martedì 31 dicembre 2013

LENTICCHIE E...

Il fenomeno è talmente imponente che sul Corrierone ci hanno fatto il dibbattitoparte 1 ovvero la critica al modello "neo-oleografico" di famiglia rappresentato, parte 2 ovvero i pregi da uovo di colombo che ne hanno decretato il successo, parte 3 ovvero macché l'unica genialità è esser riusciti a fare soldi con la scoperta dell'acqua calda, parte 4 ovvero il sottile confine tra la giusta critica e l'invidia. Per i pochi che non l'avessero ancora capito, sto parlando di Peppa Pig.
E' che Capodanno è tempo di cotechino, e quindi mi sembra l'argomento giusto per gli auguri di "bona fini e bon principiu", come diceva mio nonno.
Io non so se i bambini cresciuti a Peppa Pig saranno meglio o peggio di quelli cresciuti a mostri giapponesi, ma ricordo di quelli analisi critiche dello stesso livello e tenore di quelle che oggi colpiscono l'insopportabile maialina inglese, e le ricordo bene perché le condividevo ("uccidi e vieni ucciso poi risorgi così apprendi in modo distorto il concetto di violenza", si diceva dimentichi del lupo squarciato dal cacciatore da cui riemergevano intatte e vive Cappuccetto rosso e sua nonna...), e non mi sembra si possano riscontrare differenze statistiche significative tra gli adulti nutriti da piccoli a quella schifezza e/o a robe melliflue e tragiche come Heidi e Candy Candy e quelli come noi che avevano fatto il pieno di orrori intramontabili come Cenerentola Bambi e tutti gli incubi dei Grimm e affini e poi di Looney Tunes (il migliore, l'anche lui immortale Will Coyote) e H&B (Antenati e company). Forse è semplicemente che le equazioni che collegano ciò con cui popoli la mente di un bambino con ciò che penserà e crederà da grande sono troppo complesse anche per i computer di adesso, o magari di sempre per cui resteranno terreno di quella parascienza a posteriori che è la psicanalisi.
Forse.
Però io mi sentirei lo stesso di consigliare a chi ha la responsabilità di un bimbo di provare a fargli piacere anche, che so, Tom e Jerry, così, per variare un po'...
Anche perché a fare l'analisi razionale dei personaggi dei cartoni se si è seri si rischia il ridicolo, per cui forse è meglio puntare direttamente a far ridere. Come Bisio in questo vecchio cavallo di battaglia, con cui auguro ai miei (pochi) lettori un felice 2014.


martedì 24 dicembre 2013

I PAZZI SONO FUORI

"Giro giiro toooondo..."
Se proprio non volete cercare negli archivi di questo blog, e nemmeno seguire questo link al blog di Odifreddi, ve lo riassumo qui, perché il 25 dicembre si festeggia il Natale: è il giorno in cui il Sole, comprensibilmente Dio (in un modo o nell'altro) di tutte le comunità umane da quando possono definirsi tali, "risorge" dopo i tre giorni in cui la sua presenza nei cieli è ferma ("solstizio": sole che sta) al minimo annuale. Vi ricorda qualcosa? Si, il catechismo, e non solo Gesù bambino e il Natale ma anche la Pasqua ("di resurrezione", non a caso poi traslata in primavera e "flottante" col calendario). Ma anche, per chi abbia il minimo di cultura in materia (va bene anche La settimana enigmistica) per farci caso, quasi ogni altra religione costituita: Apollo Mitra Ra o comecavolosichiama, c'è sempre un dio che nasce muore e rinasce periodicamente come il Sole ogni giorno e ogni anno. Non può essere un caso. Deve essere insito nella natura umana.
Chi abbia avuto modo e voglia di osservare con attenzione un bimbo crescere se ne accorge: c'è un momento in cui gli cambia lo sguardo. Prima, è come quello di ogni altro cucciolo, e la leggenda di Romolo e Remo con la lupa (che qui casca a fagiuolo: è il Natale, ma di Roma) è un'altro mito seriale dell'umanità fondato su ragioni profonde: i cuccioli dei mammiferi hanno gli sguardi simili per ingannare i predatori stimolando il loro istinto genitoriale anziché il loro appetito. Poi, presto, prima ancora che parlino, comincia a velarsi della vera e sola maledizione della specie umana, quella raccontata nella Bibbia come la cacciata di Adamo ed Eva dall'Eden per aver mangiato i frutti dell'albero della conoscenza: la consapevolezza di poter morire, prima, poi di doverlo fare.
Quel geniaccio di Kubrik (si lo so il racconto è di Clarke, ma lui non se ne aveva a male) ci mostra la stessa cosa addirittura su un computer, e ai tempi in cui la potenza dei computer attuali non era nemmeno immaginabile - ma si sa, la filosofia arriva oltre ogni altra scienza. La consapevolezza di esistere è un tutt'uno con la consapevolezza di potere e anzi dovere smettere di esistere: una cosa letteralmente insopportabile, e infatti nessuno la sopporta (i cosiddetti pazzi sono solo quelli che più si sono avvicinati alla verità, e visti da qui sono i più - anzi i soli - sani di mente), nemmeno una macchina potrebbe o potrà. Le religioni sono state inventate apposta, e sono solo uno degli inganni creati dalla mente per travalicare questo limite, nemmeno il più usato: quello è la proiezione della propria identità, nei figli ma anche in qualsiasi altra cosa prometta di durare dopo di noi, che so un'ideale o una squadra di calcio, e a ruota ci sono le storie (libri o film o musica sono solo declinazioni diverse dello stesso paradigma dell'altrove spaziotemporale che ci permette di credere di vivere molte altre vite oltre la nostra).
Vi avevo "promesso" che non mi sarei fatto vivo per un po': questo post è un'eccezione fortuita che mi permette di augurarvi a modo mio (innescato come al solito per cavoli miei) buon Natale. Con in coda la perfidia che chi voglia sapere il perché del titolo deve seguire i link.

mercoledì 18 dicembre 2013

COMPITI PER LE VACANZE

Bellissima immagine, molto rappresentativa della linea tenuta
dalla BCE e delle misure prese dalla stessa per combattere la crisi...
Non so se importa a qualcuno, non ho mai seguito davvero i contatti (il contatore sta li diciamo "per bellezza", non ho mai voluto nemmeno gli spiccioli che avrei potuto raccattare con adsense), altrimenti peraltro avrei dovuto scrivere molto diversamente, sia per contenuti che anche solo per punteggiatura (ahi Saramago!), magari ormai siete rimasti davvero in pochi, ma è una comunicazione di servizio che vi devo lo stesso. Per via di un banale trasloco, per quanto un trasloco possa essere banale, nei prossimi giorni avrò difficoltà a collegarmi in rete e quindi questo potrebbe essere l'ultimo post dell'anno. Per cui sappiate che se anche non lo vedete aggiornato il blog non è chiuso, ripeto il blog non è chiuso. Al massimo è in vacanza, come le scuole a Natale. E per dimostrarvelo vi do i compiti: una serie di spunti di riflessione tratti dalla cronaca:
  • Roberto Perotti da LaVoce.info, ovvero come e perché la riforma Letta del finanziamento ai partiti significa più soldi ai partiti e non meno, e quindi l'ennesima dimostrazione di come e perché la stampa tutta, specialmente televisiva, sia oggi più che mai un colossale letamaio di falsa coscienza e disinformazione;
  • Alessandra Daniele su Carmillaonline, ovvero quanto la satira politica può essere più efficace di un discorso serio nel demolire certi personaggi, specie se vacui e sparapallle come il neosegretario della DC (pardon del PD, vabbé);
  • a proposito di Renzi, chi avesse ancora dubbi sulla sua connotazione destroide può leggere sul Corriere della Sera cosa ha intenzione di fare dell'articolo 18 (quando c'era Silvio, cavallo di battaglia del centrosinistra dei diritti dei lavoratori); 
  • Institute for fiscal studies sempre sul Corrierone, ovvero seppure sotto forma di statistiche anche nel mainstream ogni tanto emerge qual'è il vero problema e cioè qual'è il piano del capitalismo internazionale (impoverirci tutti) che sta dietro anche alla creazione stessa dell'Euro.
La summa di questi spunti ce la dà la conclusione di questo pezzo di Loretta Napoleoni sul Fatto, che riporto testualmente:
Il nostro è un Paese dove convivono due realtà: da una parte c’è l’Italia dei forconi e dall'altra quella che si può permettere di pagare due euro per votare il nuovo leader del PD, la prima non arriva alla terza settimana del mese e ha il polso della situazione, la seconda tiene gli occhi ben puntati sullo spread e gestisce la macchina propagandistica. Più passa il tempo, però, più cresce il numero degli appartenenti alla prima categoria e presto saranno troppi per essere tenuti a bada dai messaggi mediatici della propaganda. Negarlo è comportarsi come gli struzzi.
Buone feste, ci risentiamo appena possibile.

venerdì 13 dicembre 2013

I CAPPONI DI RENZI

Chi ha formazione culturale di sinistra non può non provare un brividino lungo la schiena quando sente parlare di camion che bloccano le strade: gli ricorda i preparativi davvero eterodiretti di un undici settembre, quello vero, il 1973 non il 2001.
D'altronde dopo trent'anni di berlusconismo (si, trenta: l'inizio del regime va datato all'avvio della strategia di rincoglionimento delle masse per via televisiva, peraltro teorizzato da Gelli nei suoi piani) ad avere formazione culturale di sinistra siamo rimasti in pochi, e piuttosto anzianotti, e tra noi ancora troppi vivono il senso di appartenenza oltre quel termine temporale in cui il rischio di risultare patetici diviene elevatissimo. Questo, più la sindrome "sono quarant'anni che le perdo tutte, me la volete fare vincere un'elezione?", spiega il trionfo di Renzi alle primarie del PD.
Il problema, e lo dico con autentica mestizia perché colpisce anche un sacco di gente a cui voglio bene, è che se per vincere devi diventare come il tuo nemico se non peggio allora è meglio perdere, come dovrebbe insegnare almeno a chi ci crede la metafora di un tipo che essendo in teoria figlio di dio e dio egli stesso poteva scatenare un'ira appunto di dio e invece preferì non usare i superpoteri e morire in croce. Anni prima, un suo cugino cattivo nel deserto provò a tirargli lo stesso tranello, e millenni dopo ci fu un tipo che sconfisse l'allora prima potenza mondiale del pianeta predicando la non violenza proprio perché se avesse dovuto per vincere ricorrere alla violenza e avesse ceduto a questa tentazione la cosa avrebbe sancito la sua peggiore sconfitta.
Lascio le metafore, la metto in piano: il PD nasce dall'idea insensata di unire due tradizioni troppo diversamente riformiste, e col passare del tempo riesce a tradirle entrambe, finendo per funzionare da trappola ideologica per milioni di persone legate appunto a quelle due tradizioni al punto da nascondere (ideologia: falsa verità costruita appositamente per occultare quella vera) l'essenza della sua stessa esistenza, quella che oggi si dice la sua mission, impoverire gli italiani. Gianni Agnelli, che aveva tanti difetti ma non era un fesso, diceva che in Italia solo un partito di sinistra può attuare politiche di destra: la Storia ha dimostrato che non era una boutade.
E allora eccovelo il vostro Cicciobello2, amici miei, il primo al mondo capace di perdere e vincere lo stesso tipo di elezioni, quella pagliacciata travestita da esercizio democratico chiamata primarie, nello stesso anno: a parte il fatto che è tranquillamente possibile che le elezioni vere le perdiate lo stesso, specie se nelle risposte alla crisi restate agli annunci che più stridono con la realtà più fanno incacchiare, nel caso vinceste avrete portato al governo un democristiano di destra figlio di cotanto padre, un giovane che della giovinezza ha soltanto il fatto che molto probabilmente lo avremo tra le palle per tanto tempo (con Berlusconi potevo ancora sperare che schiattasse prima di me, almeno...), un simpaticone che porta avanti politiche, monetarie e non solo, di estrema destra (guardate che soggettino si è scelto come portavoce, ad esempio) trattandole come assiomi. Perché ha un padrone che gliele ordina e gli da buone ragioni per continuare a eseguire il compito. Quando lo avrà finito, cioè quando avrà finito di privatizzare tutto e regalare agli amici degli amici la ricchezza nazionale, completando l'opera dei suoi predecessori sempre di centrosinistra, maledizione, e di smantellare quello che resta del welfare, ve ne accorgerete. A quelli come me resterà solo l'amara soddisfazione di potervi dire a brutto muso di avervi a suo tempo avvertito, che i Renzi portano i capponi agli Azzeccacarbugli e i capponi siamo noi... (e per capire la metafora, prego rileggersi il Manzoni).
Io non so se i "forconi" siano populisti o popolari, di destra o sinistra, autentici o sospettamente puntuali, o se abbiano torto o ragione, e faccia bene o meno Grillo a guardarli con cupidigia piuttosto che con preoccupazione. So che c'è sempre più gente ad avere acquisito in qualche modo la sorda consapevolezza di essere bestie portate al macello, e che l'unica cosa giusta da fare, a meno che non sia anche questa rivolta una parte in commedia e combatterla l'altra parte, è togliergli gli argomenti: abbiamo bisogno come l'aria di una politica monetaria espansiva con obiettivo piena occupazione, o siamo in grado di farla adottare all'Europa o dobbiamo uscire da questa Europa costi quel che costi. Peraltro, molto ma molto meno di quanto i proclami terroristici di premier e ministri vari lascino intendere, per quanto resti un affare di difficile attuazione, e in ogni caso molto ma molto meno di quanto ci costi continuare su questa strada, come il neosegretario ha tutte le intenzioni di fare.

venerdì 6 dicembre 2013

DI GIGANTI E DI NANI

..ripensando a quell'incedere incalzante
dei viaggi persi nella sua memoria,
intuiva con la mente disattenta del gigante
il senso grossolano della storia,
e nelle precisioni antiche del progetto umano
o nel mondo suo illusorio e limitato,
sentiva la crudele solitudine del nano
nell'universo quasi esagerato,
due facce di medaglia che gli urlavano in mente:
"da tempo e mare non s' impara niente..."

da Gulliver, Francesco Guccini 1983
I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift è decisamente un libro sottovalutato: ritenuto dai più, anche per via del successo sia immediato (parliamo del settecento) che successivo (specie cinematografico) delle sue parti più famose, un libro per ragazzi, è invece una feroce visionaria e profetica satira sociopolitica ancora incredibilmente attuale. Chi non ci crede non ha che da (ri?)leggerlo. La splendida metafora che ne ricava Guccini, che ho messo in avvio in testo e in coda in musica, mi dà l'occasione di commentare assieme le due notizie di politica, una internazionale relativa a un personaggio enorme e grandioso, una nostrana relativa ai soliti minuscoli e meschini protagonisti della scena, che affollano le cronache odierne: la morte di Nelson Mandela e la bocciatura del porcellum da parte della Corte Costituzionale.
La differenza di statura politica dei protagonisti delle due vicende è infatti drammatica: da un lato un Gigante che è stato capace di portare avanti la sua battaglia ideale attraverso 27 anni di carcere e vincerla senza (quasi) concessioni opportunistiche, dall'altro gente che ha messo queste ultime sopra ogni altra cosa, introducendo (il Nano di Arcore) e poi mantenendo (lui e gli altri) regole truccate e (persino sedicenti) porcate per la sola ragione che gli erano convenienti. Col risultato da un lato di avere riscritto la Storia ed essere oggi protagonista di un coro (fin troppo) unisonico, dall'altro di rendere addirittura possibili interpretazioni della correzione di oggi (quindi quanto tardiva!) che giungerebbero ad invalidare gli ultimi 8 anni, se non gli ultimi 20, di esiti politici. Tanto che questa proposta di Grillo, di far decadere almeno quei deputati eletti col premio di maggioranza incostituzionale (del PD, ma anche di SeL), può sembrare addirittura moderata... E, a proposito, se Mandela avesse dosato le energie della propria azione politica in proporzione alla probabilità di successo, piuttosto che (come a fatto) all'importanza e alla grandezza degli obiettivi, non avrebbe vinto, e non si sarebbe nemmeno chiamato come davvero si chiamava:  non Nelson, ma (giuro) Attaccabrighe.
...
A proposito di giganti, oggi e domani 7 e 8 dicembre 2013 a Roma, non come al solito in piazza Fabrizio De Andrè alla Magliana ma in un teatro sulla Portuense e a gratis, si svolgono le ormai consuete finali del premio intestato al cantautore genovese, che come sempre sarà consegnato dalle mani di Mama Do-Dori Ghezzi. Roba da non mancare.

lunedì 2 dicembre 2013

GIOVANI SENZA ZAPPA

"Gli articoli dei giornalisti di musica rock sono scritti da gente che non sa scrivere,
che intervista gente che non sa parlare, per gente che non sa leggere
" - Frank Zappa
No, non è un invito ai tantissimi ragazzi disoccupati di ridedicarsi all'agricoltura. E' che scopro ascoltando Radiodue che il 4 dicembre 2013 fa vent'anni giusti giusti che è morto, quindi molti ragazzi forse non sanno nemmeno chi sia, l'incommensurabile Frank Zappa; nel programma tra l'altro veniva intervistata (la classica "marchetta", e va bene, si comprano così pochi libri, ce stà) l'autrice di un libro in uscita in questa occasione, che metteva le mani avanti con un cenno autoironico, qualcosa tipo "adoro Frank Zappa ma non sopporto gli zappiani".
L'artista siculoamericano è stato immenso non solo per qualità: la sua discografia è infinita. Io l'ho affrontata "da grande" dopo che un amico, uno che vent'anni fa un amico comune mi aveva presentato come "eccoti finalmente uno che ha gusti musicali più strani dei tuoi", mi ci ha introdotto tramite due C-90 (questa non ve la spiego, se siete giovani peggio per voi), il sistema con cui ai tempi nostri girava la conoscenza musicale (e funzionava: i discografici non si erano ancora incartati nella inutile lotta alla pirateria). Non essendo il mio faticoso approccio postumo sufficiente a dire qualcosa di sensato, in assoluto figurarsi di un personaggio così, non potevo che chiedere a lui, che solo per comodità (come nella cronaca nera si usa per i minorenni) chiameremo Ivano, un contributo che lo celebri in modo sufficientemente degno.
Gli lascio dunque la parola, non prima di avere fatto un altro paio di precisazioni:
  • non condivido il giudizio di "Ivano" sugli E&LST, che possono non piacere ma sono davvero talmente legati al Nostro (persino Scaruffi dixit) nella formazione musicale (per quanto ad anni luce negli esiti, della cui cosa sono i primi ad essere consapevoli) che non solo possono osare di suonarne di tanto in tanto qualche pezzo (questo ad esempio, qui l'originale) ma addirittura con dentro uno dei musicisti "fissi" (dove le virgolette sono obbligatorie, per una carriera multiforme così) del loro emulo, o alle celebrazioni ufficiali come quella del 18 dicembre prossimo a Milano;
  • c'è in Italia un'altra band che ha il coraggio di proporre, stavolta con costanza, un classico zappiano come Peaches in regalia nel suo repertorio: è l'ensamble, anch'essa mutante e multiforme, di Daniele Sepe.
Detto questo, proviamo a sfidare "Ivano" a definire l'indefinibile, e magari a estorcergli alcune "dritte" per cominciare a conoscerlo: se anche pizzichiamo un solo nuovo adepto, il dio della musica se esiste ce ne renderà merito.
---
Come descrivere Zappa in poche righe e portarlo a conoscenza di colui che nulla sa oppure lo conosce solamente come il nume tutelare degli infami Elio & le Storie Tese? Innanzitutto  il Maestro di Cucamonga non è:
  • un musicista pop;
  • un rockettaro;
  • un virtuoso della chitarra;
  • un compositore classico;
  • uno scrittore di untuose canzoni da pomicio stile anni 50;
  • un teorico;
  • un pornografo sotto false spoglie.
Egli è la quintessenza di TUTTE queste cose, nello stesso tempo! E anche molto altro di più.
Detto così non significa nulla, lo so, ma il bello è proprio questo: Frank Zappa non si può descrivere.
Occorre tempo, pazienza, cultura… ed anche una certa predisposizione a farsi prendere per il culo, per esplorare l’opera di uno dei più grandi geni del secolo scorso. Quando parlo di opera non intendo soltanto musica: quanti sanno che FZ è stato scrittore sarcastico e (para)regista? Oppure discografico indie antelitteram e scopritore e valorizzatore di talenti (non solo musicali: date un’occhiata alle copertine dei suoi dischi)?
Il cuGino si sta spazientendo ed attende una minimale playlist; cedo malvolentieri alla sua richiesta, certo della maledizioni che mi invierà Zio Frank dalla sua tomba: egli non ammetteva “spezzettamenti” della sua arte (o per meglio dire della sua vita). Ecco 7 titoli per l’ignorante in materia che, sono sicuro, resterà altrettanto ignorante dopo averli ascoltati:
  1. The world’s  greatest  sinner (dall’album Cucamonga years, primi anni 60), ovvero lo Zappa prima di Zappa. Accreditata a tali Baby Ray & The Ferns, questa orribile canzoncina lo vede nelle vesti di compositore e produttore. Faceva parte della colonna sonora di quello che le classifiche specializzate considerano uno dei film più trash di tutti i tempi. Se tutto questo vi sembra strano e assurdo… state entrando nell'ottica zappiana;
  2. Hungry freaks daddy (da Freak out, 1966): qui comincia lo Zappa vero e proprio. Anche se detesto dirlo, bisogna contestualizzare: quella che adesso sembra una canzone (quasi) normale, all'epoca dell’uscita fu un vero e proprio pugno nello stomaco ai danni dell’ascoltatore medio;
  3. Nine types of industrial pollution (da Uncle meat, 1969); ogni tanto qualche buontempone, pur riconoscendo a Zappa il valore musicale, ne sminuisce quello strumentale. In poche parole dice che come chitarrista non era un granché. Per zittirlo fategli ascoltare questo brano;
  4. Ella guru (da Trout mask, replica Captain Beefheart & the Magic band 1969): Zappa fu il produttore dell’opus magna del suo antico amico-rivale Don Van Vliet. Racconta la leggenda che fu inciso in una sola notte mentre FZ stava dormendo. Anche in questo Zappa fu grande: trovatene un altro che incide un capolavoro senza metterci niente ma proprio niente di suo…;
  5. The torture never stops (da Zoot allures, 1976); si può tranquillamente definire come la Quinta Sinfonia di Zappa. Come il capolavoro beethoveniano, lo riconosci dopo le prime tre note. Dal vivo era uno dei must del nostro: versioni dilatate fino a 20 minuti con assoli di chitarra strappabudella;
  6. When yuppies go to hell (da Make a noise jazz here, 1991); mi sono sempre chiesto che tipo di musica avrebbe fatto se non avesse incontrato la signora con la falce. Un indizio può darlo il disco in questione, inciso dal vivo con la sua ultima band, forse la migliore di tutte. Ultrarock polidimensionale, indefinibile nelle forme e nella classificazione ma non nel piacere d’ascolto. Un vero e proprio “viaggio” senza alcun bisogno di stupefacenti;
  7. Waffenspiel (da Civilization phase III, 1994); qui finisce il viaggio terreno di Zappa. La musica cessa e rimangono soltanto spari, squitti di uccelli e lontani latrati di cani. Toccante come non lo è mai stato.

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