mercoledì 24 luglio 2019

UN CESSO SCASSATO

Parlando di un ingegnere, mi pareva il minimo...
Per evitare l'effetto "rettilario" mi sono imposto di non dedicare un coccodrillo a Luciano De Crescenzo, morto il giorno dopo Andrea Camilleri. Ma le riflessioni di questo post devono molto allo scrittore napoletano, come scoprirete.
Partendo proprio dall'affollarsi sul blog di post di addio a questo o quello riferimento culturale della mia generazione, la prima generalizzazione conseguente è che certo, per forza, ovviamente, passando il tempo, mentre che uno diventa adulto e poi inizia a invecchiare, quelli di venti o trent'anni più grandi di lui, che quando lui era giovane e si formava erano nel pieno della maturità a condizionare pesantemente il background suo e dei suoi coetanei, cominciano uno a uno a morire.
La seconda deduzione viene dal raffronto tra le eco suscitate dalle due scomparse consecutive sul mainstream e sui social: non è solo per la circostanza dell'essere avvenuta subito dopo l'altra, che la morte di De Crescenzo ne ha suscitata meno. E' che questo, pure sostanzialmente coetaneo dell'altro, ha avuto una parabola sostanzialmente diversa, con la sua fase apicale ad attraversare essenzialmente gli anni 80 mentre quella di Camilleri parte a fine anni 90 ed è ancora li. Ma tutti i riferimenti culturali di vertice, superata questa fase, smettono di svolgere questo loro ruolo di frontiera, maggioritario, per restare ad esercitarlo in una nicchia sempre più piccola di sopravvissuti della generazione per cui lo avevano svolto appieno. Solo alcuni, pochissimi, di valore immenso, che peraltro si rivela davvero tale solo alla prova del tempo perché per i contemporanei tutti i "grandi" lo hanno, conservano appunto questo ruolo oltre i limiti anagrafici delle generazioni che li hanno visti affermarsi. Per un Totò ci sono cento attori (che magari per i contemporanei erano modelli di pari livello) che non hanno retto alla prova del tempo e sono stati dimenticati, da molti se non da tutti, e questo vale per tutti gli altri ambiti della cultura (in senso ampio).
La terza è che questa operazione di setaccio temporale, a un certo punto, raggiunta la giusta distanza, diventa autoevidente, rivelando a chiunque le buone ragioni del suo affermarsi. E qui rientra in gioco, come promesso, De Crescenzo, in una delle scene del suo cinema più istruttive e divertenti assieme. A un certo punto, il professore e i suoi allievi si trovano in visita ad un museo di arti contemporanee, dove è in mostra una sedia su cui qualcuno stanco si siede, ripreso dal custode, e dalla discussione successiva col maestro si ricava un fantastico pistolotto contro l'arte contemporanea in genere che sostanzialmente dice più o meno così: quando oggi noi troviamo un oggetto d'arte antica scavando nelle rovine, diciamo subito "oh, un oggetto artistico!", ma quando i posteri scavando troveranno una scultura che rappresenta un cesso, diranno "oh, un cesso!" e passeranno avanti. Ebbene, io ventenne trovai in quel siparietto (che vi riporto in filmato perché la mia trascrizione ovviamente non rende) la forma esplicita di un mio pensiero, che non abbandonerò mai più: un Caravaggio resterà sempre un'opera d'arte, visto da chiunque a qualunque epoca, un Fontana, per citare un grandissimo della sua era, non credo. Chissà come farà chi non ha mai letto un libro o almeno visto un film di Luciano De Crescenzo...

mercoledì 17 luglio 2019

DA GRANDE

Di coccodrilli su Camilleri in questi giorni ne trovate "a tinchitè", quindi dovrei e vorrei esimermi. Ma siccome non ce la faccio a trattenermi, concentro i miei sforzi a virarla sul personale, evitando di sottoporvi cose che avrete letto altrove.
Per farlo parto da un'autocitazione, tratta da questo post di giugno 2010, in cui commento la tragica scomparsa di Taricone perché mi aveva rammentato troppo quella allora recente di due miei fraterni amici. Di uno dei due, Sergio, irriducibile (anche dopo decenni di profondissimo nord) siciliano proprio della provincia di Agrigento, scrissi:
L'ultima volta che lo vidi mi strappò di mano un libro di Camilleri e me lo restituì poche ore dopo, avendolo finito. Il libro successivo del prolifico scrittore siciliano mi rapì un giorno di qualche mese dopo allo stesso modo, dovetti finirlo prima di posarlo: esattamente in quel lasso di tempo il suo aereo finiva dentro una nuvola e contro una roccia. Coincidenze, mi dico da allora...
Camilleri lo avevo scoperto a casa di un altro amico "trentino", che mi prestò l'allora appena uscito La concessione del telefono, che divorai tra le lacrime per il troppo ridere, unico fattore che mi aveva impedito di battere il record personale di lettura più rapida di un romanzo. Non era Montalbano (non è Montalbano la vetta letteraria di Camilleri, sono i romanzi ambientati nella sicilia dei secoli addietro, con in cima, forse, per me, Il re di Girgenti), anzi non sembrava nemmeno un romanzo, era una finta raccolta di atti pubblici e ritagli di giornale, con intermezzi narrativi smozzicati, a raccontarti la storia: geniale. Inutile dire che sono andato subito a cercarmi tutti i libri precedenti e non me ne sarei perso uno dei successivi. E inutile dire che sotto sotto c'era anche la fiducia ispirata dalla parabola tardiva dell'autore in tutti quelli che amano scrivere oltre che leggere: magari avere un centesimo del suo successo, a partire dalla stessa tarda età!!! Anni dopo la "concessione" la vidi all'Eliseo rappresentata da Paolantoni con due giganti del teatro siciliano come Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina: esilarante uguale. Ma non come il libro, non capita mai che un libro venga superato dai suoi adattamenti al cinema o al teatro, nel migliore dei casi ci si avvicinano.
L'operazione reggeva, però, per la stessa ragione per cui alla fine gli episodi televisivi del commissario Montalbano reggono al massimo grado possibile, con le succitate avvertenze, il livello dei libri: Camilleri nasce e cresce col teatro e con gli sceneggiati televisivi, alla letteratura ci arriva da grande, e quando ci arriva non può prescindere, ovviamente, dal suo bagaglio culturale. Poi certo i telefilm sono realizzati con enorme cura, e non solo grazie al generoso budget, tanto che sembra doveroso parlarne troncando il prefisso "tele", visto che per qualità del girato non c'è nessun altro prodotto televisivo che gli si può accostare manco a distanza. Ma sono certo che mentre scriveva i suoi romanzi, e da un certo punto in poi mentre li dettava, il vecchio attingeva a uno schermo interiore dove già li vedeva sceneggiati.
Ora però sono io che vedo una scena, anche se da buon miscredente so da me che si tratta solo della mia immaginazione. Vedo Sergio e Andrea chiacchierare in agrigentino stretto seduti a un tavolino di un bar siciliano di quelli che ancora oggi mantengono l'arredo degli anni 50 tappone Peroni e targa in metallo cedrata Tassoni compresi, davanti hanno due mezzi bicchieri di vino rosso fresco e un posacenere pieno di cicche. Un ragazzo pugliese fumando con loro si gode la conversazione anche se non capisce una parola: gli bastano la scena il tono e il suono. Accanto c'è una sedia libera. Non ho nessuna fretta, tanto per loro il tempo non conta. Ma quel posto è mio.

martedì 16 luglio 2019

SSSSSIRE!

La carta SIRE: su Monetapositiva cos'è e come funziona...
Uno dei cartoni preferiti della mia infanzia era "Re Artù e i cavalieri della tavola quadrata", chi tra voi ha superato la cinquantina dovrebbe ricordarselo o sennò basta il filmato in coda al post o già l'evocazione del Lancillotto allampanato che rivolgendosi ad Artù dice "Sssire!" facendo fischiare la esse.
Me lo rammento tutte le volte che leggo quelli di Moneta positiva, che giustamente hanno scelto l'acronimo SIRE per la moneta parallela che dovrebbe risollevarci, sicuramente azzecandoci più che col nomignolo minibot, perché la parola evoca il concetto di sovranità e non quello di debito.
Il corto circuito mentale è completo se si pensa come la saga di King Arthur deve la sua immensa fortuna letteraria e cinematografica al fatto di porsi come cerniera mitologica (sia pur con agganci storici verosimili) tra gli ultimi afflati di Impero Romano (rivedere L'ultima legione, please) e gli embrioni di governo unitario della Britannia, metafora dell'Europa moderna.
Ora che dicono che bisogna fare la rivoluzione, e che il centro di questa non può che essere la riappropriazione da parte dello Stato nazionale di quella sovranità monetaria che a dispetto della vulgata in realtà non ha mai perso, e della piena sovranità in materia di politica economica e finanziaria ad essa conseguente, viene quasi da iscriversi al loro costruendo partito politico, anche se già dal nome (PSAI, Partito che Serve All'Italia) si nota da un lato una riserva di autoironia che svela la consapevolezza della difficoltà dell'impresa di riuscire poi a renderlo rilevante (un'impresa che solo a Grillo poteva riuscire, ma magari si può chiedere un parere a Fassino...) e dall'altro un riferimento (che non si capisce se sia un lapsus o sia volutamente malcelato) a una sigla storica da cui si differenzia solo grazie all'inusuale maiuscola alla preposizione articolata.
Giochi lessicali a parte, se capiamo che senza la sovranità dello Stato non può esistere democrazia, allora possiamo utilizzarla a mo di bussola per riscrivere la storia degli ultimi decenni, e ad esempio capire che il PSI craxiano tra i tanti ladrocini fu uno degli ultimi a tentare un'azione politica sovrana, e quindi forse che fu fatto fuori per impedirgli più di perseguire quest'ultima che di commettere i primi, tanto è vero che chi lo rimpiazzò si distinse per continue cessioni dell'una senza mai smettere con gli altri. Una seria lotta alla corruzione in Italia, in altri termini, non è stata mai fatta, né prima né dopo quella tangentopoli che magari allora fu solo teatro se non peggio, e forse è perché gli italiani alla fin fine la corruzione la condividono (ed anche in tal caso, è in qualche modo democratico, come fu quando votarono in massa Berlusconi a cadavere della Prima Repubblica ancora caldo) ma forse anche perché capiscono che magari senza riportare la corruzione a livelli fisiologici ogni politica economica fiscale e finanziaria è più difficile, mentre invece senza sovranità è del tutto impossibile. Se questo fosse vero, spiegherebbe ad esempio il successo relativo della Lega sui Cinquestelle in questo anno e rotti di governo. A meno che non preferiate credere che siamo un popolo di razzisti che aumenta i consensi a Salvini in ragione delle sue uscite xenofobe.
In questa lettura, Craxi, pur con tutte le sue macchie, finirebbe nella stessa linea storica di Mattei, ad attendere Salvini se non la pianta con l'euroscetticismo e caccia via i suoi alfieri che si era messi in casa. Della serie "si può fare tutto tranne quello che incide veramente sui progetti dei veri potenti, altrimenti si muore", almeno politicamente se non serve fisicamente. Citofonare Gheddafi.
Per tutte queste ragioni (riassumibili in due famiglie: perché incide ma incide sempre allo stesso modo quindi si può separare dal ragionamento, e perché chi invece l'ha mischiata lo ha fatto apposta, per indurci a cedere sovranità nell'assunto che noi siamo corrotti e cattivi e quindi è meglio che ci governano dall'esterno, magari le banche dichiarate indipendenti dalla politica - ma di fatto solo ademocratiche, perché invece strumenti del potere politico delle élite contro i cittadini), possiamo mettere da parte ogni ragionamento sulla corruzione, al momento: facciamo che non c'è, e capiamo meglio il resto.
Prendiamo ad esempio la mondezza per strada: perché non la raccolgono porta a porta gratis e veramente differenziata, ovunque? Dice che costa. Embè? quello che costa costa, comprare i camion assumere altri spazzini eccetera, il Comune chiede i soldi allo Stato che li stampa e glieli da, fatto. Il deficit? Ma gli spazzini pagano le tasse, anche chi vende i camion, e anche chi vende le merci che comprano gli spazzini con gli stipendi che prima non avevano, e così via, e alla fine del giro 1000 euro di spesa in deficit avranno originato 4000 euro di maggior PIL, quindi 1000 euro di maggiori entrate fiscali: deficit zero. La potatura di siepi e alberi, uguale. L'asfalto nuovo dovunque, pure. Assumere al comune tutti i disoccupati, anche prima di capire se c'è un lavoro da fargli fare, pure. I fannulloni? Pura retorica di chi aveva messo gli occhi sugli asset pubblici italiani e se li voleva fregare. Per uno Stato moderno, meglio fannulloni stipendiati che disoccupati morti di fame, perché i primi spendono e non solo non allungano le file dei secondi, ma facendo girare l'economia le accorciano. Questo non significa che si debbano tollerale i fannulloni: ma organizzare le cose in modo che lavorino, e controllare che lo facciano, è un conto, svuotare la PA (al punto che oggi quasi non vi si trova un under50, specie al centro-sud) prendendoli a scusa è un altro.
Quindi si, occorre una rivoluzione. Dopo 30 anni di privatizzazioni e "vincolo esterno", occorre il coraggio di dire che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, per cui tutti gli italiani debbono averne uno, costi quello che costi, ammesso che poi come abbiamo visto fatti bene i conti costi qualcosa (anzi, il volano keynesiano fa si che non è che devi tutti assumerli, bastano un po', e poi i soldi girano e chi vuole lavora e non te lo chiede nemmeno più il posto fisso, com'era nel nordest negli anni 80/90). Tra l'altro, ci sono un sacco di servizi che non vengono svolti per non poter assumere personale, anche senza citare i beni culturali e ambientali che in Italia da soli dovrebbero attrarre e occupare milioni di persone. C'è il recupero del territorio. Il trasporto pubblico locale e quello regionale e interregionale, con linee e stazioni da riaprire, a centinaia, e si, anche in perdita. Eccetera.
La UE? solo riscrivendo i trattati in modo da rendere possibile tutto ciò, può continuare ad esistere, in quel rapporto di sussidiarietà che ne fece la fortuna ai suoi albori. Se poi si volesse trasformare la BCE in prestatore di ultima istanza di ogni Stato membro, si potrebbe mantenere persino l'Euro. Ma la vedo difficile, che i tedeschi accettino di rinunciare alla posizione di privilegio che gli ha consentito di distruggerci commercialmente, per tenere insieme una baracca da cui non avrebbero più nulla da guadagnare. Quindi le alternative al pieno recupero della sovranità nazionale, di cui il SIRE non è che il primo passo, sono così improbabili da esigere di prepararsi allo scenario sempre più probabile di implosione dell'eurozona se non della UE stessa. Se non vuole fallire, questo governo deve essere pronto a tutto, e iniziare riunendo attorno a un tavolo, di quale forma non importa, tutte le migliori menti del Paese capaci di immaginare un futuro diverso da quello di schiavitù e povertà scritto per noi dai traditori della patria. Magari di nascosto, per fregare i signori dello spread, e iniziando davvero a prendere in mano tutte le leve del mainstream che si può, senza scrupoli, che gli altri non ne hanno mai avuti, non ne hanno e non ne avranno se torneranno al potere.

martedì 9 luglio 2019

ABBIATE PAZIENZA...

Meglio precisarlo in didascalia: è un fake, pure annoso,
e qui si parla di come e perché pure io ci sono cascato...
Avendo finalmente, seppur ahimé tardivamente, appreso quante volte il buon Covatta si è dovuto dissociare da una falsa dichiarazione a lui attribuita a cominciare da alcuni anni fa, si deve ammettere che Giobbe nel suo caso è proprio un nomen-omen, vista la pazienza che deve avere a ricominciare da capo ogni volta che il fake riciccia.
Come sa chi mi segue, passo parecchio tempo a documentarmi prima di completare i miei post (perciò fin troppo zeppi di link di approfondimento), non ho mai avuto Twitter perché penso che l'estrema sintesi sia nemica giurata della ponderazione impedendone anche il minimo sindacale, non uso Instagram più o meno per la stessa ragione, e lo stesso Facebook, che ho talmente dall'inizio da possedere il profilo con la url cugino, dopo i primissimi tempi lo uso solo come vetrina per i post di questo blog, e poco altro. Se condivido qualcosa, quasi sempre è un brano musicale che mi ha fatto piacere riascoltare e voglio fare rigirare. Il fatto che uno così sia cascato così malamente nell'incidente, condividendo al volo il post di un amico senza fare alcuna verifica, è una ulteriore dimostrazione della pericolosità del mezzo. Ho chiesto scusa pubblicamente e giurato che non lo faccio più, anche se ripeto già lo facevo poco e niente, e promesso a un mio amico che mi chiedeva di cancellare la condivisione che avrei fatto di meglio: avrei lasciato in evidenza la mia figura di cacca, e poi spiegato con calma come ho potuto farla, perché, e cosa invece ne pensavo della faccenda. Ed eccoci qua.
Diciamo subito che due fattori hanno giocato a fregarmi, anche se non invoco una discolpa se non parziale: la verosimiglianza complessiva del testo falso, e il fatto che rappresentasse in qualche modo la mia opinione e pertanto ero piacevolmente sorpreso che fosse anche quello di una persona che stimo (lui magari non se lo ricorda, ma ci siamo anche conosciuti, cenando assieme in un dopoteatro trentino grazie a un amico comune). Anche perché, per quel poco di conoscenza diretta di africani che ho (molto poco, rispetto a lui, ma non nulla), so di gente fiera e orgogliosa che ringrazia per gli aiuti che può usare per fare qualcosa per rendere i luoghi natii un posto da non abbandonare necessariamente. E il falso Giobbe non è il primo a notare la differenza già fisica tra i passeggeri dei barconi e gli africani delle realtà più disperate.
Con ciò non sto dando di certo ragione alle uscite cafarde di Salvini, a cui non perdono non solo razzismo e volgarità (cui ha solo cambiato oggetto, dai meridionali agli extracomunitari), ma nemmeno anni di contiguità col berlusconismo (di cui l'essere pro-Tav e incline al tangentismo sono strascichi importanti) e soprattutto direi l'aver partecipato al golpe notturno con cui fu inserito il pareggio di bilancio in Costituzione (unica riforma costituzionale nella storia italiana ad aver avuto la maggioranza qualificata necessaria ad evitare il referendum confermativo): senza ripudiare tale abominio, ogni abbaiata alla Unione Europea non è che vuoto teatro. Ma poco importa che gli dia ragione io o meno, se proprio grazie a quelle uscite raddoppia le percentuali in un anno, e poi continua a salire nei sondaggi. Non può essere tutto frutto di abile propaganda manipolatoria, e non solo perché la maggior parte delle leve di quest'ultima stanno ancora saldamente nelle mani della controparte. Ci devono essere delle ragioni sostanziali di fondo, e non volerle vedere ci condanna a subirle senza poterle combattere.
Carlo Bertani qui tra le altre cose ci ricorda che "...nel 1960, la capitale della Nigeria, Lagos, aveva solo 350.000 abitanti. Era più piccola di Newark. Ma Lagos ora è sessanta volte più grande, con una popolazione di 21 milioni...". La pressione demografica dell'Africa è insostenibile: a chi propugna l'accoglimento di tutti quelli che arrivano, chiederei "e quando saranno milioni? ti andrà bene lo stesso? ok, oggi non lo sono, ma esiste una soglia d'allarme secondo te? e qual'è?". Ecco che allora la retorica dell'"aiutiamoli a casa loro" può suonare diversa, se declinata nel dettaglio: costringere la Francia ad abbandonare la sua moneta coloniale (che fra l'altro costituisce, quella si altro che i minibot, una violazione palese ed enorme dei patti Euro) e le prassi neocoloniali ad essa connesse, interrompere lo sfruttamento delle miniere di metalli rari (cosa che comporta l'interruzione dello sviluppo in progressione geometrica della tecnologia degli smartphone e del relativo mercato - significa, in soldoni, che dovete tenervi il telefono finché funziona, e smettere di rincorrere funzioni sempre più avanzate, siete disposti? no? siete tra le cause del problema, e sostenere la Rachete non vi salva l'anima), smetterla di finanziare dittatori e regimi che si arricchiscono a scapito delle loro popolazioni (quindi anche smetterla di vendergli armi, ché continuiamo dai tempi di Alberto Sordi), ritirare i contingenti militari da tutti i teatri di guerra e rifondere i Paesi in cui ci siamo ingiustamente immischiati (Libia in primis, anche se non possiamo resuscitare Gheddafi), eccetera - che la lista è lunghissima. E' vero che snocciolare le cause non deve servire da alibi per negare l'assistenza ai bisognosi, ma è anche vero che dimenticarle ci rende strabici, incapaci di vedere che i bisognosi che arrivano sotto le nostre coste si trovano in situazioni di pericolo perché qualcuno, a conoscenza delle norme giuridiche e delle ragioni etiche che costringono al salvataggio, ce li mette, così configurando una fattispecie di "procurata emergenza" che dovrebbe costituire un reato penale specifico, mentre tutto il resto del continente africano o quasi è in condizioni di bisogno ancora più grande ma siccome è fuori portata possiamo rinunciare a combatterne le cause, anzi addirittura a cercare di capirle (e di capire quanto siamo complici tutti).
Ecco che allora è legittimo chiedersi il perché e il come alcune ONG si siano messe a pattugliare il mare per raccogliere gente, così di fatto modificando il "mercato" degli scafisti, che non devono più trovare barconi in grado seppur a stento di completare la traversata, ma gli basta qualsiasi natante in grado di portarli al largo, nelle acque pattugliate dai "volontari". Cosa c'è dietro?
Non occorre postulare l'esistenza di un Grande Vecchio per comprendere come tra le tendenze naturali del capitalismo, che lo rendono vincente proprio perché corrispondente alla natura umana profonda, c'è quella di pagare sempre e comunque il meno possibile i fattori di produzione, per cui tra questi ultimi "vincono" quelli maggiormente in grado, storicamente e/o momentaneamente, di "farsi rispettare". Il fattore lavoro è il più debole tra i tre, perché il più legato a esseri transeunti in carne e ossa, per cui richiede più fatica e cura per risultare protetto. La globalizzazione aveva tra gli obiettivi, e ha tra gli effetti, proprio quello di fare saltare il più possibile e il più presto possibile queste protezioni, che erano state concesse a risarcimento di una tragedia immane come la seconda guerra mondiale e in virtù di una dialettica tra sistemi alternativi che ha avuto riflesso all'interno dell'Occidente (nelle lotte sindacali) finché aveva senso al suo esterno. Infatti, finita l'URSS e allargatesi a est l'influenza occidentale, anche tramite l'allargamento della UE, è iniziato il processo di livellamento verso il basso della retribuzione del lavoro a livello mondiale. La strategia non è segreta, si chiama "replacement migration", e chi la propugna non ne fa mistero: ad esempio la tipa che hanno messo a capo della BCE, quando era al comando del FMI non temeva di sfoggiarla. Messa in piano, suona più o meno così: noi crediamo di essere individui evoluti, ma siamo solo tipi viziati, coi nostri diritti la nostra cultura il tempo libero eccetera, tutte cose che dobbiamo mollare, ma siccome è dura toglierle ai vecchi o comunque a chi tende a considerarle acquisite, intanto le tolgono ai nostri discendenti, che non sapranno mai che sono esistite quindi non se ne lamenteranno, specie se intanto li dotano di mezzi di "divertimento" sofisticatissimi, e pian piano pure a noi, che peraltro nel frattempo invecchiamo e moriamo. E' un meccanismo efficacissimo, di cui fanno parte sia le innocue (e anch'esse "divertenti" nel senso etimologico del termine, facendoci guardare altrove) concessioni sul piano dei cd. diritti civili (tra cui non a caso l'ideologia gender, tra l'altro tendente ad abbassare ulteriormente il già minimo tasso di riproduzione degli occidentali), sia i solleticamenti pietistici artatamente prefabbricati tramite il fenomeno migratorio che ci mettono in scena davanti.
Così noi ci dividiamo tra buoni e cattivi, però i pomodori e la frutta a prezzi accessibili piacciono a tutti, e i cellulari nuovo modello ogni anno pure, e come si chiama questa nuova pianta che consente di creare tessuti leggeri resistenti ed economici? cotone? certo, va coltivata in piantagioni amplissime, ci vuole tanta manodopera a basso costo... Capita l'antifona? siete schiavisti del cavolo, anche se vi impietosite davanti al telegiornale, se non cambiate modello culturale ed economico e cercate il modo di imporre quello alternativo al capitalismo ordoliberista globalista consumista, con pazienza e fermezza.

venerdì 5 luglio 2019

C'ERA UNA VOLTA LA VIOLA

Il collage che è stato sfondo del blog per tutto l'ultimo anno di vita della Viola
Premesso che "qui non si muore mai" e quindi la ricomparsa di una squadra di basket dai colori neroarancio e con Viola nel nome che risale dagli inferi passo dopo passo oppure tutto assieme comprando un titolo da altri disgraziati (la cosa è di moda, si porta, e non è una novità da queste parti) è incerta nel quandum ma certa nell'an, siccome il 30 giugno scorso è scaduto il termine per salvare il codice FIT acquistato nel 2009, mi sembra il caso di fare un riassunto finale a uso dei distratti e dei traviati, perché capiscano la gradazione delle responsabilità nel misfatto.
La resurrezione di dieci anni fa, giova ribadirlo, non sarebbe durata a lungo, se non fosse arrivato l'imprenditore gioiese Muscolino, già nel basket nella sua città, a rilevare dalle mani di una volenterosa ma squattrinata pattuglia la gloriosa società cestistica. Il suo più grande errore è stato fidarsi di collaboratori rivelatisi maldestri (per voler essere buoni nel giudizio) che per "alzare l'asticella" hanno riempito di debiti la società, ma in compenso poi raddrizzando la gestione sportiva è riuscito, in nemmeno 8 anni, a riportare alle soglie della serie A la squadra. Che se gli avessero lasciato giocare i playoff avrebbe con ogni probabilità conquistato sul campo il traguardo, e così avrebbe probabilmente trovato le risorse per appianare i debiti pregressi. Tra questi ultimi, nel silenzio di tutti, andava accumulandosene uno enorme (centinaia di migliaia? oltre un milione e tre? lo sapremo mai?) nei confronti delle istituzioni pubbliche per l'affitto del palasport (ma non dimentichiamo gli anni in cui l'impianto restò chiuso per l'incidente mortale al tecnico di palco di un concerto, e la squadra perse incassi su incassi costretta a giocare nella Piana) e della struttura con campi di allenamento e foresteria chiamata "pianeta Viola" (già causa di un mezzo fallimento passato, evitato solo grazie all'acquisto della stessa da parte dell'allora Provincia). Quel silenzio, grave quando a tenerlo erano i commissari di un Comune in dissesto, è diventato gravissimo quando è subentrata una amministrazione votata dai cittadini.
Quei playoff non furono fatti giocare da istituzioni sportive vergognosamente inique. Probabilmente per i debiti, Muscolino già tre anni fa non riuscì a trovare la fidejussione di 100mila euro prescritta per l'iscrizione al campionato. Ora, lui forse lo ha fatto per preservare i suoi investimenti milionari, ma intanto ha iscritto la squadra cacciando i soldi di tasca, cosa che presso tifosi meno ingrati sarebbe valsa eterna gratitudine. Poi trovò la fidejussione farlocca, lui dice inconsapevolmente e un giudice ordinario da lui stesso interpellato deve ancora pronunciarsi nel merito, riebbe indietro i soldi (senza che controllassero il documento, e si era a metà stagione, quindi senza nemmeno l'alibi del daffare estivo), ne ripresentò una uguale l'anno appresso, ma quando fu scoperta la magagna (per una escussione illegittima, frutto di una soffiata che ancora si deve capire da chi venisse) si precipitò a riversare i 100mila cash, cosa che avrebbe dovuto da un lato sancire per dei tifosi come si deve il suo status di "eroe", dall'altro acquietare le pretese della federazione sportiva, il cui compito è la tutela dei tesserati, ampiamente assolta dal versamento. E invece compromessa dagli accadimenti a venire, causati sia da un criminale utilizzo di un indiscriminato e illegittimo (per la mancata indicazione in norma della misura edittale della sanzione, cosa che ha consentito di fare spesso tot pesi e tot misure...) potere sanzionatorio, sia da una tempistica di giudizio fatta apposta per impedire ogni tentativo di tenersi l'ossatura della squadra in caso di vittoria nel ricorso o sennò volontà di risalita immediata dalla B.
Ma i tifosi, anziché assediare le sedi federali fino a ottenere giustizia, hanno preferito attaccare in ogni modo la proprietà, rea di avere tentato in ogni modo di rilanciare il loro giocattolo in una realtà come quella italiana, sportiva e non, di questi anni in cui è difficilissimo senza giocare sul filo del rasoio dei debiti e della legalità. Preferendo vestire i panni di esemplari cittadini legalisti piuttosto che quelli di tifosi irriducibili oltre ogni pudore, su cui hanno invece sempre potuto contare in decine di esempi diversi altre società sportive condotte ben oltre la legalità (solo nel calcio ci sarebbe da citare mezza serie A, con in testa la Lazio di Lotito e il Milan di Berlusconi, ma l'esempio migliore sono le bandiere degli ultras juventini sempre riportanti due scudetti in più, in segno di eterna gratitudine a Moggi e company). Così, non mi ha stupito che Muscolino, dopo aver dichiarato che sarebbe ripartito anche dalla B e comunque avrebbe chiarito tutto, abbia venduto il titolo sportivo a Coppolino. O abbia finto di venderglielo, poco cambia: lui doveva tentare di salvare i propri interessi, e a questo punto gli ingrati si fottessero.
Coppolino, seconda puntata. Accolto in pompa magna dal Sindaco alla festa del PD quando, impossibilitato dalle norme a trasferire il titolo in Sicilia, decise di riportarlo di qua dello Stretto, con tanto di squadra mezza fatta e poi completata alla grande, gli fu da questi nascosta la situazione debitoria con le istituzioni, scoperta la quale, e scoperti i suoi bluff per primi dal tifo storico organizzato, che abbandonò la squadra (unica cosa che dei veri tifosi non devono fare mai), e infine dai potenziali partner economici, non gli restò che darsi. Ma se avesse avuto il sostegno del tessuto imprenditoriale reggino, di amministrazioni pubbliche non reticenti, e della tifoseria, aveva indiscutibili qualità sia di comunicatore che di manager sportivo. Infatti aveva allestito una squadra in grado di risalire subito in A2, come si capirà presto. Gente di enorme caratura sia come sportivi che come uomini, visto come sono andati avanti senza stipendi per mesi.
E qui c'è la terza puntata. Sparito Coppolino, i tifosi creano un Trust e si mettono a raccogliere soldi per almeno assicurare a giocatori e tecnici la sopravvivenza fisica e al massimo farli restare fino ad aver trovato un nuovo acquirente per la società. Iniziativa lodevole, certo. Ma palesemente velleitaria. Ma se quest'ultima poteva essere, per un'osservatore appassionato come il sottoscritto, una impressione personale legittima ma anche non condivisibile, per Sindaco e soci, sicuramente a conoscenza dell'ammontare dei loro crediti occulti, doveva essere una realtà fattuale così grave che sarebbe stato loro dovere istituzionale, avvisare la cittadinanza del fatto che stava raccogliendo spiccioli, togliendosi il pane di bocca, per un pozzo senza fondo che non sarebbe mai arrivato in ogni caso a finire il campionato. Non averlo fatto, è politicamente così grave da screditare definitivamente la maggioranza, patentandola indegna di amministrare una città, "metropolitana" per giunta. Lo dico da storico ammiratore di Falcomatà padre, per giunta. E mi stranisce non constatare la totale e immediata condivisione di questo sentimento da parte della tifoseria tutta. Che invece manda gli anatemi a Coppolino, e poi quando il Trust racimola il nuovo sponsor Mood Project, e questo inizia a corteggiare l'ipotesi di addirittura rilevare la società, finalmente inizia a godersi le imprese sportive della compagine neroarancio, che iniziano a rivaleggiare per epicità con la stagione precedente, seppure una categoria sotto.
Anche a Mood, però, si nasconde tutto il nascondibile, altrimenti, come capisce chi rammenta i giorni e giorni di incertezza per il "closing" si o no, sarebbero scappati subito. Mentre li si accoglie come i salvatori della patria, però, già gli si inizia a scavare il fossato attorno. Risultato: i possibili sponsor si volatilizzano. Si fatica a trovare i soldi per finire la stagione, tanto che Menniti li piglia dai suoi fondi esteri. Ma il bonifico di una misera rata di 7mila euro non arriva a tempo. E' disposto nei termini, per qualsiasi altro ambito basterebbe questo. Per una raccomandata, fa fede la data di accettazione dell'ufficio postale. Ma i soldi arrivano fuori termine, e la pena è ancora più draconiana e ingiustificata di quella dell'anno prima. Fosse tutta una macchinazione della FIT regionale per mettere le mani sulla gestione degli impianti, sarebbe una misera vigliaccata, ma almeno avrebbe un senso. Il problema è però, di nuovo, che i tifosi mancano alla loro missione istituzionale. Come se gli esclusi da un concorso in possesso della ricevuta della raccomandata riporti la data giusta, anziché prendersela col ministero illegittimo esclusore se la prendessero con le Poste, o peggio con la persona che era andata all'ufficio sotto casa anziché alle Poste centrali. Ora, Menniti aveva disposto dalla stessa fonte dei pagamenti per i giocatori. Anziché almeno rispettare chi, lasciato solo, stava almeno in parte onorando di tasca propria l'impegno con la squadra, lo si è attaccato alla giugulare, sfruttando anche a dire il vero una sua improvvida propensione alla baruffa via social, finendo per fargli pensare "ma chi me lo fa fare?" e abbandonare baracca e burattini ritirando il bonifico.
Finita qui? No: il veleno è nella coda. Anziché ammettere la propria viltà e le proprie reiterate omissioni, l'amministrazione comunale ritiene di dover continuare a prendere in giro i tifosi neroarancio. Ventila per un mese un presunto accordo già raggiunto con il paperone Gallo che ha appena rilevato la Reggina investendoci un pacco di soldi in cambio della promessa di una gestione degli impianti del tutto diversa che in passato, e persino con Petrucci per una wild card di B ad una nuova apposita società che non erediterebbe i debiti della precedente, ma dovrebbe solo onorare le spettanze alla squadra e ai fornitori (200mila euro circa) per poter operare col titolo sportivo in città. Peccato che Gallo si fosse subito chiamato fuori, o almeno così ha dichiarato pochi giorni fa - cambia poco, la sostanza è che il soggetto, che evidentemente è meno fesso, ha capito l'aria che tira e si è dato a gambe dal basket, anche se l'impegno complessivo sarebbe stato una frazione minima del totale della "polisportiva". I più stupidi tra i tifosi di calcio esultano, ma hanno poco di che farlo: Paperone ha speso troppo per scappare subito anche dalla Reggina, ma già dalla questione seggiolini ha capito che non può fidarsi di certa gente, e stiano certi che se non gli danno in gestione per decenni e decenni Sant'Agata e Granillo, per farci quello che gli pare, alla prima occasione li molla.
Gli ineffabili politici, contati i tifosi di calcio e quelli di basket, che pure in una città cestofila come Reggio stanno potenzialmente in rapporto di dieci a uno (a parità di livello delle squadre, quando una sta in A e l'altra in D il rapporto non può ovviamente valere...), hanno rapidamente deciso di smettere di parlare di pallacanestro e invece cavalcare al meglio l'onda amaranto, con tanto di shop in piazza Duomo e sede sociale al centro città. Fino a che un giudice non gli chiederà conto dei canoni fissati per le strutture affittate alla Viola, e della loro mancata riscossione, si godono il momento di popolarità riflessa. E comunque quando la magistratura li attenzionerà avrà probabilmente cose ben più gravi di cui chiedere conto. Fino ad allora, forza Reggina. La Viola? di che parli? Ah, forse della squadra di serie A comperata da un altro paperone di origini reggine...
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P.S. - Intervengo ogni tanto sul gruppo Facebook dei supporters della Viola, necessariamente con una estrema sintesi. A chi non riesce o non vuole capire i miei interventi, raccomanderò la lettura di questo lungo post analitico. Poi se continua a dormire cavoli suoi. Io so di essere tra quelli il cui amore per la Viola basket è talmente smisurato da non essere discutibile, e anzi da costituire per qualche aspetto, che qui non ripeto, anche in qualche modo imbarazzante. E quest'anno quasi certamente, come già nel 2007/2009, non avrò siti sportivi da consultare ogni domenica sera, oltre che trasferte da organizzare ogni qualvolta che la Viola passa dalle mie parti. Che sia stramaledetto chiunque ne sia responsabile, nella misura in cui lo è.
P.S.2 - In questi giorni inizia il dodicesimo anno di vita di questo blog (chi lo avrebbe mai detto!). Il cambio di grafica di cui vi dicevo all'inizio è la mia solita "torta di compleanno"...

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