lunedì 28 settembre 2020

NO ALLA PROPAGANDA! - VERSETTI COVIDICI 1-3

Pare che praticata si, ma pronunciata da Goebbels
questa frase non lo sia mai stata veramente. Il che
paradossalmente dimostra quanto sia vera...
Stavolta l'incipit ve lo copio da Wikipedia: La propaganda è "l'attività di disseminazione di idee e informazioni con lo scopo di indurre a specifici atteggiamenti e azioni" ovvero il "conscio, metodico e pianificato utilizzo di tecniche di persuasione per raggiungere specifici obiettivi atti a beneficiare coloro che organizzano il processo". In antitesi alla propaganda dovrebbe essere la pura e semplice esposizione dei fatti nella loro completezza ovvero la descrizione della realtà nella sua interezza.

La "ragione sociale" di questo blog alla sua apertura, tuttora riportata nel suo gruppo Facebook, è che esso "vuole mediare tra il mare magno della controinformazione e chi vuole accedervi senza perdersi." In pratica, mi arrogo di mettere a disposizione della collettività le mie capacità di "navigatore smanettone", per agevolare il compito a chi, più o meno consapevolmente, si rende conto di avere a che fare con un mainstream che non fa altro che propaganda, ma magari non ha il tempo la voglia la capacità di mettersi a distinguere il grano dal loglio, nella messe di informazioni che il web offre a chi voglia invece una "descrizione della realtà nella sua interezza".

Per questa ragione, spesso ho messo in cosa ai miei post da una sorta di "rassegna stampa" di approfondimento, abitudine che via via ho però tralasciato, anche perché consapevole che è già difficile che ci siano tanti lettori a seguire i miei ragionamenti fino in fondo figurarsi i link. La vicenda Covid però, che mi ha puzzato di bruciato fin dall'inizio, adesso sta prendendo una piega bruttissima. A furia di raccontarla in un certo modo, la menzogna è diventata verità, luogo comune addirittura, e a nulla vale sforzarsi ancora di usare un minimo di raziocinio: è una nuova fede, ci sono milioni di fedeli e si sta strutturando una casta gerarchica di sacerdoti, e tu sei solo un miscredente e vai emarginato e prima o poi punito. Avete presente Salman Rushdie? Tutto sommato, la cosa più semplice sarebbe piegarsi e uniformarsi, come quasi tutti fecero col fascismo compreso quando promulgò le leggi razziali, financo i titolari di cattedra universitaria che giurarono fedeltà al regime tutti tranne mi pare uno. Ma non tutti ci riescono, mio nonno diceva chi nasce tondo non muore quadrato, e mio nonno era uno che perse il posto in ferrovia per non prendere la tessera del fascio, quindi io almeno per rispetto ai miei avi ed esempio ai miei discendenti devo fare qualcosa. E in questi casi meglio scegliere quello che sai fare meglio. 

Ma siccome nel comunicare quello che conta non è quanto sei bravo a scrivere ma quanto sei efficace, e siccome i miei sproloqui difficili e contorti li leggete sempre in meno, torno alla mission che mi ero assegnato agli inizi di questa avventura. Almeno per il Covid. Su cui troppe volte ho tentato di esporre ragionamenti con un capo e una coda, più o meno sintetizzabili così (provate ad applicare questo paradigma ai numeri che vi continuano a propinare ogni giorno manipolandoli per allarmarvi, e vedrete che ci sta perfettamente): colpisce una percentuale di umani simile a quella di tutte le influenze, e quasi tutti quelli che colpisce sono senza sintomi, e quasi tutti quelli con sintomi non hanno sintomi gravi, quindi l'unica cosa razionale sarebbe concentrarsi su questi e tutto il resto lasciarlo alle raccomandazioni (esatto, come la Svezia - pensate, comincia ad ammetterlo persino l'OMS), che i divieti sono cose da dittatura ed inoltre così esagerati costano talmente tanto da essere peggiori del male, anche perché un Paese distrutto economicamente non può reagire ad un prossimo colpo da qualunque parte venga. Questa è la verità, e sei mesi di azione a tenaglia per dimostrare il contrario non riescono a scalfirla: più tamponi fai, più positivi escono, quasi nessuno sta male, quasi nessuno sta malissimo e ancora in meno muoiono. Tranne che in alcune zone nei primi due mesi, caso strano vaccinate a tappeto per l'influenza (come ora pretendono di fare, in mancanza di un vaccino decente antiCovid19 che se arriva è senza la necessaria sperimentazione: occhio a entrambi!!!).

Ebbene, cambio linea, non ve la dico più, la mia. Invece, apro una nuova rubrica i cui capoversi rimandano a ragionamenti altrui, notizie, dati, eccetera, che possano essere utili a chi lo voglia per costruirsi una sua idea della realtà, sfuggendo così alla propaganda. Se con qualcuno ci riesco, sarebbe bello che commentando il post qui o su Facebook ce lo facesse sapere, e ancora meglio se facesse passaparola, così favorendo la viralità della controinformazione.

Comincio subito, anche se mi limito a pochi punti perché mi sono allungato troppo nelle premesse. Dalla prossima volta, queste anziché ripeterle le citerò linkandovi, e mi limiterò ad allungare lo zibaldone. Numerato come i versetti di un testo religioso, perché la guerra va combattuta ad armi pari. E che questa sia una guerra ce lo dimostra già il primo versetto.

...

1. L'invasione degli ultracovid - Questo articolo spiega mirabilmente com'è che siamo molto più creduloni e molto meno liberi noi degli analfabeti contadini medioevali. E come questo sia solo la premessa necessaria all'affabulazione per bambini impauriti che è la vicenda Covid19. E' un pezzo magnifico, da leggere e rileggere e divulgare quanto più possibile. Per farsi capire, usa una metafora cinematografica d'annata: gli alieni col baccello che prendevano possesso dei corpi degli umani, e tu non sapevi se quelli che incrociavi erano ancora i tuoi simili o erano già "ultracorpi". Una roba da farsela sotto, altro che i ridicoli horror contemporanei. Ecco, quando incrociate il tipo che cammina all'area aperta o sta da solo dentro la sua macchina con la mascherina su, o la signora che inorridisce quando vi avvicinate a meno di un metro per prendere le uova dal bancone, o quelli che sbraitano contro chi si è improvvidamente seduto a meno di tre sedili di distanza sulla metro, pensate a quel film. E inorridite.

2. Il Recovery Fund per finanziare la dittatura… - Se fossero stati in buona fede, a imporvi il lockdown, avrebbero deciso immediatamente un piano di risarcimenti puntuale: un tavolo di confronto dove a chiunque poteva essere consentito di dimostrare quanto era stato danneggiato dalla chiusura forzata, per rifonderlo sull'unghia. Se le regole dell'UE glielo impedivano, dato che tra l'altro il partito di maggioranza relativa ci era arrivato promettendo un referendum per l'uscita dall'Euro, era l'occasione perfetta per denunciarne i trattati capestro, cavalcando l'ondata emotiva popolare. Invece, hanno presentato come un trionfo la firma di un trattato-capestro fallimentare, e vi dicono di 200 miliardi senza dirvi che metà sono soldi nostri e l'altra metà sono prestiti che dovremo rifondere, e non "senza condizioni" ma a condizioni al momento non definite. In più, con quei soldi, non hanno nessuna intenzione di riparare ai danni fatti, e stanno dando fondo alla fantasia per trovare impieghi con ricadute sul piano della loro immagine e possibilità di manovra per altri tipi di ricadute (vedrete: succede già per gli impieghi propri, figuratevi gli altri). Infatti, si riparla perfino di ponte sullo Stretto... E ogni giorno in modalità bipartisan si insiste pure per attivare il MES (un altro capestro che però ancora i grillini si ricordano che lo avversavano, ma dopo le amministrative la maggioranza cambia baricentro quindi lo riciccieranno), che è una vera elemosina e per ricattarvi moralmente vi dicono che è per finanziare la sanità....

3. Lettera della Maestra Rossella Ortolani - Leggetevela tutta, e quando avete finito rileggetevela. Non importa nemmeno fare riscontri: comunque spiega alla perfezione quello che stanno facendo ai vostri bambini con la vostra acquiescenza. I campionati di calcio, il circenses, devono ripartire, e allora se un giocatore è positivo gli altri giocano lo stesso. La scuola, il panem dei cittadini del domani, non è così importante nel modello sociale che stanno imponendo, anzi è pericolosa, quindi se un alunno è positivo chiuderà. Non credete alle rassicurazioni: in pratica, con gli insegnanti su più classi e magari anche a rotazione gli studenti per garantire il distanziamento, non basterà nemmeno la già assurda quarantena per tutta la classe e magari anche le famiglie. E intanto, gli allievi imparano una nuova disciplina, fondata sulla paura, meglio se fin da piccoli. Non c'è nessuna preoccupazione sanitaria a giustificarlo, anche non volendo considerare che questo virus non colpisce i bambini e comunque non gli fa niente. Qui, più che altrove, è evidente lo status di esperimento sociale di un nuovo paradigma di controllo che ha tutta la faccenda. Se non lo capite, siete pessimi genitori, senza offesa. E non vi sto dicendo di ribellarvi o peggio incitare i vostri figli alla ribellione, sia mai: non cercano altro che la scusa per la repressione. Vi sto dicendo di aiutarli a sviluppare in loro, in maniera diversa a seconda dell'età, il senso critico, ossia una adeguata presa di distanza interiore da quanto gli stanno infliggendo. Loro già lo fanno, quando fuori da scuola si abbracciano e si toccano per giocare: cercate di fargli capire perché e come, è giusto obbedire ai diktat assurdi anche se, e mentre, è ancora più giusto essere consapevoli di quanto siano assurdi. E' difficile, ma non è impossibile, e serve a fare di loro persone libere. Scusate se è poco.

mercoledì 23 settembre 2020

LA QUISTIONE MERIDIONALE

Vi confesso, logicamente solo a posteriori, che non è che avessi soverchie speranze per questo referendum: troppo compatto e dominante il fronte del SI, che in questo tipo di consultazioni finora aveva perso sempre, ma ogni volta c'era uno schieramento deciso e organizzato per il NO, stavolta solo voci sparse quando non "libertà di coscienza". Il conto della ulteriore aristocratizzazione della carriera politica, però, arriverà per tutti, e sarò contento di vedere tutti i non aristocratici che hanno votato SI pagare la loro parte, ammesso che si renderanno conto di starlo facendo e poi anche di esserne stati concausa avallando decisioni, prese contro di essi stessi, per aver creduto alla loro presentazione mendace e dissimulatoria. Non c'è da stupirsi se torna alla mente allora il primo degli imbrogli, quello fondativo della nazione italiana: il Risorgimento con le sue buffonate tra cui i cosiddetti plebisciti, votazioni dov'era impossibile sottrarsi all'assenso senza rischiare la vita: non male, come attenuante...
Insomma, arriva come il cacio sui maccheroni il pezzo di Pasbas sulla questione meridionale vista da Antonio Gramsci, che ci aveva promesso quando ci parlò dei briganti. Infatti, tratta di due tradimenti paralleli: quello di una parte d'Italia da parte dell'altra, e quello degli epigoni del PCI nei confronti di uno dei suoi padri più nobili (quello che aveva tra le altre cose fondato il loro storico giornale, lasciato appunto morire tra mille traversie, e forse è meglio così che a continuare a raccontarvi menzogne a vantaggio del Capitale il tradimento sarebbe stato peggiore). Tradimento perpetrato anche consegnando mani e piedi gli italiani a un feroce predatore straniero, più o meno come era stato fatto con i terroni ai "piemontesi", con Gramsci tra i pochi ad aver capito e denunciato la cosa.
Al termine del post, che vi invito a leggere con attenzione,, vi saluto con il tributo ad Antonio Gramsci di un cantautore da poco scomparso e forse già dimenticato, uno che dello stare "dalla parte del torto" ne aveva fatto un manifesto artistico e politico: Claudio Lolli, Quello lì.

La Quistione Meridionale di Antonio Gramsci

di Pasbas

Per Gramsci (da qui in avanti G.) la Quistione Meridionale (da qui in avanti Q.M.) è strettamente legata alla storia del Risorgimento, così come narrata dalla retorica del potere piemontese. Lo stato di abbandono nel quale versa il sud (nei primi decenni del ‘900) è principalmente dovuto alla politica coloniale di predazione delle risorse industriali, finanziarie e naturali presenti nell'ex regno borbonico. L’analisi dell’insieme dei problemi del sud riscontrati nei primi due decenni del ‘900 è stata condotta inizialmente da G. con modalità e metodiche ancora frammentarie, attraverso articoli su diversi giornali di orientamento socialista e democratico (Ordine Nuovo, Avanti!). Questi appunti in ordine sparso, scritti tra il 1916 e la scissione di Livorno (1921), vengono sistematizzati e finalizzati da G. nello scritto (rimasto incompiuto) del 1926 “La Quistione Meridionale”. Nello scrivere intorno a questi temi emerge la sofferenza di Antonio, giovane sardo che si reca nella capitale industriale d’Italia per studiare all'università e porta con sé un bagaglio esperienziale tipico di una realtà contadina, isolana e isolata dal resto d’Italia. Questo sofferto provincialismo ha condizionato fortemente il giovane Antonio e traspare in modo evidente, soprattutto dai primi scritti sul Mezzogiorno e le sue problematiche post-unitarie.
La Q.M. ha visto molti intellettuali di inizio secolo misurarsi con le problematiche proprie del Sud; G. attento osservatore ne cita diversi: Francesco Coletti, economista e membro autorevole dell’Accademia dei Lincei, scriveva che “... l’unificazione delle regioni italiane sotto uno stesso regime accentratore, aveva avuto per il Mezzogiorno conseguenze disastrose”. E ancora G. scrive “l’unificazione pose in intimo contatto le due parti ... l’accentramento bestiale ne confuse i bisogni ... l’effetto fu la migrazione di ogni denaro liquido dal Mezzogiorno al Settentrione e l’emigrazione degli uomini all'estero (fino al 1861 l’emigrazione era appannaggio esclusivo del nord Italia) ... il protezionismo industriale rialzava il costo della vita al contadino calabrese ... le guerre eritree, quelle di Libia, ... assorbirono i risparmi degli emigrati (meridionali). Si parla ... di mancanza di iniziativa nei meridionali, è un’accusa ingiusta ...”. Aggiungerei, col rispetto dovuto ad Antonio, che infatti non è possibile spiegare altrimenti la imprenditorialità estremamente creativa ed efficace degli emigrati del Sud in  Canada, Stati Uniti, Australia, Venezuela, Messico, Europa! Emigrati che contribuirono loro malgrado, con i risparmi sudati spediti in patria alle poverissime famiglie e intercettati dall'insaziabile sete di denaro dell’indebitato stato italo-piemontese (le cui reiterate spese militari avevano aperto una voragine nei conti dello Stato), a ripianare l’enorme buco di bilancio creato dalle scellerate scelte militari di un colonialismo italicamente straccione .
Si evince inoltre da quanto sopra riportato che la propensione di G. per uno Stato organizzato in modo federale fosse implicitamente una scelta ponderata; a questo proposito scrive: “il Mezzogiorno non ha bisogno di leggi speciali e di trattamenti speciali. Ha bisogno di una politica generale, estera ed interna, che sia ispirata al rispetto dei bisogni generali del paese ... per compensare i danni che le regioni hanno subito per causa della guerra”. E inoltre: “Il protezionismo in Italia ... ha saputo abilmente rendere antagonisti gli interessi immediati delle campagne con quelli delle città e di una parte dell’Italia contro l’altra ... spetta ai proletari urbani ... meglio preparati alla lotta ... con la loro resistenza ed opposizione, anche violenta, di smontare la vecchia macchina camorrista”.
G. sbugiarda inoltre la propaganda populista basata sul motto “La terra ai contadini!”: gli agrari del Nord fanno fissare il prezzo massimo del grano sulla base della bassa produttività dei terreni del Sud; così facendo spuntano per i cereali prezzi molto alti se comparati alla grande produttività dei terreni padani, realizzando così guadagni enormi e prima impensabili. Il richiamo di G. è al proletariato del nord, pesantemente penalizzato dall'aumento immotivato del prezzo del pane: “Uno sciopero a Torino, per un minacciato aumento del pane, può salvare la Sardegna e la Calabria dalla mania disastrosa di tagliare gli alberi per seminare il grano” ( su terreni improduttivi), mentre gli stessi alberi sono “la vera e più redditizia fonte di ricchezza” (per il Sud).
Il potere degli industriali e dei grandi latifondisti approfondì la cesura tra nord e sud, mettendo in contrasto gli interessi dei contadini meridionali con quelli del proletariato industriale del settentrione. G. smascherò questa politica del divide et impera esortando più volte le masse proletarie del Nord ad allearsi con i contadini poveri del Sud, per costruire una forza politica rivoluzionaria in grado di rovesciare lo stato borghese “ ... anche in modo violento ...” e edificare la nuova società comunista. Per fare questo è però necessario, secondo G., che il contadino povero cambi la sua radicata psicologia, che lo costringe in una logica egoistica e che lo spinge quindi a fiammate violente di ribellione che non conducono mai ad un qualche duraturo cambiamento della realtà sociale. “Il contadino ... non comprendeva l’organizzazione, non comprendeva la disciplina ... era impaziente e violento selvaggiamente nella lotta di classe”.
Paradossalmente la prima guerra mondiale ha realizzato una sorta di unità d’Italia reale, basata sulle sofferenze, la solidarietà, il cameratismo e la ricerca del bene comune, creando così in trincea “... un’anima comune unitaria ...” tra i militari provenienti da ogni angolo d’Italia. I contadini poveri hanno alla fine “... concepito lo Stato”. E parlando delle alleanze strategiche : “il problema della unificazione di classe degli operai e dei contadini ... si fonderà sulla ... vita comune in trincea”.
Ed ancora sul rapporto strategico nord-sud: “.... gli operai d’officina ed i contadini poveri sono le due energie della rivoluzione proletaria. Per loro ... il comunismo rappresenta una necessità essenziale ... La rivoluzione comunista è essenzialmente ... organizzazione e ... disciplina ... è necessario saldare le città alla campagna”. Questa estrema attenzione verso il rapporto contadini-operai, città-campagna, Nord-Sud, nasce in G. dall'analisi delle enormi differenze tra la Rivoluzione Francese ed il Risorgimento: i giacobini vinsero includendo a pieno titolo i lavoratori agrari nel processo rivoluzionario, il Risorgimento invece, diretto e orchestrato dall'infame Destra Storica del Conte di Cavour, puntò sulla divisione netta tra ricchi e poveri, tra industria del Nord e agricoltura povera del Sud (alleandosi però strategicamente con i latifondisti del mezzogiorno ben foraggiati e protetti dal governo piemontese).
In G. comincia a farsi chiara l’idea che l’alleanza nefasta tra città e campagna, così come realizzata nel periodo post-risorgimentale da industriali e latifondisti, avrebbe portato presto (nel tempo presente) a sbocchi reazionari, cosa che puntualmente si verificò di lì a poco con l’avvento del fascismo. Il motto demagogico La terra ai contadini! , coniato dalle forze di conservazione, deve essere per G. svuotato dai contenuti originari e interpretato in modo progressivo: “... le aziende agricole e le fattorie moderne devono essere organizzate per azienda agricola e fattoria ... le terre a coltura estensiva devono essere amministrate dai Consigli dei contadini poveri ...”. Cosa ottiene il contadino che occupa una terra incolta non avendo credito bancario, né macchine agricole né abitazione sul terreno, né cooperative di supporto? Soltanto la disperazione e la rabbia violenta, indisciplinata e feroce, che lo escluderanno per sempre da qualsiasi ipotesi di lotta organizzata. “... Gli operai e i contadini rivoluzionari ... hanno visto ... il cretinismo parlamentare, l’illusione riformista ... la controrivoluzione. ... La borghesia settentrionale ha soggiogato l’Italia meridionale e le isole e le ha ridotte a colonia di sfruttamento .. le masse contadine meridionali asservite alla banca e all'industrialismo parassitario del settentrione ... il controllo operaio sull'industria rivolgerà l’industria alla produzione di macchine agricole .. stoffe e calzature, luce elettrica per i contadini”.
Qui G. fa un accenno alla “favola” dell’inferiorità biologica e culturale dei meridionali: il riferimento implicito è chiaramente al criminologo veronese Lombroso che da positivista sosteneva che i meridionali avessero una naturale propensione a delinquere, confermata dai loro tratti somatici che li indicavano come anello di congiunzione tra la scimmia e l’uomo; Lombroso fu consigliere comunale a Torino nelle fila (indovinate un po') dei socialisti! In feroce polemica con lui (e con i suoi sodali) G. sostiene che non c’è ovviamente nessuna evidenza scientifica che indichi nel meridionale tendenze criminali a priori o una presunta deficienza cognitiva, e aggiunge: “... invece di studiare le origini di un evento collettivo e le ragioni del suo diffondersi ... si isolava (il soggetto) e ci si limitava a farne la biografia patologica ... (infatti) per una élite sociale gli elementi dei gruppi subalterni hanno sempre un che di barbarico e di patologico”. E ancora: “è noto quale ideologia sia stata diffusa in forma capillare dai propagandisti della borghesia delle classi settentrionali: il Mezzogiorno è la palla di piombo che impedisce i più rapidi progressi allo sviluppo civile dell’Italia; i meridionali sono biologicamente degli esseri inferiori, dei semi-barbari o dei barbari completi, per destino naturale”. (N.d.R: non vi ricorda qualcosa? a me, la sintassi del cosiddetto "vincolo esterno", secondo cui solo l'Europa può alla fine salvarci da noi stessi...). G. scrive questo nel 1926 e il riferimento al criminale (altro che criminologo!) Lombroso è evidente. Per questo bastardo e viscido servitore della causa piemontese la Q.M. è così risolta: il malumore dei contini del sud, il brigantaggio? Un problema di strutture anatomiche, di atavismo criminale!
E’ dunque questo uno dei miti fondanti dell’unità d’Italia, cioè che il Mezzogiorno d’Italia sia popolato da barbari e feroci criminali? E se così è, si può pensare ad un’Italia veramente unita senza riformare la coscienza degli italiani, a cominciare dalla falsa narrazione del Risorgimento e senza interpretare correttamente il fascismo come prosecuzione necessaria della politica coloniale nei confronti di un sud derubato, a partire dal 1860, delle sue ricchezze, come i meridionali della propria dignità?

sabato 19 settembre 2020

IL 2O E L'8

E' un po' che non parliamo di Covid, ma da un lato l'argomento è così importante, e non certo per ragioni sanitarie, da meritare una qualche forma di attenzione sistematica (è una promessa, o se preferite una minaccia...), dall'altro l'agenda impone un post che è quasi una replica di uno di fine agosto, perché è dovere di ciascuno di noi fare quanto è nelle proprie possibilità perché si realizzi quanto è nel proprio convincimento politico, e anche se uno solo tra chi mi segue, o magari tra quelli a cui avranno inoltrato questo post quelli che mi seguono, sarà passato dal SI al NO, non sarà stato invano.

Il 20 e 21 settembre, infatti, si vota per il referendum confermativo della riforma costituzionale che prevede la riduzione del numero dei parlamentari a 600 in tutto, dai quasi mille di oggi. Messa così, sembrerebbe un doveroso risparmio, e infatti è quello che vi dicono di continuo. Ma è un risparmio di spiccioli, talmente piccolo da non avere nemmeno valore simbolico. Molto inferiore di quello (peraltro anch'esso poco più che simbolico) che si avrebbe tagliando della metà tutti i compensi dei parlamentari, cioè trasformando in legge (ordinaria, peraltro) quella norma di buonsenso che i grillini hanno imposto a se stessi, finché ha tenuto (vedrete che presto sparirà, come ha già fatto il limite dei due mandati, ma già da un po' è variamente disattesa), ricevendo in cambio un bel po' di voti in più. In cambio, ipso facto, il taglio impone un innalzamento della soglia di rappresentanza tale da costituire di fatto un innalzamento dei costi di ingresso nella scena politica, sia dei singoli che dei partiti o movimenti che dir si voglia: devi attrezzarti per prendere più voti di prima, quindi spendere di più, quindi la politica è un affare per chi ha già soldi di suo o riesce a trovarli. Il contrario, insomma, di quello che prometteva l'esistenza stessa del movimento 5 stelle e della sua differente selezione della classe politica.

Che poi, fosse solo quello! I grillini sono arrivati da zero a un terzo dell'elettorato, me compreso, al grido di NO TAV, NO VAX, NO EURO e NO CASTA, specialmente NO PD. Con quale faccia tosta riescono a uscire di casa avendo tradito col botto praticamente tutti i loro mandati (ah, dicevano anche di essere per l'introduzione del vincolo di mandato, e infatti buttavano fuori dal loro schieramento chiunque secondo i loro tribunali interni avesse violato questo o altre "norme"), è un mistero. Ma guai a chi non conosce o comunque non applica la lezione della Storia. Come Fassino, che, quando Grillo decise di incanalare le enormi energie mobilitate col suo blog in un'azione politica tentando di scalare il PD, mentre lo escludevano dalla corsa gli intimò beffardo di fondarsi un suo partito... e poi hanno dovuto usare tutte le astuzie più e meno lecite per impedirgli di governare una volta diventato maggioranza relativa e poi neutralizzarlo nell'abbraccio mortale di questi ultimi tempi.

Qualche giorno fa era l'8 settembre. Lo sapete perché è sempre l'occasione per una serie di servizi televisivi più o meno storici, quasi tutti di autofustigazione dell'italianità. Siamo un popolo di voltafaccia, convinti di aver vinto una guerra perché abbiamo cambiato cavallo in corsa. Riguardatevi I due marescialli con De Sica e Totò, è stato girato pochi anni dopo ed oltre ad essere pieno zeppo di scene esilaranti è estremamente rappresentativo di questa vulgata (più ancora de I due colonnelli, altrettanto divertente), col culmine nella scena in cui il Podestà (l'immenso Gianni Agus, uno che oggi varrebbe ics volte gli attori da Oscar e ai tempi faceva il caratterista, lo ricordate tutti come contraltare di Fracchia, per intenderci), all'arrivo degli Americani, si stacca il contrassegno del Partito Fascista dal bavero e lo getta via guardandosi intorno circospetto. Ebbene, pensiamoci bene: la cosa ha il suo lato positivo. E' vero, ci lasciamo abbindolare: uno ci promette un posto al sole tra gli Imperi dopo che ci ha dato case lavoro e identità, e noi gli crediamo, tutti (o meglio molti ma gli altri lasciano fare e fingono di crederci pure loro), e lasciamo pure che inquadrino militarmente i nostri figli (della lupa) e le nostre piccole (italiane), e tolleriamo le leggi razziali tanto mica sono ebreo io e poi è per fare contenti i tedeschi noi poi qui mica li deportiamo e mio cugino comunque lo nascondo io. Ma quando si capisce che parlava a vanvera, quando la Storia presenta il conto, non si trova in giro più nessuno che sia, anzi che sia mai stato dalla sua parte. Tutti antifascisti. Tutti a tirare le monetine a Craxi, anche, anzi soprattutto quelli che in un modo o nell'altro erano stati beneficiati dal suo ostinato affidarsi alla spesa pubblica mentre già avevano sfilato la Banca d'Italia al controllo del governo nazionale (in favore di quello sovranazionale più o meno occulto sotto il quale ancora sta, con le altre banche centrali europee sotto la BCE).

Quante volte il continuum PCI/PDS/DS/PD ci ha portati in piazza in difesa della Costituzione, magari in funzione antiberlusconiana? Oggi lo sappiamo, era per tradirci meglio. Ma non ci pentiamo, e il 10 ottobre ci torniamo anche se non abbiamo capito bene chi organizza e a che scopo: intanto salviamo la Costituzione, poi vedremo. Se guardiamo la storia dei tentativi di riforma costituzionale fin dalla sua entrata in vigore, deduciamo che il ragionamento appena descritto deve essere in qualche modo maggioritario, tra gli italiani: per approvare una legge di riforma della nostra Carta fondamentale ci vuole una maggioranza parlamentare così ampia che solo una volta in 72 anni è stata raggiunta (per introdurvi l'obbligo di pareggio di bilancio, una vergogna che scredita per sempre tutti i votanti a favore, Lega compresa, agli occhi di chi capisce che è qui la causa di tutti i nostri mali, anche quelli legati al Covid e relativi disastri economici che avranno l'inesistente ricostruzione di tutti i terremoti), sennò bisogna ricorrere a un referendum confermativo. Come appunto quello in scena in questi giorni, si: senza quorum (che lungimiranza, i padri costituenti: se vuoi cambiare la Carta devi riuscire a far alzare il culo alla gente, se lo alzano solo quelli contro vincono loro, anche fossero due). Ebbene, ha vinto sempre il NO. Coda tra le gambe per tutti, da qualunque parte fossero: Berlusconi e Renzi ancora si leccano le ferite, e anche se non sono spariti di scena (e chi lo fa mai in Italia? Craxi fu un'eccezione, magistralmente raccontata da Gianni Amelio) il loro consenso non tornò più ai livelli di prima dell'azzardo. Noi italiani non neghiamo mai a nessuno il suo 8 settembre, il 20 settembre 2020 fate che sia quello di Beppe Grillo: venite a votare NO a una riforma che peraltro realizzerebbe il sogno di Licio Gelli.
Si lo so che gli schieramenti politici si sono schierati da una parte e dall'altra per le ragioni più disparate e si rischia di trovarsi compagni di schieramento indesiderabili (pensavo a +Europa, la UE è peggio di qualsiasi fascismo, anzi da sempre le politiche di rigore insensato sono le madri di tutti i fascismi) ma questo appunto vale comunque, e allora guardiamo a chi ha votato la riforma in parlamento, quasi tutti Lega compresa anche se stavolta non abbastanza, e capiremo meglio che al di là dei teatrini odierni, causati dagli interessi dei rivoli e dal fiuto politico di altri, questa cosa la volevano tutti e questo è un motivo in più per respingerla al mittente. Magari, infine, votare NO è il primo passo per riprendersi la sovranità, e pretendere il giusto risarcimento per la follia distruttiva dell'economia che ha animato i governi di mezzo mondo sotto la regia dei veri padroni del vapore sovranazionali. Intanto facciamolo...

mercoledì 16 settembre 2020

RADIO CIXD 27 - 1979 IL CONCERTO OMAGGIO A DEMETRIO STRATOS

Questa volta parto dalla fine: dai tube delle tracce singole che non vi metto e vi spiego perché. Gli è che per parlare della voce italiana più grande di tutti i tempi si è quasi costretti, essendo impossibile selezionare un album tra quelli della sua produzione che da un lato si stacchi dagli altri dall'altro sia abbastanza masticabile ad un ascolto contemporaneo, a ricorrere a un concerto dal vivo andato in scena quando lui era appena morto. E il video integrale di questo concerto mi è sembrato il modo migliore di comprendere l'evento (e assieme ad esso la grandezza del personaggio che celebrava, peraltro avendo sperato fino a poco prima che non di celebrazione si trattasse: Demetrio Stratos era dovuto andare in USA a tentare una disperata cura per la sua anemia fulminante, e il concerto venne organizzato per contribuire economicamente ai notevoli costi della cosa) a cominciare dalle inquadrature iniziali dello stadio pieno.
E' infatti molto più interessante guardare il filmato dell'evento che ascoltare l'improbabile disco che ne è stato tratto: tra i partecipanti ci sono amici del cantante e gente che manco lo conosceva, esponenti della corrente prog/rock cui lui veniva ascritto (forzatamente, almeno in parte) e di generi che non c'entravano niente, artisti affermati che avevano aderito (non era previsto compenso) davvero per aiutare la raccolta ed emergenti (tra cui alcuni mai poi emersi) che avevano fiutato la vetrina. Insomma, vi metto la tracklist commentata per completezza, ma guardare guardatevi il video intero, magari mandandolo avanti dove non vi piace. E poi, questo invece ve lo consiglio vivamente, ascoltate con attenzione le performance originali di Stratos, a partire da qui.

E già, perché il cantante di origine greca poteva contare su una vocalità unica e irripetibile, anche per ragioni proprio fisiche. Gli si era avvicinato, ma neanche tanto, Sorrenti, nessun altro oserà. E i suoi Area, pur restando un gruppo di culto, anche e anzi innanzitutto tra gli addetti ai lavori, sono relativamente poco "coverizzati" (giusto gli EELST, e seminascosti dalla consueta ironia) proprio per ragioni tecniche, e non solo della voce: erano tutti strumentisti pazzeschi, che infatti hanno avuto carriere come minimo di session men di lusso con parecchi big della musica italiana e non solo: basta consultare la pagina wikipedia, e seguire per credere i link quasi tutti blu (quelli rossi non ne hanno una loro). 
Queste dunque le tracce dell'album:
  1. Kaos Rock, Basta Basta - Si lo so, non li conosciamo, mi documento: erano il gruppo punk di Luigi Schiavone, si quello che poi fonderà gli Champagne molotov con Enrico Ruggeri, che accompagnerà lungo la carriera solista. Cosa c'entrano? Boh, il genere andava per la maggiore, forse agli organizzatori sarà parso un buon inizio per tanto pubblico non certo selezionato. E casualmente la band era della loro casa discografica.
  2. Area, Danz(A)nello - Uno dei due soli interventi della band di Stratos. Non credo sia perché negli ultimi anni lui se ne era staccato...
  3. Francesco Guccini, Per Un Amico - Beh, il Maestrone è in tema, perlomeno.
  4. Eugenio Finardi, Hold On - Il ragazzo suonava il blues, la sua carriera era tutta al di là da venire, ma la stoffa c'era, e ogni volta che non si sarebbe scordato dov'era avrebbe fatto bene.
  5. Roberto Ciotti, Shake It - Chitarrista jazz blues come pochi, ha suonato con tutti fino alla morte prematura qualche anno fa.
  6. Venegoni & Co., Coesione - La scena del rock progressivo (genere che flirtava da una parte con la classica dall'altra con il jazz) era pienissima, nell'Italia dei primi anni 70. Ma qui siamo alla fine del decennio e già si andava svuotando...
  7. Angelo Branduardi, Il Funerale - Anche Branduardi è in tema, anche lui come Guccini cambiando scelta all'ultimo momento...
  8. Carnascialia, Europa Minor - Qui la prog si tinge decisamente di jazz, per il tipo e il livello dei musicisti coinvolti nel progetto da Mauro Pagani, ex PFM e poi tanto altro, dal sodalizio fertilissimo con De Andrè alla direzione artistica di Sanremo passando per il "tagliando" artistico a gente disparata (Vecchioni, Arisa, Ranieri...).
  9. Adriano Bassi e Italo Lo Vetere, Nero sul Bianco - Pianisti d'avanguardia, e il titolo del brano lo suggerisce.
  10. Antonello Venditti, Bomba O Non Bomba - Già non c'entra nulla, poi sceglie pure un brano pop recente, e dire che ne aveva un po' più in tema nella sua produzione precedente. Bah, diciamo che ha richiamato un po' di gente, e visto lo scopo originario bene così.
  11. Skiantos, Ehi Sbarbo, Ehi Buba / Loris - Come Faccio A Farmi Fare - Freak Antoni fa la sua solita parte di sciroccato. Ma forse qui il suo straniamento ci azzecca molto, anche perché si sente del turbamento autentico sotto.
  12. Gaetano Liguori e Tullio De Piscopo, Tarantella del Vibrione - Una parentesi mediterranea, e allora apriamone una pure noi. Qualche anno prima c'era stata un'epidemia di colera: io mi ricordo le file per vaccinarsi, e i bollettini dei morti. Ma venivano dati dal telegiornale con sobrietà e senza cavalcare l'allarmismo, il governo tranquillizzava e agiva, e non si sognava nemmeno di fermare e rovinare l'economia. Bei tempi!
  13. Giancarlo Cardini, Novelletta - «Cardini» Solfeggio Parlante Per Voce Sola - Fischiatissimo, eppure era il più in tema di tutti: recita un pezzo che doveva far parte del repertorio di Stratos...
  14. Roberto Vecchioni, Figlia - La canzone è così bella che gli si perdona l'essere fuori argomento. E poi, ascoltandola meglio ("non voglio che tu sia felice, ma sempre contro, finché ti lasciano la voce") forse non lo è neanche del tutto...
  15. Banco del Mutuo Soccorso, E Mi Viene da Pensare - E meno male che c'era il Banco, a rappresentare degnamente la scena prog. Brano strepitoso.
  16. Area, L’Internazionale - Chiudono giustamente gli Area, con un brano probabilmente ispirato alla performance di Hendrix con l'inno americano. Nel decennio successivo, una scelta così in un concerto sarebbe stata improponibile. Forse questo album chiude davvero un'epoca...

Pare che volessero essere dell'evento, ma furono respinti per ragioni opposte (ma ugualmente assurde, alla luce di quanto detto su alcuni degli ammessi: uno sarebbe stato ancora troppo poco conosciuto, l'altro troppo e di un genere troppo fuori contesto), Pino Daniele e Adriano Celentano. Che magari Stratos lo conosceva dai tempi dei Ribelli di Pugni chiusi. Si, si: il cantante era proprio lui...

giovedì 10 settembre 2020

EROLÌ 1 - LA VILLA ROMANA DI PALAZZI DI CASIGNANA

Inauguro oggi una nuova rubrica, sperando abbia maggior fortuna di RADIOCIXD, molto popolata perché faccio da me ma poco letta perché evidentemente non vi interessano tanto le recensioni di dischi non recenti, e di YOSS, molto letta ma poco popolata perché destinata fin dal nome ad ospitare solo contributi vostri in forma di racconto e fin'ora solo due di voi si sono scomodati, per un totale di tre post.
La scommessa è che la scoperta di siti di interesse culturale vi solletichi di più dell'archeologia musicale e delle velleità letterarie, e che quindi vi affolliate ad imitare
Pasbas, che qui ci parla di "una delle tante bellezze nascoste della Calabria Jonica", di cui è peraltro originario.

Il taglio che devono avere i vostri contributi per essere pubblicati è proprio questo: parlare col cuore di un posto dove siete stati o comunque che abbia valenza culturale tale che pensate meriti se ne parli di più di quanto non si faccia. Importa poco se ne approfittate per fare un po' di pubblicità gratuita, ad esempio a un buonissimo (ve lo garantisco) quanto poco conosciuto vino... Scrivetemi, e intanto buona lettura. Anzi, pure buona visione: le (davvero belle) immagini si espandono al click.

...

La villa romana di epoca imperiale di cui vi parlo fu scoperta nel 1963 durante gli scavi di un acquedotto, in contrada Palazzi, comune di Casignana (tra Bianco e Bovalino). La grande costruzione era proprietà di una ricca famiglia patrizia di Roma, che probabilmente si dedicava alla coltura della vite, data la presenza in loco della più antica delle cinque Malvasia presenti nel mondo. 

La leggenda narra che nell'ottavo secolo A.C. un colono greco abbia portato con sé un tralcio di questo pregiato vitigno per ricordare la sua madrepatria, magari sorseggiando un po' di Malvasia davanti allo spettacolo dell’alba che colora questo mare di un rosso ambrato.

L’archeologa responsabile degli scavi mi disse che questa era zona di commerci sulla strada che univa Locri a Rhegion ed in posizione strategica per i commerci con l’Africa via mare (la villa era dotata di un porto completamente attrezzato, le cui vestigia sono ancora visibili in mare in particolari condizioni di correnti). La stessa archeologa mi riferì che, in base a ricerche e sondaggi fatti, in zona dovrebbero esistere altre sette ville dello stesso tipo.

La edificazione di questo complesso, iniziata nel I sec. DC, è proseguita tra modifiche, rifacimenti e ampliamenti per tre secoli, raggiungendo il massimo splendore nel IV sec. DC. Gli ambienti termali, sontuosamente decorati con marmi e mosaici policromi e articolati in diverse sale, un frigidarium e otto calidarium, rappresentano un unicum per le regioni a sud della zona flegrea. Le dimensioni della costruzione, 5000 mq ca, rendono l’idea della importanza della famiglia patrizia e di quanto floridi fossero qui i commerci in epoca imperiale. Gli otto calidarium erano serviti da una complessa e efficiente rete di condutture in terracotta ancora in ottimo stato di conservazione. Segue il tepidarium, ambiente di transizione verso la parte fredda delle terme e finalmente il frigidarium, fine del percorso benessere (altro che spa attuali!). Erano presenti inoltre diversi laconicum, ambienti riscaldati simili alle nostre saune.

I mosaici che ornano i pavimenti dei vari ambienti, soprattutto quelli termali, risalgono a periodi diversi: i più antichi sono bicromi con tessere bianche e verdi, mentre i più recenti, utilizzando preziosi marmi provenienti dalle province lontane dell’impero, sono realizzati con tessere policrome. In ambedue i casi si è fatto utilizzo anche di tessere piccolissime che fanno pensare più all'arte orafa che a quella prettamente mosaicale. Il frigidarium contiene i pavimenti più belli, istoriati con forme geometriche, volti umani e scene mitologiche. La Stanza delle Nereidi e la Stanza Ottagonale sono certamente le più sontuose, con mosaici perfettamente conservati. Dalle sale termali si accede direttamente ai sofisticati servizi igienici, tra i quali sono riconoscibili diverse latrinae ben conservate.

Una vera chicca è rappresentata dal pavimento di una delle sale che, cedendo il terreno che la sosteneva, si è mosso di conseguenza acquisendo una perfetta forma ad onda: con grande sorpresa ho scoperto che in questa nuova configurazione nemmeno una singola tessera si è mossa dalla propria posizione all'interno del disegno geometrico, creando un effetto “tappeto volante” credo unico al mondo.

E’ stato realizzato in un secondo tempo un sottopasso attraverso la SS.106 Jonica che conduce alla sezione specificatamente residenziale della villa. Gli scavi più recenti hanno portato alla luce gli ambienti padronali, tra i quali sono degni di nota la Sala delle Stagioni con i suoi pregevoli mosaici e i pavimenti dei vari ambienti. Ultimo in ordine di scoperta è il Trionfo di Dionisio che viene rappresentato su un carro trainato da tigri. Non è ancora visitabile perché in fase di restauro, secondo Giuseppe (il responsabile del sito, persona appassionata e competente) i lavori relativi dovrebbero riprendere la prossima primavera (?).

Tutto il complesso si trova all'interno della Tenuta Ceratti, azienda vinicola che da generazioni produce il passito più antico, il Greco di Bianco. La famiglia si è presa cura, fin dal primo momento, della salvaguardia di questo vero tesoro calabrese. Non si può che rimanere estasiati di fronte a tanto splendore e al contempo dispiaciuti per la pochissima attenzione che questo sito riscuote in Italia e, cosa ancor peggiore, nella stessa Calabria.

PasBas

domenica 6 settembre 2020

CAMBIO DI PARADIGMA

No, la popolazione non è dimezzata, non serve un
Iron Man a rimediare. C'è stato un virus influenzale
che ha contagiato alcuni milioni di umani su alcuni
miliardi, creando problemi a uno zero virgola di loro
e uccidendo uno zero virgola dei sintomatici. I veri
danni sono al tessuto democratico, li hanno fatti col
nostro consenso i fascisti che governano il mondo, e
non servono supereroi: possiamo salvarci solo noi...
Per dirvi di cosa significa per me tenere un blog: la piattaforma consente di avere contezza statica e dinamica delle statistiche di lettura di ogni post, e quindi mi consente di capire quali argomenti interessano maggiormente i lettori e quali meno, tra questi ultimi ci sono le recensioni musicali di RadioControinformoXDiletto, quindi io dovrei mollarle, invece non ne ho nessuna intenzione perché piacciono a me e non scrivo per rincorrere click (non ho banner, nemmeno quello automatico offerto dalla piattaforma Blogger stessa).

Quelli di politica ed economia vi interessano di più, ma stiamo parlando di un numero di letture comunque non sufficienti a un reddito anche minimo: un centinaio di media, contro le poche decine dei suddetti post musicali. Ma non è questo il punto. Il punto è che sono francamente sconfortato dal livello di acquiescenza ai soprusi dei miei concittadini, e mi piacerebbe poterne raggiungere molti di più, e non (dovrebbe essersi capito) perché con ciò io moltiplicherei i miei guadagni (che zero fa zero per qualunque fattore), o per saziare una mia forma di esibizionismo, ma perché oltre che cittadino democratico sono anche padre e vorrei che lasciassimo ai posteri un modo meno peggiore di quello che ci stanno apparecchiando. Vi chiedo dunque non solo di avere la pazienza di leggere i miei post per intero, nonostante talvolta siano ostici, ma anche, se ne condividete il contenuto e le conclusioni, di condividere il link attraverso i vostri social network. Lo facciamo con tante di quelle stronzate, ogni tanto facciamolo anche per qualcosa di un po' più serio.

In cambio vi prometto che mi sforzo di restare più breve e più lineare che posso, tenuto conto che piegarsi oltre un certo limite ai dettati della comunicazione odierna (dicendo tutto in poche righe e la cosa che vuoi che arrivi entro la terza), significherebbe dargliela vinta proprio sul terreno di battaglia che hanno scelto per sconfiggerci: sarebbe come per un Gandhi vincere a pistolettate, una sconfitta mascherata da vittoria.

Negli anni 70 si esagerava con l'analisi e la verbosità, è vero, ma il livello di consapevolezza politica e di attenzione dei cittadini era tale che, ad esempio, una influenza con complicazioni polmonari che causò più vittime (15mila in più, almeno; dati ISS) di questa di cinquant'anni dopo non fu certo occasione per imporre limitazioni alla libertà dei cittadini, di lavorare studiare muoversi o divertirsi che fosse, e non lo fu perché non poteva esserlo: una classe politica e dirigente che avesse tentato di farlo sarebbe stata spazzata letteralmente via dalle proteste, e lo sapeva benissimo quindi non ci ha neanche pensato.

Fu allora che il paradigma cambiò, lentamente ma inesorabilmente come nella favola della rana bollita che non salta fuori finché non è cotta e non può più. Non potendo dall'oggi al domani annullare tutte le conquiste democratiche e sociali che gli erano state strappate in decenni di lotte, il capitalismo comprese che poteva ottenere lo stesso risultato, anzi meglio, disinnescandole lentamente una a una. Ora, non occorre che pensiamo a un Grande Vecchio, o a un Club si chiami esso Buildeberg o Vattelapesca: le forze sistemiche hanno inerzie che prescindono dalle persone fisiche che le incarnano e incanalano, e le idee circolano da sempre in molti modi, e da qualche decennio più velocemente di qualsiasi riunione su un panfilo: pensiamo a una Cricca, se volete, ma solo per comodità. Ebbene, la Cricca prima ci ha oliato abbastanza da trasformarci da cittadini a consumatori, poi ci ha costretto ad indebitarci per mantenere i consumi a cui ci eravamo abituati (imponendo come fosse un dogma religioso l'indipendenza del sistema bancario da quello politico, allo stesso tempo rimuovendo la vitale separazione interna al sistema bancario che teneva fuori dalla speculazione finanziaria chi gestiva i risparmi del settore produttivo), quindi ci ha reso sempre più incapaci di attenzione e approfondimento propugnando l'evoluzione della comunicazione da interpersonale a apparentemente globale ma realmente solipsistica, passando dal faccia al faccia all'era degli smartphone attraverso l'era della televisione commerciale (percorso durante il quale il terrorismo interno ed esterno ha fatto la propria parte). Infine, quando eravamo pronti, ci ha assestato il colpo di grazia: una ondata di terrore globale sapientemente montata, a sancire la nostra volontaria accettazione della fine di ogni libertà democratica (e personale, fino all'obbligo di chip sottopelle come i cani, vedrete) in cambio della sicurezza sanitaria.

Che poi non hanno avuto nemmeno bisogno che fosse reale, il rischio. Certo, forse, se reagissimo diversamente potrebbero sempre, lanciare una pandemia vera in grado di decimare i viventi, o almeno di dimezzarli come il povero Thanos con uno schiocco di dita. Ma per ora, per l'affermazione del paradigma, è bastato un virus influenzale che, più o meno come qualsiasi altro prima e dopo, contagia un dieci per cento degli umani, nella grande maggioranza senza provocargli nemmeno sintomi, in qualche caso con sintomi più o meno gravi, e in uno zero virgola di casi quasi sempre con altre patologie uccidendoli. Si, lo ridico, anche se è pronto il marchio di "negazionista" per tutti i non allineati, magari accanto ad altri marchi ancora più infamanti, tra cui il più assurdo è proprio quel neonazista che meriterebbe invece proprio chi mette i marchi: è per una pandemia inesistente in quanto tale, che state accettando tutto questo. Infatti, il suo impatto statistico (salvo in alcune zone, guarda un po' oggetto di campagne di vaccinazione) è tale (e a dispetto di attenzione morbosa e meticolosa, figurarsi altrimenti) da non poterla se non in mala fede definirla così. Chissà quando verrà fuori, e se io sarò ancora vivo, che usando lo stesso metro del 2020 l'influenza del 2019, ad esempio, è stata più letale. O se preferite usando il metro 2019 l'influenza del 2020 è stata meno grave.

Fantasie? Forse. Ma allora le torri gemelle le hanno davvero buttate giù con gli aerei, anche se le leggi della fisica dicono che i palazzi possono cadere in quel modo solo per demolizione controllata? Il DC9 è esploso su Ustica per una bomba nel cesso, anche se quella sera volavano caccia a tinchité, e purtroppo si sono persi i tracciati o sono morti a uno a uno tutti i possibili testimoni? Kennedy lo ha davvero ucciso Oswald, anche se i filmati dimostrano colpi provenienti da più parti? L'amianto è un materiale antincendio del tutto sicuro, e tutti quelli che sono morti di cancro per averne respirato le microparticelle sono complottisti? Il Sole gira intorno alla Terra, e quello sciagurato di Galileo doveva marcire in prigione?

Aprite gli occhi, uscite dalla caverna, e usate il cervello. Se sono rimasti la Meloni e Sgarbi a parlare di "dittatura sanitaria", non è merito loro e non è colpa vostra, e non è meno vero si sia instaurata; anzi è colpa di chi ha contribuito a instaurarla, e tra questi quelli in qualche modo cointeressati alla cosa sono i migliori, pensate un po'...

mercoledì 2 settembre 2020

RADIOCIXD 26: UN SABATO ITALIANO

La maglietta è una citazione artistica, che Caputo ha fatto
un anno PRIMA del gruppo che l'ha usata come nome...
A chi era cresciuto con la musica e la cultura degli anni settanta, gli anni ottanta si presentarono come quelli del "riflusso", del "disimpegno", della rivincita della forma sulla sostanza, eccetera. A distanza, non credo che quel decennio (che poi sta cosa di considerare i decenni o i secoli o perfino gli anni con lo zero periodi significativi! ...tutta roba dovuta al nostro avere due mani da cinque dita ciascuna...) abbia avuto nel complesso una percentuale di cose da salvare, in qualunque campo musica compresa, molto diversa da qualunque altro: di mondezza dimenticabile e dimenticata erano fatti al 90 e passa per centro anche gli anni 70, i 90, i 60, eccetera, e lo sono anche questi anni qui, il problema è semmai essere capaci di distinguere nel presente "cosa resterà" nel futuro di quello che ci circonda.
Sergio Caputo mentre faceva gavetta cercava di camparsi come pubblicitario, e già questo lo bolla immediatamente come figlio della sua epoca: qualche anno prima non si usava. Anzi, per quelli cresciuti qualche anno prima questo era già un marchio, e  "di destra". Poi aveva trovato la sua cifra stilistica in un genere che sembrava revival degli "spensierati" anni di prima delle rivolte studentesche, e la grafica lo sottolineava, come vedete. Per accorgersi che non era così, che il ragazzo aveva studiato e non solo musica, e che il suo lavoro avrebbe scavalcato le mode, bisognavano pazienza e approfondimento. Tant'è, non so se fu ancora una volta grazie alla sapiente guida di Mister Fantasy (di cui vi ho già parlato e vi riparlerò), ma io comprai il vinile, che avrei ancora se non me lo avesse fregato.... mio padre. Si perché - forse ve l'ho già raccontato, ma chissene - la mia passione per la musica, come spesso capita, me l'ha instillata papà, fin da piccolissimo, coi suoi 78 giri degli anni 50 e 60 che ancora tengo come reliquie accanto al giradischi Lesa del '53 perfettamente funzionante. E poi mi introdusse alle trasmissioni radiofoniche nella radio libera che aveva fondato, anche se nel frattempo avevo sviluppato i miei gusti che di certo non coincidevano coi suoi. Eppure, a un certo punto è capitato che io potessi in qualche modo ricambiarlo, passandogli qualcosa: dopo avergli fatto ascoltare Paolo Conte, si comprò tutta la discografia, e per questo ho voluto che la sua lapide riportasse un verso di "Dal loggione": "viva la musica che ti va fin dentro all'anima". E ancora prima, quando andò via per la sua seconda vita, nel lasciare il rack stereo del 78 (un impianto magnifico, che ho solo il rammarico di non fare più suonare spesso), si portò il 33 giri di cui vi parlo oggi.
Un sabato italiano
è un album talmente di culto che lo stesso cantautore, per rientrare nel giro della musica italiana, ha "dovuto" reinciderlo integralmente 30 anni dopo. Non il solito remaster, no, proprio una nuova versione, con dentro gli anni di esperienze, o dovremmo dire di nuova gavetta, che il Nostro si è imposto nella profonda America dei locali di jazz live, piuttosto che vivacchiare dei rimasugli della fama come fanno di solito gli altri nella sua situazione. Il successo di questo disco, infatti, fu tale da non essere eguagliabile dai successivi, che per alcuni anni peraltro mantennero il livello qualitativo. A Roma lo riportò, poco più di dieci anni fa, il gestore calabrese di un noto locale di Prati, convinto che avrebbe riempito la sala anche a così tanti anni di distanza da quando se ne erano perse le tracce. E lo ha fatto: ne sono testimone oculare. Da allora Sergio si aggira tra noi, di tanto in tanto, senza mai tornare nel mainstream ma anche senza più sparire dall'orizzonte, offrendoci una versione dialettica della cifra stilistica con cui era esploso nell'83, sintesi tra quella tesi e l'antitesi della carriera americana.
Ma di quale stile stiamo parlando? Chi lo conosce, può saltare questo paragrafo. Chi no, sappia che ascoltando questo disco all'inizio gli sembra di essere entrato in un night degli anni 50, ma poi piano piano si accorge che la musica swing/jazz è troppo sofisticata per essere davvero di quell'epoca, anche perché i testi non sono poi così scanzonati come sembrano, e sono inoltre composti con un lessico ricchissimo e colto, davvero inconsueto, vero marchio di fabbrica che avvicina Caputo più proprio a Paolo Conte che ad altri artisti. Ed infatti la solita track list commentata stavolta più che altro riporta citazioni testuali...
1. Bimba se sapessi
Citrosodina, si doveva chiamare sto pezzo, e i fortunati che hanno comprato il vinile prima della precipitosa reincisione, imposta per le vie legali da una causa farmaceutica miope nel rinunciare a una enorme pubblicità gratuita, hanno a casa un tesoro. Tra le invenzioni letterarie, perché di questo si tratta, segnalo un pediluvio nel tuo cuore, la collezione di medicinali, e le sfumature nel colore delle scottature.
2. Io e Rino
Rino è l'amico e coproduttore del disco, con cui davvero Sergio passava le notti nei locali romani "in evidente stato confusionale", muovendosi "voluminosi in uno spazio bidimensionale".
3 Mettimi giù
Qui i giochi di parole sono troppi, dovrei citare tutto il testo. Sergio dice che il titolo e tormentone del brano glielo ha suggerito la visione di King Kong, come pensiero della bella amata dalla bestia. Ma Sergio dice tante cose....
4 E le bionde sono tinte
Ho mangiato la foglia e non l'ho ancora digerita. Effetti stroboscopici del destino, difetti di pronuncia della realtà. Sono pronto alla fuga ma nessuno mi insegue. Che volete di più?
5 Cimici e bromuro
C'era ancora la naja, si faccia avanti chi mi trova una canzone che la racconta meglio. Dal confessare davanti al mare di aver paura di nuotare, allo uscirne fuori con in tasca le prove della propria santità...
6 Un sabato italiano
Questa la conoscete tutti, evidentemente pure Sorrentino, quindi non vi dico niente. Il video vi ho messo quello originale di Mister Fantasy, ma potreste trovarne anche di altri sette brani dell'album. Era nel repertorio dei Ristrittizzi (la mia band romana di quasi trent'anni fa), tra quelle responsabili dei miei noduli alle corde vocali: sembra facile, ma senza tecnica non si può cantare.
7 Mercy bocù
Uno stock di giapponesi mi travolge, me e la mia verve, e sparisce tra le fauci di un hotel. Un'orchestra di gatti sta provando l'ouverture. Tu sfoggi un tailleurino giallo senape (giuro, il colore si portava, io ci avevo una giacca), io mi auguro di non vedertiiii più...
8 Week end
Mentre lei è fuori per il weekend, io mangio un sandwich del '43, un tassista rock crede che De Niro sia Gesù: miss Malinconia gioca le sue carte anche così...
9. Night
Ed eccoci davvero, nel night degli anni 50 di cui vi dicevo, ma qui: è un'oasi di lamè, si diventa didascalici ma tu non lo sai, la cassiera ossigenata non ha niente da invidiare a Fernandel, e ognuno ha un segreto nel cuore da non rivelare mai.
10. Spicchio di Luna
Questa pure la cantavo coi Ristrittizzi, ci aprivamo le serate perché il ritornello dice "ne approfitto per fare un po' di musica", e mi piaceva tanto che forse ancora saprei accompagnarmi alla tastiera. O forse no. Ma penso ancora che sia così bella da valere una carriera, anche avesse scritto solo questa. Quando l'avete ascoltata, tra piccoli sogni in abito blu, discoteche inquietanti e amici naif, tra le stelle e i lampioni, fatevi un favore: rimettetela daccapo. E poi ancora...
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