sabato 28 gennaio 2023

PESI E MISURE

Ci risiamo. Quando un poveraccio ruba una mela, va in galera e buttano via la chiave. Quando un riccone ruba tutto il meleto, gli tirano le orecchie, si magari lo puniscono, ma in modo da non metterlo in ginocchio, ne va dell'economia, e i livelli occupazionali, e l'indotto, eccetera.

Tante volte, anche di recente, avete letto qui delle vicende societarie della Viola Reggio Calabria, sempre tormentate ma col culmine nella clamorosa penalizzazione di qualche anno addietro, che in pratica ha raso al suolo una società che bene o male, con investimenti pluriennali, aveva rimesso in piedi il giocattolo fino a portarlo sulla soglia di un ritorno in A1 in pompa magna. Vero, presentando una fidejussione falsa, ma fino a prova contraria essendo vittima di un raggiro, e comunque versando senza batter ciglio la somma in contanti nelle casse federali, che l'hanno respinta irragionevolmente: la fidejussione serve a garantire i tesserati della società stessa, che fino a li non avevano dovuto escuterla (evidentemente erano pagati più o meno regolarmente) e da lì in poi sarebbero stati garantiti dal conquibus versato in contanti se fosse stato accettato. Invece, sono stati lasciati giocare fino a fine anno, continuando in una serie di vittorie che da impressionante divenne epica, per poi essere penalizzati di una marea di punti, esattamente quelli che servivano a farli retrocedere direttamente (quindi ad affossare anni di investimenti societari, che ammontavano a un multiplo a due cifre della fidejussione mancante), anche grazie ad una norma che illegittimamente non riportava la misura edittale della sanzione, consentendo l'arbitrio.

Si lo so, è un'ossessione, e vi giuro non ci volevo tornare su - la squadra ha peraltro i suoi bei problemi a mantenere la serie B, semmai dovrei parlare di questi in cronaca e non di una storia morta e sepolta e non più utile da rivangare. Ma non è colpa mia se la cronaca non solo sportiva viene riempita in questi giorni dalle vicende di una società ricchissima come la Juventus, già la più titolata del calcio italiano prima di infilare una inaudita serie di scudetti consecutivi, che ora si scopre siano arrivati grazie anche a una continua e ingentissima pratica di violazione dei bilanci. E anziché radiarla, o perlomeno metterla in ginocchio togliendole tutti i titoli rapinati alle altre squadre (ammesso che queste non facessero gli stessi impicci, cosa probabile, ma nella giustizia umana bisogna attenersi ai fatti provati) e mandandola a ripartire semmai dai campionati minori (cosa che peraltro una città come Torino potrebbe permettersi con molti meno problemi di una come Reggio Calabria), ecco che anche a loro comminano una sanzione su misura, ma con la logica opposta: abbastanza punti da impedirle (forse) l'aggancio alla zona di vertice (che garantisce la partecipazione alle coppe europee l'anno appresso, quindi soldazzi) ma non tanti da farle rischiare la retrocessione. Pregasi rileggere il capoverso precedente: li per centomila euro si aspettò a fine campionato per calcolare la sanzione in modo che fosse irreparabilmente afflittiva, qui per milioni e milioni la si applica subito ed in misura che lo sia il meno possibile, anche se non così minima da coprirsi di ridicolo.

C'erano già dei precedenti in altri sport, che dimostravano l'intento inequivocabilmente persecutorio del governo del basket contro Reggio Calabria, ma mai così eclatanti. Eccetto forse il "futti futti chi Diu pirduna a tutti" che seguì la vittoria dei mondiali di calcio 2006, in un momento storico in cui erano emersi impicci tali da consentire, a un governo dello sport che fosse stato illuminato e che così avrebbe creato un precedente virtuoso che forse avrebbe tolto il calcio italiano dalla deriva che giunge fino ai fatti in cronaca, l'azzeramento di mezza serie A e magari dieci scudetti di fila all'Atalanta anziché alla Juve. Senza mezzi termini, c'era contezza di tali impicci di praticamente tutte le squadre di vertice, dalla stessa Juve alla Lazio, dalla Roma alle milanesi, nonché per le loro complici di mezza tacca, che senza quella vittoria il commissario in carica probabilmente si sarebbe sentito libero di escluderle tutte in quanto incompatibili, e non con un ideale passatista e idealista dello sport, ma proprio con la pretesa di assurgere ad impresa capitalistica senza però rispettare le regole stesse del capitalismo, come ad esempio si fa da sempre negli sport professionistici statunitensi: ci sono dei parametri, e chi non li rispetta è out, blasone o meno.

Persa quella occasione, l'andazzo è ripreso come prima, e c'è da giurare che se la calassero bene la rete pescherebbe di nuovo tutti gli altri pesci. Ai tifosi che eventualmente interpretassero questa posizione come persecutoria, rispondo che dovrebbero augurarsela per primi proprio loro. Se anche davvero la rimandassero in B, infatti, per una società ricca con un bacino d'utenza ricco come la Juve non sarebbe di certo una pietra tombale, ma al massimo una splendida occasione per ripartire puliti, avendo peraltro titolo a chiedere senza pietà lo stesso trattamento pure per gli altri. La mia povera Viola Reggio Calabria, invece, dalle vicende di qualche anno fa non si è mai davvero ripresa del tutto, dal momento che il tessuto economico cittadino non era certo in grado di permettersi la perdita dell'avviamento economico faticosamente riconquistato, e ora al massimo può permettersi una impresa precaria come quella del Supporters Trust, che ha già rischiato di chiudere bottega l'estate scorsa e chissà cosa succede ora che con ogni probabilità si riretrocede. E quest'è.

giovedì 19 gennaio 2023

TIATRU

Sono giorni ormai che ci fracassano i santissimi con la mirabolante impresa dell'arresto del Capo dei Capi in carica, quasi sempre con annessa retorica della lotta del Bene-Stato contro il Male-Mafia col primo che finalmente trionfa, qualche volta (i più furbi) dando voce ad alcuni dei tanti dubbi così lampanti da non aver nemmeno bisogno di accendere il cervello per coglierli (com'è che ci hanno impiegato trent'anni visto che viveva tranquillamente in zona? quale Dio della sincronia è così efficiente da farglielo ritrovare trent'anni esatti dopo la cattura del Capo dei Capi precedente, mentre in Rai danno la nuova fiction su Dalla Chiesa?) stando però ben attenti che le risposte non arrivino o se si vengano annegate nella consueta caciara dei programmi TV di questo genere o alla peggio incasellate nell'etichetta "complottismo" o peggio ancora "disfattismo" (per una volta che lo Stato ne fa una giusta, stai li con le solite tiritere anziché festeggiare, disfattista! si, so tutti d'accordo come sempre, qualunquista e complottista che non sei altro!).

Ho usato apposta l'aggettivo "disfattista" perché era uno di quelli maggiormente in vigore ai "bei tempi", come meravigliosamente ci ricorda Troisi ne Le vie del Signore sono finite, il primo stadio di un attacco a chi osava pensare diverso, che poi se insisteva venivano gli altri (prigione, confino - non dimenticherò mai la meraviglia di me adolescente nel leggere di Pavese a Brancaleone - e se non bastava eccetera). L'ho fatto perché ragionare in termini di fascismo o antifascismo, laddove su altri è volutamente fuorviante, su temi come questo ancora può venire utile proprio per via delle radici storiche della mafia moderna, spesso dimenticate e quindi che è dovere civico ricordare ogni volta che si può.

Nella retorica di destra, infatti, il primo Prefetto di Ferro in Sicilia lo mandò Mussolini ad estirpare la mafia antica, quella che nei secoli aveva costituito quella continuità anche culturale nell'amministrazione spicciola del potere prosperando nei vasti interstizi che lasciava il passare da una dominazione all'altra. No, non sto adottando l'altra retorica fintomeridionalista che arriva a sfiorare le lodi alla "mafia di una volta", sto semplicemente usando la formula reale del Potere (quella che l'umanità si porta appresso dalle scimmie e che vuole che ci sia sempre una minoranza al numeratore e gli altri al denominatore) per inquadrare correttamente le cose. E quindi smontare la retorica prima di una parte poi dell'altra. Semplicemente, il fascismo, ambendo ad occupare senza veli ideologici il numeratore come ogni dittatura che si possa chiamare tale, non poteva tollerare che da qualche parte ci fosse qualcun altro nella stessa casella. Quindi no, Mussolini non era un cattivo che nella questione mafia stava dalla parte dei buoni, la combatté per necessità intrinseca. E fu parimenti per una questione di necessità intrinseca che chi voleva strappare l'Italia al nazifascismo prima e tenerla lontana dalle grinfie del comunismo poi utilizzò il potere mafioso, che era così capillare e permeato (anche nella mentalità, o se preferite nel sistema di valori) da poter sopportare potature anche ampie sopravvivendo silente.

Come spesso capita, a distanza di decenni si può dirlo liberamente pure nei film, ma i primi che osarono svelare che la trattativa Stato-Mafia era iniziata durante la seconda guerra mondiale e cioè prima ancora della nascita del nuovo Stato democratico italiano, e che la conquista dell'estremo sud da parte degli Alleati poté avvenire in modo così rapido e relativamente incruento solo grazie all'apporto della Mafia reclutata grazie alle sue vaste ramificazioni americane, furono bollati come complottisti (con altre parole: il termine non era ancora di moda) e variamente emarginati quando non eliminati. La retorica fascista fu soppiantata da quella democrista, e questa prevedeva la negazione dell'evidenza come pratica mantenuta con zelo e tenacia fino ai più alti livelli. Noi ragazzi degli anni 70 lo leggemmo dallo Sciascia degli anni 60, che in Parlamento la verità ufficiale era che "la mafia non esiste". Erano anni in cui la diffusione della cultura in strati sempre più ampi della popolazione favoriva lo svelamento delle ideologie, e infatti sarà fatto di tutto nei decenni a seguire, dal riflusso agli smartphone passando per la TV, per ridurre al massimo il nocciolo duro di chi continua a pensare con la sua testa. Ma i primi colpi bisogna darli forti, ed ecco che parallelamente iniziò la lunga stagione delle stragi, a compattare il gregge con la paura. La distinzione tra quelle "di Stato" e quelle "di Mafia" è ancora una volta soltanto ideologica, c'è bisogno di dirlo?

Con i morti per strada, però, la retorica della negazione non può più funzionare, e viene soppiantata da quella, ancora in auge, della contrapposizione di cui a inizio post. E che terrorismo e mafia siano solo etichette è drammaticamente dimostrato dal fatto che uno dei pochi che credeva davvero che quella retorica fosse una rappresentazione reale e non ideologica, e quindi credeva sul serio di rappresentare lo Stato nella lotta contro il Male, fu mandato ("disarmato") sul fronte prima contro il primo poi contro la seconda senza quasi soluzione di continuità. I bookmakers non avrebbero accettato scommesse, su come sarebbe (ed infatti è) finita. Per lui e per tutti quelli che come lui ci credevano, su su fino ai due Grandi Martiri della Trattativa, che ogni anno da trent'anni piangiamo nel rito catartico che la retorica imperante vuole, per farci dimenticare che su quelle stragi fu edificata l'Italia dei decenni successivi, a cominciare da un premier che senza la mafia sarebbe rimasto un piccolo palazzinaro milanese, anzi manco quello: il figlio fimminaro di un piccolo banchiere. E che ancora oggi fa da architrave a una maggioranza di governo, come la vignetta mostra (ma il denaro non è, non è mai stato, davvero suo), e lo ha fatto anche quando non compariva nelle vignette (o pensate davvero che si sia fatto disarcionare ogni volta a gratis, senza restare in qualche modo comunque al numeratore?).

Chi era consapevole di queste dinamiche già trent'anni fa non poteva stupirsi del fatto che a un certo punto nell'ambito della trattativa entrasse anche la consegna del vecchio boss fino a un minuto prima per decenni detto introvabile nonostante gli si muovesse sotto il naso. E nemmeno che ci si dimenticasse di presidiare il covo cosicché le carte segrete, che chissà potevano sputtanare qualche attore della trattativa stessa, fossero trafugate liberamente: è storia, non è un'aggiunta fantasiosa da due soldi degli sceneggiatori scarsi di una fiction. Quindi oggi, ditemelo, come si fa ancora a credere alle favole? Non hanno catturato nessuno, ma la trattativa continua ha previsto la consegna di un vecchio boss malato perché quelli operativi possano lavorare meglio, e per non ripetere lo stesso copione (che poi magari poteva sgamarli pure qualcuno meno sveglio) stavolta le carte pare che le abbiano trovate, ma state pur certi che se qualcuno finisce sputtanato, foss'anche il vecchio puttaniere di cui sopra (col bonus che tolta l'architrave magari crolla la volta), è perché è stato classificato come sacrificabile e non più utile. Come diceva PPP (che infatti è finito male), io so, non ho le prove ma so. Godetevi la fiction, o come direbbe Montalbano 'u tiatru. Oppure fate come me, che, come in questi ultimi anni quando il TG attaccava la litania prima della pandemia poi della guerra, quando attaccano questa recita cambio canale o spengo.

sabato 14 gennaio 2023

ONORE A NOLE

In questi giorni inizia l'Australian Open 2023, con un chiaro favorito: il numero 5 del mondo, ma numero 1 in pectore, Novak Djokovic

Il tennista serbo l'anno scorso di questi tempi era in un centro di detenzione temporanea, in attesa di espulsione, per essere entrato in Australia senza essere vaccinato. Era in possesso di un certificato di esenzione valido fino a prova contraria, come peraltro un paio di suoi colleghi che alla fine il torneo l'hanno giocato, ma il Vero Potere non poteva perdersi l'occasione di mostrare i muscoli contro uno con la sua visibilità. E di commentatori che l'hanno rimproverato per la sua scelta, perché invece avrebbe dovuto usare la sua visibilità per fare da ennesimo testimonial delle multinazionali farmaceutiche, fu subito pieno, persino nella televisione tematica della federazione italiana tennis. Ma lui non voleva essere testimonial pro o anti vax, voleva solo poter liberamente continuare a essere quello che avrebbero dovuto tener botta per continuare a esserlo pure tutti i cittadini di qualunque Stato sedicente democratico: unico signore e padrone del proprio corpo, peraltro da lui gestito da sempre come un sacro tempio, con l'effetto di poterci fare a 35 anni cose che ai ventenni non riescono (vedi i nostri pur forti emergenti, che passano da un infortunio all'altro).

Aveva ragione lui, e se l'è presa prima sul campo, vincendo quasi tutti i tornei che gli è stato consentito di disputare (è stato bannato pure dagli Stati Uniti, sia in primavera che in autunno, a restrizioni revocate per tutti quasi ovunque). E se un qualche acciacco non lo ferma probabilmente inizierà il 2023 come ha finito il 2022: con un titolo importantissimo. Ma la sua più grande vittoria resta fuori dal campo, non inaspettata per un ragazzo cresciuto sotto le incursioni dei bombardieri anche italiani poi venuto ad allenarsi in Italia facendosi tanti amici e imparando alla perfezione la lingua: aver dimostrato a tutti che si può considerare i propri principi più dei milioni di dollari che gli sarebbe fruttato tradirli. Vero è che non ha certo rischiato di morire di fame, ma intanto tutta la sua storia personale lascia credere che avrebbe agito allo stesso modo anche in quel caso, e poi non è che rischiasse la fame altra gente che invece ha imboccato altre strade, come si è sempre sospettato e si è avuta conferma in cronaca.

Con tutti i soldi che ha, infatti, non gli sarebbe stato poi tanto difficile comprarsi un attestato di vaccinazione fasullo assieme a tutta la struttura sanitaria che glielo avrebbe rilasciato. Ma quello si che sarebbe stato un modo nefasto di utilizzare la propria posizione. E chissà quanti suoi colleghi hanno fatto proprio così, pensammo allora noi malpensanti. Oggi comincia ad uscire fuori qualche nome. La nostra Camila Giorgi, una che se si fosse affrancata dal padre/allenatore avrebbe forse avuto una carriera stellare (visto il livello assoluto di certi suoi colpi, indubbiamente da top 5) invece di quella relativamente modesta che ha avuto (per non avere mai accettato di avere un "piano B" alla sua tattica di sparapalle a tutta), pare infatti abbia ottenuto per se e tutta la famiglia una certificazione di vaccinazione fasulla da una dottoressa vicentina, evidentemente oggi motivata da chissà cosa e chi a sbracare denunciando chi a suo tempo l'aveva ingaggiata. Ma almeno, e perlomeno fino ad oggi, la Giorgi ha scelto il silenzio, probabilmente lasciando agli avvocati il compito di difenderla nelle sedi opportune mentre lei cerca di raccattare ancora qualche risultato sui campi da tennis (con risultati deprimenti, finora, chissà quanto causati peraltro dalla distrazione che indubbiamente gli deriva dal chiasso mediatico connesso alla vicenda).

Peggio, molto peggio, ha fatto la cantante Madame, a dire il vero una delle poche proposte del panorama italico contemporaneo con qualche possibilità di farsi una carriera sopravvivendo al prossimo tramonto (secondo le regole di ogni moda) del fenomeno "trap" con tutti i suoi vomitevoli autotune e tutte le sue tematiche quasi sempre attentissime a restare lontane da ogni critica sociale. Nell'ammettere l'accaduto, infatti, ha rimbalzato la responsabilità ai genitori e alla loro posizione talmente critica rispetto alla medicina ufficiale da non averla mai vaccinata nemmeno da piccola, e non solo: è arrivata al ridicolo di dichiarare che però sta già riguadagnando la verginità facendosi tutti i vaccini (da quelli veri che si fanno da bambini a quelli falsi che sono stati imposti con la scusa della pandemia). Il bello è che sembra non accorgersi non solo di starsi contraddicendo ma soprattutto di stare glissando sull'unica cosa rilevante: il falso perpetrato da una persona maggiorenne e quindi tenuta a rispondere in prima persona dei propri reati. Ha avuto del tempo, infatti, per prendere le distanze dalle posizioni genitoriali, dal compimento dei 18 anni ai fatti in cronaca; farlo oggi è non solo misero ma anche irrilevante: la trasforma da una mentitrice non vaccinata a una mentitrice vaccinata, per quello che vale, e basta. Ha perso invece l'occasione di usare la propria visibilità per dare voce alle tante persone che si sono trovate nella sue condizioni senza avere nemmeno la possibilità di accedere a un medico compiacente o magari si ma invece decidendo di affrontare le conseguenze (a maggior ragione in quanto assurde illegittime e incostituzionali), e non tanto oggi ad altarini scoperti, ma invece proprio ieri quando doveva o smarcarsi dai genitori o condividerne pubblicamente la posizione (rispettabile, fino al ricorso al mezzuccio).

Quest'ultimo è infatti giustificato al limite per i comuni mortali (come si giustifica uno che ruba per fame ma non certo uno che lo fa per farsi la villa avendo già un appartamento), e specie in fattispecie come questa in cui il potere è stato esercitato ben oltre il limite dell'arbitrio. Non certo per le cantanti famose e le tenniste affermate. Quindi onore a Nole, che concorre a testa alta per diventare il GOAT indiscutibile, rispettando i propri principi e impippandosene di non essere simpatico a tutti. Cominciando magari col vincere il suo 22esimo (eguagliando Nadal e mettendo la freccia) torneo del grande Slam: il suo decimo Australian Open.

domenica 8 gennaio 2023

LEONARDO LEO

Edoardo Leo è uno degli attori e registi migliori della sua generazione, fa tante cose quindi è inevitabile che qualcuna di esse gli "abbassi la media", ma insomma, volendo passare una sera di capodanno diversa dal solito, e soprattutto diversa da quella dell'anno scorso chiusi in casa col Covid, andiamo all'Auditorium ad assistere ad una sua affabulazione, non certo aspettandosi (non ci prova nemmeno egli stesso) una cosa al livello del suo maestro Gigi Proietti ma insomma di trascorrere delle ore piacevoli ridendo "col cervello acceso" si. E, mediamente, ci siamo riusciti.

Mi aspettavo però, ben sapendo che la quasi totalità degli artisti italiani non si è certo segnalata nell'ultimo triennio per aver preso le distanze dalla narrazione ufficiale e che non mi risultava che Leo fosse una delle rare eccezioni (alla Montesano o Bennato per intenderci), che vista la natura dello spettacolo non sarebbe mancata una capatina sulla pandemia, anche se francamente speravo di cuore di no. Invece, non solo c'è stata, ma di una natura tale, anche se devo ammettere ben dissimulata (e infatti sfuggita quasi a tutti, compresi quasi tutti i "bersagli") dall'abilità cerchiobottista dell'artista, che sento come dovere civico segnalarla. Poco prima egli stesso si era concesso, peraltro, una digressione sulla natura della comicità in genere e della satira in particolare, che per funzionare deve avere una sintassi rivolta "dal basso in alto" e mai viceversa.

E' la ragione per cui a vedere la satira antiebrea della propaganda nazifascista non si ride, ci si incazza: quando il dominatore ironizza sul dominato si chiama sberleffo, è una odiosa manifestazione proprio del differenziale di potere, e chi la pratica si autodefinisce. A meno che l'obiettivo non sia proprio mostrare, ironizzando, la miseria di chi ricorre a questo mezzuccio: è la tecnica usata dal miglior Sordi in alcuni suoi personaggi, o da Totò quando sbagliava apposta a ripetizione il nome del personaggio di Peppino e incappava in ripetuti piccoli incidenti facendogli male, o nell'altro verso da Villaggio sia con Fantozzi che con Fracchia. Si ride perché l'autore rappresenta con maestria  sopra le righe il potente, perché è costui il vero obiettivo della satira. Il contrario, purtroppo, della storia sul Covid raccontata da Leo, che quindi si merita la storpiatura del nome nel titolo di questo post.

Ok, ve la spiego meglio. Dopo averci fatto ridere con un episodio di un fan che addirittura gli storpiava il nome, "Leonardo" si avventurava riproponendo un monologo dell'anno scorso, introducendolo con maestria a mezza bocca con un cappello che ne paventava il ritorno di attualità. Sul plot ve la faccio breve: per la cena di Natale 2021 la madre aveva invitato un cugino no-vax, e lo pregava di evitare discussioni. La narrazione era perfetta, Leo è bravo e i tempi comici ce li ha tutti, ma già dalla definizione dei personaggi il parente non vaccinato era presentato praticamente come un coglione, citando un suo post sui social effettivamente ridicolo (scelto apposta tra i più ridicoli, preciserei). A nulla vale il fatto che dopo era invece colpa dell'io narrante se la cena, rimasta miracolosamente scevra da polemiche fino alla tombola, degenerava proprio alla fine. Resta il fatto che l'io narrante era libero di ribadire qua e la la propria incacchiatura contro il furbastro, perché si era sottratto a questa sorta di dovere civico mentre lui invece si era fatto tre dosi e aspettava con ansia la quarta. Si tace peraltro se il novax facesse un mestiere per cui fosse stato sospeso dal lavoro o licenziato, altrimenti sarebbe stata dura infierire. Ma soprattutto manca a questo punto, e veniva voglia di urlarglielo in sala (frenandosi solo per evitare guai), l'affiorare del dubbio nella mente del narratore: com'è che io mi sono vaccinato tre volte presto quattro, e devo temere che mi si sieda vicino uno (che esibisce peraltro un tampone molecolare negativo valido) che non si è vaccinato? Se i vaccini funzionassero, non dovrebbe essere il contrario? E a lui, e a tutti quelli in sala che ridevano alle battute, rivolgere la domanda: ma come cazzo è che ancora non fate due più due e andate da chi vi ha obbligato a sottoporvi a un trattamento inefficace (e pare rischioso, se avessero ragione certi siti - che anziché tacitarli o insabbiarli si dovrebbe avviarci un confronto, in democrazia) a chiedere conto di averlo fatto?

Il ritorno di attualità del raccontino di cui sopra è giustificato, pare, dalle notizie dalla Cina, che sembrano peggiori di quelle di fine 2019, dalle determinazioni ministeriali in cronaca (pur ancora lontane anni luce da quelle della disastrosa gestione precedente, ma non dimentichiamo le minimizzazioni iniziali di Conte e company), e per noi complottisti dalle manovre di Bill Gates e compagni. Ma per noi "complottisti" non è una sorpresa, se volete scavate pure in questo blog tra le decine e decine di post in argomento: c'è scritto, fin dall'inizio, che il vero problema era nelle statistiche e nella loro manipolazione o meglio nell'approfittarsi da parte della propaganda della sostanziale ignoranza della popolazione anche più istruita rispetto a certi loro meccanismi. Dicendo che i dati anche dei periodi peggiori non giustificavano i provvedimenti liberticidi presi, nessuno intendeva negare l'esistenza di un problema e la necessarietà di adottare contromisure. Ma dire che la mortalità nel periodo clou essendo passata da 100 a 150 per 100mila abitanti era aumentata del 50% è un esempio da manuale di utilizzo strumentale di una verità con funzione di menzogna. Lo stesso dato, infatti, può essere letto così: la mortalità è passata dall'uno all'uno virgola cinque per mille. Fa molta meno paura, e giustifica provvedimenti totalmente diversi. Solo se la differenza statistica tra il fenomeno in cronaca e l'andamento delle influenze annuali fosse arrivata almeno ad un ordine di grandezza (questa non la spiego più, c'è Wikipedia - va beh, diciamo 1000 per centomila), e siamo rimasti sempre molto lontani, si sarebbero forse giustificate alcune delle misure liberticide ed economicide prese. Così, acconsentendo a che il governo prendesse misure eccezionali quella volta si è in pratica acconsentito che qualunque governo ne prendesse altre ogni volta che voleva. Per dirla con uno slogan efficace: avete rinunciato alla libertà per la sicurezza, e ora non avete più né la sicurezza, né la libertà. Pensateci, mentre che vi soffiate il naso.

Auguri di buon anno a tutti, sperando che non servano.

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