giovedì 28 giugno 2018

IL CONTRASTO

Immagine reperita tra quelle "contrassegnate
per il riutilizzo non commerciale": coi chiari di
luna in arrivo
, meglio precisarlo non si sa mai
Nell'ultimo post facevo tra l'altro riferimento ad uno dei film fondamentali della cinematografia mondiale, almeno secondo me, con tanto di link a un post che gli avevo dedicato tempo fa. Avere delle tematiche ricorrenti evidentemente non è esclusiva dei veri artisti, se posso avercele anch'io, e io non posso prescindere ad esempio appunto da quella del rapporto tra il vero motore delle decisioni umane e il velo di razionalità di cui le ammantiamo. Come disse la meravigliosa Margherita Hack in una intervista televisiva, rispondendo alla domanda se si sentisse più un angelo caduto o una scimmia evoluta, non siamo che scimmie evolute, "e nemmen tanto evolute". La tematica è così ricorrente che la troviamo anche in questo testo dei primi anni 80 (che vi invito, come per tutti gli altri, a chiedermi in uso per musicarlo), pensato come una veloce ballata acustica blues-rock dominata da passaggi talking, pertanto facilmente adattabili a registri rap.
L'accenno alle "scale viste dalla tromba" non è solo vagamente beatlesiano; fa riferimento, invece, a un'altra tematica su cui torno ogni tanto: l'esprit d'escalier, in italiano "spirito delle scale", ossia quel fenomeno per cui la cosa giusta da dire in una situazione ti viene in mente invariabilmente sempre dopo che sei uscito da casa, hai sceso una rampa, se anche torni su non ti riaprono, e se anche ti riaprissero e la dicessi sarebbe inutile perché non avrebbe lo stesso effetto che se l'avessi detta a tempo. So che in molti mi potete capire... 
IL CONTRASTO

Scena: tavolo adibito a scrivania.
“Ma non è vero, non è vero, non è vero,
lo sai!”;
riscrive, strappa tutto, non gli piace
neanche questa,
si riscopre nero e giusto come di mattina,
raccoglie un bel mattone e rompe la vetrina,
ma l’oro gli fa schifo e prende solo i guai;
maneggia la pistola come un pistolero,
“ma la roulette russa è proprio russa davvero”,
sembra sia stato questo il suo ultimo pensiero.
“Nell’iperspazio si sta bene, l’aria è fresca
lassù”,
ma neanche questa è buona, certo
non comunicherà.
E il buco dentro il pavimento è pieno di acqua pura,
tanto vale andarci dentro incontro all’avventura:
non può cantarsi addosso solo la paura.
Forse ora butta la pistola nella spazzatura;
no, per adesso la conserva dentro la cintura:
con i cavalli non si scherza, ma col fuoco si.
….

Scena: scale viste dalla tromba.
“Il topo fugge dalla porta, ma se è chiusa
non può”;
è stato due minuti calmo ma tra poco
esploderà;
si sfoga con la penna e con un foglio bianco,
ma ho poco fiato ed ogni volta torna stanco
e forse tra due mesi l’oro prenderà;
una scelta invece si può prendere anche in due minuti,
ma se scopre che i suoi figli intanto sono cresciuti
capirà che la pistola non gli serve più.
“E la missione è ormai compiuta, ritorniamo
alla base”,
la terra gli ha risposto una sera d’autunno
e perciò
ora ha deciso che i viaggi con l’apollo trentuno
li ha fatti solo lui, e dopo di lui più nessuno
“dove finisce il mare” così bene dirà.
E la maglietta colorata gli sta proprio bene:
il bianco della tuta forse non conviene
perché contrasta troppo con il nero del pene.

domenica 24 giugno 2018

(ANA)LOGICAMENTE

Come promesso, caro Carmelo...
Ne sono consapevole: scrivo su queste pagine per puro autocompiacimento. Ho sempre amato leggere e scrivere, fin dai tre anni di età, e al momento (sono meridionale, sto facendo gli scongiuri...) la cosa più scocciante di vivere quella relativamente avanzata che ho raggiunto è dover inforcare le lenti per leggere, e ugualmente dopo un po' dover smettere per evitare il mal di testa, specie in treno (che si muove, e quindi lo sforzo di concentrazione sulla pagina davanti è maggiore, perché gli occhi - lo sapete, vero? - continuano a vedere anche tutto quello che si muove attorno e quindi anche le immagini fuori dal finestrino, è il cervello coi meccanismi dell'attenzione che ve li fa ignorare, è per quello che è quasi impossibile a tutti leggere in auto) dove leggere è l'unica consolazione per chi odia le chiacchiere superficiali con gli sconosciuti, in proporzione alla lunghezza del viaggio.
E' dunque per questa ragione che non mi preoccupo di rendermi facile da comprendere. Non che non sia capace (oddio altri magari sono più bravi, ma me la cavo ed è parte del mestiere con cui campo) di scrivere chiaro e sintetico, è che mi piace proprio essere involuto e analitico, e se ne fossi capace scriverei come Saramago nel suo vangelo, senza punteggiatura. Chi capisce capisce, ma chi capisce si riempie di soddisfazione e mi ama perché ho fatto in modo che lui si ami di più. D'altronde, parlando di un altro tipo di barriera linguistica, un Camilleri o un Troisi non si sono mai preoccupati di quelli che li hanno scostati trincerandosi dietro un "tanto non lo capisco", e infatti il mio prossimo libro è mezzo scritto in riggitano stretto e non penso di metterci note o traduzioni a fronte, a meno che l'editore non insista (ammesso che si decida a pubblicarmi, come peraltro da contratto).
Non devo fare click, non ci guadagno un centesimo. E non devo vendervi niente o vincere le elezioni. Questo è un club privato e molto ristretto, il club di quelli che gli piace leggere, e magari scrivere, difficile, e trovano piacevole perdere tempo a cercare di decifrarmi e delizioso riuscirci.
Di conseguenza, anche quando argomento di cose che mi piacerebbe che capissero tutti, tipo del come e perché a un certo punto per questo Paese affidarsi a un governo a cinquestelle (e pazienza se con altri, la colpa è di chi non ha dato il proprio voto al movimento portandolo al 51% preferendo invece ancora credere ai furfanti del centrosinistra che hanno venduto al nemico il nostro futuro assieme alle loro prestazioni professionali) sono perfettamente consapevole del fatto che con i miei sproloqui sono al massimo riuscito a confermare nella bontà della sua scelta chi si era già schierato con me, ma proprio al massimo, mentre invece sicuramente non ho convinto in 5 anni e mezzo neanche uno tra quelli con altre idee cui è capitato di leggermi.
Questo però ha cause più profonde della mia forma discutibile, e anche queste le so per mestiere. La logica aristotelica, quell'insieme di regole matematiche che governano il ragionamento che noi chiamiamo appunto logico (quanto impropriamente ve lo dico tra un po', forse), sta al totale della nostra mente/coscienza come la crosta terrestre sta alla massa del pianeta: una sottile buccia che non rappresenta che una percentuale risibile del tutto, ma che ricopre il tutto dandoci la costante percezione illusoria di essere il tutto. E d'altronde, tutta una serie di scienze e di pratiche si fondano sul considerare la Terra come una superficie piatta e solida, dalla geometria all'edilizia, dalla circolazione stradale allo sport. Ciò non toglie però che il nostro pianeta sia e resti una palla di metallo fuso che gira su se stesso e attorno al sole, inclinato sul suo asse, altrimenti non avremmo un campo magnetico e quindi nemmeno un'atmosfera, le stagioni e la circolazione dell'aria, insomma non sarebbe nata la vita e non saremmo arrivati noi a un certo punto della scala evolutiva a farci queste pippe mentali.
Impropriamente, dicevo. Il fatto è che, e i matematici lo sanno, non esiste una sola logica. Ce ne sono diverse, e ognuna è un insieme di regole che si tiene a partire da un patto iniziale. La nostra mente, infatti, non funziona secondo la matematica degli insiemi finiti, che regge la logica aristotelica, ma secondo quella degli insiemi infiniti, per cui la parte è uguale al tutto come è vero che l'insieme dei numeri pari in quanto infinito è uguale a quello di tutti i numeri, e non ne è parte, anzi esattamente metà, come per qualunque insieme finito. Dice "ma a me che mi frega". Ti frega, perché quando riconosci gli oggetti del tuo quotidiano, oltre che le categorie sociali e culturali, lo fai proprio così: generalizzando, si dice. O, se preferite, per analogia. I robot, per quanto veloce sia diventata l'elaborazione elettronica, sono ancora goffi nel quotidiano perché devono analizzare logicamente qualunque oggetto (ad esempio, ogni gradino di una scala). Poi, possono essere programmati per svolgere uno o più compiti precisi in modo impossibile da imitare da un essere umano. Ma questa programmazione è un essere umano che l'ha scritta, e consiste appunto in una serie di scorciatoie che a noi invece vengono naturali. Perché la nostra mente è analogica e non digitale. Riconosciamo il mondo così, prendiamo le decisioni così. Poi arriva, nei suoi tempi enormemente più lenti, la mente logica, dà un vestito posticcio di razionalità al tutto, e la cosa finisce per confermarci nella presunzione di essere "logici".
Tutto questo ragionamento perché un amico mi ha mandato sul telefonino l'immagine in cima, sfidandomi a farne un pezzo sul blog. Probabilmente, sempre per mestiere, sapeva già che mi sarei giocato questa carta, piuttosto che andarmi a cercare su Internet la Resistenza Analogica per poi mettermi a parlare di fotografia o dischi in vinile e altre cose di cui siamo tutti, chi più o chi meno, giustamente (giustamente: volete mettere come si sente un LP tenuto bene? e voi le guardate ancora le foto, con tutte quelle che fate e che postate?) nostalgici. No, lui da Gino voleva che facessi il Gino, ed eccolo accontentato. Sperando che piaccia anche a qualcun altro, e che non mi sia troppo sputtanato alcuni cavalli di battaglia...

mercoledì 20 giugno 2018

DALLA PARTE DEI NEGRIERI

Dei migranti ho parlato molte volte, pure troppe: violando una delle regole autoinflittemi per questo blog, che è evitare di seguire argomenti troppo di tendenza e soprattutto di farlo con le sparate di poche righe incentivate dai social media. Ragion per cui NON posto commenti a post non ragionati e argomentati, e anzi ho smesso di seguire su Facebook amici anche carissimi che hanno preso il vizio di adottare gli stilemi di moda: vomitare di continuo spot di pensieri come vengono, magari scritto bello grande. Non io. Non vi leggo più. Se volete ragionare con me, abbiate la pazienza di seguirmi, che io qui impiego tempo e fatica a elaborare ogni singola riga, e semmai di commentarmi con lo stesso impegno paziente, e allora è benvenuta anche una confutazione totale. E pazienza, anzi come si dice a Roma sticazzi, se così facendo i click non decollano.
Dicevo, la questione migranti l'ho già affrontata più volte, e non potevo da buon meridionale non farlo, all'inizio non discostandomi dalla mera adesione empatica alla tragedia personale di ciascuno di questi poveri cristi costretti a rischiare la pelle, e comunque a espiantarsi a enorme distanza, pur di avere una possibilità di futuro. Ora, non è che invecchiando uno perde la capacità di immedesimarsi, è che a un certo punto capisci che se non ci si assume l'onere di risolvere con il massimo di razionalità possibile un problema, e per poterlo fare quindi anche di analizzarlo allo stesso modo, quello semplicemente continua a sussistere, che tu riesca ad emozionarti ogni giorno delle tragedie che i media ti fanno vedere o che tu invece smetta di farlo anche fosse solo per intercorsa insensibilità funzionale percettiva (una cosa umana, senza la quale non si potrebbe vivere). Quindi non è da oggi, che il partito con cui ho scelto di schierarmi è stato costretto (da meccanismi scelti da altri) a cercare di lavorare con un partner di governo improbabile, che ho assunto una posizione diversa, su due piani: fermo restando quello umanitario, cercare di capire le cause del fenomeno e quindi la direzione in cui muoversi per rimuoverlo, cosicché non ci siano più vittime di cui impietosirsi, che dovrebbe essere l'obiettivo di tutti (o qualcuno preferisce l'interpretazione cristiana più integralista, alla Madre Teresa per intenderci, per cui se ci sono più sofferenze è meglio perché così ci sono più candidati al paradiso?).
Certo, a questo punto potrei cavarmela invitandovi a rileggere questo post di gennaio scorso, o magari questo spiccatamente marxiano di quasi tre anni fa che il governo gialloverde era fuori dall'orizzonte degli eventi. Ma un paio di amici hanno lanciato, sempre su FB, una provocazione intelligente, una sfida a rispondere argomentando come fa uno con una sensibilità di sinistra finito magari per sfinimento a sostenere i cinquestelle a gestire se non a giustificare gli sfoghi beceri e razzisti di Salvini. Risponderò con un link a questo post, nel quale però faccio un riassunto della mia posizione (chi la vuole per esteso si rilegga i sullinkati post dove la esplicitavo), per punti:
  1. l'obiettivo di una persona veramente umanitaria dovrebbe essere far si che venga interrotta per sempre questa sorta di tratta degli schiavi 2.0;
  2. per raggiungerlo, continuare come si è fatto negli ultimi anni è tutto fuorché una soluzione, semmai un incentivo a proseguire;
  3. se uno con slogan razzisti può puntare alla maggioranza dei consensi in un Paese civile, è perché il comune sentire ha avvertito, prima ancora che capito, un pericolo nascosto da qualche parte, e lo attribuisce dove gli è più facile, alla figura del diverso, anziché dove sarebbe corretto, a chi muove le fila del teatrino - ora, non è che la maggioranza ha ragione solo quando ragiona come piace a voi, forse una qualche ragione ce l'ha anche nel caso opposto (leggete qui i commenti), e magari sarebbe il caso di indirizzare meglio i vostri sforzi pedagogici, che so: contro il vero nemico?
  4. chi muove le fila ha deciso che il mondo deve essere globalizzato e composto da un 1% scarso di ricchi e potenti che decidono le cose, un 5% scarso a far loro da supporto e cuscinetto (politici e giornalisti, essenzialmente) in cambio di una vita relativamente agiata, e il restante di schiavi - si noti che non è necessario attribuire nomi e cognomi ai burattinai: si tratta di una tendenza sistemica innata nel capitalismo da sempre, che non ha potuto esplodere prima solo grazie al socialismo e alla socialdemocrazia, peraltro sussistenti solo finché esisteva l'URSS;
  5. se quello con gli slogan razzisti sta al governo con chi fa in modo che i suoi restino slogan, mentre l'azione politica complessiva viene indirizzata per il verso giusto, a me va bene: gli slogan sono tutti slogan, cioè fuffa, anche quelli che propagandano l'accoglienza indiscriminata assieme a tutti gli altri diritti civili dimenticandosi dei diritti economici senza i quali i diritti civili sono solo roba per ricchi;
  6. il verso giusto in estrema sintesi è questo: siamo l'Unione Europea? i migranti che entrano in qualunque punto dell'Unione Europea sono entrati in Unione Europea. Qui nessuno dice di non accogliere, si sta questionando sul chi è che accoglie. E si stanno già avendo alcuni segnali positivi dal resto d'Europa: se si è chiari a spiegare che l'Italia non ci sta, lo capiscono, e qualcosa faranno pur di non perderci, perché persa l'Italia l'UE muore;
  7. tutto questo è stato ottenuto utilizzando come leva, tra mille natanti di fortuna stracolmi, una imbarcazione decisamente in buona salute e relativamente comoda, peraltro scortata per far fronte ad ogni eventuale emergenza: slogan a parte, una mossa niente male;
  8. il paradigma peraltro è lo stesso anche per altre questioni, come spero sia presto dimostrato: ci servono i soldi per rilanciare il Paese, tu BCE me li dai? no? trovo il modo di stamparmeli, chiamali minibot, certificati di credito fiscale, qualcosa faremo, e ne beneficerete anche voi che oggi vi cacate sotto perché Draghi vuole interrompere il QE, dimenticando che proprio il QE dimostra che la BCE se vuole i soldi li stampa in quantità, basterebbe solo che lo facesse per darli in un modo o nell'altro ai cittadini anziché alle banche per speculare;
  9. il promesso provvedimento di ri-divisione tra banche d'affari e istituti di credito, se varato, sarebbe da solo sufficiente a giustificare davanti alla Storia la scelta coraggiosa di un governo così eterogeneo.
Infine, anime belle che fate il verso a Soros e ai suoi slogan globalisti del ciufolo e però vi sentite tanto di sinistra, provate, se proprio non vi riesce di ragionare, a immaginare: se oggi fossimo al tempo dei negrieri, voi sareste nel ruolo degli spalleggiatori inconsapevoli dei proprietari delle piantagioni di cotone, noi di chi vorrebbe che gli schiavi restassero liberi nelle loro terre, ovviamente smettendo di depredarle delle loro immense ricchezze naturali dopo magari averne fatto teatro di guerra.
E ragionate: voi avete buoni sentimenti, loro se ne approfittano per manipolarvi.

martedì 12 giugno 2018

20 - OMICIDIALI ASSASSIMILI

Il penultimo racconto (terzultimo, col cappello finale, quartultimo, se pensiamo che il cappello finale in realtà è almeno doppio) di Chi c'è c'è (mia prima e unica opera di narrativa fino all'uscita di Sushi Marina nei prossimi mesi) è ancora oggi uno dei miei preferiti. Chiunque abbia scritto qualcosa sa che a rileggersela dopo tanto tempo (e qui è tanto: il libro è uscito nel 1999) il sentimento che prevale è la vergogna, e io non faccio eccezione, nel mio rapporto con questi racconti, alcuni dei quali hanno origini ancora più remote, peraltro. Ma con questo qua no, non so se perché è uno degli ultimi ad essere stato scritto, o perché non so nemmeno io come mi è venuto di inventarmi che una degli astronauti a bordo della navicella mandata nello spazio profondo come ennesimo tentativo di perpetuare la specie di un pianeta ormai avviato all'autodistruzione, la giovane thailandese che narra, sia in realtà una clandestina, non vi dico come e perché solo per via del fatto che spoilerare quattro righe sopra non ha senso.

20 - OMICIDIALI ASSASSIMILI

Ho dodici anni, e lavoro da uno in un bordello a Bangkok. Mio padre mi ha venduta, ma lui aveva una colpa relativa: doveva sfamare altre dieci bocche. Una colpa maggiore ce l’aveva il caporale, quello che mi ha comprata. Girava per i villaggi in cerca di ragazzine neanche appena sviluppate, solo quel tanto carine da attizzare i desideri dei clienti. Non è neanche il padrone dei bordelli il vero colpevole, ancora, anche se ha fatto i miliardi sui corpi di migliaia di noi: è chi compra, chi viaggia anche mezzo mondo per avere una bimba da dominare, magari da uccidere, pagando il giusto. Queste però sono cose che capirò dopo: ora ho dodici anni, e odio mio padre.
Anche se ormai non dovrei più: prima di partire ho vuotato nella sua ciotola un veleno antico che mi aveva donato mia nonna e tenevo dentro il mio anello magico. Non l’ho visto morire, ma so di che morte è morto: non ha sentito niente di strano nel riso, ma poco dopo si è deformato in una smorfia paradossa, e forse è affogato nella sua bava prima che gli si fermasse il cuore. Lo so perché è così che è morto anche il caporale, l’intermediario: gli ho messo il resto del veleno nella borraccia. Non ci fossero stati i suoi due sgherri non ci sarei neanche arrivata, qui.
Sono intelligente. Ho capito subito, un anno fa, che le ragazzine più dure, quelle che non realizzavano e si ribellavano, in poche parole quelle che non imparavano il mestiere, quando dopo un po’ sparivano non è che le rimandassero a casa. Anzi, erano i soggetti perfetti per i giochi più proibiti di tutti, quelli in cui la bestiolina era immobilizzata, violentata nei modi più impensabili, e poi uccisa lentamente ed atrocemente: in quanto opponevano resistenza, facevano godere di più i loro carnefici.
Invece vedevo attorno a me ragazze più grandi, adolescenti, dai modi morbidi e dal cuore di pietra, ma cresciute e vive. Ed esperte. Ecco perché ho dodici anni e già sono una delle puttanelle più richieste di Bangkok.
Bevo alla spina e al bicchiere tutti i liquidi che la tua cannella produce, e tu giureresti che mi piace, a vedermi. Puoi anche sborrarmi, o farmi i tuoi bisogni piccoli e grandi, addosso: te lo chiedo con occhi grandi e voluttuosi. E ti mordo, mi piace il tuo sangue. Ma quest’ultima cosa davvero: da quando quello stronzo di tedesco si è fatto legare e poi mi diceva “mordimi, mordimi, più forte, più forte”, e io quasi glielo staccavo ed il sangue non si fermava più ed io credo sia morto dissanguato e l’abbiano fatto sparire, ma non ho conferme, nessuno mi ha detto niente. E nessuno mi ha fatto niente: nessuno mi tocca, qui, finché sono così richiesta.
Ora ho tredici anni e un americano mi vuole comprare. Non è facile farmi uscire dalla Thailandia, ma lui ha i soldi, molti soldi, e ci riuscirà. Però io non voglio andare: una volta ho visto una cassetta di una ragazzina che, diciamo, recitava benissimo, troppo bene, la sua morte di scannata. Non credo che chi ha girato il film potesse permettersi quegli effetti speciali, né volesse. Ho uno spillone per i capelli che ti può spaccare il cuore, cocco, ma prima devi portarmi fuori di qui. Ciao, padrone mio e di tutti i bordelli, per ringraziarti del trattamento ti bacio in bocca, mentre ti graffio appena appena con il ciondolo del mio bracciale, e scusa se è tardi, tesoro, ma addio. Addio, che il veleno che c’era in punta tra cinque minuti comincerà a paralizzarti poco a poco, fino a toglierti il respiro. La tua amatissima compagna, quella troia stronzissima che mi ha tanto voluto bene, ha anche lei il suo regalino: le ho lasciato nel letto Jon, il mio scorpioncino letale.
Arrivati in America, non posso aspettare lo scenario che mi ha organizzato il mio nuovo padrone ciccione: ci saranno altri. Per fortuna è sera. Sono bravissima a fingermi eccitata: gli tocco tra le gambe, lo guardo negli occhi e gli chiedo di accostare. Glielo prendo in bocca che è ancora moscio, e mi cresce dentro istantaneamente. Sta impazzendo, perde il controllo: mi tiro su, mi tiro su la gonna e non ho mutande, non ho peli, e la cosa lo eccita ancora di più. “Vieni, cocco”, ed è già lì che armeggia, ma è presto…. Ecco, ora che non capisce più niente, mi sciolgo i capelli…. Lo ritroveranno col mio stiletto che gli trapassa il cuore da dietro in avanti, con precisione chirurgica: lo sguardo ebete, il cazzo duro.
Scappo, si, ma poi che faccio? Non ho documenti, non ho dove dormire, non ho un lavoro… No, quest’ultima affermazione non è mai vera per chi ha un’arte. Entro in un motel che ha fuori un certo movimento, mi bloccano e mi portano subito dal capo. Mi guardano tutti a bocca aperta; pure lui, ma è indifferenza di maniera, si vede. Dico di avere sedici anni, mi arruolano. Mi piace, qui: almeno non sei una schiava, anche se trattengono la maggior parte di quello che incassi. La mia sapienza è molto apprezzata, e poi non devo quasi mai fare le cose più atroci. Quelli che vengono qui non hanno i soldi per trasvolare il pacifico, né quella dose di sadismo, anzi capita più spesso chi vuole farsi legare che viceversa. E poi ho una casa, delle amiche, o giù di lì.
Ho un uomo. Oramai ho diciott’anni, e l’anno scorso ho fatto innamorare il protettore. Mi ha portata via dal casino, adesso lavoro in casa. E’ più rilassante, e ci pagano di più. O meglio, lo pagano di più. Non mi sembra giusto. Lui è buono con me; relativamente, intendo: merita di non soffrire molto, morendo. Fortuna che in America le armi le vendono liberamente: pistola piccola, cuscino grande e azione rapida, gli ingredienti. Mentre dorme, cuscino in testa e giù sei colpi per essere sicura di non averlo mancato. Troppo sangue, devo cambiare anche il materasso, porca puttana: è più difficile che fare sparire il cadavere.
Adesso ho vent’anni, e ho già cambiato quattro città. Sono piuttosto esperta, oramai, nell’avviamento dell’attività in una nuova piazza. Vivo alla giornata: so che presto o tardi sarò pizzicata. E’ per via della scia di cadaveri che mi lascio dietro. Dovrei smetterla, lo so, ma è più forte di me. Quando quello mi chiese di raparmi la passera perché così gli ricordavo una certa bimba thailandese io lo accontentai, si, ma con un rasoio da barbiere, che così quando su mio preciso invito si abbassò a leccarmela (e non poté dire di no, liscia com’era), con un colpo secco gli ho reciso la carotide.
Da allora, ogni volta che incappo in qualcuno che mi puzza appena di pedofilo, lo cancello dalla faccia della terra. Oramai la sento come una missione, quasi me li vado a cercare, e mi vesto da bimba (che ancora ne ho il fisico) dimenticando che spesso molti uomini hanno in sé inespresse tutte le perversioni peggiori, e magari è naturale, ed è loro merito se le controllano e le sublimano in giochi erotici. Non mi fermo più: gli stano l’anima peggiore, e gliela stacco dal corpo. Mi prenderanno, prima o poi, lo so.
Poi, qualche mese fa, quella foto sul giornale mi fa sobbalzare: sono io, quella, fammi leggere! Ma non dice “assassina”, dice “astronauta”, e il nome non è il mio. Siamo identiche, mi viene un’idea: prenderò il suo posto, tanto le selezioni le ha già passate tutte. Lei non aveva colpe, la sua morte è stata indolore. Non apriva ai rappresentanti di commercio, di solito, ma a quella sua connazionale così carina non ha saputo resistere; e quel rossetto al cianuro le donava moltissimo, però!
Il mio destino, d’altronde, non è stato migliore. Credevo di aver risolto tutti i miei problemi con questa sostituzione di persona, il mio riciclaggio, la svolta della mia vita. Già il fatto di non dover più uccidere, di non dover più scopare, mi ha fatto sembrare i mesi dell’addestramento un lungo sogno. Così quando ho realizzato appieno quello che ci attendeva era troppo tardi, e quel tubicino che avevo in vena mi eiaculava dentro la vita eterna, e nello stesso tempo mi succhiava via la vita vera.

venerdì 8 giugno 2018

EPPUR SI MUOVE

Firenze, 1981. Quello a sinistra sarebbe il prete....
Ho iniziato a definirmi "ateo" da adolescente. Da adulto avrei smesso, preferendo il termine "agnostico" non so se per prudenza mia o maggiore precisione sua, o in genere per la considerazione elementare che anche l'ateo è un credente: crede che Dio non esista, e la cosa non è più dimostrabile del contrario. Cmq, al liceo ero ateo, e però avevo "ottimo" in Religione. Perché l'insegnante, Gernaldo Conti (uno che è rimasto un mito presso i ragazzi di tutte le città in cui ha operato, uno che ancora oggi, che è diversamente giovane e variamente acciaccato, ha una marea di followers dei suoi videomessaggi social, per dire...), un prete a dir poco sui generis al punto che la sua parrocchia di periferia durante le sue funzioni traboccava letteralmente di ragazzi perché era per loro un fratello maggiore che parlava la loro lingua e conosceva i loro problemi, riusciva a dialogare anche con un caprone come me, che lo ricambiava passando le ore di religione in classe con lui e pochi altri a disquisire di questioni teologiche ed etiche, mentre gli altri magari erano svicolati in cortile a giocare o addirittura via da scuola un po' prima, tanto era l'ultima ora...
Da quelle ore nacque una delle mie prime "fatiche letterarie" (le virgolette sono per pudore e autoironia...), un libercolo autoprodotto che mi pare si chiamasse Dialogo tra un ateo e un Papa, dovete capirmi come molti al liceo adoravo Leopardi in genere e le Operette morali in particolare, e se lo trovo, e soprattutto se vinco la vergogna, giuro che ve lo propino. Per ora accontentatevi di questa canzone, solo di qualche anno appresso, che vi invito (come per tutte le altre, anche se non ci spero più) a chiedermi in uso per musicarla. Per quello che può servire, io l'ho pensata come un giro blues-rock veloce, come chi ci capisce può persino intuire dalla metrica dei versi.

EPPUR SI MUOVE

Quando il vecchio disse “eppur si muove”
non aveva proprio tutti i torti:
“non c’è niente di nuovo sotto il sole”,
i venuti sostituiscono i morti,
i venuti sostituiscono i morti.

Sono uscito perché non ne potevo più,
quella gente mi guardava male:
mi sentivo a posto come un pesce
in offerta speciale da un salumiere,
come un occhio destro sul sedere.

Sono uscito fuori stamattina,
la comunità mi ha sconcertato,
tutta unita come si volesse bene
ma pronta a guerre esterne ed intestine
fuori dalla casa del signore.

E la musica esiste per caso,
fortunatamente un giorno è nata
dall’accoppiamento di un rumore
fatto col culo con uno della bocca:
le scoperte del genio umano.

E la musica mi salva ancora
tra due casse in olofonia,
ma il quartetto rosa è una follia,
il professore una mia invenzione,
il musicista genio una finzione.

E la musica la sento solo
perché solo è la mia aspirazione:
fondamentalmente un asociale,
ma la colpa è loro e non è mia,
non sopporto la loro compagnia.

Ed allora – visto? – sono uscito
dopo che ho cercato di dar senso
a parole che lo hanno soltanto
dietro una grossissima finzione:
che siamo qui per scopo e non per caso.

È affascinante pensare di esser nati
per volontà di un essere superiore:
ti fa sentire le spalle al sicuro,
libero di metterla nel culo
a chi è disattento per un poco.

Certo, c’è chi vive giustamente
il messaggio per il suo valore,
ma è perché è giusto già nel cuore:
quello che ho sentito nelle messe
resta al margine di chi non ama.

È questione di invertire il nesso
di causalità tra amore e dio,
di non farne un’identità
che rischia di fornire alibi a buon mercato
a chi in fondo sa di esser stronzo.

Carte e vento ci hanno circondato,
sono costretto a fare ciò che vogliono:
sono stato bambino troppo poco
e lo sono oggi troppo a lungo
per distinguere tra vita e gioco.

Carte e vento, distinguerle da amore,
centro mio di gravità permanente:
voglio riuscire a essere coerente,
carte e vento non ce la faranno
a distogliermi da questo amore.

Il mio impegno non è mai orientato:
non ho mai cantato una canzone,
forse non inciderò mai dischi,
non farà mai un concerto fuori
dalle mura del mio gabinetto.

E’ difficile riuscire a attuarla,
e la gente certo non lo vuole:
la mia utopia è la più utopia di tutte
è l’amore senza controvalore
è libertà senza l’altro mondo.

E quella gente mi resta indifferente,
voglio darci anch’io un taglio finale
e vedere l’altra parte della luna
senza che Gesù mi sogni ancora:
non cercarmi, dio, io non ci sono.

Ti perseguiti per sempre il dubbio,
amore, non abbandonarti alle certezze,
non sentirti mai tranquilla che sia giusto
ciò che fai, quello che dici e che ti inventi,
ciò che ami, ciò che odi e ciò che senti.

E ho urlato “amami Alfredo” stamattina
tra il basso la chitarra e la batteria;
la vittoria non è il mio obiettivo vero,
quello è stato per me sempre la follia
di amare, intanto vivere, e annullarsi.

Questo è il sogno del papà di Roger Waters:
sono uscito stamattina dalla chiesa
perché la gente crede solo per egoismo,
e il discorso è facile ora da concludere:
vaffanculo a tutti e brindisi a me solo.

E il discorso adesso è facile da concludere:
vaffanculo a tutti e brindisi a chi vuole.
Spero solo che ascoltando queste cose
venga a tutti un mal di testa come il mio,
da far schizzare il cervello dalle orecchie.

lunedì 4 giugno 2018

CI SI POTREBBE GRATTARE...

Diego Fusaro replica a un professionista della manipolazione sentimentale...
Alla fine il governo gialloverde è partito, e il fatto che sia comunque una buona notizia è certificato persino dai famigerati mercati finanziari, oltre che ammesso onestamente anche da chi era stato chiamato all'ultimo momento a rimpiazzarlo, o chissà forse solo a fare da spauracchio per ammorbidirne certi aspetti.
Sia chiaro, non solo (come avevo peraltro predichiarato) non è certo "il mio governo ideale", ma non fatico ad ammettere che sono molti gli aspetti che non possono che procurare orticaria, a me come sicuramente a molti grillini sia militanti che politicamente attivi, da semplice eccessiva vicinanza a gente che predica valori incompatibili con chi si sente di sinistra. Ma la politica è arte empirica, bisogna fare il meglio con le carte che si hanno a disposizione, e una legge elettorale così farlocca francamente non poteva dare all'Italia un governo migliore, anzi: si ricordi che era stata concepita per avere il Renzusconi come unico sbocco possibile (non avendo fatto i conti con gli elettori, che di fatto lo hanno reso invece l'unico impossibile)...
D'altronde, quando c'è una guerra partigiana non puoi non essere di bocca buona riguardo a chi ti trovi dalla tua parte della barricata, dopo la liberazione torneremo a dividerci sui temi, oggi abbiamo cose più importanti da fare.
E d'altronde, quelli che oggi ci chiedono "come fate a stare al governo coi leghisti" sono magari gli stessi che coi leghisti ci andarono quando c'era da far cadere il primo Berlusconi, gli stessi che una volta incassato un premio di maggioranza incostituzionale grazie all'alleanza con la sinistra vendoliana, dimessa la coalizione in cambio di un paio di belle poltrone si sono acconciati per tutta una legislatura con gli alfaniani (con quelli orticaria niente?) durante la quale hanno persino provato a ribaltare la Costituzione (fermati soltanto, ancora, dal tanto vituperato elettorato italiano).
Infine, si può dare il caso che i leghisti, costretti in un'alleanza diversa dal solito, possano essere indotti anche solo dal calcolo politico a limare certi atteggiamenti (tolti i quali, la lettura della questione migranti ad esempio è tutt'altro che univoca), mentre ben più gravi perché sostanziali sono  peccati come quello di aver appoggiato, anche fosse solo per fedeltà all'allora capo supremo, una nefandezza esiziale come il pareggio di bilancio in Costituzione (l'unica riforma costituzionale nella storia patria ad essere approvata senza bisogno di referendum confermativo).
Trovo pertanto perlopiù patetici i post sui social di tanti amici di sinistra e piddini (la "e" è disgiuntiva, avete capito bene) che si ergono a paladini contro il governo razzista xenofobo omofobo eccetera, quando i governi da loro appoggiati o comunque favoriti hanno negli ultimi decenni fatto a gara a chi azzerava più diritti fondamentali dei cittadini (talvolta usando quelli civili come velo per nascondere il massacro di quelli economici, senza i quali i primi sono lettera morta a meno che non hai tanti soldi), privava lo Stato di ogni mezzo e meccanismo di intervento, e favoriva proprio quei fenomeni da cui poi ovviamente venivano fuori i casi umanitari da strumentalizzare. Se vi fa comodo pensare, cari amici, che siamo noi ad avere "sbracato" passando al Nemico, fate pure. Noi pensiamo che il Nemico sia colui che ci ha portato, tutti, a questo punto, e tra di voi capiamo al limite solo quelli che dal Nemico vengono remunerati più o meno bene, invece quelli che ancora gli portano l'acqua al mulino a gratis sinceramente ci fanno solo pena. Ma se il "governo del cambiamento" riesce, tranquilli, sarete salvati anche voi, anche da voi stessi, anche se non lo capirete e non lo ringrazierete (ma invece secondo me in tanti lo farete, lo farete).
Il punto è, semmai, SE, il governo riesce. E questo dipende da tanti fattori, alcuni dei quali non controllabili. Il più importante dei quali, l'ho detto alla vigilia, è mettere in discussione la UE così com'è o altrimenti essere fermamente disposti a uscirne. La seconda cosa perché altrimenti nella prima non si viene presi sul serio. Oltre che perché la UE potrebbe presto crollare di suo, come fanno tutte le costruzioni che non hanno fondamenta adeguate.
Riflettiamoci un attimo: com'è stato possibile il repentino dietrofront del PdR su Cottarelli? non vi sarete bevuti la storiella di Savona, che metteva in pericolo la UE all'Economia e invece la tranquillizza agli Affari europei (!!!), no? No. C'è qualcosa di grosso a livello di geopolitica internazionale. Che l'UE sia un progetto egemonico tedesco non lo vedono soltanto i cosiddetti (a sproposito) complottisti da anni, e la maggioranza degli elettori italiani da un po'. Si vede anche da oltreoceano. Ora, non è che passare da un dominio all'altro sia tutto questo affare, soprattutto valutabile a priori. Ma un guscio di noce come il nostro è proprio dal sapersi districare in queste situazioni che ha tratto le sue migliori fortune, e dal cristallizzarsi in Assi troppo rigide le sue peggiori disgrazie. Hai visto mai che tra le crepe di un sistema mondiale in via di ridefinizione riusciamo finalmente a trovare l'interstizio che ci compete, data la nostra assoluta specialità di collocazione geografica e ricchezza storico-culturale...
E comunque, cari amici di sinistra, a gonfiare le fila del M5S e della Lega sono proprio tanti ma tanti ex-comunisti, mentre voi restate a inseguire false bandiere sulla nave dei banchieri mitteleuropei, proprio mentre minaccia di affondare e in caso ha già dimostrato che voi per loro non siete che topi.
In altre parole, il piano B la Germania ce l'ha, eccome, e tutto concorda a poter affermare che ha continuato a edificarlo di nascosto anche mentre pagava i vostri capi, e loro il vostro mainstream, a raccontarvi le frottole europeiste.
Quindi lo spread scende, e potrebbe restare giù anche mentre si attua il Contratto nei punti che vi dicono più insostenibili per i Sacri Vincoli, perché i mercati non sono che computer che "ragionano" su tantissime transazioni rapidissime contemporaneamente, e sanno quando uno si muove con le spalle coperte e quando no, e sanno anche che uno Stato sovrano può emettere tutta la moneta (ha vari modi per farlo, peraltro) che vuole, se è credibile. Prova ne è che la BCE in questi hanni ha "stampato" fantastiliardi di euro, lo chiamano Quantitative Easing così lo riconoscete, solo che li hanno dati alle banche nell'illusoria (o fasulla, fate voi) presunzione che queste avrebbero finito per immetterli nell'economia reale, e non per rastrellare titoli su titoli alimentando, e intanto "internizzando", il debito pubblico, come invece hanno fatto. Quindi non è affatto folle il proposito di andare a chiedere proprio alla BCE i soldi per realizzare le riforme che servono per fare ripartire il Paese: ne può creare quanti ne vuole, è da anni che lo fa. E se si rifiuta trincerandosi dietro i Trattati, si cambino i Trattati: ecco che la UE o cambia o muore, anche se non lo diciamo più. Magari cambia, e ne esce chi non apprezza questo cambiamento, anziché noi...
Insomma la Storia si è mossa. Non è detto che vada bene, ci sono tante incognite da verificare. Ma felice quel popolo che ha il coraggio di andare a vedere cosa gli riserva il futuro e a che prezzo, anziché trincerarsi in un presente senza nessuna via d'uscita se non l'asfissia, come quello che ci avevano riservato. Alla fine, mi ripeto, magari l'Europa, quella vera, stavolta la salviamo noi.

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