altrettanti sottoterra per controllare una zona ideale per il transito di idrocarburi e la produzione di oppiacei (con la menzogna infame che li si anniderebbe il presunto mandante di un presunto attentato che ha fatto "appena" poco più che un millesimo di quelle vittime: mille a uno e senza nemmeno una prova che siano proprio gli afghani a dover subire la rappresaglia, a Roma si direbbe "a questi i nazisti je fanno na pippa").
Il neocolonialismo è dunque il trait-d'union tra i due eventi che segnalo, o meglio il tentativo di raccogliersi attorno a un sistema di valori che lo neghi sia in teoria che in pratica, dovesse anche costarci un abbassamento delle condizioni di vita - cosa tutta da dimostrare, spauracchio che ci agitano davanti per poter continuare ad arricchirsi, diciamo quello zero virgola che ha davvero guadagnato dalla globalizzazione a spese di tutti gli altri classe media in primis. (Un po' come fa Berlusconi con la giustizia: serve a lui paralizzarla, ma lui convince i suoi elettori che è nel loro interesse, ma quanti saranno gli elettori del PdL, ad esempio, che rischiano di finire intercettati?)
Ripensamento della globalizzazione e dello sviluppo, peraltro, che sarebbe si uno dei valori forti attorno cui ricominciare a costruire una sinistra, perchè progresso e sviluppo siano parole tolte dalle grinfie dell'economia finanziarizzata e restituite al benessere collettivo. E sei progressista se hai gli strumenti culturali per immaginare un futuro migliore per te la tua città la tua nazione il mondo, chi si lascia ridurre a una periferica stupida della tv diviene necessariamente "regressista". Bisogna sapere le cose, è faticoso ma non c'è altro modo. Per questo andremo a sentire il presidente di Pizzicarms presentare il suo libro “Tutto quello che dovresti sapere sull'AFRICA e che nessuno ti ha mai raccontato”. Per questo dei criminali tentano di fare tacere chi le cose può raccontarcele da così vicino che si sporca del sangue che hanno versato e intendono continuare a versare. Per questo Gino Strada si che sarebbe un Nobel per la Pace meritato...

Sign for Luigi Strada detto Gino, Nobel per la Pace

domenica 11 aprile 2010

I PADRINI DEL PONTE

Antonio Mazzeo si definisce un militante ecopacifista ed antimilitarista che ha pubblicato saggi sui temi della pace e dei diritti umani e sulla criminalità mafiosa. Questo è, per farvi un'idea, l'elenco dei suoi articoli postati su Agoravox. Antonio è quello che diventa un ragazzo siciliano intelligente come tanti da quelle parti, quando studia come tanti da quelle parti, è curioso come tanti da quelle parti, è coraggioso come tanti da quelle parti, ma ha tutte queste cose insieme e le indirizza verso cose che altri non vedono e/o non vogliono vedere, schiavo della "debolezza" di vedere il bene comune come priorità rispetto al proprio particulare.
Lui sostiene, ad esempio in questa intervista, che la maggior parte dei messinesi - e io dico che ha ragione: anche dei reggini e dei villesi - non si è fatta fregare dalle fesserie che raccontano sul Ponte i soli pochi che hanno interesse a costruirlo. Ma il numero di questi ultimi è comunque molto inferiore al totale di quelli che sono a favore di questa infrastruttura: tra essi ci saranno davvero molti disinformati, ma ci sono sicuramente molti che pensano, a ragione o a torto, che qualche rivolo per quanto piccolo della fiumana di soldi che scorrerà potrà raggiungerli. Cagnolini in attesa delle briciole del pasto dei padroni, per cui non si può fare nulla: sono come quegli aquilani che nonostante lo scempio compiuto dall'accoppiata delle escort sul territorio della loro collettività gli rinnovano il loro consenso convinti che gli risolveranno la loro situazione individuale. Sono quelli che "a mia mi sistemau me figghia, d'u rrestu chi mi ndi futtu", moltiplicati i quali avrete la spiegazione del perché le nostre terre non hanno speranza di salvezza. Stante che gli eroi del livello Falcone-Borsellino o anche Impastato non sono moltiplicabili, l'unica speranza è che si moltiplichino i Mazzeo.
Il NO al Ponte sullo stretto è un buon catalizzatore, dato che come abbiamo visto raccoglie ancora la maggioranza della popolazione locale non in malafede e non vittima della disinformazione: insistiamo, informiamoci, ad esempio su uno dei tanti siti e blog della rete no ponte o rileggendo i tanti pezzi scritti negli anni da Nobili su Contrappunti o gli interventi del geologo Tozzi. Meglio ancora sarebbe scoprire tutto quello che c'è dietro in un documentato volume...
...Antonio esce in questi giorni in libreria con I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto (Edizioni Alegre, Roma) in cui vengono ricostruite le trame delle organizzazioni criminali transnazionali relative alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, prefazione di Umberto Santino del Centro Siciliano di Documentazione Antimafia "Giuseppe Impastato", appunto. Leggiamo su Stostretto un pezzo dell'introduzione. E andiamo a comprarlo, sono 14 euro spesi bene, magari regaliamolo o consigliamolo ad amici e conoscenti, e inneschiamo un passaparola.

giovedì 8 aprile 2010

B&B L'AQUILA

Ad un anno dal sisma, L'Aquila è ancora "città aperta". Il modello B&B, che non sta per bed-and-breakfast, ha previsto per la prima volta nella storia che le macerie non si tocchino, la città resti lo spettro di se stessa, e si insedi la popolazione altrove, in cose che si chiamano CASE ma non sono case e non sono nemmeno container, ma costano come le prime e durano come i secondi, a sicuro beneficio solo di chi le ha promosse e realizzate, per pura coincidenza parente di colui che ha gestito l'emergenza in quanto tale senza gara pubblica.
I fratelli Guzzanti sono di una comicità efficacissima in radio e in televisione, tutti e tre, ma quando ci hanno provato col cinema il risultato è stato fin qui deludente: Fascisti su Marte è stiracchiato e noioso, i film di Sabina pretenziosi e pesanti, quale più quale meno, salvo da quando si è incazzata davvero e ha deposto le intenzioni direttamente satiriche. A maggio esce nelle sale il suo docudrama Draquila - L'Italia che trema, qui il trailer, che promette di far vedere la verità sullo scempio aquilano, mentre finora il mainstream ha raccontato solo le falsità che fanno comodo al suo unico signore e padrone. Tutti devono sapere: occorre un passaparola da farne un fenomeno tipo Ricomincio da tre, che resti in qualche sala per anni, fino a che il capoluogo abruzzese non abbia ripreso a vivere.
L'altro giorno il Presidente G. Napolitano ha stranamente (G. sta per Grafomane) utilizzato la sua prerogativa di non firmare un provvedimento che ritenga incostituzionale o comunque pernicioso per gli equilibri socioistituzionali. Subito dopo, nell'elogiare la Protezione Civile in occasione dell'anniversario del sisma, ha timidamente affermato che però il suo raggio d'azione deve restare limitato alla gestione delle calamità. Forse finalmente si è accorto, dunque, che il modello B&B in questi anni ha considerato "emergenze" cose come i mondiali di nuoto, i giochi del Mediterraneo e le celebrazioni per l'Unità d'Italia, al solo scopo di sottrarle alle normali procedure di assegnazione e controllo. E' un segno di risveglio? O si è semplicemente fatto due conti, scoprendo che uno che piglia il 27% scarso del 60% degli aventi diritto al voto in realtà parla per il 17% dell'elettorato e non per il 70% come asserisce? Sì, le ha vinte le elezioni regionali, ma solo perchè dall'altro lato c'è il PD, il soggetto politico più inutile e dannoso della storia della galassia, e perchè occasionalmente la Lega sta dalla sua parte, chè quando gli è stata contro non solo gli ha fatto cadere il governo e poi perdere le elezioni, ma ogni giorno sulla Padania gli dava impunemente del mafioso a nove colonne in prima con approfondimenti all'interno.
A proposito di Lega e di Unità d'Italia, leggete questo articolo di Marco Della Luna: l'unico limite della sua analisi lucidissima è nel non considerare, per brevità per scaramanzia o perchè lo ritiene poco probabile, uno scenario tipo jugoslavia post-muro come invece qui riprendendo il solito Bertani. Tra l'altro, una delle possibili soluzioni del caso-Grecia, mandare affanculo Bce Fmi e compagnia cantante, svalutare e campare di turismo, sarebbe un perfetto paradigma per la soluzione finale della questione meridionale, uno Stato peninsulare staccato dalla Padania e dalla zona Euro, non fosse che la strada per arrivarci è probabilmente tappezzata di cadaveri.
Studiare scenari per il futuro al di fuori dei dogmi imperanti: sarebbe esattamente questo il compito di un partito progressista nell'ambito di una democrazia dell'alternanza. E' questo che ha portato al potere Obama (che, ok, ha già dimostrato i suoi limiti): raccontare una storia diversa. Il PD invece ripete a pappagallo la stessa storia dei suoi avversari, da prima di esistere: lo dimostrano le scelte dalemiane di politica estera, quelle monetarie prodiane, gli attacchi bipartisan alle pensioni e al lavoro dipendente, la permanente sussistenza di un'evasione fiscale per alcune categorie generalizzata, il permanente controllo del territorio di quattro regioni da parte della criminalità organizzata. E' vero che se Prodi avesse avuto tempo e modo di attuare l'ingresso nell'area Euro per come aveva deciso ne avremmo tratto più benefici e meno danni di come è successo grazie alla culpa in vigilando in perfetta malafede di Berlusconi, ma è anche vero che il Sud Italia una moneta così forte non può permettersela, specie in una fase di crisi generalizzata del capitalismo come quella che il mondo sta vivendo.
Insomma, non sappiamo se e come si farà la secessione, ma sappiamo che il federalismo non è la soluzione, sia in teoria visto che è impossibile che la stessa moneta forte circoli in realtà economicamente tanto diverse senza creare problemi e spingere al livellamento verso il basso, sia in pratica visto che il federalismo che stanno disegnando non è altro che moltiplicazione di burocrazie e centri di spesa. Intanto la Lega passa all'incasso con l'investitura alle Riforme, in cambio del via libera alla separazione delle carriere, allo stop alle intercettazioni, insomma al definitivo scacco della magistratura, insomma un do ut des per favorire gli affaracci propri, in pieno stile B&B. Che non vuol dire bed-and-breakfast.

domenica 4 aprile 2010

MUSICA E MEMORIA

Vado sempre volentieri a sentire la musica dal vivo, ancora di più quando con me ci sono ragazzi giovani, diciamo da meno che trentenni in giù. Sono un'esigua minoranza, in quelle fasce d'età, quelli la cui fonte informativa musicale nasce dal basso, nei locali dove si suda, piuttosto che dall'alto, nelle trasmissioni tv dove vecchie cariatidi decidono quale sarà il gusto musicale dei ragazzi di oggi. E' qui che nasce il berlusconismo, o perlomeno è questa la sua strategia principale, e infatti è questa la maggiore colpa del centrosinistra (ammesso che sia colpa e non dolo), di non averlo almeno parzialmente disarmato in quelle brevi finestre temporali in cui avrebbe potuto. Il consenso di B. è televisivo, inutili per lui gli appelli alle piazze - i suoi non vanno in piazza, o i ridicolissimi libri che si fa scrivere - i suoi non leggono i libri; glielo diamo anche guardando striscia la notizia, le iene o zelig, che per acchiappare un target si vestono da trasgressive, ma sono innocue per lui e deleterie per gli altri nella misura in cui disinnescano anche quel po' di indignazione. Per cui, è esattamente da qui che può finire, non guardando mai la televisione, e cercando in tutti i modi di indurre le persone, quelle a cui teniamo in primis, a fare altrettanto. Non ci sono elezioni da qui a tre anni, e anche se l'anagrafe si decidesse a fare il suo dovere potrebbe essere troppo tardi per l'anima di questo Paese, e il berlusconismo non morirebbe con Berlusconi.
La sera, signori e signore, non state mai a casa, non è vero che si spende tanto, non in città come Roma, non necessariamente. E anche in città più piccole, organizzatevi un cineforum e stanate gli amici, mettete su una piccola compagnia teatrale, un complessino, andate a scuola di ballo poi a ballare: i figli sono una scusa, possono sempre venire con voi, da piccoli stanno li più grandi partecipano e in ogni caso si abituano alla gente.
E le cover band ci sono dappertutto, e quasi sempre si ascoltano al massimo al prezzo di una birra. Talvolta sono ragazzi che suonano in maniera scalcagnata il proprio amore per un'artista o una band, talaltra musicisti che interpretano alla loro maniera (le tribute band) o il più possibile fedelmente all'originale (le cover band) i loro idoli. Quasi tutti i ragazzi che mettono su una band, io lo so per esperienza diretta - a suo tempo lo feci anch'io, sognano in fondo in fondo di poter fare pezzi propri e un giorno diventare famosi o almeno mantenersi con la musica, quasi nessuno però ci riesce, i soldi che ti danno riescono a stento a farti rientrare dalle spese per tener su il gruppo. Per qualcuno invece il tributo è l'obiettivo, e sono quelli che riescono meglio, suonando i pezzi che sembrano gli originali, con gli stessi arrangiamenti che si sono studiati meticolosamente su un ellepi o su un live, meglio di come fanno ormai i loro emuli (o di come farebbero, in tanti casi).
Ieri alla Locanda blues ho sentito gli Alchemists, una delle rare band che si accollano il difficilissimo compito di suonare i Dire Straits. E infatti le rare altre occasioni che mi era capitato di ascoltare gruppi analoghi, la cosa migliore che mi restava dentro era la nostalgia per quella folgorante meteora della storia del rock, leader un chitarrista dalla tecnica incredibile che scriveva pezzi dylaniani con un suono mai sentito e mai più sentito, dacchè egli stesso sciolse il gruppo e intraprese una carriera solista virata country noiosa e supponente (e per carità, tanto di cappello a chi ha il coraggio di seguire la propria anima a costo di rinunciare ai milioni di dollari sicuri in più di un nuovo disco targato Dire Straits anzichè Mark Knopfler anche se poi lo ascolti e ti fai du palle così). Invece sti ragazzi sono davvero molto bravi, tutti, davvero, in primis il leader che si chiama Vitiello, somiglia a Mark persino fisicamente (è stempiato e un po' curvo), porta i polsini, ha un timbro vocale simile, si è comprato le stesse chitarre e le suona riproducendo i notissimi assoli nota per nota, e chissà che fa per campare: ha un sito personale ispirato a Popper (prima domanda di un'intervista ipotetica: Guido, che ci azzeccano Popper e i Dire Straits?), ma evidentemente ascolta i Nostri dalla culla e comunque sicuro è cresciuto suonandoseli in cameretta fino a che non ha deciso di mettere su una band mettendo un annuncio su Porta Portese.
I miei amici meno-che-trentenni conoscevano solo qualche canzone, ieri sera, ma si sono goduti tutto il concerto e ogni tanto si voltavano verso di me, che cantavo a memoria tutti i pezzi probabilmente anche infastidendoli, per chiedermi informazioni. Forse esagero, ma è questo che ha portato fin qui l'umanità, ed è per questo motivo che se non recuperiamo al più presto questa dimensione, se continuiamo tutti ognuno per conto loro a stare davanti a quella scatola colorata, l'umanità è perduta. La memoria non passa attraverso quel media da subire passivamente, da uno a tutti, inventato apposta per intrattenere, cioè farti passare il tempo senza pensare che lo stai sprecando; la memoria invece passa scrivendo e leggendo, passa di bocca in bocca, meglio ancora ascoltando e/o ballando musica. Sarà per questo che il grande Woody Allen, uno per dire che non si è presentato a ritirare l'unico Oscar della sua carriera (e c'è chi dice che non gliene hanno dati più apposta, dopo il 1978 di Io e Annie) perchè quella sera doveva suonare con la sua band, l'altra sera a Roma ha dato uno schiaffone al nostro smemorato Paese, dove si toglie la Resistenza dai programmi scolastici, chiudendo il concerto con Bella ciao.

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