venerdì 27 febbraio 2009

VULESSE ADDIVENTARE NU BRIGANTE

La didattica dovrebbe tener conto, e lo fa troppo poco spesso, dei meccanismi dell'attenzione delle menti adolescenziali: dei cinque anni di liceo spesso si ricordano, e risultano decisivi per la nostra formazione adulta, più dei flash folgoranti che delle dotte spiegazioni documentate. Cinque minuti possono valere più di ore, se un professore di Storia e filosofia si mette davanti alla lavagna a mimare Mussolini quando si preparava la gestualità da esibire in piazza prima dell'entrata in guerra (spezzeremo le reni alla Grecia!) o ti racconta l'unità d'Italia così: Garibaldi partì da Quarto con mille smorbillati, conquistò tutto il Sud, poi il Re gli disse "dammelo subito!", lui rispose "obbedisco!", e ci ha rovinati! Diventi antifascista e meridionalista senza accorgertene, perchè non c'è niente di così potente che esporre la parte ridicola delle cose. E il fascismo ieri come il berlusconismo oggi, come la cialtroneria dei Savoia o delle nostre campagne di guerra (rivedere Totò ne I due colonnelli, please), hanno molto di ridicolo impastato nella loro sostanza tragica.
Non so per quali percorsi sia giunta al suo fervente meridionalismo Antonella Grippo, ma se la si vede parlare, carina minuta e con gli occhi puntuti e accesi, si capisce istantaneamente quanta passione c'è dietro il lavoro di meticolosa ricerca che l'ha portata a pubblicare Uno Dio e uno Re, il brigantaggio come guerra nazionale e religiosa. Se poi alla presentazione del libro ci sono i suoi studenti (lei è insegnante di liceo, ecco il perchè dell'incipit scolastico, dannati corticircuiti mentali!), e un amico chitarrista, Sergio Coldagelli, che suona e canta le canzoni dei briganti messe in musica da Eugenio Bennato (già nel 1979, ecco il testo di Vulesse addeventare nu brigante), l'atmosfera si fa convincente e il libro te lo compri.
Fatelo anche voi, si vende anche on-line: è capendo il passato che si comprende il presente e si può far qualcosa per il futuro. L'Italia nasce con un peccato originale, e non si è mai battezzata. Il federalismo leghista vorrebbe direttamente cresimarla, ma come confermeranno gli esperti in sacramenti, non si può. E se si fa, non vale.

mercoledì 25 febbraio 2009

NO NUKE

Adesso è chiaro a cosa serviva la messa in scena sui rifiuti in Campania, un'emergenza creata apposta e nascosta più che risolta: ad introdurre una norma che autorizzasse a presidiare manu militari insediamenti strategici come le discariche per evitare che la protesta popolare ne blocchi l'utilizzo o addirittura la costruzione. Come le discariche, o come le centrali nucleari.
La notizia, come al solito riportata acriticamente da tutto il sistema mediatico di regime, è che finalmente l'Italia torna al nucleare, con quattro centrali di terza generazione, quindi sicure, la cui tecnologia ci viene fornita gentilmente dagli amici francesi grazie ai buoni rapporti tra Berlusconi e Sarkozy (hanno pure entrambi lasciato la prima moglie per una più bella e giovane proveniente dal jetset), che saranno pronte nel 2020 e soddisferanno il 25% del bilancio energetico italiano, strozzato dalla retrograda decisione di bloccare il nucleare sancita dai comunisti negli anni 80.
Sono ovviamente, e nessun cosiddetto giornalista l'ha non dico rilevato, ma nemmeno per dire velatamente adombrato, o che so ha posto qualche domanda scomoda e documentata non dico a Sua Maestà ma almeno allo Scajola di turno, tutte palle colossali:
  • il nucleare è la fonte di energia più costosa di tutte, e viene presentato come economico solo perchè non vengono contati tra i costi lo smaltimento delle scorie e quello degli impianti da dismettere, volendo escludere per scaramanzia il costo di risoluzione dei possibili incidenti;
  • la Francia è l'unico paese dell'occidente avanzato ad avere puntato decisamente sul nucleare negli ultimi decenni, perchè gli serviva per alimentare la sua force-de-frappe e quindi scaricando parte dei costi sul bilancio militare, altrimenti non sarebbe stato conveniente nemmeno lì;
  • i francesi stanno passando ai reattori di quarta generazione, e ci vendono la tecnologia di quelli di terza, oramai indietro per standard di sicurezza, come la Fiat vendeva ai sovietici le linee di produzione della 600 o della 124 che diventavano Zastava a Togliattigrad;
  • praticamente nessuna opera pubblica di una certa entità in Italia è stata completata negli ultimi 50 anni rispettando i costi e i tempi: nel 2020 non avremo nessuna centrale funzionante, e quando ci diranno chiaramente quanto costeranno in totale le 4 previste, se vogliamo avere un'idea di quanto costeranno davvero, moltiplichiamo quanto diranno per 10 o peggio, come per la A3 o la TAV;
  • per soddisfare il 25% del fabbisogno energetico italiano ci vogliono 15 o 20 centrali e non 4, viceversa lo stesso obbiettivo e forse superiore può essere raggiunto, e non in 20 anni ma in 3 o 4, liberalizzando e incentivando da domani la microproduzione (pannelli fotovoltaici e termici in tutte le case di nuova costruzione, un'elica per condominio o per villetta), con la sola controindicazione da non richiedere massicci investimenti pubblici e non creare possibili sfridi per tangenti;
  • il no al nucleare fu sancito a metà anni 80, in uno dei pochissimi referendum che hanno raggiunto il quorum dopo gli anni 70, dal 62% dei votanti, e prima di poter dichiarare il via al nucleare sulla stampa il premier deve far approvare una nuova legge, e sperare che questa non venga bocciata da un nuovo referendum subito dopo;
  • anche con i soldati a presidiare i siti, riesce difficile immaginare dove, in un paese montagnoso e densamente popolato come il nostro, se non nei siti nucleari già esistenti dove però bisogna smantellare ancora le vecchie centrali, e anche lì la cosa è dubbia, i cittadini accetteranno di vivere con un mostro vicino con tutta la letteratura che c'è in merito a incidenza di tumori e probabilità di cattiva esecuzione di opere pubbliche in Italia e quindi incidenti.
Lasciamolo fare, che sia il primo autogol del Nostro? che anche a lui l'ingordigia personale o la necessità di favorire gli amici degli amici faccia commettere sbagli, e stavolta si trovi tutti contro? se poi invece il popolo bue si beve pure questa, allora!....

P.s.: Sentiamo qui e qui cosa ne dice Carlo Rubbia, Nobel per la fisica in procinto di costruire una centrale solare di nuova concezione, in Spagna perchè in Italia non c'è più posto nemmeno per le buone idee...

lunedì 23 febbraio 2009

PERCHE' SANREMO E' SANREMO

Non guardo la Tv, e meno che meno il festivalone, da molti anni. Si, lo so che simili affermazioni forniscono la patente di snobismo intellettuale, ma che posso farci se è vero? ho sempre qualcosa di meglio da fare, per fortuna, magari tra qualche anno cambierò idea, ma per ora rientro apposta a casa solo per Il commissario Montalbano: in tutti gli altri casi in cui accendo l'elettrodomestico è per caso e per poco.
E' curioso che mi sia capitato, quindi, quest'anno, di sentire quasi tutte le canzoni di Sanremo, avendo tenuto acceso Rai uno per un paio d'ore sia martedì che giovedì. E devo confessare di avere persino pensato non troppo male di Bonolis, sia per l'ectoplasma di Mina (vabbè, ormai lo sappiamo che è in freezer dal 1978 e quella che canta è ricostruita al computer dal paraculissimo figlio) e il di nuovo brillante Benigni, che per essere riuscito a portare sul palco giovani decenti con canzoni decenti accompagnati da grandi della musica: Bacharach ha perfino arrangiato la canzone di una tipa non male, Karima, e la figlia di Zucchero a sentirla si vince il fastidio di sapere che è lì per nepotismo, ché almeno è brava.
Non è stato sufficiente a tenermi a casa per vedere la finale, e dai risultati che ho appreso due giorni dopo dico meno male: già le canzoni dei big erano tutte mediocri nessuna esclusa, forse Nicky Nicolai che infatti è stata eliminata subito. Ma il podio è davvero raccapricciante: primo un tipo venuto fuori da Amici con una voce potente quanto stonata e una canzone imbarazzante, secondo uno stolto che sono anni che ci ammorba con filastrocche filosoficamente imbecilli e questa anche retrograda e pericolosa, terzo uno che canta canzoni di Gigi D'Alessio imitandolo peggio di Checco Zalone e non facendo neanche ridere. Ti chiedi "ordinaria amministrazione sanremese?" ti rispondi "no, peggio", ti chiedi "e come mai?" ti rispondi "perchè c'era di mezzo Maria De Filippi, una che gli conviene che Dio non esista perchè sennò andrà all'inferno per aver rovinato generazioni di adolescenti, che ha imposto il televoto".
E allora scopri che Sal Da Vinci col televoto prima di essere portato al terzo posto era stato addirittura ripescato dall'eliminazione, e ti dici: ma cosa pretendi, da un Paese che elegge per tre volte Berlusconi? che faccia vincere una canzone di qualità che forse nemmeno era in gara? Sono solo canzonette, baby, spegni quella tivvù ed esci di casa.
Magari rifùgiati, come è capitato sabato pomeriggio, tra i pochi italiani ancora pensanti con la propria testa, confinati per ordine pubblico a Piazza Farnese e così almeno percependosi moltitudine per ristrettezza dello spazio, a ragionare di fine vita e libertà individuale come fa lo splendido Camilleri che riportiamo. La tele la riaccendo al prossimo film del Commissario Montalbano, và....

mercoledì 18 febbraio 2009

PD: FINE DI UNA BREVE PARABOLA POLITICA?

C'era chi lo aveva detto subito, ad esempio il solito Gino Nobili su Contrappunti - cercatevi le sue note politiche dal 2006 in poi e vedrete: il Partito Democratico è nato male e non poteva che finire peggio.
Il vecchio e sempre inascoltato Sartori lo dice da sempre: la forma partito è condizionata dal sistema elettorale. Se davvero si voleva accelerare sulla creazione di un partito unico del centrosinistra, si doveva prima riuscire, con Prodi al governo, a riportare al maggioritario la legge elettorale, magari un maggioritario più spinto del Mattarellum: se in ogni seggio passa un candidato, e il centrosinistra si presenta unito sotto un'insegna, la partita te la giochi così seggio per seggio, e puoi vincere o perdere. Ma con il proporzionale, e a maggior ragione con un proporzionale così spinto come quello voluto per puro e intelligente calcolo da Berlusconi, senza nemmeno voto di preferenza, unire in un partito unico due rami ideologicamente così eterogenei può solo raccogliere meno voti dei due partiti distinti, perchè gli estremi da un lato si perdono in rivoli (e grazie alla soglia di sbarramento, non hanno più voce in Parlamento) e dall'altro passano al nemico. Ripeto: qualcuno l'aveva previsto, e si è puntualmente verificato.
La cosa grave è che chi ha commesso questo errore così marchiano, avendo come sottoprodotto peraltro di dare la spallata definitiva al governo Prodi mentre dava l'ennesimo indebito aiuto al Cavaliere in procinto di cascare dal predellino, è un politico di professione da 30 anni: queste cose le doveva, sapere. E comunque, subito dopo aver subito una batosta come quella delle politiche, il giorno dopo non due, doveva prendere atto che il suo calcolo era sbagliato, la sua strategia peggio, e levarsi dai piedi immediatamente per sgombrare il campo a una qualche ricostruzione. In tutti i Paesi democratici, i leader che perdono le elezioni, almeno quelli che le perdono nettamente, poi vanno a fare un altro mestiere: conferenze, che so, oppure in Africa come aveva promesso il Nostro. Invece noi ci ritroviamo tra i piedi, non dico dopo la batosta delle politiche 2001, ma persino dopo essere riuscito nell'impresa di consegnare alla destra una roccaforte del centrosinistra come Roma, il figlio di un architetto della Roma-bene che da giovane faceva il radicale e il verde e da vecchio vota con i fondamentalisti cattolici contro il proprio partito stesso.
Bene, abbiamo perso due anni. Fa niente: la destra governerà il Paese almeno per i prossimi 4, forse per i prossimi 9. Ci sarà una crisi drammatica, che è già iniziata, e questi non hanno neanche il minimo sindacale di strumenti intellettuali per affrontarla. Approfittiamone. Non solo Veltroni, tutti quelli che hanno condiviso entusiasticamente questa idiozia politica che ha collezionato solo sconfitte una dietro all'altra devono togliersi dai piedi. Azzerare. Ricominciare da capo.
Ci vuole un partito di sinistra totalmente nuovo. Con un'etichetta totalmente nuova. Che dica le cose opposte a quelle che dice questo blocco neoconservatore, in ogni campo: ambiente, sviluppo, pensioni, trasporti, servizi pubblici, privatizzazioni, informazione, contratti di lavoro, laicità dello Stato, scuola, diritti umani, immigrazione, banche e finanza, energia, eccetera. Opposte: il contrario di come aveva fatto il Pd, il cui programma in larghi tratti era identico a quello del PdL. Opposte, è facile: senza ideologie, prendete il programma del PdL e su ogni punto scrivete il contrario. L'opposto. Scommettiamo che troviamo una maggioranza di italiani, dai centri sociali alle parrocchie passando per i social network, disposti a votarlo? Basta che a portarlo avanti ci sia una faccia nuova, uno che non è un ex qualcosa, che magari fino all'altro ieri faceva l'avvocato o il pizzicagnolo. In America, ha già funzionato. Se avrà risultati, Obama sarà emulato in tutti gli altri Paesi democratici: il mondo non ha molte altre occasioni prima del tracollo. Noi arriveremo per ultimi, ma almeno cominciamo. Da un bel tutti a casa. Il PD andrà nella spazzatura della storia, peccato aver bruciato così il nome, non era male...

lunedì 16 febbraio 2009

RETELIBERA

Nell'universo di Salvo Montalbano, pur trovandoci di fronte ogni volta ad assassini e criminali di ogni genere, ci sono alcuni elementi rassicuranti che fra l'altro spiegano l'enorme successo dei libri di Camilleri e dei relativi molto ben fatti tv-movies. Non solo il personaggio interpretato da Zingaretti è un poliziotto perbene come dovrebbero esserlo tutti (ad esempio di fronte ai fatti di Genova si è schifato tanto che voleva dimettersi) che ha tuttavia molti dei nostri vizi come l'amore per la buona cucina e una certa pigrizia, non solo i colpevoli vengono sempre presi, magari collaborando con la magistratura e lottando contro la burocrazia, ma pensate nel microcosmo vigatese abbiamo un panorama mediatico pluralista: ci sono due televisioni, Televigàta e Retelibera, e solo una delle due è asservita al potere.
Infatti il nostro eroe spesso si serve dell'altra per piegare, magari in maniera poco ortodossa, le esigenze dell'informazione a quelle delle indagini, restituendo all'amico Nicolò Zito il favore quando può favorire la libera stampa.
Nel nostro futuro lo scenario vigatese, già oggi ottimistico, rischia di diventare paradisiaco: è prossima la forzata chiusura per via amministrativa di ogni voce libera sul web, questo modestissimo blog compreso. Leggiamo Gino Nobili su Contrappunti, e i link a cui egli stesso rimanda, e rispolveriamo il ciclostile. Sta tornando d'attualità il finale di Fontamara di Ignazio Silone: Che fare? resistere resistere resistere....

martedì 10 febbraio 2009

IL BIANCO E IL NERO

Se la realtà è tutta in toni di grigio, per poterla interpretare dobbiamo sempre identificare il bianco e il nero, di cui tutti i grigi sono composti. Nella vicenda di Eluana, conclusasi con la morte dopo appena quattro giorni dallo stacco del sondino, il bianco potrebbe essere, specie per quelli che si ostinavano a volere considerare vita quella cosa in cui era mantenuta quel corpo al punto di ipotizzare una qualche forma di autocoscienza irrilevabile agli strumenti, che la ragazza abbia in qualche modo deciso di togliersi di mezzo per risparmiarsi ulteriore strazio. Il nero allora sarebbe, e se non ci si potesse pensare non ci sarebbe il seguito giudiziario appena avviato, che l'umana pietà sia andata un minimo oltre la semplice interruzione dell'alimentazione forzata.
Se la realtà è tutta in toni di grigio, la verità sarà probabilmente in mezzo a questi due scenari, ad esempio che ci si attendeva quindici giorni perchè non c'erano precedenti di organismi da tanto tempo in quelle condizioni e quindi così provati. Ma non importa: se anche fosse bianco, sarebbe l'estrema dimostrazione del corretto riportare da parte dei familiari della volontà di Eluana e del suo concetto di cosa è vita e cosa no. Se anche fosse nero, non sarebbe nulla di diverso di quanto praticano ogni anno in migliaia di occasioni medici infermieri e suore, però senza dire nulla, nella muta e grata accettazione dei malati e dei loro cari.
Perchè è stato questo l'errore tattico, e nello stesso tempo l'atto di eroismo, di Peppino Englaro: aver voluto affermare pubblicamente il diritto di sua figlia a decidere di se stessa, in un Paese in cui la regola è la doppia morale, quasi scritta nel Dna di ogni fedele di una confessione la cui caratteristica peculiare è il perdono previa confessione e pentimento, il contrario insomma del principio di responsabilità. Non glielo potevano perdonare, e non gliel'hanno perdonato. Si fosse affidato alla suorina di turno, il calvario della figlia sarebbe forse finito anni fa senza che nessuno ne sapesse nulla. Invece, dopo tutto il clamore e la volgare offensiva che ha dovuto affrontare, avrà forse anche guai giudiziari.
...nothing to kill or die for, and no religion too: imagine all the people living life in peace...

lunedì 9 febbraio 2009

IL GOLPE DELLA RAGAZZA

La cosa più sconfortante non è che Berlusconi si arroghi il diritto di imporre la propria volontà sul corpo dei propri sudditi, non che offenda il disgraziato padre di una disgraziata ragazza, non che tenti di violare per Decreto Legge una serie di sentenze che risalgono su fino alla Corte Europea, non che utilizzi una poveretta per scatenare il conflitto con il Presidente della Repubblica e sovvertire la Costituzione, non che arrivi fino all'abiezione di dichiarare che quel corpo potrebbe generare dimostrando quale concezione della donna alberghi in cotanta mente. La cosa più sconfortante è che non c'è non dico una solllevazione popolare, ma nemmeno un venticello di indignazione un po' più forte del marginale refolo che si aggira tra i siti Internet di controinformazione.
Vedremo alla manifestazione di sabato a Piazza Navona (ore 15), ma temiamo si sarà in pochi. Travaglio dice, ma non è una novità, "basta dialogo", ma il PD è pronto a firmare la controriforma della giustizia e forse serve proprio ad ammorbidire il Quirinale per quella firma, lo scontro su questa. Nel merito, leggiamoci Giancarlo Fornari su Contrappunti. Ma non c'è speranza: la italica gente se digerisce questo è pronta pure per lo ius primae noctis, altro che dittatura qui si torna alla Signoria.

venerdì 6 febbraio 2009

TANATHOS

Amore e morte. I due motori immobili, senza i quali nulla, nemmeno la vita stessa, sarebbe possibile. Ad entrambi possiamo reagire girandoci dall'altra parte, o guardandoli bene in faccia. Nel primo caso, abbiamo buttato le nostre vite. Quasi tutti lo facciamo per molto tempo, qualcuno lo fa per tutto il tempo. Ma anche ad ignorarle, queste forze elementali non smettono di essere ineluttabili, in un modo o nell'altro.
Così a volte ci sparano vicino, a volte ci sfiorano, a volte ci prendono in pieno. E allora ci commuoviamo (muoversi con) o facciamo le nostre condoglianze (dolere con). Altre volte muore qualcuno di famoso, che non conosciamo direttamente, ma che è stato importante per qualche aspetto della nostra personalità o per il perchè e il come è scomparso. Spesso, in questi casi, scattano gli stessi meccanismi: abbiamo bisogno di commuoverci e condolere, come i bimbi di piangere e giocare. Allora è come se usassimo un trucco: piangere altri per piangere noi stessi e i nostri cari. Qualcuno dice che piangiamo sempre solo per noi stessi.
Oggi è morto Giampaolo Dossena. Non è notissimo, ma qualcuno ricorda una sua rubrica di giochi sul Venerdì di Repubblica. Era un grande studioso, di giochi. Quasi tutti i libri della sua bibliografia sono da leggere assolutamente, specie l'Enciclopedia dei giochi e il Dizionario dei giochi con le parole. Ma è da non perdere anche un libro a cui lui ha "solo" collaborato, I giochi e gli uomini di Callois. Dopo averlo letto, quando si dirà una frase come "la vita è un gioco" sarà con un significato.
Oggi sono morti 33mila bambini, di fame. Ogni giorno succede, nel mondo. Lo diceva Giobbe Covatta in un suo vecchio spettacolo teatrale, magari oggi la statistica andrebbe aggiornata, in peggio. Sono morti lontane dai nostri occhi, così tante che non avvertiamo più il peso di ogni singola tragedia. Morissero una volta sola, da noi, 33 mila bambini in un giorno, la pagina resterebbe scritta in nero nella storia, per sempre. Nel cosiddetto terzo mondo succede tutti i giorni, e noi anzichè rifiutarci di votare per chi non si ponga il problema di mettere in piedi un sistema in cui nessun bambino mai e in nessun luogo possa morire di fame, votiamo per chi approva leggi inumane come quella appena varata dal Consiglio dei Ministri, che introduce il reato di clandestinità (illeggittimo persino per la Magna Charta inglese del duecento!), prevede una tassa per il permesso di soggiorno (incostituzionale perchè regressiva), e obbliga i medici a denunciare il clandestino che si presenti per essere curato (vedremo come si comporteranno i medici cristiani, qui...).
Oggi in Italia è morta la pietà, l'umanità. Ogni intimo o palese applauso all'inumana normativa appena approvata, e saranno tanti da parte dei sudditi della civiltà della Paura (leggiamo qui Antonella Randazzo, lucida come sempre), sarà come un nuovo chiodo nelle mani di Cristo, per chi ci crede, come un passo verso la barbarie, per tutti.
Oggi è morta anche magari una persona cara, che so la madre di qualcuno di noi, che in qualche modo amiamo. Piangiamo per lei, allora, piangiamo per questa nostra povera vita. Che ha senso solo grazie all'amore e alla morte.

martedì 3 febbraio 2009

LE RADICI DEL QUALUNQUISMO

Può anche essere che nei piani della P2 c'era scritto come fare in modo che la gente si disamorasse della politica, e che Berlusconi li abbia eseguiti alla lettera. Ma senza la collaborazione di chi gli si sarebbe dovuto opporre, fin da quando la giunta elettorale non doveva omologare la sua elezione in parlamento in quanto incompatibile con il suo status di concessionario di pubblico servizio, passando per la Bicamerale e il Predellino, occasioni in cui due ex direttori dell'Unità si sono susseguiti nel fargli da Baywatch mentre stava per annegare, difficile che sarebbe potuto arrivare a questo punto, nella deriva antidemocratica.
Imbarazzante la differenza di preparazione nell'abc della politica: nel 2006, conscio di stare per perdere le prossime elezioni politiche, Silvio fece approvare una legge elettorale proporzionale che consegnasse al probabile vincitore Prodi una maggioranza molto meno forte di quanto avrebbe avuto col maggioritario; neanche due anni dopo, senza altro motivo che non il timore per le proprie sorti politiche personali, Walter accelerò il processo di formazione del Partito Democratico prima che il governo dell'Unione potesse approvare una legge elettorale maggioritaria, unica a dare senso a quel processo, consegnando così l'Italia al suo avversario per un altro quinquennio di arbitrio.
Non basta, i proclami di rimonta hanno provvisoriamente portato al PD molti elettori con il ricatto del voto utile, lasciando fuori dal parlamento ogni rappresentanza di sinistra. Non basta, si continua a fare opposizione morbida, dialogando con chi non vuole fare altro che stravincere e annullare ogni dialettica democratica. Pochi giorni fa l'astensione sul Federalismo, del PD ma anche dell'IDV, questi "pericolosi sovversivi" guidati da un ex giudice che in qualunque altro Paese democratico sarebbe nel centrodestra. Adesso, in attesa di regalare al PDL i voti necessari ad approvare la riforma della giustizia con la maggioranza dei due terzi togliendo così ai cittadini il diritto di pronunciarsi con referendum confermativo, ci si prepara a introdurre lo sbarramento alle elezioni europee, con accordo bypartisan benedetto anche dai sondaggi, almeno a sentire quanto dice La Repubblica, oramai organo di partito.
Introdurre un qualsiasi sbarramento ha senso solo in nome della governabilità. Il parlamento europeo non governa un bel niente. Occorre mandarci una rappresentanza delle idee politiche degli italiani, quanto più fedele possibile. La semplificazione lì non serve, se non all'orticello politico sempre più striminzito di un partito nato morto che a questo punto prima collassa meglio è, e che tenta di rimandare la sua fine a costo di togliere l'ultima voce a chi davvero critica questo sistema. Mentre in America quelli del Partito Democratico vero hanno usato proprio queste voci per tornare in auge.
Abbiamo spesso temuto Grillo per la sua deriva qualunquistica, e fino a che ai suoi comizi si paga un biglietto non lo prenderemo sul serio come politico, ma davvero non ci si può stupire del seguito che attira, se l'opposizione è quella che è. Hai voglia a tentare di scimmiottare Obama sull'economia verde, Wally: te ne devi andare a casa, tu il tuo partito e tutta la tua insipienza politica.

domenica 1 febbraio 2009

SKA-BA-WOW!

Lo ska nasce in Giamaica negli anni 60, figlio bastardo del calypso e padre del reggae. Ma molti di noi lo conoscono per via della sua rinnovata popolarità europea partita dall'inghilterra nella seconda metà degli anni 70, con gruppi come i Madness. Una qualche specie di ska all'inizio la suonavano i Police, tanto per dire, che chiamarono il loro secondo LP Reggatta de blanc, il reggae dei bianchi.
Lo ska è estremamente ballabile e molto divertente, e in molti allora gli preconizzarono una vita più lunga delle tante mode effimere che ogni anno si affacciano nel panorama musicale. E avevano ragione, se si pensa che gruppi come i torinesi Statuto, formatasi nell'83, ancora suonano in giro.
Ieri sera, al The Place di Roma, hanno deliziato la sala piena gli Ska-ba-wow, quasi una big-band con sei fiati di cui quattro donne, un buon motore ritmico, e una cantante, Elena Okechukwu, strepitosa sia come voce che come presenza scenica (muove con grazia un fisico da ex olimpionica...). Inoltre, i ragazzi hanno un'ottima scelta di repertorio, con perfetto mix tra cover scelte benissimo e arrangiate meglio, e brani originali che non sfigurano e non creano l'effetto "si va beh ora suonatene una famosa" tipico in questi casi. Alla fine, bisognava proprio comprare il disco. E fargli, per quel poco che vale, un po' di eco su queste pagine.

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