lunedì 24 settembre 2012

CINICO CINEMA

Senza scomodare la categoria del capolavoro, E' stato il figlio di Ciprì si rivela uno dei film italiani migliori del 2012. Disseminato di inquadrature "parlanti", e anche per questo comprensibile anche ai non "sicilofoni" anche senza guardare i sottotitoli, il film dimostra a contrario l'inutilità del 3D, essendo in grado senza nessuna tecnologia non solo a entrarti dentro visivamente e sentimentalmente, ma anche a invaderti sensorialmente a tutti i livelli: senti gli odori e i sapori, provi i dolori.
Si, molta della credibilità estrema è merito anche degli attori, tra cui Toni Servillo la cui mostruosa bravura non fa nemmeno più testo, ma anche il casting è una dimensione da cui giudicare il lavoro di un filmmaker, e qui sono azzeccati tutti, dalla nonna alla mamma passando per il figlio che è stato, e questo è quanto. Risultato, il film conquista persino uno difficilino di gusti come Guzzano, e a noi non resta che andarci a rivedere i filmati di Cinico TV su youtube, che stanno a questo film come i sonetti giovanili danteschi alla Commedia, mutatis mutandis: palestra d'artista. Per i pigri, estraggo una perla.

domenica 16 settembre 2012

CANTO L'UOMO CHE E' MORTO...

... non il dio che è risorto. Come se non con un verso di un suo testo per Dalla, commemorare il poeta Roberto Roversi, scomparso oggi? Il brano è Comunista, tratto dall'album Cambio del 1990, si quello di Attenti al lupo. Con Lucio pochi anni prima aveva scritto un brano che gli Stadio resero famosissimo, Chiedi chi erano i Beatles, usando lo stesso pseudonimo che i due avevano adoperato per il loro terzo album, il capolavoro Automobili del 1976. I precedenti, Il giorno aveva cinque teste del 1973 e Anidride solforosa del 1975, sono comunque dischi bellissimi (ho i vinili, non siamo in tanti) sia per lo spessore dei testi di Roversi appunto che per il coraggio di Dalla, di mollare il filone melodico popolare che lo aveva portato lì lì a vincere Sanremo con 4/3/1943 per battere i sentieri di un pop-rock difficile ma geniale. Quei tre LP sarebbero stati la palestra di Dalla, da cui sarebbero nati poi i suoi capolavori nuovamente commerciali, una sorta di sintesi hegeliana che solo uno che giocava con tutto e in primis con se stesso (senza per questo smettere di essere serio, solo non era serioso, capito Francesco?) poteva.
Si tratta di tre dischi in gran parte misconosciuti, ecco perché non si può fare cosa migliore che farli sentire, per salutare un poeta che è morto tramite le sue cose immortali, anche perché enormemente profetiche.




venerdì 14 settembre 2012

TU SEI UN... AH..AH..

...per spocchia chiamato Artista...
Adoro diciamo l'80 per cento delle canzoni di De Gregori fino all'84, e alcune di quelle del decennio successivo, e il fatto che di quelle scritte dopo fatico a ricordarne qualcuna decente non è significativo, trattandosi di un fenomeno abbastanza diffuso di calo d'ispirazione cui fanno eccezione solo pochissimi artisti (ad esempio, De Andrè), in questo mio mettere le mani avanti: sto per stroncare un documentario su di lui, non lui come cantautore. Anche se proprio quest'ultima parola è il punto d'appoggio per alcune possibili critiche al De Gregori persona, così come si sospettava fosse ed è emerso chiaramente proprio dal documentario stesso.
Che Francesco De Gregori - Finestre rotte non fosse granché ce lo si poteva aspettare già leggendo la recensione di mymovies, ma anche partire (come a me non è successo, avendola letta dopo) con aspettative più basse non evita in questo caso il rischio che durante la visione si rompano anche altre due cose oltre che le finestre del titolo. Si tratta infatti di immagini girate durante la tournée estiva 2011 e giustapposte quasi senza interventi, e soprattutto senza uno straccio di idea di storia, se non la tesi (predichiarata in sala dal regista Pistolini) di voler raccontare De Gregori al presente rinunciando al biopic. Purtroppo però il racconto non c'è, nemmeno solo al presente, anzi forse gli unici momenti interessanti sono quando De Gregori rievoca qualcosa (il processo al Palalido nel 76, la gioventù al Folkstudio) o canta (qui uno dei pochi pezzi che ci lasciano sentire dall'inizio alla fine, bontà loro, ché se avessero almeno lasciato parlare la musica i soldi del biglietto sarebbero stati ben spesi maledizione...). Il punto è che De Gregori è schivo e antipatico, lo sanno tutti quindi doveva saperlo anche chi si apprestava all'impresa, preparandosi a fronteggiare la cosa: invece no, va bene non edulcorare, ma dalla visione del film il "principe" ne esce davvero decisamente odioso.
Come quando ammette di non essersi mai sforzato per fare questo mestiere, ma con l'atteggiamento che potrebbe avere (e non ha) Federer col tennis, e senza riconoscere di aver avuto semplicemente culo, il culo di trovarsi a 18 anni e con una chitarra in mano nel momento storico più favorevole di ogni tempo e luogo alla cosa, il che gli ha consentito di diventare miliardario -  andasse a dirlo ai ragazzi che oggi, in un mondo rovinato dalla miopia delle case discografiche (e non, si badi NON, dalla pirateria), tentano di fare musica sapendo che i dischi bisogna regalarli (e manco basta più: questi ad esempio ti pagano pure...) e se ce la fai devi campare di concerti. Oppure quando dice che l'etichetta cantautore non gli è mai stata bene, è una parola bruttamente composta, lui se proprio si deve definire preferisce chiamarsi artista. Non perché non lo sia, beninteso, le vette della sua produzione passano abbondantemente la soglia sotto la quale al massimo è artigianato, ma se me l'avesse detto in faccia, gli avrei chiesto serio (ammesso di riuscire a non ridergli in faccia) "scusa, ti posso toccare?", e poi gli avrei spinto via il gomito come Totò all'onorevole Trombetta. Siccome tra noi c'è la giusta distanza che c'è tra un artista della canzone e un anonimo appassionato di musica, peraltro da sempre irritato dal suo storpiare le proprie canzoni (vabbè che sei un suo seguace, ma ti volevo ricordare che non sei Dylan, ciccio!), uso il mio piccolissimo blog per mandargli un messaggio, per voce di un suo collega che per sua fortuna si è sempre preso meno (e neanche tanto meno) sul serio. Qui in un vecchio video dove compare anche un altro personaggio misteriosamente (De Gregori gli deve tantissimo) neanche citato nel documentario di cui sopra...


giovedì 13 settembre 2012

DIMMI LA VERITAAAAA

In comunicazione si insegna che volendo fare una media (come tutte le medie, assurda e allo stesso tempo significativa) tra tutte le transazioni comunicative faccia a faccia, che mettiamo in atto da quando ci svegliamo a quando andiamo a dormire, in cui cioè entrano in gioco la comunicazione verbale (quella che potrebbe essere trascritta in un testo) quella paraverbale (tono volume e timbro, quello che passerebbe per radio o per telefono) e quella non-verbale (l'unica delle tre che passa solo se ti vedo), in quello che arriva del messaggio sono preponderanti le ultime due dimensioni, restando alla verbale stretta non più di un dieci per cento di importanza relativa.
Si tratta di un fatto, si proprio di un fatto sperimentalmente dimostrabile quindi scientifico, che lascia increduli la maggior parte di noi quando lo sentiamo la prima volta, per una ragione semplice: viviamo nella presunzione che la parte logica della nostra mente, quella che governa tra le altre cose il linguaggio verbale, sia preponderante nell'economia di ciò che percepiamo del mondo e di come ci interfacciamo con esso, mentre è vero il contrario, e la presunzione deriva dal fatto che la mente logica è come un velo che ricopre un universo, e si che lo ricopre tutto ma è davvero sottilissimo. Per avere una dimostrazione spicciola, basta avere a che fare con un essere umano di quell'età magnifica in cui comincia ad avere coscienza di se ma ancora non dice che mamma o poco altro: provate a dirgli una bugia, a dirgli una parola rassicurante mentre siete allarmati e la stessa parola quando siete davvero tranquilli, o una di rimprovero mentre siete convinti che con le sue marachelle è simpaticissimo e la stessa parola quando vi ha fatto davvero arrabbiare. Poi, pensate che ciò accade anche coi grandi, anche se una serie di strategie di finzione messe in atto da tutti tende ad insabbiare la cosa...
La verità è che la verità è un concetto davvero molto difficile da maneggiare. La verità è che oggi mi sono imbattuto in quattro sfaccettature diverse di questo concetto, navigando nel mare della controinformazione com'è nella mission di questo blog:
  • il buon Peppe, rivelandoci una cosetta non da poco sul ruolo della Bundesbank nella gestione del debito pubblico tedesco, tale da scardinare il luogo comune "tedeschi virtuosi italiani cialtroni", ci fa riflettere sul concetto di manipolazione: ogni comunicazione ha come effetto, e se è consapevole come obiettivo, di influenzare il comportamento altrui, ma ogni bugia per quanto piccola, ogni semplice omissione anche di dettaglio, trasforma l'influenzamento in manipolazione, e la nostra opinione da libera diventa schiava (e nel peggiore dei modi: credendo di essere libera...);
  • Carolyn Baker, tradotta su ComeDonChisciotte, parlando senza edulcoranti della crisi sistemica incipiente derivante dalla insufficienza delle risorse del pianeta e delle proprie personali contromisure, ci ricorda che certe verità, in testa quella che tutti moriremo, per vivere dobbiamo dimenticarle, e anche così restano sempre sottopelle a condizionarci: così è della vita che materialmente presto saremo costretti a vivere, e qui forse la verità è che ha ragione mia madre a non avere mai smesso di coltivare la terra...;
  • Massimo Mazzucco, con un carteggio pubblicato su Luogocomune che se sia vero o costruito è davvero irrilevante, offre un contributo credo decisivo al discrimine tra verità oggettive e non, aiutandoci a districarci nel complottismo e a riflettere sul concetto di verità al tempo di Internet, proponendo ancora la Logica e il poco di moda (in era Ratzinger) relativismo culturale come strumenti di ausilio;
  • Pier Giorgio Gawronski, dimostrando dettagliatamente e graficamente sul Fatto quotidiano il fallimento di Monti a valle della sua stessa sincera e candida ammissione di colpa di questi giorni, ci porta fino al perché e al come non basta dire la verità sulle proprie responsabilità se non si è disposti a pagarne il prezzo e cambiare rotta: è invece esattamente il vizio cattolico per eccellenza, confessare la verità per avere l'assoluzione e continuare a commettere lo stesso peccato, e sicuramente è concausa di molti dei problemi del nostro Paese...

martedì 11 settembre 2012

11 DOPO 11

Non leggo le cronache dalla Siria, come non ho seguito nessuna delle vicende della cosiddetta primavera araba: una volta che hai capito come funziona il mainstream, sai che più il racconto di una vicenda è monocorde più probabilmente è una trappola. Anche a costo di essere tacciato di ottusità e pregiudizio, mi rifiuto di seguire una cronaca non appena mi sembra strutturata come una storia, e il criterio se volete utilizzarlo è semplice: lo è quando usa perlappunto le categorie della Storia, in maniera tanto più impropria e pretenziosa quanto più manca della distanza necessaria. La Democrazia, la Rivolta del Popolo contro il Tiranno, i Diritti Umani calpestati, eccetera: concetti utili a interpretare una vicenda quando è compiuta e analizzata a fondo, pretesti preconcettuali quando appaiono fin dal primo momento nelle articolesse dei commentatori e nei servizi dei telegiornali, dove non mancano mai fosse comuni appena scoperte e vittime innocenti del cattivone di turno. No, grazie: cambio canale e uso la logica.
Se lo stesso soggetto fino al giorno prima è il baluardo dell'occidente contro i fondamentalismi e il giorno dopo è l'autocrate da rovesciare, se eroici resistenti contro l'oppressore sovietico diventano da un giorno all'altro integralisti oscurantisti che opprimono le donne, se i bambini morti o anche semplicemente costretti alla miseria pesano molto diversamente a seconda da che parte di un nuovo muro stanno, non si è malpensanti a sospettare. La Storia si scrive diversamente. La Storia della crisi dell'Euro, ad esempio, non si capisce seguendo le "cronache dallo spread" o leggendo il Sole24ore, ma ad esempio un bellissimo pezzo di Lameduck da cui riporto un estratto:
...per riassumere. Nel secolo scorso, la presenza di potenze nucleari comuniste nel mondo e, nei paesi industrializzati, di partiti di sinistra detentori di un certo potere di contrattazione sociale, aveva impedito al capitalismo di assumere la sua forma estrema, già vista appunto durante il nazismo, e di trionfare nello ristabilimento della diversità (in)naturale e quasi razziale tra ricchi e poveri.
Le soluzioni economiche keynesiane della prima metà del secolo scorso, secondo alcuni, sono proprio l'espressione di un capitalismo che, spaventato dalla possibile rivoluzione proletaria in senso comunista, si mette la maschera buona e accetta di scendere a patti con gli straccioni. Ovunque però i lavoratori sono deboli e non rappresentati e difesi, come nel terzo mondo, il liberismo può cominciare ad impratichirsi con i metodi più brutali di espropriazione del bene comune a vantaggio di pochi eletti. Con l'indebolimento della controparte imperiale comunista negli anni ottanta, anche i paesi industrializzati come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna introducono le idee liberiste in economia. Sono gli anni di Reagan e di Thatcher.
Con il crollo del comunismo nel 1989, per il capitalismo sarà valanga. Niente riuscirà più a fermarlo. I paesi dell'Est comperati con l'illusione della libertà - era solo liberismo - e gettati in pasto agli oligarchi locali. La Cina che crea un ibrido economico mostruoso con pezzi di totalitarismo comunista ed altri di liberismo sfrenato. Le Tigri Asiatiche in balia della speculazione selvaggia.
Gli anni novanta e duemila sono gli anni della degenerazione finanziaria, della forma neoplastica del capitalismo, della speculazione, della deregolamentazione che diventa caos e che prende il sopravvento, distrugge le economie reali per creare grandi ricchezze singole ma anche immensi numeri di denaro virtuale. Che crea attentati, guerre, nemici, per nascondere le sue crisi periodiche sempre più frequenti ed aver l'alibi di andare a metastatizzare nuovi paesi. ...
Allo stesso modo, senza tornarci su nei dettagli per l'ennesima volta, si può dire che undici anni fa ci hanno raccontato una storiella, e da undici anni la ripetono così pervasivamente che ha finito per diventare luogo comune, ma la Storia è un'altra: una grande potenza in crisi ha buttato giù tre vecchi palazzi con due aerei radiocomandati e spedito un missiletto a cancellare le magagne contabili nel proprio Ministero della Difesa, incolpando in tempo reale una comparsa che sarà tolta di mezzo dieci anni dopo facendo "sparire il cadavere" e attaccando un Paese sovrano con la scusa che quella comparsa vi si nascondeva, in pratica avviando una guerra nelle zone di controllo delle fonti di energia fossile che non si sarebbe più conclusa. Una favoletta che può smontare facilmente persino un giovane studente, che squalifica immediatamente ai miei occhi qualunque interlocutore dimostri ancora di crederci. Mi offende. Mi difendo come posso, ad esempio non ascoltandolo più, o magari con l'ironia:



Insomma, non so chi sia Assad, ma so per certo che quelli che lo vogliono detronizzare non sono quelli che dicono, e sono certamente molto ma molto peggio di lui.

martedì 4 settembre 2012

NEL BOSCO

I problemi si affrontano puntando al cuore. Al cuore, Ramon!
Barnard, dopo averci provato invano con Berlusconi, in questi giorni fa avances a Grillo: secondo lui la MMT e contorno di politiche di piena occupazione si possono fare solo tornando alla lira. In realtà, egli stesso ammette qua e là che il confine tra "abbastanza" moneta e "troppa" è difficile da individuare, e un buon aiuto in tal senso è avere una classe politica e dirigente responsabile, ma poi colpevolmente dimentica nel cercarsi i padrini che è esattamente questa la dimensione in cui l'Italia è più lontana dal mondo civile, e che una moneta sovrana in mano a furfanti è un'arma altrettanto se non più pericolosa che un governo esecutore di ordini di furfanti che controllano una moneta non sovrana. I nostri politici, in quanto espressione esponenziale di noi stessi, sono talmente avulsi da ogni etica che per mascherare la cosa rincorrono l'unica etica preconfezionata (fin troppo) disponibile, quella cattolica, a sua volta portatrice di irresponsabilità congenita. E nel farlo, hanno deformato fino a stravolgere quello che in teoria dovrebbe essere un ordinamento giuridico liberale e democratico, permeandolo di principi sedicenti religiosi, paradossalmente in crescendo proprio dopo la morte della democrazia cristiana (che dominava con misura il campo, liberato il quale si è scatenata la corsa a baciare le pile).
Quando l'Europa ci impone il rigore di bilancio, dovremmo ricordare che il nostro debito è quello che è perché abbiamo lasciato (alcuni per mangiucchiare le briciole, gli altri per imbecillità) che la corruzione e il magnamagna dilagassero per decenni, e non appena si affacciò la possibilità di pagare il conto ci siamo cercati e trovati per guidarci altri ladri più grossi dei loro compari di prima. Senza il peso aggregato degli effetti di questa tara nazionale, staremmo messi meglio forse della Germania, della Francia senza dubbio. Dobbiamo assolutamente tentare di restare in questo carrozzone mal composto che annacqua il nostro cattivo sangue e ci costringe alla virtù, nel contempo tentando di far si che gli errori di composizione non si perpetuino: l'Euro deve divenire moneta sovrana come il Dollaro o lo Yen, la BCE deve rispondere a un parlamento europeo democraticamente eletto che esprime un governo europeo "vero", espressione della volontà popolare. E tutto ciò avrebbe ripercussioni positive in molti altri campi.
Un esempio? E' di questi giorni la sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani che condanna l'Italia per la contraddizione di termini tra una legge che vieta la diagnosi preimpianto tra l'altro per patologie per le quali un'altra legge ammette l'aborto terapeutico. Dobbiamo questa contraddizione proprio allo scenario descritto prima: era più laica e libera l'Italia della DC, di quella dopo che per raccattare l'appoggio della Chiesa continua a regalargli porzioni di sovranità (oltre che denaro sonante, leggi gli incostituzionalissimi finanziamenti pubblici alla scuola privata unici a essere scampati alla spending review, o l'esenzione di fatto dall'IMU per chi già non pagava l'ICI) sotto forma di leggi così confessionali da fare invidia ai fratelli mussulmani. O di mancanza di leggi di civiltà elementare come una che disciplini le unioni di fatto a prescindere dal sesso, o una che sancisca una volta per tutte la piena disponibilità di ciascuno di noi sulla propria vita. No, la religione dell'ipocrisia, quella per cui i preti possono molestare impunemente i ragazzini ma due maschi adulti consenzienti non possono sposarsi tra loro, per cui i papi e i cardinali possono decidere quando ne hanno abbastanza ma i poveracci debbono essere tormentati col sondino per anni perché la vita sarebbe un dono di dio in nostro uso ma non disponibilità, deve improntare all'ipocrisia anche le leggi dello Stato, quelle che valgono per i cattolici praticanti ma anche per il 95 per cento degli altri, non praticanti atei agnostici e appartenenti ad altre religioni.
Per cui, ben vengano gli schiaffoni dell'Europa, ben venga diluirci in uno Stato Europeo che non sarebbe più posticcio di quanto è stato sempre (tantissimo) lo Stato Italiano, ed avrebbe percentuali fisiologiche di evasione fiscale, corruzione, confessionalismo, e tanti altri mali che invece infestano il nostro Paese in percentuali decisamente patologiche.
Ed ora alcuni approfondimenti per i meno pigri:
  • Gawronski, ovvero finalmente una descrizione realistica e non dogmatica degli scenari possibili per l'area Euro a breve periodo;
  • Randomante, ovvero il suicidio assistito del cardinale Martini raccontato come solo la satira consente;
  • Bellocchio, ovvero il coraggio di raccontare (il trailer di Bella addormentata è in fondo) l'odissea nella sofferenza delle vittime dell'integralismo cattolico in Italia;
  • Villaggio, ovvero tutto quanto ho faticosamente scritto in questo post detto in due parole da uno col dono del graffio amaro e comico.
Per tutti, anche per i pigri, anche per me stesso, e per tutte le questioni trattate in questo post, vale invece il consiglio finale, preso da non ricordo più quale aforisma e di chi: per attraversare la sofferenza la strada più breve è la stessa che per il bosco, quella che passa per il centro, dove tutto è più fitto e intricato. A girarci intorno si rischia di non uscirne mai....


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