venerdì 5 luglio 2019

C'ERA UNA VOLTA LA VIOLA

Il collage che è stato sfondo del blog per tutto l'ultimo anno di vita della Viola
Premesso che "qui non si muore mai" e quindi la ricomparsa di una squadra di basket dai colori neroarancio e con Viola nel nome che risale dagli inferi passo dopo passo oppure tutto assieme comprando un titolo da altri disgraziati (la cosa è di moda, si porta, e non è una novità da queste parti) è incerta nel quandum ma certa nell'an, siccome il 30 giugno scorso è scaduto il termine per salvare il codice FIT acquistato nel 2009, mi sembra il caso di fare un riassunto finale a uso dei distratti e dei traviati, perché capiscano la gradazione delle responsabilità nel misfatto.
La resurrezione di dieci anni fa, giova ribadirlo, non sarebbe durata a lungo, se non fosse arrivato l'imprenditore gioiese Muscolino, già nel basket nella sua città, a rilevare dalle mani di una volenterosa ma squattrinata pattuglia la gloriosa società cestistica. Il suo più grande errore è stato fidarsi di collaboratori rivelatisi maldestri (per voler essere buoni nel giudizio) che per "alzare l'asticella" hanno riempito di debiti la società, ma in compenso poi raddrizzando la gestione sportiva è riuscito, in nemmeno 8 anni, a riportare alle soglie della serie A la squadra. Che se gli avessero lasciato giocare i playoff avrebbe con ogni probabilità conquistato sul campo il traguardo, e così avrebbe probabilmente trovato le risorse per appianare i debiti pregressi. Tra questi ultimi, nel silenzio di tutti, andava accumulandosene uno enorme (centinaia di migliaia? oltre un milione e tre? lo sapremo mai?) nei confronti delle istituzioni pubbliche per l'affitto del palasport (ma non dimentichiamo gli anni in cui l'impianto restò chiuso per l'incidente mortale al tecnico di palco di un concerto, e la squadra perse incassi su incassi costretta a giocare nella Piana) e della struttura con campi di allenamento e foresteria chiamata "pianeta Viola" (già causa di un mezzo fallimento passato, evitato solo grazie all'acquisto della stessa da parte dell'allora Provincia). Quel silenzio, grave quando a tenerlo erano i commissari di un Comune in dissesto, è diventato gravissimo quando è subentrata una amministrazione votata dai cittadini.
Quei playoff non furono fatti giocare da istituzioni sportive vergognosamente inique. Probabilmente per i debiti, Muscolino già tre anni fa non riuscì a trovare la fidejussione di 100mila euro prescritta per l'iscrizione al campionato. Ora, lui forse lo ha fatto per preservare i suoi investimenti milionari, ma intanto ha iscritto la squadra cacciando i soldi di tasca, cosa che presso tifosi meno ingrati sarebbe valsa eterna gratitudine. Poi trovò la fidejussione farlocca, lui dice inconsapevolmente e un giudice ordinario da lui stesso interpellato deve ancora pronunciarsi nel merito, riebbe indietro i soldi (senza che controllassero il documento, e si era a metà stagione, quindi senza nemmeno l'alibi del daffare estivo), ne ripresentò una uguale l'anno appresso, ma quando fu scoperta la magagna (per una escussione illegittima, frutto di una soffiata che ancora si deve capire da chi venisse) si precipitò a riversare i 100mila cash, cosa che avrebbe dovuto da un lato sancire per dei tifosi come si deve il suo status di "eroe", dall'altro acquietare le pretese della federazione sportiva, il cui compito è la tutela dei tesserati, ampiamente assolta dal versamento. E invece compromessa dagli accadimenti a venire, causati sia da un criminale utilizzo di un indiscriminato e illegittimo (per la mancata indicazione in norma della misura edittale della sanzione, cosa che ha consentito di fare spesso tot pesi e tot misure...) potere sanzionatorio, sia da una tempistica di giudizio fatta apposta per impedire ogni tentativo di tenersi l'ossatura della squadra in caso di vittoria nel ricorso o sennò volontà di risalita immediata dalla B.
Ma i tifosi, anziché assediare le sedi federali fino a ottenere giustizia, hanno preferito attaccare in ogni modo la proprietà, rea di avere tentato in ogni modo di rilanciare il loro giocattolo in una realtà come quella italiana, sportiva e non, di questi anni in cui è difficilissimo senza giocare sul filo del rasoio dei debiti e della legalità. Preferendo vestire i panni di esemplari cittadini legalisti piuttosto che quelli di tifosi irriducibili oltre ogni pudore, su cui hanno invece sempre potuto contare in decine di esempi diversi altre società sportive condotte ben oltre la legalità (solo nel calcio ci sarebbe da citare mezza serie A, con in testa la Lazio di Lotito e il Milan di Berlusconi, ma l'esempio migliore sono le bandiere degli ultras juventini sempre riportanti due scudetti in più, in segno di eterna gratitudine a Moggi e company). Così, non mi ha stupito che Muscolino, dopo aver dichiarato che sarebbe ripartito anche dalla B e comunque avrebbe chiarito tutto, abbia venduto il titolo sportivo a Coppolino. O abbia finto di venderglielo, poco cambia: lui doveva tentare di salvare i propri interessi, e a questo punto gli ingrati si fottessero.
Coppolino, seconda puntata. Accolto in pompa magna dal Sindaco alla festa del PD quando, impossibilitato dalle norme a trasferire il titolo in Sicilia, decise di riportarlo di qua dello Stretto, con tanto di squadra mezza fatta e poi completata alla grande, gli fu da questi nascosta la situazione debitoria con le istituzioni, scoperta la quale, e scoperti i suoi bluff per primi dal tifo storico organizzato, che abbandonò la squadra (unica cosa che dei veri tifosi non devono fare mai), e infine dai potenziali partner economici, non gli restò che darsi. Ma se avesse avuto il sostegno del tessuto imprenditoriale reggino, di amministrazioni pubbliche non reticenti, e della tifoseria, aveva indiscutibili qualità sia di comunicatore che di manager sportivo. Infatti aveva allestito una squadra in grado di risalire subito in A2, come si capirà presto. Gente di enorme caratura sia come sportivi che come uomini, visto come sono andati avanti senza stipendi per mesi.
E qui c'è la terza puntata. Sparito Coppolino, i tifosi creano un Trust e si mettono a raccogliere soldi per almeno assicurare a giocatori e tecnici la sopravvivenza fisica e al massimo farli restare fino ad aver trovato un nuovo acquirente per la società. Iniziativa lodevole, certo. Ma palesemente velleitaria. Ma se quest'ultima poteva essere, per un'osservatore appassionato come il sottoscritto, una impressione personale legittima ma anche non condivisibile, per Sindaco e soci, sicuramente a conoscenza dell'ammontare dei loro crediti occulti, doveva essere una realtà fattuale così grave che sarebbe stato loro dovere istituzionale, avvisare la cittadinanza del fatto che stava raccogliendo spiccioli, togliendosi il pane di bocca, per un pozzo senza fondo che non sarebbe mai arrivato in ogni caso a finire il campionato. Non averlo fatto, è politicamente così grave da screditare definitivamente la maggioranza, patentandola indegna di amministrare una città, "metropolitana" per giunta. Lo dico da storico ammiratore di Falcomatà padre, per giunta. E mi stranisce non constatare la totale e immediata condivisione di questo sentimento da parte della tifoseria tutta. Che invece manda gli anatemi a Coppolino, e poi quando il Trust racimola il nuovo sponsor Mood Project, e questo inizia a corteggiare l'ipotesi di addirittura rilevare la società, finalmente inizia a godersi le imprese sportive della compagine neroarancio, che iniziano a rivaleggiare per epicità con la stagione precedente, seppure una categoria sotto.
Anche a Mood, però, si nasconde tutto il nascondibile, altrimenti, come capisce chi rammenta i giorni e giorni di incertezza per il "closing" si o no, sarebbero scappati subito. Mentre li si accoglie come i salvatori della patria, però, già gli si inizia a scavare il fossato attorno. Risultato: i possibili sponsor si volatilizzano. Si fatica a trovare i soldi per finire la stagione, tanto che Menniti li piglia dai suoi fondi esteri. Ma il bonifico di una misera rata di 7mila euro non arriva a tempo. E' disposto nei termini, per qualsiasi altro ambito basterebbe questo. Per una raccomandata, fa fede la data di accettazione dell'ufficio postale. Ma i soldi arrivano fuori termine, e la pena è ancora più draconiana e ingiustificata di quella dell'anno prima. Fosse tutta una macchinazione della FIT regionale per mettere le mani sulla gestione degli impianti, sarebbe una misera vigliaccata, ma almeno avrebbe un senso. Il problema è però, di nuovo, che i tifosi mancano alla loro missione istituzionale. Come se gli esclusi da un concorso in possesso della ricevuta della raccomandata riporti la data giusta, anziché prendersela col ministero illegittimo esclusore se la prendessero con le Poste, o peggio con la persona che era andata all'ufficio sotto casa anziché alle Poste centrali. Ora, Menniti aveva disposto dalla stessa fonte dei pagamenti per i giocatori. Anziché almeno rispettare chi, lasciato solo, stava almeno in parte onorando di tasca propria l'impegno con la squadra, lo si è attaccato alla giugulare, sfruttando anche a dire il vero una sua improvvida propensione alla baruffa via social, finendo per fargli pensare "ma chi me lo fa fare?" e abbandonare baracca e burattini ritirando il bonifico.
Finita qui? No: il veleno è nella coda. Anziché ammettere la propria viltà e le proprie reiterate omissioni, l'amministrazione comunale ritiene di dover continuare a prendere in giro i tifosi neroarancio. Ventila per un mese un presunto accordo già raggiunto con il paperone Gallo che ha appena rilevato la Reggina investendoci un pacco di soldi in cambio della promessa di una gestione degli impianti del tutto diversa che in passato, e persino con Petrucci per una wild card di B ad una nuova apposita società che non erediterebbe i debiti della precedente, ma dovrebbe solo onorare le spettanze alla squadra e ai fornitori (200mila euro circa) per poter operare col titolo sportivo in città. Peccato che Gallo si fosse subito chiamato fuori, o almeno così ha dichiarato pochi giorni fa - cambia poco, la sostanza è che il soggetto, che evidentemente è meno fesso, ha capito l'aria che tira e si è dato a gambe dal basket, anche se l'impegno complessivo sarebbe stato una frazione minima del totale della "polisportiva". I più stupidi tra i tifosi di calcio esultano, ma hanno poco di che farlo: Paperone ha speso troppo per scappare subito anche dalla Reggina, ma già dalla questione seggiolini ha capito che non può fidarsi di certa gente, e stiano certi che se non gli danno in gestione per decenni e decenni Sant'Agata e Granillo, per farci quello che gli pare, alla prima occasione li molla.
Gli ineffabili politici, contati i tifosi di calcio e quelli di basket, che pure in una città cestofila come Reggio stanno potenzialmente in rapporto di dieci a uno (a parità di livello delle squadre, quando una sta in A e l'altra in D il rapporto non può ovviamente valere...), hanno rapidamente deciso di smettere di parlare di pallacanestro e invece cavalcare al meglio l'onda amaranto, con tanto di shop in piazza Duomo e sede sociale al centro città. Fino a che un giudice non gli chiederà conto dei canoni fissati per le strutture affittate alla Viola, e della loro mancata riscossione, si godono il momento di popolarità riflessa. E comunque quando la magistratura li attenzionerà avrà probabilmente cose ben più gravi di cui chiedere conto. Fino ad allora, forza Reggina. La Viola? di che parli? Ah, forse della squadra di serie A comperata da un altro paperone di origini reggine...
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P.S. - Intervengo ogni tanto sul gruppo Facebook dei supporters della Viola, necessariamente con una estrema sintesi. A chi non riesce o non vuole capire i miei interventi, raccomanderò la lettura di questo lungo post analitico. Poi se continua a dormire cavoli suoi. Io so di essere tra quelli il cui amore per la Viola basket è talmente smisurato da non essere discutibile, e anzi da costituire per qualche aspetto, che qui non ripeto, anche in qualche modo imbarazzante. E quest'anno quasi certamente, come già nel 2007/2009, non avrò siti sportivi da consultare ogni domenica sera, oltre che trasferte da organizzare ogni qualvolta che la Viola passa dalle mie parti. Che sia stramaledetto chiunque ne sia responsabile, nella misura in cui lo è.
P.S.2 - In questi giorni inizia il dodicesimo anno di vita di questo blog (chi lo avrebbe mai detto!). Il cambio di grafica di cui vi dicevo all'inizio è la mia solita "torta di compleanno"...

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