domenica 19 maggio 2024

MANIFESTO PER LA SOVRANITÀ E I DIRITTI DEI POPOLI

L'atteggiamento nei confronti della politica può essere di vario tipo, e già questo mi ha sempre stupito, sarà che ho una formazione anni 70, perché vivere in una poleis e non dare la conseguente giusta importanza alla sua gestione è lo stesso che farlo a qualunque altro livello, ad esempio con la propria famiglia.

Ma questo è, e allora schematizziamo per capire. Ci sono:

  • quelli che è tutto un magna magna la politica è un mestiere come un altro non voto oppure voto per chi mi restituisce in qualche modo una utilità diretta;
  • quelli che il partito è come la squadra di calcio si inizia ad amare da giovanissimi e non si cambia mai più, nemmeno se quel partito ha cambiato magari più volte nome e soprattutto linea politica, anche drasticamente;
  • quelli che hanno le proprie idee e vanno a votare solo in quei momenti storici in cui c'è qualche schieramento che le porta avanti.

E poi ci sono quelli che ogni volta si chiedono: tra gli schieramenti in lizza, chi si avvicina di più ad almeno promettere (realizzare è tutt'altra cosa, ma si sa da prima che verremo delusi, non si sa soltanto quanto presto e in quanta parte) le cose che vorrei? E votano per quello, anche se pure lì vedrete ci sarà qualcuno che è lì per fare carriera o peggio, anche se non è lo stesso dell'altra volta figurarsi della prima volta che hanno votato, e anche se pur essendo il più vicino è lo stesso abbastanza lontano dalle sue idee che la tentazione stavolta di mandare a fanculo tutti e andare al mare è fortissima. Specie se parliamo di elezioni europee, cioè di una consultazione messa li solo per poter dire che l'UE è una cosa democratica, ma che di fatto elegge un organo che non conta un ciufolo perché la linea politica dell'Unione è formalmente decisa da un direttorio di capi di governo a peso variabile, e sostanzialmente dai banchieri. Chi mi legge non ha bisogno che io precisi di far parte di quest'ultimo novero, e probabilmente (la "famiglia" dei lettori costanti di questo blog essendosi talmente assottigliata nel tempo da aver fatto selezione valoriale) anche lui/lei è "a bordo".

Giusto per chiarire, io nella mia vita ho votato radicale quando i radicali facevano le battaglie referendarie serie (prima di sputtanarsi inflazionandole), comunista quando è morto Berlinguer, PDS e poi DS (ma giuro mai PD, avevo visto subito come sarebbe finito, ben prima che Bersani lo legasse a "Monti senza se e senza ma"), cinquestelle (il cui programma, sacrosanto, è stato in home di questo blog per anni, prima che lo tradissero clamorosamente), e persino Paragone (l'unico a sembrare antiUE con una certa coerenza l'ultima volta, molti altri hanno votato Meloni per la stessa ragione ma si sapeva che li la coerenza non c'era, e si è visto subito e ripetutamente).

E stavolta, per chi votare? Il fronte "italexit" si è diviso (se l'atomo - parola che significa "indivisibile" - si può dividere, perché non uno schieramento politico già sotto la soglia?), i cinquestelle oramai fanno l'ala sinistra del PD (consentendogli di sopravvivere, loro che stavano per farlo finalmente scomparire), Giorgia fa pappa e ciccia con Ursula a negare i soldi dove servirebbero (sanità pubblica, infrastrutture, salvaguardia del territorio, acquedotti, eccetera) ma a concederli dove finiscono per metà in tangenti e per il resto in fondo al mare con contorno di macerie (il ponte Salvini ammesso che venga mai ultimato farà a gara di effimerità col ponte Morandi). E anche quando così non fosse, la domanda è: può un comunista per formazione e studi "ridursi" a votare per i nipotini di quelli con cui in gioventù ci si picchiava per strada?

La risposta, come spesso in questi casi, è: dipende. In questo caso, la risposta è no, ma per le ragioni spiegate (il finto antieuropeismo) non per quelle "estetiche" (il presunto neofascismo). Ma per trarne fuori una regola che valga tutte le volte bisogna cercare nella Storia, e in questo caso arrivare alla Resistenza. La Madre della Repubblica Italiana.

La resistenza fu un fenomeno forse ancora più elitario del risorgimento. In entrambi i casi, un manipolo di teste pensanti riuscì in un modo o nell'altro (e sempre con qualche aiutino esterno dal mondo anglosassone - tanto per cambiare) a portare l'Italia dove voleva (e dove la quasi totalità degli italiani non voleva). Ma se l'Unità d'Italia fu in pratica il furto con destrezza di uno staterello indebitato fino al collo, e per almeno metà dei sudditi una autentica sciagura (di cui ancora si paga l'eco), alla Resistenza invece dobbiamo se siamo rimasti uno Stato unitario e in qualche modo diventati uno Stato democratico nonostante aver cambiato alleati in corso di Guerra: senza i partigiani, la cosiddetta "liberazione" sarebbe stata solo una conquista militare straniera.

Ebbene, i partigiani non solo erano quattro gatti, rispetto a una popolazione che peraltro fino all'anno precedente era fascista al 99%, ma provenivano da culture politiche non solo diverse, ma anche opposte al punto di essere a tratti incompatibili. Non erano solo socialcomunisti, insomma, come spesso sceneggiatori distratti lasciano intendere, ma anche cattolici, liberali, azionisti, eccetera. Operai e padroni. Preti e mangiapreti. Ignoranti e studiosi. Assassini e santi. C'era da liberare un Paese, o perlomeno da fare in modo che non lo liberassero da soli gli americani (che comunque non ci siamo levati mai di dosso, ma allora figuratevi), e quando c'è un obiettivo primario non si guarda il capello. Tutti dentro, anzi senza nemmeno rivelare il vero nome, perché non si sa mai meglio non saperlo, e perché non conta.

Per tutte queste ragioni, la consapevolezza di essere rimasti a distinguere con precisione il Nemico, in pochi e diversi tra noi, non può bastare a fermarci, ora che il Nemico si chiama Unione Europea, capitalismo delle multinazionali, OMS, eccetera. E anche se in mezzo c'è un certo Alemanno, e chissà quanti altri con cui non dividerei niente (ma poi c'è anche il compagno Marco Rizzo), leggo sul sito di Cardini il testo di questo Manifesto, dal titolo "L'Italia e l'Europa contro la guerra", ed aderisco. Oggi è questo che serve: distinguere tra Europa ed Unione Europea, cioè tra il luogo in cui popoli diversi si incontrano liberi e l'istituzione oligarchica concepita e attuata per renderli schiavi. Comprendere che restituire agli Stati nazionali la loro sovranità e riconoscere a livello globale il multipolarismo come necessità e l'unipolarismo USA come sciagura sono i presupposti per rendere possibile l'attuazione della democrazia e della pace nel mondo. Leggetelo ed aderite anche voi, siamo quattro gatti e novantanove per cento saremo sconfitti e dimenticati, ma uno per cento salveremo il mondo.

domenica 12 maggio 2024

EURO-VISIONE

No, probabilmente non l'ha fatto apposta, Angelina nostra, a presentarsi sul palco dell'Eurovision Song Contest in modo da ricordare la bandiera palestinese. Ma le immagini sono tali da suggerirlo con tale evidenza da aver reso la notizia virale, al punto magari di averle tolto consensi al televoto (di cui invece Israele, manco a dirlo, ha fatto il pieno). E siccome ogni occasione è buona per parlare del genocidio in atto in Palestina, eccoci qui a sfruttare persino un evento talmente insignificante per la musica in se che ad esempio in questo blog, in cui pure di musica si tratta spesso, non ne avevamo mai parlato.

L'ESC, infatti, tranne rarissime eccezioni (facendo zapping ieri essendo fortunati ci si poteva imbattere in una irlandese con una carriera davanti, o in una band armena che "poppizzava" un ritmo tradizionale della sua terra, temo unica eccezione - ma la Mango, mi ero chiesto già a Sanremo, perché non ha fatto la Taranta, anziché la Cumbia, della Noia? ah già, perché la canzone l'ha scritta una paracula come Madame...), è un frullato di pop-rock ammericano scadente e tutto uguale, come fossero tutti cover-band scarse degli Abba, con recenti incursioni nel nefando mondo del trap (che poi sarebbe il figlio degenere del rap, avendone perso le radici di sottocultura antisistema, e infatti i testi sono tutti o quasi - dell'ultimo Sanremo togli solo Ghali - banali e inoffensivi). E lo è forse da sempre, a dimostrare meglio di tante chiacchiere che l'Europa NON ha, ripeto NON ha, una sua identità culturale di nessun tipo, e quindi per trovare un minimo comune lo deve cercare fuori da se. Nella musica, in un pop da quattro soldi, appunto, condito da alto volume e coreografie che aiutami a dire kitsch, come nella politica nell'unione monetaria e nei parametri di austerity prima e a dispetto delle differenze politiche e sociali e direi anche degli interessi delle singole nazioni. Che avrebbero tutte, una per una, interesse specifico a demolirla, ma vengono tenute assieme da trattati incostituzionali e antidemocratici, valori superficiali, e in prospettiva (purtroppo di breve termine, temo) obiettivi militari, se è vero come è vero che la strategia sommersa USA è proprio che sia l'UE a impegnarsi in prima persona sul fronte ucraino. Così acchiappando pure i nipotini del fascio che si rimangiano l'antieuropeismo nella fregola di intervenire in aiuto dei nipotini del nazismo impegnati come i loro nonni sul fronte russo. Sperando che non si rimangino pure l'antiebraismo filopalestinese...

A proposito, ma a voi non ha mai fatto strano che Israele, che si trova in Asia perché lo dice il loro Libro che la Terra promessa è lì, debba partecipare all'Eurofestival, ma anche ai campionati europei e alle qualificazioni europee per i mondiali sia del calcio che di tanti altri sport? A me si, sin da quando alla mia Viola Basket toccava incrociare nelle coppe europee con squadre israeliane già allora fatte praticamente di soli giocatori americani... Alla domanda del perché é così, la risposta ufficiale è più o meno che sono europei per valori, e farli giocare contro le altre nazionali della regione non sarebbe proprio il caso per ragioni di sicurezza. Con la stessa logica, visto che il paradigma nella guerra Russo-Ucraina è lo stesso (A scatena una guerra contro B per reagire a degli attacchi non rubricabili come guerra di B) anche se le proporzioni della "risposta" israeliana sono ben più crude sia per efferatezza sia per squilibrio delle forze in campo, la Russia dovrebbe essere ammessa alle competizioni asiatiche e non (come è stato) esclusa da tutte le competizioni a squadre del mondo (a riprova del fatto peraltro che l'asse USA-UE considera il mondo roba sua) e si, anche dall'ESC. Tra l'altro, territorialmente ne avrebbe ampiamente titolo... La risposta reale è invece ben peggiore.

La partecipazione di Israele al festival, la sovraesposizione che la kermesse garantisce (come tante altre trasmissioni TV, si, ma portata all'estremo e oramai da qualche anno) alle persone sessualmente "non binarie" (favorite in quanto tali, non per la musica che fanno: Nemo non vale nemmeno l'elastico delle mutande di Freddy Mercury, e nemmeno di Elton John o George Michael), lo sbilanciamento innaturale (pure rispetto a tempi in cui lo si registra pesantemente a prescindere) della concezione della musica come passatempo scacciapensieri rispetto all'alternativa "dei miei tempi" (mezzo di espressione culturale e veicolazione di contenuti e significati in funzione assieme di recupero delle tradizioni e ricerca di innovazione culturale e sociale), sono tutti segni della estrema rappresentatività della kermesse rispetto a quello che si è deciso deve essere l'Europa. Per chi resiste, un altro ottimo motivo per farlo.

Chiudo con un segno di speranza: due conduttrici, di Norvegia e Finlandia, si sono chiamate fuori all'ultimo momento, per protesta contro le notizie in cronaca (che riassumo così: ti attacco e ti stermino perché non accetti le condizioni della tregua, e quando poi le accetti continuo lo stesso ad attaccare e sterminarti), la prima addirittura, di origini italiane, dichiarando “Il motto di Eurovision ‘uniti dalla Musica’ sembra vuoto in questo momento. Aprite gli occhi sulla verità che è davanti a voi”. Chapeau!

lunedì 6 maggio 2024

SOLE, CIELO E TERRA

Non è possibile visitare il museo egizio di Torino senza restare impressionati, e non solo perché per trovarne uno più grande e fornito (anche con la sala più importante chiusa, che sfiga!) bisogna andare al Cairo. A chi fanno effetto le mummie, a chi l'incredibile bellezza degli abiti giunti fino a noi attraverso migliaia di anni a potenzialmente dettare moda ogni volta che uno stilista li prendesse a modello, a chi (sia pur solo raccontata, chissà cosa sarebbe dal vivo - peccato che io non ami questo genere di turismo) la genialità delle piramidi, la loro enormità e complessità (tale da "giustificare" la nascita delle teorie "alieniste" anche a non crederci) e la loro resistenza fino a oggi (se pensiamo che c'é chi ha giustificato il crollo del ponte Morandi con l'età della struttura, e che il famigerato Ponte sullo Stretto viene mirabolato per essere capace di reggere addirittura duecento anni - come se fossero tanti). A me è venuta fuori una riflessione "ambientalista" e religiosa.

Un video spiegava la concezione della natura umana con la triade Sole, Cielo e Terra, che oltre a venire perciò raffigurati tramite divinità costituivano le tre parti di cui è fatto ciascuno di noi e si riuniscono con la morte. Chiedo perdono agli autentici appassionati della materia, e so che sono tanti, per l'eccessiva semplificazione e i possibili strafalcioni, ma a me la cosa interessa per l'incredibile consonanza, che la dice lunghissima sulla capacità di comprensione della realtà di questo antichissimo popolo, con quello che oggi sappiamo grazie alla scienza.

Noi, infatti, esistiamo, come frutto di una incredibile serie di coincidenze (e si: sono sempre solo a posteriori che si vedono) che chiamiamo evoluzione, solo grazie al fatto che un pianeta si è trovato alla distanza giusta dalla sua stella perché sviluppasse un'atmosfera respirabile. Il Sole da solo non basta: l'energia, che produce e spara in tutte le direzioni, nel vuoto va perduta. Invece sulla Terra quell'energia si trasforma, grazie anche a quel Cielo che ha contribuito a creare, e che ora la imprigiona assieme ai gas che ci fanno respirare e permettono ogni combustione. Lo so, sto di nuovo semplificando, ma non trovo un modo migliore di dirlo: siamo immersi in un sistema complesso che "si tiene", e non si terrebbe altrimenti. Se non è Dio, gli somiglia moltissimo. Ma resto sull'empirico: ogni forma di energia che troviamo sulla Terra è "solare". E senza atmosfera e campo magnetico non avrebbe avuto il tempo di produrre l'evoluzione di cui siamo figli, basta guardare Marte o Venere per capirlo. Non ha alcun senso, se non pratico, parlare di energia eolica (i venti sono aria che si muove perché si scalda in modo diverso sulla superficie del pianeta), fossile (il petrolio sono cadaveri di microorganismi trasformati in milioni di anni di stoccaggio), o nucleare (il patetico e pericolosissimo tentativo di imitare i processi delle stelle, o invertirli). E no, nemmeno quella proveniente dalle viscere della Terra fa eccezione, visto che il pianeta è un pezzo di Sole forgiato nel tempo dalle leggi newtoniane (che è come dire forgiato dalle leggi relativistiche). E ovviamente anche il cibo non è altro che il mezzo che gli animali usano per sfruttare l'energia solare, che invece sanno sfruttare più direttamente quelle piante di cui si cibano, o si cibano quegli altri animali di cui si cibano.

Con lo stesso procedimento, si può dedurre che tutto ciò che abbiamo è "terra", ogni ricchezza possibile è porzione del pianeta, a maggiore o minore distanza che sia dal mero possesso di un appezzamento da coltivare per alimentarsi o di un giacimento da sfruttare. Gli umani nella loro storia hanno escogitato uno stratagemma dietro l'altro per moltiplicare quella ricchezza al punto da perdere di vista la Terra, madre di tutte le ricchezze; le crisi economiche di tutta la Storia non sono altro che bruschi strattoni che la realtà dà agli stratagemmi troppo audaci (come la finanza, appunto). Se davvero saremo troppi per mantenerci con la Terra, ci penseranno questi meccanismi a riportarci ad un numero compatibile, o magari molto al di sotto. Se siamo arrivati dove siamo, è per esserci adattati e aver imparato a "moltiplicare" le risorse e gestire la realtà. Se oggi pensiamo di risolvere il problema modificando la realtà, come nell'essenza della ideologia imperante del "cambiamento climatico", faremo una pessima fine, perché la nostra capacità di gestire le infinite variabili del problema è molto ma molto lontana, direi irreparabilmente lontana, dall'essere quella che crede di essere e che servirebbe alla bisogna.

Ora, googlate pure un po' alla ricerca di queste tematiche nella cultura degli antichi Egizi, e ditemi se non pare anche a voi che questi cinquemila anni fa avevano già capito tutto.

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