Come promesso, caro Carmelo... |
E' dunque per questa ragione che non mi preoccupo di rendermi facile da comprendere. Non che non sia capace (oddio altri magari sono più bravi, ma me la cavo ed è parte del mestiere con cui campo) di scrivere chiaro e sintetico, è che mi piace proprio essere involuto e analitico, e se ne fossi capace scriverei come Saramago nel suo vangelo, senza punteggiatura. Chi capisce capisce, ma chi capisce si riempie di soddisfazione e mi ama perché ho fatto in modo che lui si ami di più. D'altronde, parlando di un altro tipo di barriera linguistica, un Camilleri o un Troisi non si sono mai preoccupati di quelli che li hanno scostati trincerandosi dietro un "tanto non lo capisco", e infatti il mio prossimo libro è mezzo scritto in riggitano stretto e non penso di metterci note o traduzioni a fronte, a meno che l'editore non insista (ammesso che si decida a pubblicarmi, come peraltro da contratto).
Non devo fare click, non ci guadagno un centesimo. E non devo vendervi niente o vincere le elezioni. Questo è un club privato e molto ristretto, il club di quelli che gli piace leggere, e magari scrivere, difficile, e trovano piacevole perdere tempo a cercare di decifrarmi e delizioso riuscirci.
Di conseguenza, anche quando argomento di cose che mi piacerebbe che capissero tutti, tipo del come e perché a un certo punto per questo Paese affidarsi a un governo a cinquestelle (e pazienza se con altri, la colpa è di chi non ha dato il proprio voto al movimento portandolo al 51% preferendo invece ancora credere ai furfanti del centrosinistra che hanno venduto al nemico il nostro futuro assieme alle loro prestazioni professionali) sono perfettamente consapevole del fatto che con i miei sproloqui sono al massimo riuscito a confermare nella bontà della sua scelta chi si era già schierato con me, ma proprio al massimo, mentre invece sicuramente non ho convinto in 5 anni e mezzo neanche uno tra quelli con altre idee cui è capitato di leggermi.
Questo però ha cause più profonde della mia forma discutibile, e anche queste le so per mestiere. La logica aristotelica, quell'insieme di regole matematiche che governano il ragionamento che noi chiamiamo appunto logico (quanto impropriamente ve lo dico tra un po', forse), sta al totale della nostra mente/coscienza come la crosta terrestre sta alla massa del pianeta: una sottile buccia che non rappresenta che una percentuale risibile del tutto, ma che ricopre il tutto dandoci la costante percezione illusoria di essere il tutto. E d'altronde, tutta una serie di scienze e di pratiche si fondano sul considerare la Terra come una superficie piatta e solida, dalla geometria all'edilizia, dalla circolazione stradale allo sport. Ciò non toglie però che il nostro pianeta sia e resti una palla di metallo fuso che gira su se stesso e attorno al sole, inclinato sul suo asse, altrimenti non avremmo un campo magnetico e quindi nemmeno un'atmosfera, le stagioni e la circolazione dell'aria, insomma non sarebbe nata la vita e non saremmo arrivati noi a un certo punto della scala evolutiva a farci queste pippe mentali.
Impropriamente, dicevo. Il fatto è che, e i matematici lo sanno, non esiste una sola logica. Ce ne sono diverse, e ognuna è un insieme di regole che si tiene a partire da un patto iniziale. La nostra mente, infatti, non funziona secondo la matematica degli insiemi finiti, che regge la logica aristotelica, ma secondo quella degli insiemi infiniti, per cui la parte è uguale al tutto come è vero che l'insieme dei numeri pari in quanto infinito è uguale a quello di tutti i numeri, e non ne è parte, anzi esattamente metà, come per qualunque insieme finito. Dice "ma a me che mi frega". Ti frega, perché quando riconosci gli oggetti del tuo quotidiano, oltre che le categorie sociali e culturali, lo fai proprio così: generalizzando, si dice. O, se preferite, per analogia. I robot, per quanto veloce sia diventata l'elaborazione elettronica, sono ancora goffi nel quotidiano perché devono analizzare logicamente qualunque oggetto (ad esempio, ogni gradino di una scala). Poi, possono essere programmati per svolgere uno o più compiti precisi in modo impossibile da imitare da un essere umano. Ma questa programmazione è un essere umano che l'ha scritta, e consiste appunto in una serie di scorciatoie che a noi invece vengono naturali. Perché la nostra mente è analogica e non digitale. Riconosciamo il mondo così, prendiamo le decisioni così. Poi arriva, nei suoi tempi enormemente più lenti, la mente logica, dà un vestito posticcio di razionalità al tutto, e la cosa finisce per confermarci nella presunzione di essere "logici".
Tutto questo ragionamento perché un amico mi ha mandato sul telefonino l'immagine in cima, sfidandomi a farne un pezzo sul blog. Probabilmente, sempre per mestiere, sapeva già che mi sarei giocato questa carta, piuttosto che andarmi a cercare su Internet la Resistenza Analogica per poi mettermi a parlare di fotografia o dischi in vinile e altre cose di cui siamo tutti, chi più o chi meno, giustamente (giustamente: volete mettere come si sente un LP tenuto bene? e voi le guardate ancora le foto, con tutte quelle che fate e che postate?) nostalgici. No, lui da Gino voleva che facessi il Gino, ed eccolo accontentato. Sperando che piaccia anche a qualcun altro, e che non mi sia troppo sputtanato alcuni cavalli di battaglia...
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