mercoledì 27 gennaio 2016

FUTURO INTERIORE

Trent'anni fa, con un passato davanti e un futuro dietro
Un mio vecchio e caro amico è convinto da sempre che un uomo debba costruirsi il proprio sistema di valori, col contributo essenziale anche se non esclusivo di quelli che ha ricevuto in eredità dalla famiglia e dal posto in cui gli è toccato nascere, e poi debba subordinare ogni altra cosa al rispetto di quei valori, a cominciare dall'utile immediato anche proprio. La sua biografia testimonia l'aderenza a questa convinzione, e dà al fatto di avere la sua amicizia e la sua stima un valore aggiunto piuttosto rilevante.
A valle di ciò, egli ha dell'attuale crisi una lettura a suo modo elegante e coerente: il mondo non può reggere il modello di sviluppo che infatti sta collassando, e se il modello che lo sta soppiantando prevede che tutti gli esseri umani "normali" (esclusi cioè i pochi padroni del vapore e in misura minore i loro scherani) debbano avere gli stessi scarsissimi mezzi a disposizione per vivere, intanto in fondo è una cosa giusta (il contrario essendo iniquo) e poi alla fin fine è un bene.
Egli infatti rammenta benissimo, come d'altronde capita a me e a quasi tutti quelli che hanno superato i cinquanta, di quanto era inferiore il nostro tenore di vita, o forse meglio il complesso di beni di consumo e desideri, rispetto a quello degli adolescenti di oggi (ma già dei nostri fratelli minori teenager negli anni 80) e come ciò non ci ha impedito di essere a suo tempo felici e insieme capaci di apprezzare le cose come invece i ragazzi dai nostri fratellini in poi non lo sono stati più. Per cui ritiene che tutto sommato non sia proprio del tutto un male, per loro e per il mondo, che i nostri figli debbano imparare a vivere "con meno".
Mentre parla, penso che è difficile dargli torto. Ma mentre con cervello bocca e cuore gli do ragione, dentro di me qualcosa suona dissonante rispetto a questo concerto di consenso, qualcosa che non riesco subito a identificare. Da impasse così se ne esce solo, e forse, scrivendone, ed eccomi qui che mentre lo faccio riesco a mettere a fuoco questi campanelli stonati, e sono un fattore relativo e uno assoluto.
Il primo. Il presente di un quindicenne di oggi forse sarà ancora, e forse ancora con margine sufficiente a far si che lo resti ancora per un po', oggettivamente molto migliore di quello di un quindicenne di quarant'anni fa, tanto che quest'ultimo portato con la DeLorean nel 2016 crederebbe di essere arrivato nel Paese di Bengodi, e viceversa il primo nel 1976 impazzirebbe anche solo per essere offline, per non parlare degli abiti. Ma la macchina del tempo non esiste, e la bestia sociale uomo è felice o meno in rapporto al suo branco di riferimento, in ogni tempo: quindi il confronto tra "presenti", ammesso che ci desse perdenti, non ha senso. La spiegazione è altrove: è che noi, rispetto ai ragazzi di oggi, avevamo una cosa nettamente e oggettivamente migliore. Il futuro. Che non è ciò che poi si è realizzato o si realizzerà, è ciò che noi credevamo si sarebbe realizzato, ciò che potevamo sognare e magari tentare di costruire. E' qui, a futuro interiore, che i nostri discendenti stanno messi davvero male.
Il secondo. Quando tu hai poco ma sai che se imbocchi un certo percorso avrai di più, ciò costituisce per te un forte incentivo per imboccarlo. Quando tu hai lo stesso "poco", ma direi anche oggettivamente di più, e però invece sai che non esiste un percorso in grado di farti crescere, sei viceversa spinto all'inerzia. Figurarsi se poi questa inerzia viene incentivata per comodità, usando i media e la tecnologia, da chi ha interesse a farti pecora. Il punto è, però, che scendendo sotto un certo livello il benessere materiale intacca oggettivamente quello spirituale. In altri termini, non è che se si decresce fino a dare ai ragazzi di oggi niente di più di quello che avevamo noi, loro oggi diventano come noi allora. No, perché bisognerebbe dargli anche le nostre speranze, e questo è impossibile. Senza di quelle, la povertà relativa o assoluta che sia ti toglie ogni spinta a crearti o mantenere un sistema di valori purchessia. O, peggio, ti spinge ad adottare quello del primo che ti dà una qualunque prospettiva: ci siamo già passati, in Europa, ed è in questo humus che attecchisce ogni fondamentalismo.
Quindi, amico mio, il tuo è romanticismo, purtroppo. La decrescita economica per i ragazzi di oggi non comporterà un recupero sul piano dei valori, semmai esattamente il contrario: se tutti alla fine dovranno campare con un reddito da cinesi quando va bene sennò africani, lavorando come schiavi, tutti faranno a meno di leggere, lottare per i propri diritti, rispettare quelli altrui. Lo spirito si può elevare solo quando si è liberi dal bisogno. E se il 99% della popolazione è portato e tenuto al limite della sussistenza, non stupiamoci se in questo bacino predomineranno l'ignoranza, il razzismo, l'oscurantismo religioso, eccetera. E immaginare che tutto ciò sia frutto di una strategia ben precisa (o almeno di tendenze sistemiche del capitalismo che il socialismo si era assunto il compito storico di contrastare e ora infatti agiscono incontrastate), non è dietrologia o complottismo, è solo deduzione logica: la democrazia, la coscienza dei propri diritti, la consapevolezza culturale, eccetera, sarebbero (state) un ostacolo, meglio che i nuovi poveri abbiano sempre l'ultimo smartphone anziché questo patrimonio valoriale capace di elevare potenzialmente ciascuno di loro.
Se quindi la decrescita è un destino ineluttabile, è compito nostro, dell'ultima generazione cresciuta con aspettative crescenti, fare tutto il possibile perché essa non implichi la barbarie. Barbaro, non dimentichiamolo, etimologicamente sta per balbuziente: è così che gli antichi greci indicavano chi venendo da fuori non era in grado di parlare fluentemente la loro lingua. Per cui nostro compito è parlare ai nostri figli, e insegnargli a parlare, quella lingua il cui alfabeto è diritti (alla salute, all'istruzione, al lavoro, alla pensione, alla casa, eccetera), cultura, tolleranza, e soprattutto condizioni economiche minime perché tutto ciò possa sussistere. Solo se l'Europa, e se questa rinuncia (come con l'Euro di fatto è avvenuto) almeno l'Italia, tiene viva questa lingua, essa si continuerà a parlare nel mondo che verrà.

venerdì 22 gennaio 2016

ANDIAMO AL DOPOSCOLA

Lo scorso post non è stato tra i più cliccati ma tra quelli più commentati su facebook si: se non è la popolarità ecumenica di Zalone che è contagiosa, è l'interesse del tema "posto fisso o Dio Mercato" con la sua costola "pubblico o privato"...
Ma siccome questo blog con i followers è come la volpe con l'uva, non insisto nella strategia, e a pretesto per continuare a discutere del tema uso un cinematografaro di livello ben maggiore (e capacità di richiamo ben minore, anche se ai suoi tempi gli incassi li faceva pure lui, non i record ma insomma...): è il maestro Ettore Scola, che ha completato quell'ultimo giro di giostra su cui prima o poi tocca a tutti salire...
Scola mi serve perché è un ottimo esempio di quella stagione del cinema italiano in cui era frequente imbattersi in prodotti estremamente divertenti senza smettere di essere estremamente intelligenti, e comunque non portatori della narrazione "ufficiale" della realtà (chissà, forse perché non ce n'era una sola, o forse perché il pensiero autonomo era ancora sport di massa non di élite come è da qualche tempo).
Morto lui, ultimo di una generazione, non può non assalire la consapevolezza che tra qualche giro toccherà alla nostra infornata salutare a uno a uno, chi non prende qualche scorciatoia s'intende, e quindi l'urgenza di lasciare qualche messaggio alle successive (pur in coscienza del fatto che resterà come sempre sostanzialmente inascoltato). Per cui ragazzi, sappiate che:
  1. è possibile, perché è potuto essere (perché dopo un grande disastro non hanno la forza di negarlo), che una società sia improntata, pur con tutte le contraddizioni del caso (connesse, e come potrebbe essere diversamente, alla natura umana in genere e del vostro popolo in particolare), a che tutti abbiano un certo minimo (di che vivere e di diritti);
  2. non è una legge della natura che la ricchezza si debba necessariamente concentrare sempre di più in sempre meno mani, o se lo è non è ineluttabile e può essere contrastata almeno fino a contemperarla al punto 1;
  3. la crisi attuale, che vi porta ad accettare quando va bene lavori squalificanti e sottopagati, quando va male a campare di quanto hanno messo da parte i vostri genitori finché potrete, nasce proprio come diretta conseguenza dell'essersi scordati del punto 2, e se voi non ve lo ricordate al più presto e pretendete i rimedi non potrà finire che in un disastro immane;
  4. nel contesto di crisi generale in Italia va peggio non per caso, ma per via di un progetto preciso ben attuato da killer prezzolati di cui l'attuale Presidente del Consiglio non è che l'ultimo della serie e il più efficace in questa fase;
  5. anche se vi dicono il contrario, la terza guerra mondiale è in corso dal 1991, e se continua così la perdiamo, e per giunta giustamente;
  6. l'unica via d'uscita dal punto precedente è uscire dal tunnel del petrolio, cosa che si può fare, e che costi quel che costi si deve fare (anche perché qualunque costo sarebbe sempre inferiore a quello che si pagherà perdendo la guerra di cui al punto 5);
e stasera, anziché la solita serie o il solito talent, cercatevi e guardatevi C'eravamo tanto amati oppure Una giornata particolare, e forse capirete perché dovete sapere tutto ciò, e magari cosa fare.

domenica 17 gennaio 2016

DI COZZALONI E CAZZARI

Attacca un altro po' il posto fisso, e prima o poi nessuno avrà più
un soldo per andare al cinema... Sentiammè, cozzalò, sparagna!
Non sono ancora andato a vedere il nuovo film di Zalone: ho letto troppi elogi e troppe critiche, deve passare un po' di tempo, me ne devo scordare. Certo è che a far ridere troppa gente da un lato si attirano invidie sicure, ma dall'altro un po' di ambiguità te la devi concedere, se non sei Massimo Troisi s'intende. D'altronde, lo stesso Totò, che incassava tantissimo, era disprezzato dalla critica, mentre Alberto Sordi era, talvolta non del tutto a torto, tacciato di non prendere abbastanza le distanze dal prototipo di italiano che rappresentava in satira. Per cui Zalone da un lato è osannato anche da molta critica, forse memore della lezione, dall'altro può rappresentare il cozzalone tamarro e omofobo senza suscitare le alzate di scudi che magari ci si poteva attendere.
Tra le critiche, però, ne ho letta una dal taglio diverso che merita un approfondimento. Il problema di Medici sarebbe proprio che la sua cattiveria in fondo non è che di facciata, tanto quanto quella di Sordi era profonda, e però mentre quest'ultimo nella sua rappresentazione impietosa degli italiani in fondo era indulgente come una madre coi figli discoli, lui nella sua rappresentazione indulgente in fondo li odia. E ad esempio nell'ultimo film sottintende proprio la narrazione imperante secondo cui il posto fisso sarebbe l'origine di ogni problema e invece spending review e annessi sono la soluzione. Insomma, laddove Albertone sembrava un moralista democristo e poi alla fine risultava un feroce dissacratore, Checco dietro la sua apparente satira nasconde una adesione alla lettura ufficiale della realtà, tanto più devastante in quanto fatta in modo scontato e non riconoscibile.
Non è però questo un post di critica cinematografica preventiva: l'aggancio per questa intro mi viene invece da un pezzo serio di una grande firma, non da uno dei soliti siti bolscevichi che bazzico, uno da cui non ti aspetteresti un articolo del genere se non forse rammentandoti di un suo passato vicino ai socialisti, se non sbaglio. Turani vi sostiene, indirettamente e forse anche retoricamente, proprio la superiorità del ceto politico della Prima Repubblica, perché, anche se rubando e assecondando gli istinti peggiori dell'italianità, quelli comunque ci avevano portato dalle rovine e dalla fame ad essere la settima potenza industriale del mondo. Il suo intento retorico è negare i pregi di quella strategia, se non quello di aver lasciato le briglie larghe al Paese, da cui deduce che il guaio di oggi è che siano strette e che oggi non basterebbe allargarle, bisognerebbe anche che la BCE stampasse Euro a profusione e che si completasse il ritiro dello Stato dall'economia riducendo nel contempo significativamente la pressione fiscale. In altre parole, buone premesse per pessime conclusioni. A me pare, invece, dimostrato il contrario: nella Prima Repubblica si era riusciti nel miracolo nonostante la corruzione e il malcostume per due famiglie di ragioni. La prima è che le risorse a disposizioni erano comunque sovrabbondanti, e venivano da fuori: da quegli americani che ci avevano sconfitto ma avevano bisogno di tenerci su per farci adottare il loro modello di sviluppo e impedirci di preferire quello sovietico più di quanto lo facessimo già. La seconda è che si erano orientate queste risorse sovrabbondanti nel circuito virtuoso che aveva salvato il capitalismo dalla sua prima grande crisi, quello che prevedeva l'intervento statale in economia e un minimo di agiatezza per tutti i cittadini, poi tutto ciò che avanzava era per i capaci i furbi e i ladri ma quel minimo doveva esserci.
Se è vero che il tempo è galantuomo, allora, a passare alla Storia come processo criminale dell'Italia dal secondo dopoguerra ad oggi saranno proprio quelle privatizzazioni che ancora oggi, nella narrazione di regime, giunta appunto fino ai film di cassetta, passano per essere invece la cura per il Male Italico detto Statalismo. Quelle privatizzazioni che non hanno ottenuto altro che sottrarre alla ricchezza pubblica patrimoni costruiti grazie alle lotte e al lavoro di generazioni di nostri antenati, per praticamente regalarli a privati con in quasi nessun caso neanche il beneficio indiretto di un qualche miglioramento nei servizi erogati. E forse, allora, non resta che arrendersi all'evidenza che fosse questo e nessun altro il vero obiettivo di chi tira le fila dell'economia dietro al carrozzone europeo, mentre tutti quelli dichiarati e connessi alla moneta unica erano e sono scenari posticci messi su per nascondere la verità sullo sfondo: rubare il tesoro, il castello messo su dagli italiani (grazie anche ai soldi americani ma anche al proprio saper fare) con la funzione di casa comune per i propri figli, che non si ritrovino mai più a rivivere quello che era toccato loro dopo la Guerra. E invece adesso, appunto, al prossimo shock ci accorgeremo, tutti, cosa vuol dire non aver più spina dorsale, sistema nervoso, circolatorio e linfatico, ossa tendini e giunture.
Inutile dire che l'unico schieramento politico che non condivide questa narrazione è il moVimento 5 stelle. Se andasse al governo, vedremmo il varo di un piano capillare di micro opere pubbliche per il risanamento del territorio e il recupero del patrimonio abitativo e culturale, la microproduzione energetica da fonti rinnovabili, la raccolta porta a porta e il riciclo completo dei rifiuti, insomma tutta una serie di iniziative per creare lavoro tramite la sinergia tra investimenti pubblici e piccola impresa così rilanciata, nonché la rinazionalizzazione di una serie di settori strategici tra cui in parte quello bancario, tutte le reti fondamentali (acqua, luce, tlc, strade, ferrovie, sicurezza), e un vero rilancio della scuola pubblica e della sanità, e accanto a ciò il reddito di cittadinanza, che da un lato arriva dove non basta tutto il resto e dall'altro contribuisce a farlo bastare facendo la sua bella parte nel moltiplicatore keynesiano. Il tutto cambiando la sintassi stessa della selezione della classe politica in modo da ridurre a quote fisiologiche la corruzione e il peso della criminalità. Vi piaccia o no i grillini sono i soli veri nemici della mafia, del malaffare e del capitalismo finanziario e selvaggio: ecco perché vedete la canea sguinzagliata per ogni loro minimo errore di strategia o contraddizione interna. Se ci fosse una proporzione, il caso Quarto non poteva superare il trafiletto in pagina interna, invece è stato in copertina/home per giorni e giorni, anche dopo che è stato chiaro che non c'erano reati e le irregolarità erano infinitesimali rispetto a quanto accade di continuo negli altri partiti, e anche quando hanno espulso i colpevoli (che se lo avessero fatto sempre anche gli altri, oggi la stragrande maggioranza dei politici sarebbe a casa, grillini esclusi).
Per questo nel mio piccolo continuerò a rompere i cabbasisi ai miei pochi lettori: per avere la coscienza a posto di aver fatto la mia parte in questa partita decisiva. La cui prossima puntata probabilmente, prima delle politiche, sarà il referendum confermativo contro l'autentico furto di democrazia costituito dalle cosiddette riforme costituzionali, approvate ricordiamo grazie a una maggioranza fittizia ottenuta grazie a una legge elettorale incostituzionale e alla complicità prezzolata dei finti oppositori della sinistra-sinistra. Un obbrobrio del tutto analogo ma molto peggiore sotto tutti i profili di quello che tentò di far passare Berlusconi, che almeno una maggioranza legittima peraltro ce l'aveva, sconfitto al referendum con quasi tutti gli esponenti del PD a fare campagna contro alle stesse cose per cui stavolta la farà a favore. Chissà se Pinocchio stavolta manterrà la parola, e se perde si ritira dalla politica, o fa come ha sempre fatto e come hanno fatto sempre i suoi e se ne scorda...

lunedì 11 gennaio 2016

GOODBYE MISTER LAWRENCE

David Bowie era uno di quegli artisti con una discografia così vasta e varia, per voler restare nella musica altrimenti dovrei dire con un curriculum così lungo e articolato, da rendere impossibile a chiunque di seguirlo in tutto, e da rendere statisticamente impossibile il mantenimento della qualità sui livelli (nel suo caso stratosferici, peraltro) delle tante vette raggiunte. A chiunque, compreso se stesso, che, come si legge virgolettato in fondo a questo articolo (che fa anche toccare con mano il fatto che nonostante il male lo stesse consumando lui non solo realizzasse cose nuove e ne progettasse di altre, ma facesse in modo che se ne parlasse con l'accento di proiezione al futuro che ha caratterizzato tutta la sua carriera), rinnegava il passato e viveva per il futuro.
Chissà quanto della sua regia c'è dietro l'uscita del suo ultimo album il giorno prima della morte, e la scrittura nei mesi precedenti di un pezzo come Lazarus, per cui ha avuto il coraggio di girare un video come questo, da vedere fino all'ultimo fotogramma.



Oggi sul web e nei social trovate la qualunque del Duca bianco, per cui il vostro blogger sente di poter aggiungere qualcosa solo pescando sul personale.
Ho fatto 20 anni nei primissimi anni 80, ero più dell'era Let's dance che di quella Ziggy stardust, ma la mia generazione era divisa tra quelli proiettati nell'edonismo riflussista e quelli come me troppo presto nostalgici dell'era dell'impegno obbligatorio che avevano solo sfiorato. Così, accadde che un titolista che meriterebbe il premio di peggiore della storia del cinema, pur se in un Paese dove è sempre stata una bella lotta a chi traduce peggio, pensò di appioppare a un film rarefatto e poetico (di un regista che era stato capace di trarre da un crudo fatto di cronaca il commovente ed epocale L'impero dei sensi) che narrava di prigionia e amore e valori e morte, dal titolo originale (Merry Christmas Mister Lawrence) facilmente traducibile da un bimbo dell'asilo, il titolo "italiano" Furyo, forse per puntare a riempire le sale di quelli che l'anno prima avevano visto Rambo. Con un certo successo, visto che a me, che ci ero andato avendo letto cos'era e avendo già passato in radio la meravigliosa (e da allora arcinota a chiunque) colonna sonora del coprotagonista Sakamoto, è capitato di vederlo in un cinema pieno di beceri "giovani d'oggi", sempre più delusi del film quale si rivelava essere, quindi sempre più vocianti e caciaroni, e vi lascio immaginare cosa hanno potuto dire e fare quando hanno capito che l'aguzzino si era innamorato del prigioniero...
Che muore sepolto vivo nella sabbia, con una farfalla che si posa sul suo volto come su un fiore, nella scena con cui vi saluto e assieme salutiamo David Robert Jones.

giovedì 7 gennaio 2016

MANCO LA TERZA GUERRA MONDIALE...

Questa volta io scrivo meno del solito, ma voi se volete ascoltare un consiglio leggete molto di più: i post di Carlo Bertani sono molto più radi di qualche tempo fa, ma a volte più lunghi.
Più volte mi è capitato in passato di scoprire che negli stessi giorni a me e lui giravano in testa le stesse cose, e talvolta lui le ha scritte talmente meglio di me che ho dovuto segnalarvelo. Il suo post di oggi, se avete apprezzato il mio precedente, dovete proprio leggervelo tutto: vi si spiega, con una visione molto più d'assieme rispetto ad altri contributi che girano in rete, il perché e il percome questa non è una crisi passeggera. E quindi chi vi dice il contrario, annunciandovi ad ogni piè sospinto che la ripresa è alle porte, è un farabutto che vi mente spudoratamente.
Non voglio sottoscriverne la profezia, peraltro moderata da un range volutamente spropositato (da 2 a 200 anni...), che il capitalismo è finito, perché ogni volta che la si è espressa è miseramente fallita. Ma che uscire dalla spirale del capitalismo finanziario per rientrare nel capitalismo industriale tramite una guerra e la conseguente ricostruzione questa volta per ragioni tecnologiche non è possibile, è cosa pacifica. In altre parole, il capitalismo non può assicurare un futuro al mondo: l'attuale estrema finanziarizzazione non potrà avere, come altre in passato, una via d'uscita in una guerra mondiale che riporti l'ago sull'industrializzazione, perché una guerra mondiale oggi - e la Corea ce lo ricorda, grazie - sarebbe nucleare. Dunque, morto il comunismo per sputtanamento, occorre immaginare qualcos'altro, prima che l'estremisimo islamico vinca (già, già, deve il suo successo proprio all'essere adatto ai tempi, altro che chiacchiere) per mancanza di concorrenti...
E anche se Bertani non sposa il progetto grillino in toto, come faccio io convinto che questa in ogni caso e comunque vada a finire è un'occasione di cambiamento valoriale che l'Italia non può perdere, la sua spiegazione dell'estrema razionalità del Reddito di cittadinanza, nonché della sua relativamente semplice fattibilità, supera tutte quelle che avevo visto finora comprese le mie.
Per cui buona lettura, che le feste sono finite e c'è da lavorare: c'è da immaginare un altrove...

lunedì 4 gennaio 2016

SE UNA MATTINA IO...

Questa è una semplificazione, al solo scopo di facilitare la comprensione del paradigma, NON un'ipotesi concreta magari frutto di polluzioni notturne. Facciamo che io (o uno chiunque di voi che sia ancora più fess..., pardon più onesto di me) mi sia svegliato il 1° gennaio 2016 con i poteri di un dittatore della Repubblica Romana (che erano assoluti ma temporanei, ricordo) e il mandato di risolvere la crisi economica. Ebbene, non ci crederete, ma sarebbe un piano semplicissimo, a patto appunto di avere il potere di imporne l'applicazione coerente di tutte le sue parti:
  1. denuncia dei trattati europei per la parte che non consentono a ogni Stato membro di decidere autonomamente la propria politica monetaria, il che significa che o mi stampano o mi consentono di stampare tutti gli euro che mi servono per il mio piano, o mi consentono di stamparmi una moneta parallela a solo corso interno, o faccio uscire il mio paese dall'area Euro, e se fatto questo crolla il resto della costruzione europea (ma non credo affatto) pazienza;
  2. mega piano di spesa pubblica a deficit contenente esclusivamente (esclusivamente, cioè annullando invece ogni grande opera o evento in fieri e futuro) interventi di medio/piccolo importo unitario, ad alto impatto sul fattore lavoro, come per il recupero del territorio con un occhio particolare alla prevenzione delle conseguenze nefaste degli accidenti climatici, il recupero edilizio di tutti i centri storici con riqualificazione energetica delle abitazioni, la riqualificazione di tutta l'edilizia scolastica pubblica, la valorizzazione dell'immenso patrimonio artistico e culturale, eccetera;
  3. ripubblicizzazione di tutti i servizi essenziali, con mega piano di assunzioni per garantirne lo svolgimento al di fuori della convenienza economica: sanità, ferrovie e trasporto pubblico in genere, strade, comunicazioni, energia, acqua, sono per uno Stato quello che sistema circolatorio, linfatico, osseo, tendineo/muscolare e neurologico sono per un essere umano, vitali: al libero mercato restino i vestiti, i trucchi e i profumi;
  4. incentivazione con ogni mezzo della microproduzione energetica da fonti rinnovabili, compresa la totale liberalizzazione della produzione e della vendita dell'eccedenza;
  5. ri-separazione del sistema bancario di risparmio da quello di investimento, con compiti rigidamente separati in modo immediatamente riconoscibile;
  6. riforma radicale del sistema fiscale con potenziamento e implementazione costante degli Studi di settore funzionale alla quasi-generalizzazione della forfettizzazione, di modo che quasi tutti i contribuenti (escluse solo le società medie e grandi tenute a un bilancio) sappiano prima quanto devono versare tale anno per svolgere tale attività, e che questo si fermi tutto compreso al 20-25 per cento del reddito stimato (se poi guadagni di più te li tieni, se di meno o dimostri che tipo di disastro ti ha colpito o "ti attacchi", e l'anno prossimo se non cambiano le stime - ma cambieranno se è giusto così e funziona l'implementazione costante - cambi attività);
  7. potenziamento dell'amministrazione della Giustizia e sua definitiva sottrazione all'influenza della politica, invertendo il processo messo in atto negli ultimi 30 anni, di modo da poter avere un Organo che sorvegli sulla corretta applicazione di tutto il meccanismo.
E' solo se poi alla fine quel 20-25% EFFETTIVO viene recuperato all'erario, infatti, che ogni spesa pubblica a deficit si risolve poi di fatto in un pareggio di bilancio: per ogni mille euro di spesa si originano alla fine del giro cinquemila euro di reddito quindi mille euro di entrate di fiscali. E' esattamente questa la funzione precipua del sistema fiscale in democrazia, NON la favola che vi raccontano del reperimento preventivo delle risorse da destinare poi alla spesa pubblica, ma la condicio sine qua non è impossibile spendere a deficit senza creare spirali di debito. E quindi la ragione per cui questa spirale si è creata (e con un buon esame di coscienza, nessuno può escludere la propria quota di responsabilità): perché tra micro e macro evasione, fuga di capitali, mafia, sommerso, tangenti, eccetera, hai voglia di aumentare le aliquote, inventare nuove tasse, ingegnarsi sui controlli fiscali e aumentare la pressione, il prelievo medio effettivo resta sotto quella quota e la spirale del debito decolla. E a nulla vale, infatti a nulla è valso, affidarsi mani e piedi a istituzioni monetarie restrittive ed eterodirette che impongono soglie di deficit e debito e poi lasciano alla politica il compito di trovare il modo di rispettare quelle soglie, perché più è corrotta la classe politica più lascerà indisturbate le cause della spirale e si avventerà sui rimedi ex-post che ben conoscete, i quali però non fanno che aggravare la crisi e quindi anche, per calo di domanda interna, anche la spirale stessa.
Ecco perché, al contrario di quello che vi dicono (che la prima è neutra, e la seconda è prepolitica), la moneta e la corruzione sono questioni eminentemente politiche, anzi sono LE questioni politiche su cui si gioca la partita oggi, ed è solo perché è l'unico partito ad avere una posizione coerente su entrambe le questioni (e fino a che ce l'avrà) che bisogna affidarsi al moVimento 5 stelle.
In altre parole, tutti i Paesi dell'Europa occidentale hanno beneficiato del welfare-State nel secondo dopoguerra, se fosse vero che è la sua insostenibilità in assoluto come modello di sviluppo la causa di tutti i mali, non si spiegherebbero le peculiarità dei problemi dell'Italia. Che è quasi ininterrottamente dal 1993 in avanzo primario (anno per anno, le entrate superano le spese, escluse quelle per interessi sul debito pregresso) senza che con ciò il problema del suo debito si sia risolto, anzi. All'Italia non serve una tutela straniera, che poi si è visto essere essenzialmente tedesca e quindi ovviamente peraltro negli interessi tedeschi. Serve che risolviamo i nostri problemi da noi. Serve un governo che combatta la corruzione senza quartiere, riducendola in meno di una generazione alla misura endemica tipica di tutte le altre democrazie, e assieme inverta il verso della redistribuzione del reddito, con qualsiasi mezzo rinuncia all'Euro compresa. Sinistra, destra, sopra o sotto, non importa: o un governo così o è la fine. Prima lo capite tutti meglio è, se non è già troppo tardi.
P.S. Tornando al giochino iniziale, forse è inutile ribadire che nel mio caso si trattava soltanto di un banale espediente retorico. Ma sicuramente è utile rileggersi (ad esempio qui) il significato pieno del termine "dittatura", guardarsi attorno, capire che la dittatura è qui e ora, e decidere se arruolarsi tra i collaborazionisti o nella resistenza, o restare ad affollare le fila degli ignavi.

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