venerdì 14 settembre 2012

TU SEI UN... AH..AH..

...per spocchia chiamato Artista...
Adoro diciamo l'80 per cento delle canzoni di De Gregori fino all'84, e alcune di quelle del decennio successivo, e il fatto che di quelle scritte dopo fatico a ricordarne qualcuna decente non è significativo, trattandosi di un fenomeno abbastanza diffuso di calo d'ispirazione cui fanno eccezione solo pochissimi artisti (ad esempio, De Andrè), in questo mio mettere le mani avanti: sto per stroncare un documentario su di lui, non lui come cantautore. Anche se proprio quest'ultima parola è il punto d'appoggio per alcune possibili critiche al De Gregori persona, così come si sospettava fosse ed è emerso chiaramente proprio dal documentario stesso.
Che Francesco De Gregori - Finestre rotte non fosse granché ce lo si poteva aspettare già leggendo la recensione di mymovies, ma anche partire (come a me non è successo, avendola letta dopo) con aspettative più basse non evita in questo caso il rischio che durante la visione si rompano anche altre due cose oltre che le finestre del titolo. Si tratta infatti di immagini girate durante la tournée estiva 2011 e giustapposte quasi senza interventi, e soprattutto senza uno straccio di idea di storia, se non la tesi (predichiarata in sala dal regista Pistolini) di voler raccontare De Gregori al presente rinunciando al biopic. Purtroppo però il racconto non c'è, nemmeno solo al presente, anzi forse gli unici momenti interessanti sono quando De Gregori rievoca qualcosa (il processo al Palalido nel 76, la gioventù al Folkstudio) o canta (qui uno dei pochi pezzi che ci lasciano sentire dall'inizio alla fine, bontà loro, ché se avessero almeno lasciato parlare la musica i soldi del biglietto sarebbero stati ben spesi maledizione...). Il punto è che De Gregori è schivo e antipatico, lo sanno tutti quindi doveva saperlo anche chi si apprestava all'impresa, preparandosi a fronteggiare la cosa: invece no, va bene non edulcorare, ma dalla visione del film il "principe" ne esce davvero decisamente odioso.
Come quando ammette di non essersi mai sforzato per fare questo mestiere, ma con l'atteggiamento che potrebbe avere (e non ha) Federer col tennis, e senza riconoscere di aver avuto semplicemente culo, il culo di trovarsi a 18 anni e con una chitarra in mano nel momento storico più favorevole di ogni tempo e luogo alla cosa, il che gli ha consentito di diventare miliardario -  andasse a dirlo ai ragazzi che oggi, in un mondo rovinato dalla miopia delle case discografiche (e non, si badi NON, dalla pirateria), tentano di fare musica sapendo che i dischi bisogna regalarli (e manco basta più: questi ad esempio ti pagano pure...) e se ce la fai devi campare di concerti. Oppure quando dice che l'etichetta cantautore non gli è mai stata bene, è una parola bruttamente composta, lui se proprio si deve definire preferisce chiamarsi artista. Non perché non lo sia, beninteso, le vette della sua produzione passano abbondantemente la soglia sotto la quale al massimo è artigianato, ma se me l'avesse detto in faccia, gli avrei chiesto serio (ammesso di riuscire a non ridergli in faccia) "scusa, ti posso toccare?", e poi gli avrei spinto via il gomito come Totò all'onorevole Trombetta. Siccome tra noi c'è la giusta distanza che c'è tra un artista della canzone e un anonimo appassionato di musica, peraltro da sempre irritato dal suo storpiare le proprie canzoni (vabbè che sei un suo seguace, ma ti volevo ricordare che non sei Dylan, ciccio!), uso il mio piccolissimo blog per mandargli un messaggio, per voce di un suo collega che per sua fortuna si è sempre preso meno (e neanche tanto meno) sul serio. Qui in un vecchio video dove compare anche un altro personaggio misteriosamente (De Gregori gli deve tantissimo) neanche citato nel documentario di cui sopra...


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