lunedì 30 maggio 2016

(MANCO) A FARLO APPOSTA

Colabona e Guardalavecchia, trasferiti in Sardegna per
scarso rendimento e slealtà reciproche: per correggere
le tante storture del pubblico impiego non c'era bisogno di
nessuna delle cosiddette riforme susseguitesi nel tempo,
bastava applicare, volendolo fare, la legge quadro del "57
La retorica del "nuovo che avanza", già di suo insopportabile, è resa ancora più odiosa dall'utilizzo esagerato che ne fa l'attuale (abusivo) premier, dal suo affacciarsi alla scena politica da sedicente rottamatore (in realtà figlio di papà con le mano in pasta) sino all'attuale inflazione a supporto delle (contro)riforme costituzionali con annesso referendum/plebiscito.
Come spesso accade, alla retorica corrisponde, tolti i veli per chi vuole e ci riesce, una realtà che è diametralmente opposta: stiamo precipitando lentamente in un incubo in cui per quasi tutte le variabili in gioco c'è un "prima" migliore del "dopo". Ragion per cui chi ha memoria dell'uno ha il dovere civico di fare tutto quello che è nelle sue possibilità per trasmetterla a chi per ragioni anagrafiche non può averla (e vive l'adesso nella promessa dell'altro), anche a costo di passare per vecchio nostalgico brontolone.
Farò alcuni esempi, per come mi vengono (cioè, non in ordine di importanza...).
Pubblico impiego. C'è stato un tempo in cui chi non aveva prospettive migliori (e al Sud quasi nessuno ne aveva) poteva sempre sperare di vincere un concorso e "sistemarsi", magari emigrando più o meno definitivamente. Anche nell'ipotesi più estrema, in cui nessuno di quegli impiegati avesse mai lavorato o comunque restituito alla collettività in termini di servizi quanto ricevuto come stipendio, si potrebbe parlare di una sorta di "reddito di cittadinanza" antelitteram che, se conosci come funziona il moltiplicatore keynesiano, si è sempre e comunque ripagato da solo (con le entrate fiscali sul reddito dei percettori, e dirette e indirette sul maggior reddito creato dalla domanda interna alimentata dal circuito creato da quel reddito). Che poi si potesse e si dovesse migliorare la resa anche dal punto di vista dei servizi prestati e della produttività (più ancora di quanto - tanto, fatevelo dire da un utente dei servizi pubblici di trent'anni fa - si è fatto), è scontato. Invece si è solo passati da una riforma di stampo privatistico a un'altra, ciascuna inutile fumo negli occhi, innescando fomentando e cavalcando odio sociale trasversale, fino a ridurre la classe impiegatizia pubblica italiana ad essere la più anziana la meno numerosa e la peggio pagata di tutti i Paesi sedicenti avanzati. E non ci si fermerà fino a quando anche l'ultimo servizio non sarà stato esternalizzato in Albania o chissadove, o privatizzato.
Classe media. C'è stato un tempo in cui un impiegato pubblico o privato, o anche un operaio, avendo un contratto a tempo indeterminato tutelato dalla legge, poteva non solo campare col suo solo stipendio una famiglia con più figli, ma anche consentire a questi ultimi di studiare e sperare per loro un futuro migliore, comprarsi casa, auto, e risparmiare qualcosa. Aveva tra gli altri diritti quello alle cure mediche per se e i suoi cari, e ad una pensione commisurata al suo reddito quando non fosse stato più in grado di lavorare. Anche qui, piuttosto che limitarsi a correggere le storture, si è preferito eliminare il problema alla radice: oggi la classe media è in via di estinzione, e presto sarà sparito anche il ricordo del Welfare State e di ciò che (poteva) rappresenta(re) nella storia dell'umanità. In altre parole, la lotta di classe non era frutto di chiacchiere marxiste: c'è stata e l'hanno vinta i capitalisti, la "piccola borghesia" era un falso problema, ed è stata spazzata via si, caro Lolli, ma da un vento che veniva da destra.
Mobilità personale. C'è stato un tempo in cui sembrava che il legame al lembo di terra cui ti aveva assegnato il Fato fosse diventato elastico per tutti, o almeno per sempre più persone. Henri Ford ci si fece ricco, sull'idea che le auto dovevano potersele permettere anche gli operai che le costruivano (e quindi si dovesse sia abbassare i costi di produzione che alzare le paghe). Tempi passati. Come quelli per cui "un'amministrazione niente male" dovesse meritarsi tale giudizio ad esempio facendo salire tutti gratis sui mezzi pubblici. Oggi come ieri un'auto media se la può permettere solo la classe media, ma visto il punto precedente la maggior parte della gente si può permettere solo un'utilitaria, per carità migliore in assoluto di una media di ieri, ma tra quanto costa mantenersela, l'assicurazione, i pedaggi, le multe, le pedonalizzazioni a cappella, eccetera, converrebbe farne a meno. Se si potesse, cioè se ci fossero servizi pubblici decenti. Si, perché, appunto, non è che prima realizzano servizi pubblici veloci decenti e magari gratuiti e poi disincentivano l'uso dell'auto, no (qui non si salvano manco i 5 stelle...): si fa prima questo, e quello lo si promette e basta, magari demandandolo all'ennesima privatizzazione salvifica o a qualche nuova carissima e lunghissima Grande Opera. Il futuro alle porte? Le auto a guida autonoma per pochi, quelle a guida manuale giocattoli per soli pochissimi ricchi, e tutti gli altri si arrangino...
Sono solo tre argomenti a caso, "imposti" dalla cronaca di questi giorni, ma la sintassi è applicabile a tanta, troppa altra roba, dall'industria musicale a quella culturale in genere, dal turismo al tempo libero in genere, dalle utenze domestiche fondamentali alla politica energetica nazionale: dove si può, si fa o si farà si che le cose vadano meglio per l'1% di soliti noti, e peggio per il 99%.

martedì 24 maggio 2016

I GATTI GUARDANO ALICE

Beh, non mi dite che non ci somiglia....
Chi ama davvero la musica non può che detestare i talent show, per la sintassi che usano e per il fatto stesso che la loro proliferazione sia al tempo stesso sintomo e causa della crisi dell'industria musicale.
Essendo argomento a me caro, ho già spesso parlato di come e perché era meglio quando c'erano i vinili e le musicassette, ma anche quando si potevano noleggiare liberamente i CD, la libera circolazione delle idee infatti alla fine sviluppa il mercato, ampliandolo verso zone che una strategia opposta (di difesa dalla "pirateria", per chiarirci) ha indotto ad abbandonare. In sintesi, se devi investire tanto per fare uscire un nome nuovo, è ovvio che preferisci andare sul sicuro rispetto al rientro del tuo investimento, quindi "sparare nel mucchio" della moda musicale del momento senza consentirsi digressioni pericolosamente "artistiche" fuori dagli schemi.
Ecco perché oggi non può venire fuori un nuovo De Andrè, un De Gregori, un Conte, ma nemmeno un Lindo Ferretti o una Cristina Donà, figurarsi un Battiato (i cui primi album erano di musica elettronica tipo Pink Floyd, sapevàtelo). Ci fossero, o si arrenderebbero ad annacquare la loro cifra stilistica, o verrebbero indotti a cambiare mestiere prima.
Se ne riparlo oggi, è per dare contezza di un'eccezione: a vincere un talent, e peraltro il più palloso e sfigato dei talent (forse non è un caso? cmq ieri ha fatto solo due milioni di telespettatori, per la finale di un talent praticamente 4 gatti, e quindi pare che l'anno prossimo lo segano...), è per la prima volta un'artista vera, una di cui probabilmente sentiremo parlare per anni (sempre che le doti che fin qui ha dimostrato di avere la aiuteranno a resistere alle tendenze omologatrici dell'industria discografica).
Alice Paba, Monina sul Fatto l'aveva detto un mese fa che avrebbe vinto The Voice, perché il gap qualitativo dagli altri era tale da resistere alla probabile loro prevalenza su altre dimensioni, anche se magari per poco (come si è visto: ha battuto per un pelo prima un piacione biondo poi uno nero, per carità bravini). La ragazza a 19 anni appena ha personalità da vendere, è in grado di mettere del suo in ogni cosa che interpreta (vedere il video in fondo per credere), e bypassa con disinvoltura il fatto di somigliare più a Peggy di C'era una volta in America che a una qualunque delle fighette che si sono affacciate allo scenario musicale dalla Tatangelo in poi. Se le canzoni che si scrive(rà) si attestano su livelli qualitativi di questo ordine, o almeno se ha l'intelligenza di una Mannoia nello scegliersi gli autori, è nata una stella. Da un programma TV di m...a, a dimostrazione che aveva ragione De Andrè nella sua Via del Campo...

sabato 21 maggio 2016

A SINISTRA NELLA FOTO

Questa foto, in cui quello a sinistra è il sottoscritto, è già stata
pubblicata sul blog, unitamente al video da cui è tratta, in un post
di un anno e 1/2 fa che vi invito caldamente a rileggervi tutto.
Marco Pannella era personaggio troppo noto perché ci sia bisogno di un coccodrillo anche su un piccolissimo blog come questo: ne avrete già sentiti e letti troppi, alcuni redatti persino da squali, se non da sciacalli, per restare nella zoologia, ognuno a tirare in qualche modo dalla sua parte l'illustre scomparso, come al solito deificato con poche eccezioni (qui Odifreddi, qui Giannulli).
Ma se chi muore continua a vivere nei ricordi e negli animi di chi resta, è doveroso ricordare il pannella che è in noi, in me e in molti di quelli che erano adolescenti quando lui impose il suo stile di partecipazione politica, se vi pare troppo retorico parlare di impegno civile. Perché se a diciassette anni l'aria che respiri ti porta a discutere coi tuoi amici in gita del referendum sull'aborto anziché delle funzioni del tuo ultimo smartphone, la differenza la fa, e si proietta sul tuo futuro.
L'augurio è che almeno questa stagione di difficoltà, i ragazzi di oggi trovino in una o più persone il modello per tornare a occuparsi di politica in senso etimologico, cioè delle decisioni in merito alla propria "città" e quindi al proprio stesso futuro. O in altri termini che il movimento 5 stelle riesca ad avere sui valori di un paio di generazioni un impatto almeno simile a quello che Pannella e le sue battaglie ebbero su noi. Già questo, riescano o meno ad andare alla guida del Paese (i radicali restarono sempre su percentuali marginali, e sono stati preziosi finché restarono su posizioni di influenza "di sghimbescio", perché quando si avvicinarono ai governi, a destra e a sinistra, fu tramite giravolte e impicci francamente vomitevoli), sarebbe davvero tanto.

mercoledì 18 maggio 2016

IL PESSIMISMO DELLA RAGGIONE

Occhio alle spalle, Virgì, che il trucco c'è e si vede pure...
Virginia Raggi probabilmente si avvia a vincere al ballottaggio, in cui avrà forse appoggi non graditi e sicuramente il mio voto, le elezioni a Sindaco di Roma. Sostengo da tempo che in fondo potrebbe non essere una buona notizia. E non mi sto contraddicendo, vengo e mi spiego.
I cinquestelle hanno la loro unica ragione di esistere nella loro effettiva alterità. L'Italia è probabilmente oltre il punto di non ritorno come sistema-Paese, valutando cioè il complesso del tessuto industriale-sociale-economico e soprattutto etico e politico. Se ha una sola, e piccola, possibilità di riprendersi, essa passa per una vera "rivoluzione culturale", che come tutte può essere innescata solo da regole nuove e una nuova forza e costanza nell'applicarle. Secondo queste regole, chi entra in politica deve poterlo fare solo per breve tempo e senza nessuna possibilità di arricchirsi. Due o tre decenni di questo rigore, e magari cambia anche la percezione comune della politica come affare o scorciatoia per "svoltare". L'avvio di questo processo è anche la precondizione perché la seconda componente di questo salvataggio in extremis possa funzionare: se infatti mettessimo in mano ai socialisti craxiani o ai berluscones (ma è solo per capirci, i piddini hanno dimostrato ampiamente di non essere da meno) la sovranità monetaria, già solo la loro fama, prima ancora della sicura pratica, di ladroni farebbe si che i mercati attribuissero la peggiore solvibilità possibile al Paese, facendo schizzare lo spread esplodere il debito e vanificare con inflazione a due cifre ogni svalutazione competitiva venisse approntata. Solo in mano a una classe politica radicalmente diversa, come fin qui hanno dimostrato di poter esprimere i cinquestelle, grazie anche alle tanto vituperate (e si capisce quanto strumentalmente) espulsioni, la (ritrovata) sovranità monetaria potrebbe essere usata per quello che è, un'arma formidabile per innescare il moltiplicatore keynesiano e tirarci fuori dalle peste a costo zero per l'erario.  E la sovranità monetaria, dunque e quindi, ora ci serve come il pane.
Il problema è che però questo ragionamento si può capovolgere: fino a che non si ha la sovranità monetaria, ogni tentativo di governare l'esistente si deve scontrare con una scarsità di risorse impossibile da superare, perché appesantita da retaggi immani come gli interessi sul debito pregresso e l'illegalità diffusa a ogni livello (tangenti, ma anche evasione diffusa e criminalità organizzata, a un livello capace di neutralizzare il moltiplicatore di cui sopra, anche se potenziato al massimo). Roma, in particolare, è seduta su una voragine di cui l'ampiezza si intuisce appena, dai fatti in cronaca e in storia recente. Forse, e dico forse, la potrebbe salvare un commissario straordinario incaricato con pieni poteri da un governo che abbia già quantomeno avviato, se non realizzato, la rivoluzione di cui sopra. Prima di ciò, chiunque ci metta le mani è destinato a soccombere. Gli avvisi di garanzia pioveranno a frotte, e non sto parlando di giustizia manipolata ma di ovvia conseguenza delle cose: se tu cerchi di salvare il salvabile e non hai la bacchetta magica, un abuso d'ufficio è il minimo in cui puoi incorrere, e a niente vale, se la storia la raccontano gli altri, che si tratti di una faccenda in cui non sei accusato di aver rubato neanche un centesimo, che poi magari finirà archiviata: la narrazione sarà "avete visto? sono uguali a noi..." E infatti, siccome questo è l'unico modo che hanno di fermare i cinquestelle prima che prendano il governo nazionale, alle amministrative - si è visto - giocano a perdere...
Certo, l'ottimismo della volontà vuole che la Raggi stravinca come è nelle cose, e poi dimostri a tutti la differenza che c'è e potrebbe esserci anche a livello nazionale, ma il pessimismo della ragione vuole che sia una trappola, e ci stiamo cascando.

martedì 10 maggio 2016

CHI SEI? QUAL E' IL TUO INTERESSE?

La falsa coscienza è quel fenomeno che fa si che una persona non comprenda in che posizione si trova e quali sarebbero i suoi interessi, e così tenda a sposare idee e opinioni che fanno gli interessi di altri. Poiché il fenomeno è per sua natura inconscio, per chi ne ha i mezzi e le capacità instillare falsa coscienza nei propri potenziali avversari risulta particolarmente conveniente, visto appunto che li induce a fare i suoi interessi contro i propri stessi e senza che nemmeno se ne accorgano quindi non avendo nessuna possibilità di ribellarsi o comunque fermarlo prima che sia troppo tardi. Tanto per sgombrare il campo da equivoci: si, è un concetto marxiano, e si, state leggendo uno di sinistra-sinistra, tanto da ritenere che non sia più di sinistra e nemmeno di centrosinistra nessuno di coloro che non siano consci di questi fenomeni, tanto meno i leader dei partiti che ne hanno guidato la transumanza a destra.
La compattezza a destra di quasi tutto il potere politico in questi ultimi anni gli consente, ineditamente, di imporre una narrazione monocorde in maniera così pervasiva da creare e diffondere falsa coscienza a tinchitè. Ne ho parlato da pochissimo a proposito del TTIP, ma vale per tantissimi altri argomenti, il più importante dei quali, per via delle ricadute che ha su tutto il resto, è la moneta, o meglio la sovranità monetaria intesa come unica possibilità per un popolo di scegliere democraticamente quale politica (monetaria e quindi non solo) debba seguire il proprio Paese. Attenzione, dunque: non sto asserendo che una politica monetaria sia necessariamente e sempre migliore di un'altra, sto dicendo che non possiamo più ragionarci su e scegliere quale, ergo non siamo più in democrazia, e chi ci dice di si non fa che propagare falsa coscienza.
Lo spunto per questo ragionamento mi viene da una conversazione su un social network. Ve la riporto pari pari, con l'avvertenza che trattandosi di persona certamente colta la sintassi talvolta semplificata è dovuta sicuramente solo al media che ha usato, e senza darvi informazioni di contesto perché, come vedrete, contiene posizioni largamente condivise (non voglio dire luoghi comuni, perché il termine ha una connotazione negativa che io non voglio attribuire), proprio perché purtroppo la narrazione di cui sopra è data per scontata e risulta così pervasiva, imponendosi anche in persone stimabilissime. Ora, però, un conto è che chi la sposa è una persona che è già, o aspira a entrare, in quell'uno per cento che beneficia del processo reazionario di redistribuzione in corso da tre decenni e da uno incattivitosi, o almeno in quel cinque per cento limitrofo che può beneficiare di ricadute (leggi: raccogliere le briciole, buttale via), un conto è che non è così, e allora pensare queste cose è appunto un bell'esempio di essere vittima di falsa coscienza.
Ecco il suo testo che mi ha dato lo spunto, riportato letteralmente .
10 motivi per restare nell'euro, premettendo però che le politiche monetarie dell'UE potrebbero essere differenti e migliori:
  1. tassi interesse debito pubblico
  2. tassi interesse settore privato
  3. euro più forte rispetto alla lira in quanto risultato di forza economica di tutti i paesi ue
  4. costi fattori primi industrie
  5. inflazione minore
  6. bilancia commerciale più stabile
  7. con la lira saremmo comunque soggetti a seguire scelte monete più forti (dollaro, euro)
  8. debito pubblico
  9. reintrodurre lira comporta conseguente introduzione del cambio anche tra paesi ue e conseguente oscillazione di volere e disincentivo a investire
  10. con lira eventuale politica di svalutazione moneta per stimolare economia intera renderebbe più costose importazioni.
Rispondo punto per punto:
  1. il tasso di interesse sul debito di chiunque è fissato dalla sua solvibilità nei confronti dei creditori. stare nell'Euro ci avrebbe salvati se l'Euro fosse stata una moneta sovrana di uno Stato europeo sovrano, ma l'Euro è una moneta privata nelle mani di una istituzione privata che lo presta a interesse a Stati non più sovrani, dei quali ognuno ha la propria solvibilità, altrimenti non c'era il famoso spread. Che è già schizzato in un paio di occasioni e potrebbe farlo ancora, dentro l'area Euro. E resta basso o nullo in altri Stati dell'UE che hanno la propria moneta sovrana ma una credibilità alta sui mercati, tipo Svizzera o Gran Bretagna;
  2. se il tasso di interesse del settore privato fosse davvero collegato al tasso di sconto, oggi le banche dovrebbero regalare i soldi, perché a loro Draghi li regala (anzi, le paga per prenderseli, si chiamano tassi negativi); purtroppo proprio per quanto detto prima riguardo la BCE la politica espansiva di cui si riempiono la bocca in tanti è a favore solo delle banche, che poi lucrano sulla differenza tra tassi passivi e attivi tenendola enorme - avendo invece sovranità monetaria, coi soldi regalati da Draghi alle banche avremmo che so potuto finanziare (e direi ics volte) il reddito di cittadinanza che la retorica ufficiale dice sia utopico, ma anche non volendo regalare soldi una bella Banca statale vecchio stampo poteva prestarli all'uno per cento, guadagnandoci il giusto e rilanciando l'economia;
  3. e chi l'ha detto che una moneta forte è un vantaggio? se è troppo forte rispetto a quanto il tuo sistema può permettersi, anzi, distrugge il tessuto produttivo delle piccole e medie imprese bloccandone le esportazioni, che poi è proprio ciò che è successo... e non per caso, anzi: era uno dei compiti dell'Euro, distruggere le economie del sud Europa a favore di quella tedesca - tra l'altro, ad esempio, il giochino lo fecero uguale i piemontesi al nostro sud (rubandoci prima il tesoro), sapevatelo;
  4. vero, i costi collegati al petrolio crescerebbero, con una moneta più debole, ma sarebbe un potente incentivo a una decisa virata verso altre fonti di energia, solare eolico marino, in cui con politici non a libro paga dei petrolieri potremmo essere all'avanguardia - per l'industria la delocalizzazione è comunque ineluttabile, giacché come si è visto anche avere una moneta forte per pagare le materie prime è inutile contro chi ha un costo del lavoro infinitesimo rispetto al tuo, e per le PMI vale il contrario, meglio la moneta debole così esportano;
  5. l'inflazione troppo bassa è un problema tanto quanto quella troppo alta, si chiama deflazione e ci sta uccidendo, lo ammettono anche loro ma nell'ortodossia monetarista non ci sono soluzioni a questa trappola;
  6. l'unica bilancia commerciale che è stata favorita dall'Euro è quella tedesca, leggere i dati prima please;
  7. seguire? con una nostra moneta potremmo farlo solo come e quando ci conviene! stando dentro l'Euro, devi seguire sempre e comunque la politica monetaria decisa nemmeno da un governo europeo eletto, da una cricca di banchieri non eletti che non si sa per conto di chi agiscono, e quindi a pro di chi (se dico gli USA sono il solito complottista? sticazzi, gli USA e le loro multinazionali);
  8. il debito pubblico in Italia è esploso per due fattori: una classe politica di ladri che tende a riprodursi in quanto tale, e il divorzio tra Banca d'Italia e Tesoro - dal 1992 ad oggi, abbiamo inanellato quasi solo avanzi primari (bilancio al netto degli interessi sul debito pregresso), cioè trasferimenti di ricchezza dai cittadini all'erario, e ciò non è bastato a fermare la crescita del debito, che quando supera una certa quota tende ad autoalimentarsi per cause meramente algebriche e si può abbattere solo traumaticamente (una bella guerra?) - ma poi, è un male avere un grande debito pubblico, o non necessariamente? il Giappone ce l'ha enorme, e gli USA pure, e però lo spread non ce l'hanno, semplicemente perché hanno monete sovrane che stampano quando serve (e i mercati lo sanno, quindi non serve che stampino sempre, basta la potenzialità per scoraggiare gli speculatori), e però meccanismi legislativo/etico/giudiziari efficienti che evitano che la corruzione superi quella quota che vanifica la sovranità monetaria (cioè, che quel "quando serve" sia "alle esigenze del Paese" e non anche "alle tasche dei politici");
  9. quando sono in contatto due sistemi-Paese con parametri diversi, o tra di loro è libero di oscillare il cambio, o oscillerà la retribuzione dei fattori, lavoro in primis - questa è economia classica, roba risaputa da secoli, per cui è logico dedurre non l'errore, ma che la moneta unica è stata introdotta, in un area monetaria non ideale come la UE, al preciso scopo di impoverire i lavoratori - se tornassimo a una lira sovrana e fossimo ancora in grado di resuscitare il tessuto delle PMI ucciso dall'Euro, gli investimenti arriverebbero a frotte, proprio perché l'oscillazione del cambio abbasserebbe la retribuzione del fattore lavoro vista dall'estero senza toccarla vista dall'interno;
  10. e meno male! siamo diventati da esportatori a importatori, e non possiamo permetterci più niente... qualunque cosa invertisse questa tendenza sarebbe benedetta!
Da tutto quanto detto emerge una conclusione logica: poiché un Euro sovrano di uno Stato sovrano chiamato Stati Uniti d'Europa, con una politica fiscale unica e abbondanti trasferimenti di risorse dalle zone ricche a quelle povere, unica soluzione che ci salverebbe su scala continentale, non lo avremo mai, perchè per averlo dovremmo convincere tutti gli elettori europei anche di quei Paesi che sono interessati a questo Euro perchè li ha arricchiti a scapito nostro, e se anche li convincessimo non sono gli elettori europei a decidere ma la BCE e l'FMI quindi i nostri padroni USA, che hanno creato questa UE appositamente per demolire le conquiste sociali dell'europa postbellica (pagate coi loro soldi, quindi dal loro punto di vista è pure comprensibile), dobbiamo avere un altro obiettivo. Recuperare la sovranità monetaria nazionale, e usarla solidamente e spregiudicatamente al fine di redistribuire il reddito a favore dei cittadini. Cosa che si può ottenere solo attraverso una sostituzione radicale di tutta la classe politica e connesso cambiamento dei suoi meccanismi di reclutamento. Guardacaso, è proprio la proposta del movimento 5 stelle, e tocca fare di tutto perché riescano ad inverarla, e sperare che poi non la tradiscano. Non è molto, ma è l'unica speranza. E ogni altra strada, compresa quella di inseguire l'ennesimo fantasma di un partito di sinistra che ancora non c'è, e quando ci sarà avrà al suo interno persone che vogliono svoltare grazie alla politica, e in ogni caso credono a narrazioni ideologiche altrui, è al momento impraticabile. Se un soggetto del genere uscisse fuori e avesse qualche speranza di incidere, ne riparliamo. Ora, è la coscienza di classe a imporci il dovere di votare cinquestelle.

venerdì 6 maggio 2016

TROJAN HORSE WARNING

Come per la moneta e le riforme costituzionali, il commercio internazionale è ormai un argomento per cui la realtà sta da una parte e la narrazione ufficiale compattamente da tutt'altra, per cui chi non si fa parte attiva, per mancanza di tempo e/o di strumenti culturali o anche solo per pigrizia, e si ferma a quest'ultima, non avrà la minima idea del cataclisma di cui sarà vittima se non quando gli piomba in testa. E per cui è dovere di ciascuno di coloro che in un modo o nell'altro hanno visto attraverso lo squarcio nel velo di menzogne, propagare a tutti i suoi conoscenti in tutti i modi che può la narrazione alternativa.
Il cataclisma in questione è il Transatlantic Trade and Investment Partnership, più o meno "accordo transatlantico sulle merci e gli investimenti". La storiella che ci raccontano è che si tratta della naturale estensione del volano di sviluppo che è stata bene o male il Mercato Comune Europeo, al di là delle sue evoluzioni in Comunità Economica prima e Unione Monetaria dopo. Con questo semplice esercizio dialettico, in un colpo solo evocano tutte le presunte potenzialità e nascondono tutti i potenziali pericoli. Che sono enormi, ma davvero. Se l'immagine non dovesse bastare, aggiungono che in pratica è come la Nato del commercio, così acchiappando tutti, esclusi solo quelli che sono contro anche la Nato-Nato perché sanno benissimo quanto quel trattato figlio della guerra era asimmetrico a favore dei vincitori, e quindi che l'analogia è vera, si, ma per il verso opposto a quello imbeccato.
Su queste pagine abbiamo già ricordato perché e percome sarebbe assolutamente indispensabile che il trattato abortisse, e quindi è dovere civico portare al più presto al governo del Paese l'unica forza politica che dichiaratamente ed esplicitamente ha in programma di fermarlo. In fondo riporto alcuni approfondimenti per chi avesse voglia di saperne di più. Ma il post è per ricordare che domani 7 maggio a Roma, alle 14 in Piazza della Repubblica, ha luogo la manifestazione #stopTTIP: chi si trova da queste parti ci faccia un salto. Non è servito a niente neanche essere tre milioni con Cofferati, ma queste cose si fanno per se stessi...
Ed ora i link per i secchioni:
  • Sbilanciamoci, ovvero un riassunto dei rischi che corriamo a portarci nelle mura il cavallo degli Achei, e un elenco per quanto parziale dei promotori della manifestazione di domani;
  • Il Post, ovvero in breve cos'è il TTIP e cosa dicono gli altarini scoperti un paio di giorni fa da Greenpeace (qui anche dal Fatto);
  • Megachip, ovvero il rischio che in caso di mancato accordo pieno si stipuli un accordo "aperto" con deleghe che porteranno a una trasparenza ancora minore;
  • StopTTIP, ovvero sul sito ufficiale una serie di FAQ per i più pigri;
  • Frassoni sul Fatto, ovvero la distrazione - o è tradimento? - della Commissione europea nel condurre le trattative (Di Sisto qui su comune.info e qui sul Fatto, ancora più fuori dai denti);
  • Verga sempre sul Fatto, ovvero la questione OGM, una delle più importanti e delicate (ma anche senza, tutto l'agroalimentare è in pericolo, basta pensare alla carne agli ormoni...);
  • Lameduck, ovvero siamo ridotti a sperare che venga eletto Presidente USA un repubblicano fascistoide (poveri noi...).

martedì 3 maggio 2016

NESSUNA TREGUA FINO A OTTOBRE...

E' una immagine di qualche anno fa: è molto probabile che
la bandiera sia tenuta in mano da un piddino. Chissà come
voterà al referendum confermativo di ottobre prossimo...
Riassunto delle puntate precedenti.
Grazie a una legge elettorale di lì a poco dichiarata incostituzionale, un partito senza neanche la maggioranza relativa di voti prende, grazie al premio di coalizione con un partito alla sua sinistra che subito dopo aver beneficiato dello stesso premio (senza, non sarebbe neanche entrato in Parlamento) passa all'opposizione ma incassa pure la presidenza della Camera, una maggioranza di seggi, che diventa solida solo grazie al sostegno di parlamentari eletti nella coalizione avversaria, mentre il partito di maggioranza relativa è costretto alla finestra (poi accusato, guarda un po', di saper solo demolire) per non aver accettato di dare appoggio esterno (senza nemmeno poterne orientare le scelte fondamentali di governo) a un monocolore del partito che aveva sconfitto.
Poiché il primo tentativo di portare avanti questo tradimento multiplo della volontà popolare balbettava, l'allora Capo dello Stato si rende complice di un ulteriore (eh si, qui il racconto dovrebbe partire da ancora più indietro) tradimento, conferendo l'incarico di governo a un sindaco che nel frattempo aveva acquisito, grazie a una votazione interna sedicente democratica ma di fatto oscura manipolabile e minoritaria, il controllo di quel partito, che risulta vittorioso con bella percentuale (ma scarso incremento di consensi, visti i pochi votanti) alle elezioni europee (che non c'entrano una beneamata m...), spostando ulteriormente a destra sia le scelte politiche che la geometria dell'alleanza che lo sostiene in parlamento.
Grazie al fatto che questo blocco controlla praticamente tutta l'informazione "tradizionale", e ciò rende preziose le sue doti comunicative (inedite non certo in assoluto, e sapete a chi sto pensando, ma di certo in quel partito) e la sua spregiudicatezza, il tipo si spinge, "forte" solo di quella maggioranza parlamentare ripeto frutto di normativa incostituzionale e inciuci postelettorali (cui però corrisponde al massimo il consenso di appena un quarto, ma ormai direi di un quinto, dell'elettorato), addirittura alla riforma della Costituzione. Ma poiché neanche con tutti gli impicci arriva a quella percentuale di parlamentari che gli servirebbe a imporla tout-court, è costretto ad affidarsi al previsto referendum confermativo, sul quale pone una sorta di plebiscito su di se. E' sicuro di farcela? Forse. O forse no, visto che fa immediatamente partire una campagna plebiscitaria farcita della "retorica del nuovo" con cui si è affermato...
E siamo alla cronaca.
Preparatevi: saremo subissati da una propaganda martellante a favore delle cosiddette riforme, presentate come "autentiche innovazioni capaci di sbloccare tutto il sistema politico ed economico, finalmente portate avanti da una classe politica finalmente capace di fare fatti non solo chiacchiere, contro i retrogradi che vogliono bloccare il nuovo che avanza e difendere lo statu quo". Ve lo ripeteranno fino alla nausea, e senza nessuna argomentazione logica (le hanno tutte contro, poi le vediamo), perché il loro scopo non è convincere nessuno di quei relativamente pochi ancora dotati di un cervello pensante, ma una bella fetta di quelli che non hanno (o non hanno più) tempo voglia risorse per pensare. E' marketing. Fanno così per tutto. E funziona. Ragion per cui è dovere preciso di ciascuno di coloro ritenga di avere ancora una testa e pensi di volerla usare, fare campagna senza quartiere e senza risparmiare un sorso di fiato o una riga di pixel, su ogni terreno possibile, per bloccare questa infamia.
Ricordiamo in breve (se avete tempo leggete qui) in cosa essa consiste. Se passa, un partito col 25% anche scarso può avere la maggioranza assoluta dell'unica camera che esprime la fiducia al governo. L'altra camera viene mantenuta in piedi, non elettiva, solo per alcune tipologie di leggi, secondo tra l'altro una casistica incomprensibilmente complicata, per dare un contentino ai nostalgici del federalismo, per gli altri aspetti sostanzialmente cancellato (e meno male, ma anche qui era preferibile una confessione esplicita di fallimento a questo intrigo surrettizio). Quel partito, a questo punto, si nomina il Presidente della Repubblica, quello della Camera peraltro ora suo vice, la maggioranza della Corte Costituzionale, e per questa via condiziona anche quel poco che resta (i referendum per quello che valgono vengono resi più difficili) della democrazia diretta, e del CSM, e infine può riformare la Costituzione ogni volta che vuole senza più l'argine della procedura bicamerale complessa e del referendum confermativo. Un regime vero e proprio. E' vero che altre democrazie hanno meccanismi maggioritari e una camera sola, ma è anche vero che si tratta di sistemi pensati per quello, coi loro contrappesi ed equilibri. L'obiettivo di questo inguacchio frettoloso, che manomette l'equilibrio disegnato dai padri costituenti (eletti col proporzionale da una percentuale di votanti enorme, col preciso mandato di scrivere la Carta, e che ci hanno messo tutto il tempo e l'attenzione che serviva), è invece soltanto uno: consentire all'asso di pigliare tutto, ad esempio riformando anche la giustizia come vuole lui. Obiettivo, peraltro, perseguito da chi ha l'ingenua presunzione, fino a darlo per scontato, che l'asso sarà lui.
La Storia insegna, invece, che dei magheggi degli uni spesso vanno ad approfittare gli altri, e non sempre questi ultimi sono "comici qualunquisti" per usare un termine caro al piddino medio.
C'è un film al cinema in questi giorni, che sarebbe proprio da vedere e far vedere. Si chiama Lui è tornato, e immagina che Hitler torni dal passato e approfitti ancora delle condizioni favorevoli, anzi meglio dell'altra volta date le condizioni che oggettivamente lo sono ancora di più. E' fiction ironicamente agghiacciante, vediamo di non farla inverare.

In evidenza

DEFICIENZA, NATURALE

Dell'argomento AI ne abbiamo già parlato come di uno di quei pericoli gravissimi verso i quali sarebbe opportuno porre argini non appen...

I più cliccati dell'anno