lunedì 30 ottobre 2017

IL DESERTO DEL TARTARO

Nel virgolettato del Corrierone la didascalia scelta  per la
loro foto da due delle "coraggiose accusatrici" di Weinstein.
Poi se Massimo 
Fini parla di "fica power" è maschilista...
Volevo parlare del nuovo osceno tentativo di bavaglio al web, magari con la stessa identica sintassi che ho usato per la legge elettorale (è peggio di quella che voleva imporci Berlusconi, ma allora con me sulle barricate c'erano tanti, troppi amici che oggi, da bravi piddini e sennò è pure peggio, invece tacciono o approvano), ma mi sembrava di averlo già fatto troppe volte.
Poi volevo parlare anche del coro di "anch'io, anch'io!" con la manina alzata che si è levato all'esplodere del caso Weinstein, il famosissimo e fino a ieri considerato universalmente bravissimo produttore hollywoodiano attorno a cui oggi si è fatto il vuoto, ma non mi veniva niente di meglio che canticchiare Fantoni Cesira: a sintetizzare il  pensiero spesso basta e avanza una canzone (di uno bravo, però).
Entrambi gli argomenti rischiavano di cristallizzarsi nella parte sommersa dell'iceberg degli spunti da cui vengono fuori i pochi post mensili di questo blog, quando, per fortuna ("che culo che ha certa gente" - mi è rimasto in testa il Maestrone), mi sono imbattuto in un post altrui che mi ha schiarito il nesso tra le due cose, e insieme il motivo per cui non riuscivo a scriverne (andavano messe assieme): è una cosa che mi capita ricorrentemente specie con alcuni, questa volta il merito è di Lameduck.
Il punto è, ancora una volta, questo: la sinistra, avendo abbandonato da tempo la difesa dei diritti sostanziali (la marxiana "struttura"), si prodiga a difendere ed estendere i diritti formali (la "sovrastruttura"), e grazie al controllo del mainstream riesce ad imporre una narrazione monocorde della cui contraddizione ci accorgiamo in pochi. Ma siccome anche questi pochi possono fargli danno, il totalitarismo mette le mani avanti e mentre tenta di imporre anche sul web (magari con la scusa delle fake news - fa niente se a guardare bene si scopre vengono soprattutto dalle fonti cosiddette attendibili - o della pirateria brutta e cattiva - fa niente se a guardare bene l'industria culturale la aiuta) la stessa favoletta, si mette in condizioni di poter nuocere a chiunque abbia una voce dissonante, hai visto mai dovesse essere troppo ascoltata. Quadra? Quadra.
Temi come la lotta al razzismo, l'accoglienza degli immigrati (lo stesso sito, cattolico, ospita nella stessa edizione sia la vulgata imperante che la sua ficcante confutazione), la parità dei sessi (che se la intendiamo come annullamento delle differenze fermiamo ogni tensione, come per la corrente elettrica, ce lo deve ricordare l'immensa Franca Valeri) e la dignità della donna, le unioni civili anche omosessuali, l'ecologia e i divieti al trasporto privato, eccetera eccetera, se trattati senza prima aver salvaguardato il diritto al lavoro e a un reddito dignitoso per tutti, a una scuola pubblica gratuita e interclassista, a una sanità pubblica gratuita e avanzata, eccetera eccetera, sono solo una presa per i fondelli, perché di fatto la mancanza dei secondi vanifica la presenza dei primi anche quando fossero reali (e spesso sono solo enunciati). Se continua così, infatti, se cioè non si abbandona definitivamente e drasticamente il credo neoliberista che la sinistra ha sposato da tempo, la situazione economica delle persone sarà presto tale, anzi è già in moltissimi casi tale, che tutte le cose che i diritti civili in teoria ci consentiranno di fare in pratica le potranno fare solo i pochi benestanti. E gli altri, ovviamente, intanto diventeranno (infatti stanno già diventando) razzisti, maschilisti, allergici a ogni diverso, astiosi e diffidenti gli uni degli altri.
Poi, siccome queste battaglie di civiltà sono quello che sono, cioè fumo negli occhi ad uso del popolo bue, è ovvio che si svolgano secondo modalità che sconfinano sempre più frequentemente nel grottesco.
Ad esempio, il caso Weinstein ("tartaro", secondo la traduzione letterale), più montava meno mi quatrava. No, non è solo che potevano dirlo prima, anche se si, potevano. E' che il luridone non è il padrone della filanda (altra canzone storica, questa proprio dickensiana...) che usa senza pudore il suo potere di ricatto, enorme in quanto mette in discussione la sussistenza delle vittime. E' un uomo molto potente a cui piacciono certe cose e così le chiede ad altre a cui piacciono altre cose che lui può dare loro e sono disposte allo scambio, altrimenti vista la sua fama manco ci si accosterebbero, o comunque rifiuterebbero - attenzione che il cambio di paradigma è qualitativo oltre che quantitativo, visto che in gioco non c'è il posto di cassiera sennò a casa non si mangia, ma una si spera sfolgorante carriera nel cinema (che non sarà proprio un trono, ma...). Per definire la fattispecie sarebbe forse il caso di ricorrere alla categoria "prostituzione", se non fosse che si rischia di offendere delle oneste lavoratrici o peggio delle disgraziate davvero sfruttate dai malavitosi che le gestiscono e dai clienti (che dovrebbero avere l'esecrazione sociale unanime che non hanno), e non basta nemmeno aggiungere "d'alto bordo", perché qui offenderemmo delle professioniste che sanno quello che fanno e non si sognano nemmeno di fare le finte tonte meno che meno anni dopo che hanno avuto la loro sostanziosa controprestazione.
Che poi il tipo sia uno schifoso, non si fa fatica a crederlo, in un ambientino così poi... Ma che le santarelline del decennio dopo non sapessero benissimo, essendo appunto dell'ambiente, chi fosse e cosa volesse, e gli si fossero accostate innocentemente, venendo brutalmente aggredite e ricattate, ecco, quello si fa fatica a crederlo. Solo che non si può dire, perché se no sei maschilista, anche se non lo sei mai stato e la tua storia personale lo conferma. Anzi, qualunque cosa scriverai e leggerai sarà conservata per anni e potrà sempre essere usata contro di te, in campana! Un ultrà di calcio (precisare "cretino" è tautologico) mette una maglietta della Roma ad Anna Frank e tu non ti unisci al coro del "dagli all'antisemita" perché non capisci che ci azzecca? Annotato! Occhio, che se insisti e ci ragioni ancora su (l'offesa sarebbe dare del romanista agli ebrei, o dell'ebreo ai romanisti? o è profanazione di immaginetta?) sei schedato come antisemita. Non ne parliamo se metti in discussione il sacro paradigma dei vaccini obbligatori: complottista antiscientifico! Giù per questa china, il libero pensiero deve cedere il passo al pensiero ammissibile, e ad esempio se lavori in una redazione guai a illustrare un'articolo che parla che so di una prova selettiva con un'immagine dove le sagome di chi seleziona e/o di chi viene selezionato siano chiaramente maschili...
Questo è il contesto che ci hanno apparecchiato: la realtà non conta, conta la sua narrazione a modino, e che sia pervasiva (capito, caro Drogo? il nemico esiste e arriverà, non si discute, anche se è tutta la vita che lo aspetti e non ne hai mai visto l'ombra...) e non si sgarri. Ai ragazzi bisogna insegnarlo da subito...

lunedì 23 ottobre 2017

DOPO DI LUI

Canzoni come questa, mi pare di poter affermare, possono venire fuori solo a chi da ragazzo abbia letto cose come Il mestiere di vivere di Cesare Pavese, roba che usava negli anni 70 insomma, magari dopo essere cresciuto a pane e Buscaglione, e qui siamo negli anni 50. Oggi però tutto ciò è vintage, e quindi il testo magari può piacere (è depositato in SIAE tra gli inediti, ma basta contattarmi, non è questione di soldi) a chi abbia per le mani una rock ballad senza ancora le parole (nel ritornello i versi sbandierati a sinistra e a destra potrebbero essere due voci che quasi si sovrappongono).
DOPO DI LUI
La prima volta fu quando lei lo lasciò:
si senti stringere un nodo allo stomaco
gli venne da vomitare fuori tutto quanto
e comincio a pensare che, dopo di lui…
dopo di lui
sua madre avrebbe pianto per tre mesi
dopo di lui
lei avrebbe detto che lo amava
dopo di lui
cinquantamila morti al funerale
dopo di lui
lei non si sposerà più…
e la seconda volta fu per l’amarezza
di non riuscire ad avere una sola ambizione:
non era mai riuscito a scrivere una canzone
ed il lavoro da impiegato non era per lui…
dopo di lui
sua madre avrebbe pianto per tre mesi
dopo di lui
lei avrebbe detto che lo amava
dopo di lui
cinquantamila morti al funerale
dopo di lui
lei non si sposerà più…
la terza volta, poi la quarta, poi la nona,
per cento volte lui pensò di farla finita
ma ogni volta era come un’autodifesa
perché invece di ammazzarsi lui pensava che…
dopo di lui
sua madre avrebbe pianto per tre mesi
dopo di lui
lei avrebbe detto che lo amava
dopo di lui
cinquantamila morti al funerale
dopo di lui
lei non si sposerà più…
dopo di lui
ed ogni volta a questo lui pensava
dopo di lui
ed ogni volta così, però non si ammazzava
dopo di lui
finché lei non lo vide con un’altra
dopo di lui
e con un colpo al cuore lo finì
e dopo di lui
sua madre pianse e si strappò i capelli
dopo di lui
lei disse che lo amava
dopo di lui
cinquantamila persone al funerale
dopo di lui
lei non si sposò più…
dopo di lui…

sabato 21 ottobre 2017

ANCHE SOLO PER DISPETTO

Il partito-bestemmia ha compiuto dieci anni, e uno dei miei pochi vanti è di avere, in mezzo alle tante cantonate che ho preso, indovinato subito (ai tempi del web queste affermazioni si possono anche dimostrare) che la sua nascita sarebbe stata un'autentica sciagura per gli italiani, doppia se di sinistra.
Quando ancora il PD non c'era, ed io ero con gli altri sul carro eurista di Prodi a cantare saltando per non essere Berlusconi, quest'ultimo, a legislatura agli sgoccioli, siccome i sondaggi gli dicevano che col Mattarellum il centrosinistra avrebbe sbancato, ebbe la faccia tosta di varare in fretta e furia una legge elettorale raffazzonata (da Calderoli, in un modo che egli stesso ebbe a chiamarla Porcellum) che potesse se non sovvertire l'esito del voto, cosa impossibile dato il distacco (che poi peraltro ridusse, grazie al suo monopolio mediatico e a boutade come quella sull'abolizione dell'ICI), almeno consegnare al vincitore una maggioranza molto più risicata di quella che avrebbe avuto con la vecchia legge. La trappola poi avrebbe funzionato alla perfezione: bastò che Mastella facesse il Mastella ("provocato" da Veltroni, che aveva inopinatamente accelerato la fondazione del PD e dichiarato subito, in teoria allora a 4 anni dal voto, che alle successive elezioni si sarebbe presentato da solo: non dimentichiamolo, il maanchista e il suo modo geniale di straperdere le elezioni). Ma da subito noi tutti "popolo di sinistra" gridammo allo scandalo: non si possono cambiare le regole in corsa, non si può gestire la legge elettorale come se non fosse uno snodo fondamentale della democrazia ma invece solo una delle armi del governo contro l'opposizione.
Ebbene, io la penso ancora così. E mi fa un misto tra schifo e rabbia invece constatare, in un'epoca in cui purtroppo quello che pensano gli altri ti insegue anche se tenti di stare un po' alla larga e usi i social al minimo sindacale, che tanti troppi "amici" che ieri erano con te sulle barricate oggi plaudono alla quinta porcata consecutiva (la terza di centrosinistra e la terza elettorale: Berlusconi aveva anche tentato una riforma costituzionale a cui il popolo italiano fece argine, prima che Renzi, tra l'Italicum e il Rosatellum, facesse lo stesso tentativo con lo stesso esito) avendo anche la faccia tosta di considerarsi ancora "di sinistra" perché a favore dello ius soli o dei matrimoni gay. Che di fronte a un attacco del Capitale al Lavoro come non si vedeva dai tempi di Dickens, mi spiace ma sono cosucce piccole così, fumo negli occhi, esche per boccaloni, usate la metafora che preferite. Toglietemi pure il saluto, non solo l'amicizia su Facebook, ma io la penso così: io sono ancora di sinistra (anche se penso che lo ius soli concesso in questo contesto sia una solenne minchiata, e anche se voto e sostengo un movimento che attrae persone da tutte le provenienze politiche), voi - appresso al vostro partito, o peggio ancora a quelli alla sua sinistra che fanno il suo gioco ingannandovi (sono peggio quelli di oggi o quelli di ieri?) - non più. Raccontatevi pure tutte le favole che volete, siete di destra. Ultracapitalisti e ultraliberisti. E andate affanc...
Esiste infatti ancora una chiave di lettura facile facile, per chi volesse orientarsi. Al mondo oggi ci sono due soli grandi interessi contrapposti: quello dell'uno per cento degli straricchi, e quello del 99 per cento di tutti gli altri. La zona cuscinetto in mezzo si è erosa, e non a caso: era questa la missione principale della globalizzazione, ed è quasi compiuta del tutto. La classe media acculturata che vive decentemente è ovunque in via di sparizione, e con essa la democrazia rappresentativa che era lo strumento ideologico utile a "tenerla buona". Per capire da che parte sta qualcuno o qualcosa, basta chiedersi quale dei due interessi fondamentali serve. Ecco fatto. Il PD è dalla parte dell'uno per cento, con tutto il centrodestra, Salvini compreso (la sua adesione al Rosatellum lo smaschera, se servisse, e se non vi basta vedrete presto la sua abiura rispetto alle posizioni antieuro). Dall'altra, per ora, c'è solo il M5S. Datevi pace, smettetela di fare il coro alle miriadi di attacchi di ogni genere di cui è stato oggetto, e arrendetevi all'evidenza: è l'unica possibilità che abbiamo, almeno questo giro, per salvare ancora il Paese. Qualunque porcheria di legge elettorale partoriscano (questa ha il solo scopo visibile di impedire la vittoria di Grillo, e quello nascosto di vanificare la democrazia), e da qualunque partito o base ideologica partiate, questa volta - fosse anche solo per dispetto - votate per Grillo; poi la prossima, se la democrazia si sarà salvata, voterete per chi vi pare. Non gli è bastata la batosta dello scorso dicembre, ne vogliono un'altra, bella tosta, per capire che si devono levare dalle palle una volta per tutte. Riduciamo il PD al 3 per cento, è un sogno lo so, ma nessun progresso si raggiunge senza prima sognarlo. Cancelliamoli. Il PD deve morire, lo dico da quando era nella culla, ma ora ha fatto davvero troppi danni, e bisogna fermarlo prima che continui e ci porti allo sfacelo più totale. E non vi illudete che Berlusconi e Salvini abbiano obiettivi diversi: servono lo stesso padrone. Anche se vorreste di meglio, questa volta c'è solo il movimento 5 stelle, di (ancora) votabile. Odiatemi pure, ma ve lo ripeterò da qui a primavera. Lo sento come dovere civico.
E ora una bella sfilza di suffragamenti e approfondimenti, che era tanto che non ve ne davo:
  • Rosso, ovvero finalmente ho letto da qualcun altro (qui è da mò) che sarebbe ora di introdurre almeno elementi di sorteggio nel meccanismo elettorale: puro, statisticamente assicura la rappresentatività piena del Parlamento, e non solo dal punto di vista delle idee politiche, ma quel che è meglio anche per tutti gli altri parametri sociodemografici (sesso, età, cultura, onestà, eccetera), per i quali la casta invece si seleziona al peggio possibile e in peggioramento ulteriore e continuo - non essendo nell'orizzonte degli eventi possibili l'adozione di una legge per le politiche che ricalchi quella per le comunali, per non dire proprio in assoluto, il sorteggio è la migliore opzione, ma mi va bene che entri anche solo come elemento correttivo proporzionale;
  • il Fiscal Compact, ovvero sapete cosa stanno per approvare definitivamente, senza dirvelo? una normativa che terrà per le palle qualsiasi governo da ora a 20 anni, costringendo l'Italia a una politica restrittiva finché campate, e cioè finendo di impoverirla ben bene - ah, e sapete qual'è l'unico schieramento politico che si è dichiarato contro questo mostro, inserendo nel suo programma di governo la sua non approvazione o abolizione? esatto...;
  • Scanzi, ovvero il Rosatellum garantisce che l'unico governo possibile sarà un renzusconi, e averlo votato dimostra, se ce ne fosse stato bisogno, che Salvini è un quaquaraquà;
  • Costamagna, ovvero ecco a cosa serviva tutta quella perdita di tempo, ad approvare questa porcheria quando manca così poco al voto che una eventuale pronuncia della Corte Costituzionale, certamente negativa come per gli inguacchi precedenti dato che questa legge ne ripete potenzia e amplia i profili di incostituzionalità, arriverebbe dopo il voto;
  • Di Maio, ovvero le parole vere dello stesso sui sindacati, e non gli spezzoni tagliati ad arte i report artati i titoli tendenziosi che avete sentito: il m5s è l'ultimo partito rimasto dalla parte (anche) dei lavoratori, gli altri sono da più o meno tempo tutti variamente dalla parte dei padroni, i sindacati precisamente dal novantatré;
  • Mazzucco, ovvero ammesso che Di Maio sia la scelta giusta (e Messora ci spiega cosa comporta), e non concesso se non col beneficio d'inventario (ma con quello si - Scanzi - ché gli altri, ripeto, sono letteralmente invotabili);
  • Spadini (da leggere per intero anche se è lungo ma vi prego: è fondamentale), ovvero populismo è l'offesa usata per diffamare gli ultimi che si ostinano a difendere il popolo, laddove invece, "in modo particolare il M5S, per quanto riguarda la situazione italiana, è quindi la reazione culturale e politica rispetto alle condizioni sociali drasticamente mutate nel tempo della postmodernità, dopo il golpe messo in atto dalla nuova classe sociale dominante, quell'aristocrazia finanziaria che mira a distruggere i diritti del lavoro, a proletarizzare la middle class, a desovranizzare gli stati, ad americanizzare l’Europa";
  • Fusaro, ovvero adesso il pensiero unico dominante usa "gentismo" come nuova etichetta "per la gente comune, per i lavoratori, per le masse nazionali-popolari, irredimibilmente colpevoli di volere un posto di lavoro e dignità sociale, protezionismo economico e più Stato, e poco attente ai matrimoni gay, al culto dell’immigrazione di massa, al veganesimo modaiolo, al genderismo militante e alle richieste femministe."

venerdì 13 ottobre 2017

6 - MIA NONNA GALINA

L'ultimo abitante di Chernobyl, a 30 anni dal disastro
In attesa di Sushi Marina, continua la pubblicazione dei racconti di Chi c'è c'è, raccolti da un "geestre" direttamente dalle menti di 21 terrestri in animazione sospesa su un astronave perduta nel cosmo, forse ultima testimonianza del nostro pianeta ormai distrutto. Qualcuno ricorderà che alcuni dei racconti li ho "ricavati" partendo da testi di mie canzoni quando ho dovuto abbandonare il sogno di cantarle: questo si capisce benissimo da quale, anche perchè l'ho già pubblicato. A sognare è una giovane fisica ucraina, per capire perchè di questa scelta traspositiva bisogna aver vissuto ai tempi di Chernobyl.

6 - MIA NONNA GALINA

La primavera è bella, nella campagna ucraina. Ma in certe mie passeggiate nei dintorni “bonificati” di Chernobyl mi ci voleva tutta la mia fantasia per cercare di immaginare quegli stessi luoghi com’erano tanti decenni prima: le prime volte fu il mio lavoro di fisico nucleare a portarmi da quelle parti, ma poi ci tornai ricorrentemente, intendo dopo che quella volta ebbi come un flash. Era lì; i racconti di mia nonna Galina che mi tenevano buona da bambina erano ambientati lì, era lì che Galina era cresciuta, si era sposata, era vissuta coi suoi quattro figli ed era morta, una tra le tante persone anziane che non avevano volto lasciare la propria casa, ignorando tutte le ordinanze di evacuazione. D’altra parte nessuno in quei giorni poté o volle curarsi di quei vecchi matti che non volevano lasciare la zona C, la più lontana tra quelle pericolose per la sopravvivenza.
Così mia nonna morì lì, forse solo poco prima di quanto le sarebbe toccato senza radiazioni, comunque da sola, perché i figli erano andati via tempo prima, e se a qualcuno fosse venuto in mente di andare da lei dopo l’incidente non gli sarebbe stato comunque possibile, dato che le strade di accesso erano presidiate dall’armata rossa. Il marito, il mio mitico nonno bolscevico della prima ora, duro come la quercia fino a ottantott’anni, forte fumatore e bevitore di vodka moderato ma appassionato, era morto per quel suo antico vizio di alzarsi presto ed incamminarsi verso il paese, anche dopo che un infarto gli aveva tolto il gusto di lavorare nei campi, passando vicino alla grigia centrale nucleare, magari ricordandosi di quando al posto di quel reattore lì c’era quella stalla con quelle mucche con quel latte così buono che il primo bicchiere te lo bevevi caldo di mammella...
Secondo i criteri di oggi sarebbe stato da considerare un pessimo marito: autoritario, burbero, non alzava un dito per aiutare in casa. Ma non vi faceva mancare niente, e per lui la famiglia era sacra, solo che si riservava l’esclusiva delle competenze “esterne”, inoltre svolgendole con scrupolo: rigida divisione del lavoro, si direbbe in sociologia. Con in più una dose di rispetto che oggi sarebbe incomprensibile: Nicolaevic, lo chiamava mia nonna, cioè col suo patronimico, e non col suo nome proprio, Yuri.
Rivedere quei posti tanti anni dopo mi aveva fatto ritornare in mente, come in un film, tutti quei racconti, quegli episodi di vita vera, forse solo un tantinello romanzati un po’ per volontà di affabulazione della narratrice un po’ dietro l’azione della mia memoria bambina, che Galina mi raccontava in quelle mattine d’inverno mentre pasceva il latte col pane direttamente dalla scodella a me ed a mio fratello seduti in alto sulla credenza, una cucchiaiata ciascuno.
Come quella storia di Galina bambina, quando fu lasciata sola in casa dalla madre con l’unica incombenza di badare alle galline. Più che da una reale esigenza, il compito assegnatole era motivato dalla necessità di darle un’occupazione qualunque, perché non si annoiasse, non si impaurisse, e insomma non facesse danni. In pratica, era un po’ come se le galline dovessero badare a lei, più o meno.
Infatti la piccina cominciò ad annoiarsi ben presto. Dopo aver rotto delle uova, nel tentativo di riprenderle al volo con il grembiule dopo averle lanciate in aria, in numero sufficiente da cominciare a temere di essere scoperta dalla madre al suo ritorno, decise per un gioco che facesse meno danni, o per lo meno non così evidenti. Girò un po’ per casa: a cinque anni, e con la fantasia non rovinata da TV e computer, qualsiasi oggetto domestico strano o meno può andar bene. L’imbuto perciò le diede un’idea fulminante: poteva giocare con le galline come con la sua bambola, ma a loro poteva dare davvero da bere. Ora però ci volevano: un tovagliolo da avvolgere al collo delle malcapitate perché non si bagnassero, e quello trovarlo era facile, e soprattutto qualcosa di liquido che non fosse banalissima acqua.
L’orcio del latte pesava troppo, e avrebbe rischiato di romperlo, ma se fosse stato in bottiglie... Ma certo! In cantina era pieno di bottiglie, chi se ne poteva accorgere se ne mancava qualcuna? Così, diligentemente, passò la mattinata rincorrendo le galline una ad una, col tovagliolo che faceva da lazo prima e da bavaglino poi, e con l’imbuto ingozzandole di vodka. Nessuna ebbe scampo, e d’altra parte era facile individuare quelle che avevano già bevuto: stranamente barcollavano per qualche minuto per il cortile emettendo versi strani, e poi stramazzavano al suolo. Bastava rincorrere quelle in piedi, ed il gioco era fatto: nessuna avrebbe avuto doppia razione, nessuna sarebbe rimasta senza le cure di quell’amorevole mammina.
L’amorevole mamma di Galina quando rincasò vide tutte le galline morte (invero sarebbero sembrate tali a chiunque), e subito si precipitò dentro temendo fosse successo qualcosa anche alla sua piccina: aveva sentito che i lupi talvolta si arrischiano a penetrare in casa. Quando la vide in perfetta salute si rese conto che non aveva visto nessuna delle bestie ferite, quindi non si sorprese molto del racconto di mia nonna: Galina era una bambina molto robusta per la sua età - e per forza, rubava con stratagemmi perfino il cibo dal piatto di Irina, sua sorella maggiore - e poteva davvero aver combinato quell’ecatombe tutta da sola. Le galline si riebbero presto, quasi tutte. Quelle due che morirono avevano una carne più saporita del solito, notò l’ignaro mio bisnonno già dopo il primo boccone.
Se però a Galina non difettava la furbizia, questa era di un tipo così elementare ed ingenuo che non le impediva di combinare solenni fesserie. Era furba come Stanlio e Ollio, per intenderci, non scaltra come Irina. Che aveva due occhietti a punta ed un’intelligenza operativa che ne facevano la preferita di mammà, tanto era più funzionale all’economia domestica. Non che Galina non fosse intelligente: anzi, lo era abbastanza da soffrire per questa preferenza materna. E Irina di qua, e Irina di là, Irina sì che posso mandarla a far spese, Irina non si fa fregare dai mercanti, Irina sta con gli occhi aperti e così trova sempre qualcosa da portare a casa.... Uffa. Sono cose che anche se non ci badi troppo ti lavorano dentro, ti lavorano.
Così un giorno che Irina era andata in paese col padre, fu a Galina che la madre consegnò un fazzoletto nuovo annodato agli angoli in modo da contenere i soldi sufficienti a comprare giù all’angolo non so bene cosa, ma doveva essere necessario, e urgentemente. Altrimenti la scelta di Galina per quel compito sarebbe stata perlomeno temeraria. Tant’è, tutto sommato era un servizio facile facile, e il bottegaio l’avrebbe aiutata orientandosi con le abitudini storiche della sua annosa cliente, e poi insomma era quasi sotto casa, roba da cinque minuti. A proposito, com’è che ancora non torna? avrà trovato fila?
Era successo invece che girato l’angolo Galina aveva visto qualcosa, qualcosa che non solo ne aveva attirato l’attenzione, ma addirittura l’aveva emozionata. Un soldo. Obiettivamente vecchio, arrugginito, e di scarso valore nominale. Ma a Galina parve un tesoro. Un tesoro abbandonato misteriosamente su di un masso bianco a margine della strada. Realizzò immediatamente che era giunta l’ora della sua riscossa, e si sedette sulla stessa pietra dove aveva raccattato il soldo, a rimirarselo rigirandolo tra le mani. Mentre se lo passava tra una mano e l’altra cominciò a fantasticare, e sognò di quando sarebbe tornata a casa, trionfante col suo tesoro in mano. Non era più solo Irina a contribuire al bilancio familiare, anche lei ora aveva trovato qualcosa, era stata attenta, se l’era meritata quella fortuna, non era lo storione addormentato che tutti dicevano, era furba, lei. E tutti a scusarsi, soprattutto la madre, e a tributarle i doverosi omaggi. A proposito, era proprio tempo di rincasare, anzi era proprio tardi, meglio fare in fretta.
Mamma, guarda che ho trovato! Bravissima, Galina, ma dov’è la spesa? Come, “la spesa”?  Ho capito, ti sei scordata per precipitarti indietro con quel soldo...Ma..., un momento: non sei mica tornata subito! E i soldi? Come “quali soldi?”, il fazzoletto coi soldi!
L’aveva lasciato sulla pietra, sul ciglio della strada, bello nuovo, annodato con le cocche bianche bene in vista. Inutile dire che, nonostante si fossero precipitate giù in strada, non c’era più. E, in effetti, era più probabile che ne trovassero altri due, di fazzoletti pieni di soldi, piuttosto che quello stesso in quel posto. Quella volta Galina la rimediò, una giusta bastonatura. L’unica della sua vita, almeno in senso fisico.
Quando sposò Yuri il duro lei era ancora poco più che una bambina, tutta tonda come una matrioska, eppure in quelle vecchie foto era quasi uguale a come me la ricordo io l’ultima volta che l’ho vista (ed ero piccola!), i suoi capelli grigi erano tirati indietro come le vecchine di tutto il mondo, ma in lei l’aspetto tondo dell’acconciatura si aggiungeva al tondo della testa ed al tondo del corpo.
Solo gli occhi erano ormai due fessure, due sottili interstizi con cui entravano in comunicazione due universi: il nostro così brutto ed il suo così puro da deformare persino la sua percezione del mondo esterno. Cioè, era talmente buona, ma intrinsecamente buona, da non riuscire neanche a comprendere la cattiveria altrui. Tu la guardavi negli occhi, e capivi tutto: non solo quanto era buona lei, intendo. Capivi la vita in generale, cosa contava cioè nella tua, di vita; capivi cos’era l’amore, quello vero, cos’era l’eternità, l’energia del bene, e non sapevi di averlo capito. Quegli occhi socchiusi non riesco davvero ad immaginarmeli chiusi per sempre. Forse per questo sono voluta tornare qui prima di partire per il programma Exodus. A guardare dove lei guardava, con quegli occhi che, in me, non si chiuderanno mai.

martedì 10 ottobre 2017

TUTTA UN'ALTRA STORIA

Sicuramente l'ho già detto, che amo la musica dal vivo e quindi spesso mi trovo a frequentare quei locali, tanti a Roma per fortuna, dove si susseguono giorno dopo giorno cover e tribute band di artisti famosi, che ne propongono il miglior repertorio, rispettivamente riproducendolo nel modo più fedele possibile o dando la loro interpretazione a mo' di omaggio. Sempre più spesso, purtroppo, si tratta di cantanti deceduti o di band sciolte, e in tal caso l'ascolto degli emuli è l'unico live possibile, ma anche quando si tratta di nomi ancora in attività capita sovente di sentire l'anima dell'artista più nella sudata e affettuosa esecuzione di quattro o cinque ragazzi (sono tali anche quelli di sessant'anni, su quel palco, guardare per credere) che nella stanca pantomima con cui certi ricchi signori ripetono se stessi negli ormai ingiustificati dischi o nei carissimi concerti.
Della parabola artistica di Pino Daniele ho scritto a suo tempo nel coccodrillo, così sbilanciata che le cose degli ultimi trent'anni, che magari sentite da chiunque altro uno avrebbe trovato di interesse assoluto, letteralmente spariscono a confronto dei primi dieci scarsi, costellati di capolavori dall'impatto incommensurabile nella storia della musica italiana. I ragazzi sentiti ieri, Tutta n'ata storia si fanno chiamare, lo sanno talmente bene che se non sbaglio di successivo all'85 hanno proposto solo Quando, imprescindibile pezzo scritto con e per Massimo Troisi nel 91. Sono, come ripeto spesso capita, tutti musicisti molto bravi, ma anche, come capita meno spesso, tutti visibilmente appassionati in modo sincero di quello che fanno (per pochi soldi potete scommetterci, al massimo quelli che bastano per poter continuare), divertendosi come matti e così contagiando l'intero uditorio. Meritano l'augurio più grande, quello di potere continuare a giocare questo gioco finché vorranno. E ogni supporto possibile, compreso il piccolo contributo di un passaparola come questo. Bravi, guagliò, la Musica (musicàa) è con voi, quella che si sente intorno è tutta un'altra roba.

sabato 7 ottobre 2017

E BRAVO CATALANO!

Immagine ricavata dal sito Cognomix
Ci sarebbero molte più ragioni per non dire nulla della questione catalana che non per dire qualcosa. Ma se nasci a Reggio Calabria il termine Catalano ti diventa familiare molto prima di apprendere che il cognome di tanti tuoi conoscenti, magari qualche amico o parente, deriva da una regione della Spagna. In Sicilia la sua diffusione è ancora maggiore, ma è significativa un po' ovunque nel Regno di Napoli, e ovviamente poi anche nel nord-ovest industriale destinazione di fin troppi terroni. In Sardegna invece no, e stranamente, se pensiamo che la lingua sarda in genere ha molte assonanze con quella catalana, e che addirittura in certe zone vi si parla un dialetto da essa direttamente discendente. Per non parlare di un tipo di cicoria che a Roma chiamiamo "puntarelle", ma in molte altre regioni chiamano proprio "catalogna" (Elio e le storie tese l'hanno pure cantata), e magari non è un caso.
Insomma, se intendiamo guardare la Storia delle Nazioni preferendo alla lente deformante di un Ente transeunte come lo Stato quella ben più illuminante delle regioni linguistiche e culturali, che lo hanno preceduto e gli sopravviveranno, allora la Catalogna deve interessarci in quanto italiani, oltre che in quanto mediterranei.
Non avendo però le risposte, mi limiterò ad elencare una serie di questioni, che magari aiuteranno ciascuno di noi a farsi un'idea, se non precisa certo migliore di quella che come prassi consolidata cercano di passarci i mass-media, o perlomeno a farsi domande:
  • qual'è il problema della Spagna, e in genere dell'Europa mediterranea, oggi? vi risulta che gli indipendentisti catalani siano anche sovranisti, intendano cioè separare il proprio destino dalla madrepatria per poter battere moneta propria e non dover più rispettare le assurde regole dell'UE? Pare proprio di no. E allora? Forse pensano di poter spuntare condizioni migliori nel rapporto colla tirannia di Bruxelles rispetto alla Spagna unita (ammesso che esista un modo pacifico di "separare i conti"), o ha ragione invece chi sospetta che a tirare le fila ci sia proprio il progetto di Europa federale delle regioni che intende proprio dissolvere gli Stati sovrani (e che era nei sogni della prima Lega nord)?
  • a proposito di Lega, capire quanto sia arbitrario il parallelo, stanti le notevoli differenze tra i due indipendentismi italiano e spagnolo, aiuta o viceversa complica le cose? insomma, se gli indipendentisti catalani sono europeisti, liberisti, aperti con gli immigrati, in una parola centrosinistri, che cacchio esulta Salvini?
  • oppure è Rahoy il centrodestro allineato con l'oligarchia di banchieri che governa l'Europa? Ma come fa a non capire che, pur avendo la sua Costituzione dalla sua parte, non può, specie nella civiltà degli smartphone, rispondere "militarmente", a una istanza popolare che per quanto eversiva possa essere considerata si sta svolgendo con modalità estremamente pacifiche, senza passare dalla parte del torto e causare una escalation di conflitto? E' cretino, o fa solo la sua parte nella creazione del caos che fa tanto comodo ai potenti?
  • pensiamoci un attimo: il 90 per cento di meno del 50 per cento fa circa il 40 per cento. Non è irragionevole dedurre che senza l'attacco del governo centrale, il referendum svolto in condizioni pacifiche sarebbe stato probabilmente un fiasco. Invece, è patetico rimarcare oggi il mancato raggiungimento del quorum (che non c'era, ma diciamo che si intende la maggioranza degli aventi diritto), perché è facilissimo obiettare che le condizioni per andare a votare erano rese difficilissime proprio da Madrid.
Insomma, stabilire chi abbia la democrazia e la legalità dalla propria parte è piuttosto difficile. Sarebbe almeno apprezzabile, allora, un pochino di coerenza. Se si sostiene che un governo ha il diritto/dovere di difendere con ogni mezzo l'unità nazionale, allora bisogna chiedere solennemente scusa almeno ai serbi, non essendoci più una Jugoslavia da resuscitare. Se invece si sostiene che il popolo abbia sempre comunque il diritto di fare di se quello che democraticamente decide, poi bisognerebbe vergognarsi di avere stigmatizzato la brexit o la secessione della Crimea filorussa dall'Ucraina fascistoide che all'Occidente ha fatto comodo cavalcare. E oggi si dovrebbe riconoscere la Catalogna il giorno stesso che proclamasse la propria indipendenza, e iniziare a bombardare Madrid se non gliela concede, come si fece per 78 giorni con Belgrado per il Kosovo, governo D'Alema.
Ma se una cosa è certa, è che dovremmo essere grati al popolo catalano (e glielo facciamo dire da un Renzo Arbore d'annata) di averci messo in mano questo pezzo di specchio, a guardare bene in faccia tutte le contraddizioni nostre e di questa Europa che affonda, senza nemmeno che sia ancora bene chiaro a tutti che l'unica salvezza (non sicura, d'accordo, ma almeno possibile) è nell'abbandonare la nave.

mercoledì 4 ottobre 2017

MOLTI MITI MODERNI

Questo brano (i miei testi di canzone sono depositati in SIAE tra gli inediti: a chi ne piacesse qualcuno, basta contattarmi, non è questione di soldi) si presta a un continuo aggiornamento. La musica che avevo in testa ai tempi era una specie di rap melodico su base funky (ogni tanto ne faceva Raf, per capirci), e l'ultimo ritornello è ad libitum con la doppia voce, ma come ho già detto mi va bene quella che gli viene a chi adottasse il testo.
MOLTI MITI MODERNI
Molti miti moderni se ne vanno via
presi stretti tra la strada del mare e quella di casa mia,
molti miti moderni se ne vanno via,
non c’è più niente da fare, non si può farne una malattia.
All’inizio del terzo millennio, si può dire cosa c’è?
Il lavoro è sparito da un pezzo, la democrazia cos’è?
La vita scala le forme della sostanza e non si fa il bidet,
e non è vero che sei il migliore, che non c’è nessuno come te.
Vorrei poter riemergere dalla fantastica apnea
che mi ha portato fin su in Germania, fino giù in Nuova Guinea,
ma la scatola temporale che si è aperta e non si chiude più
mi ha mandato giù di morale e mi ha spento l’abat-jour.
E alla fine della fiera l’era del look chiuderà i battenti
e noi campioni della sostanza vi rimostreremo i denti
e canteremo le canzoni con più musica e più testi,
vi faremo battere le mani e faremo guadagni onesti,
non useremo le bombolette ma non salveremo le balene
e non faremo le cavie a pezzi, non ci venderemo i reni,
e niente più centrali nucleari, niente più petrolio:
useremo la macchina ad idrogeno, e voleremo grazie all'elio.
Molti miti moderni se ne vanno via
presi stretti tra la strada del mare e quella di casa mia,
molti miti moderni se ne vanno via,
non c’è più niente da fare, non si può farne una malattia.
E il footing, il network, il leasing, il lifting,
lo share, lo squat, il crack, i BOT,
le telenovelas, i satelliti, il calcio mundial,
l’economia senza frontiere, l’alta finanza, le guerre stellari,
le barzellette di Berlusconi, le porcate di Calderoli,
tutti i film con gli effetti speciali, la catastrofe nucleare,
le elezioni dell’imperatore, le riforme istituzionali,
e tutti quanti odiano la guerra, tutti quanti siamo uguali.
molti miti moderni se ne vanno via
molti miti moderni se ne vanno via
molti miti moderni se ne vanno via
molti miti moderni se ne vanno via
molti miti moderni se ne vanno via
molti miti moderni se ne vanno via
molti miti moderni se ne vanno via
molti miti moderni se ne vanno via

Ma ora che siamo nel terzo millennio la risposta no, non c’è.
I detersivi senza fosfati? Il tramonto del pied-à-terre?
Voglio vivere una notte sola, ma con Lady Gaga e Skin!
La mia forza è solo la parola, il mio muscolo quello li.
Per rilanciare la canzone d’autore c’è chi ricorre ad un nuovo funky.
Come vorrei esserci io, ad imparare, ancora dietro i banchi!
Con Internet sul telecomando avremo una nuova falsa sovranità,
e dopo tutto quanto questo nulla ci resterà.
molti miti moderni se ne vanno via
dallo studio dell’avvocato, dalla drogheria,
molti miti moderni se ne vanno via
dalla spider del laureato, dalla nostalgia,
molti miti moderni se ne vanno via
dal telequiz falsificato, dalla superveloce ferrovia,
molti miti moderni se ne vanno via
c’è stato forse chi si è salvato, con la fantasia…
molti miti moderni se ne vanno via
molti miti moderni se ne vanno via
molti miti moderni se ne vanno via
molti miti moderni se ne vanno via....

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