lunedì 31 agosto 2009

CAUTION RADIATION AREA

Il titolo è quello di un bellissimo album progressive degli Area, il gruppo di quel Demetrio Stratos che resterà sempre la voce più incredibile della musica italiana e forse mondiale. La foto pure. Ma qui adesso si parla di radiazioni fuori metafora.
Il TG1 ha appena riportato, infatti, notizia della scoperta vicino Aiello Calabro di una collina piena zeppa di non si sa bene cosa di radioattivo, ma di certo i contatori in zona sono impazziti, e a qualcuno è venuto pure in mente di controllare l'incidenza di alcuni tumori tipicamente correlati alla radioattività come quello tiroideo, scoprendo relazioni statisticamente significative oltre ogni dubbio (il triplo della media).
Questo mentre il Governo continua a blaterare di centrali nucleari e ponte sullo stretto. I calabresi e i siciliani, e tutti quei fortunati nelle cui zone saranno costruiti gli anacronistici antieconomici e devastanti per l'ambiente e la salute mostri di cemento, dovrebbero gandhianamente sdraiarsi a terra con nonni e bambini davanti alle ruspe per impedirlo, se avessero davvero a cuore il futuro dei loro figli. Perchè siamo in Italia, e nel Sud Italia, e anche quando queste opere fossero indispensabili, e sono invece inutili e dannose, bisognerebbe fare i conti con la nostra tipica divaricazione tra come andrebbero fatte le cose e come invece saranno fatte. Come dimostrano i lavori sulla A3, peraltro nati anch'essi da un progetto assurdo, che dovevano essere ultimati nel 2003 e lo saranno forse nel 2020: avant'ieri ho fatto 200 chilometri su 400 a corsia unica....
L'Italia non può ospitare centrali nucleari, neanche se fossero davvero utili, anche perchè le scorie saranno trattate come oggi quelle delle vecchie centrali mai operative e come tutti gli altri rifiuti, finendo troppo spesso in discariche abusive. Magari potessimo gridarlo tutti con la voce potente di Demetrio Stratos!

domenica 30 agosto 2009

I GIGANTI SULLE CUI SPALLE POGGIARE

Anche se pare non sia lui ad avere usato per primo questa metafora, è di Isaac Newton la versione più famosa: "se ho visto più lontano, è perchè stavo sulle spalle dei giganti", riferita a Galileo e Keplero.
Nella musica italiana, tutti quelli che pensano di aver aggiunto qualcosa o magari poterlo fare in futuro, devono la stessa deferenza ad Antonio Virgilio Savona da Palermo, morto pochi giorni fa a quasi novant'anni.
Savona era fondatore e leader del mitico Quartetto Cetra: guardatevi i video su youtube, e se avete più di quarant'anni ricorderete, altrimenti saprete, chi ha inventato l'intrattenimento musicale leggero in Italia, e perchè gli altri sono solo imitatori sempre più scadenti.
Questa è però solo la faccia più nota: Savona era infatti soprattutto un grande musicista e autore, che spaziava dal jazz alla classica. Insomma, non solo scrisse Nella vecchia fattoria, ma anche un album per Gaber dal titolo Sex e politica con testi tratti dai classici latini, un'opera su commissione di Berio per musicare le filastrocche di Rodari, e curò il recupero della musica popolare raccogliendola in volumi. Con la moglie Lucia pubblicò un disco ancora nel 2007, Capricci, e recentemente il club Tenco gli ha rivolto il giusto tributo sfociato in una raccolta di brani suoi cantati dal gotha cantautorale italiano, dal titolo dantesco Seguendo Virgilio.
Ancora meno noto è il suo impegno pacifista e laico, per cui il mio omaggio è con questo vecchio video.

martedì 25 agosto 2009

STATOTRUFFA 2009 - ARIDATECE IL CALCIOSCOMMESSE

La prima parte del titolo è parafrasata da un divertentissimo film con Totò e Nino Taranto.
Per la seconda, chi si ricorda quelle immagini in biancoenero di calciatori famosi, in testa il Pablito nazionale, prelevati e portati in gattabuia con l'infamante accusa di aver scommesso clandestinamente sul risultato delle partite? Allora sembrò uno scandalo pazzesco, oggi rivedere quelle immagini farebbe tenerezza. E non solo per quel gigantesco giro di riciclaggio e intrallazzi vari che è diventato il calcio dal Milan di Berlusconi in poi. Anche per una certa nostalgia delle scommesse clandestine, che va spiegata per non passare per apologia di reato.
Chi capisce un minimo di statistica, infatti, facilmente stima che lo Stato, da sempre attraverso il Lotto, e da qualche anno ancora di più attraverso Superenalotto e simili, è un allibratore molto più disonesto di qualsiasi camorrista. La quota che si trattiene, infatti, dove per legge dove per meccanismo del gioco, è furfantesca. Si chiama aggio: è quello che resta al banco alla fine della fiera. Ad esempio, alla roulette se punti su un numero secco e vinci ti danno 36 volte la posta, i numeri sono 37 con lo zero, quindi per la legge dei grandi numeri nel lungo periodo al banco resta un trentasettesimo dei soldi che girano sul tavolo. Una cosa onestissima. Lo Stato invece trattiene per se la stragrande maggioranza, una roba che sarebbe stato da tempo radiato dall'albo non solo dei mitici bookmakers inglesi, quelli che già accettano scommesse sui risultati tennistici delle figlie di Federer, ma anche dei loro parenti poveri napoletani dei tempi in cui il perbenismo italico vietava le scommesse...
Vincere al superenalotto è probabile una volta su oltre 600milioni, molto meno che venire colpiti da un fulmine passeggiando in una giornata di sole. Eppure proprio questa difficoltà, facendo salire i montepremi, decreta il successo del gioco. Come spesso capita, affido il resto del discorso a chi lo rende meglio di me: leggete Carlo Bertani.
E smettete di cascarci.

lunedì 17 agosto 2009

DALLA PARTE DELLA LEGGE

Ho ricevuto, e pubblico molto volentieri in maniera integrale, un commento al blog troppo lungo per essere postato "tradizionalmente". Solo poche righe di commento. Ho molti amici tra le forze dell'ordine e so bene che in genere i cosiddetti tutori della legge nel nostro Paese sono in stragrande maggioranza persone oneste che cercano di fare bene il proprio lavoro. Spesso però in questo sono osteggiati proprio da chi da un lato si riempie la bocca di sicurezza e dall'altro li lascia senza mezzi e li impiega in compiti improbi come in occasione dell'assurdo G8 aquilano o in genere come codazzo di esibizionismi pubblici. Per questo trovo che mentre la precisazione contenuta nella lettera è congrua e condivisibile, il testo in realtà non contraddice il messaggio profondo che il mio articolo cui risponde - regime, si regime - voleva passare. Nel 68 Pasolini disse di stare dalla parte dei figli di proletari poliziotti e non da quella dei figli di papà studenti. Vogliamo tutti continuare ad essere sempre daccordo con lui.

Ciao Cugino,
un fatto prima del commento: qualche giorno fa sono stato inviato come responsabile del servizio di ordine pubblico presso un albergo cittadino, dove era giunta una delle più blasonate squadre di calcio italiane per disputare, nella serata, un'amichevole. Durante tale servizio, con circa cinquecento persone affamate di autografi alle porte dell'albergo, e con i rappresentanti della società ed i calciatori per niente disposti a concedersi ai supporters, ho dovuto indicare agli operatori di respingere alle porte eventuali fans. Dopo un po' di tempo mi sono recato anch'io all'ingresso, dove, sotto il sole cocente delle 15,00 di un giorno di agosto, ho visto e sentito un ragazzino di 15/16 anni mandare a quel paese un operatore in divisa con la pelata tutta sudata. A quel punto sono intervenuto e ho chiesto al ragazzino, con fare molto autoritario, il perché avesse mandato a quel paese l'operatore e se avesse chiaro che l'operatore in divisa era in quel momento la pubblica autorità che gli stava dando un ordine, che era quello di uscire dall'androne dell'albergo. Allo sguardo misto di odio e di timore che avevo suscitato ho risposto con una paternalissima mano che gli accarezzava la spalla senza spingere in alcun modo, credimi, invitandolo ad uscire. A quel punto ottenevo dal giovincello un “vaffancul, e liev 'i man' a cuoll ”. L'ho guardato uscire dall'androne, sorpreso. Lui, e i suoi amici, mi guardavano di sottecchi, con sfida ed attenzione per quello che facevo.
Ecco cugino, il fatto, e, ancora prima del commento, una premessa: scrivo come cittadino di questo Stato e non come rappresentante; e come cittadino sono anch'io un tifoso, ed in alcuni casi, un manifestante. Se vai a vedere il mio profilo su facebook puoi notare che sulla foto indosso una maglietta, a cui sono molto affezionato, che ha un simbolo pacifista e un bel “NO al ponte”.
Ti aggiungo che la nostra generazione e la nostra educazione è quella che ci ha insegnato il rispetto per le istituzioni. Mio padre, ogni volta che entravo in conflitto anche solo con il nostro cane, dava torto a me. E' il motivo per cui, pur essendo entrato in Polizia da quindici anni, ogni volta che per strada vedo una pattuglia ferma con paletta in mano, mi sussulta il cuore.
Detto questo, ecco il commento: nel nostro ordinamento, l'art. 4 t.u.l.p.s. e l'art. 11 del D.L. 21.03.1978 n. 59, prevedono un tipo di provvedimento amministrativo (ablativo personale) che è il fermo di identificazione. Questo strumento, dotato dei crismi della esecutorietà, dà la possibilità a qualsiasi ufficiale-agente di polizia (polizia di stato, carabinieri e altri corpi appartenenti all’esercito, polizia municipale ma solo se hanno la qualifica di agente di polizia di sicurezza) di portarTi in Questura per procedere alla Tua identificazione nell'arco massimo di 12 ore, quando ci sono indizi sufficienti per ritenere che le generalità che hai dato o i tuoi documenti siano falsi. “ Indizi sufficienti a far ritenere che le generalità che hai dato o i documenti siano falsi ”. In questa frase stanno tutti i limiti della discrezionalità che ha l'operatore quando vieni fermato per identificazione. Non discuto sul fatto che, molte volte, questa frase dà la possibilità a operatori disonesti, in mala fede,o, semplicemente, “incazzati”, di applicare in modo molto personale o arbitrario questa norma e ritenere troppo facilmente che sussistano questi “sufficienti indizi”, ma qualsiasi giustificazione, questi operatori, in uno Stato di diritto, la devono dare ai magistrati una volta che il soggetto fermato ed identificato li abbia denunciati per abuso. Infatti, l'unica possibilità che ha il cittadino di opporsi a una decisione di “identificarlo presso gli Uffici di Polizia” (essendo questo un provvedimento che si presume “legalmente preso dall'autorità” e, quindi, immediatamente esecutivo ed esecutorio), è quella di dimostrare che i Pubblici Ufficiali o gli Incaricati di Pubblico Servizio l'hanno fatto in maniera disonesta, in mala fede o, semplicemente strumentale, e farli condannare per “Abuso d'Ufficio” art. 323 c.p. Altra strada non c'è n'è, se non quella di resistere al provvedimento beccandosi, se va bene, una denuncia a piede libero (la resistenza, in casi gravi, prevede anche l'arresto in flagranza di reato).
Queste sono le REGOLE che attualmente vi sono e che vanno rispettate anche quando vi è una manifestazione pubblica o, maggiormente quando vi è una manifestazione pubblica. In alternativa vi è anche la possibilità di cambiare le REGOLE. Questo governo lo ha già fatto per le intercettazioni, spuntando le armi (o secondo molti semplicemente deponendole) che lo Stato ha nei confronti delle attività criminali, basta poco che lo faccia anche abrogando una vecchia norma del 1931, ormai desueta e controcorrente. A torto o a ragione, infatti, vedo che la Pubblica Sicurezza Statuale, a giudicare dalle urla di aiuto del soggetto fermato per identificazione e dal Tuo articolo che rispolvera addirittura i fatti di Reggio nell'Emilia del 1960, non riscuote più una grande fiducia, anzi.
Me lo conferma anche lo sguardo ed il comportamento del tifoso allontanato dall'androne dell'albergo... me lo confermano quindici anni di cocciuto impegno (schizofrenico a volte) nel rispetto della legge e delle regole.
Abbiamo, credo e mi auguro, la stessa formazione giuridica e culturale oltre che una grande affinità di curiosità e di giudizio, ed è per questo che mi permetto di intervenire nel Tuo blog.
Le istituzioni sono fatte di uomini, che si rendono organi dello Stato e lo rappresentano nei poteri-doveri. A volte sbagliano, in questo caso è mia ferma convinzione che chi sbaglia paghi due volte (una per l'errore commesso, l'altra per l'immancabile discredito e confusione che colpisce tutti, operatori e cittadini), ma è un'organizzazione negli ultimi anni lasciata progressivamente a secco, senza mezzi e personale, ma che riesce ancora a fornire un servizio moderno e trasparente, a livello di quello offerto dalle altre polizie europee più rigide, più ermetiche, più pagate.
Proprio perché credo nel confronto dialettico violento ed approfondito ti dico in modo molto rammaricato ed impietoso che con il livello di stima e di fiducia nella Polizia di Stato Italiana che ho visto in questo articolo ed in questo video, con il livello di tensione raggiunto tra l'incudine (il governo che taglia, che ci chiama “panzoni”, “imboscati” e “fannulloni”) ed il martello (la società civile che per un semplice autografo ti manda “affanculo”), mi viene veramente voglia di gridarlo io a tutti e di incitare e gridare: “LARGO ALLE RONDE”.

venerdì 14 agosto 2009

JUGOITALIA

La tecnica è sempre la stessa di quando devono fare una cosa controversa, che rischia di trovare disaccordi anche interni alla maggioranza: si incarica uno di fare un annuncio di un intervento "forte", poi lo si smentisce, poi gli si cambia nome e lo si attua apparentemente depotenziato, in realtà corrispondente a quello che si aveva in mente all'inizio.
Hanno fatto così con l'ennesimo condono edilizio, stavolta preventivo e chiamato "piano casa". Stanno facendo così con la separazione delle carriere dei magistrati con assoggettamento dei pm all'esecutivo, prevista nelle carte di Gelli, che sarà attuata con il nome riforma della giustizia penale, dichiarata priorità di settembre visto che oramai "siamo usciti dalla crisi" e "abbiamo dato una casa vera ai terremotati d'Abruzzo". Adesso tocca alle gabbie salariali: nella fase uno si manda avanti Calderoli, uno che si presta perchè ci ha il fisico, della smentita si occupa direttamente Berlusconi dichiarando che non aveva mai pensato ad altro che alla contrattazione decentrata (che esiste già, dunque che ne parliamo a fare?), sul nome che daranno a questo istituto che tanto aveva dato al meridione (furono in vigore dal dopoguerra al 1969, e infatti com'è noto in quel periodo il Sud conobbe uno straordinario sviluppo e non un solo terrone fu costretto ad emigrare, vero?) si accettano scommesse.
Su queste pagine ne aveva già parlato Giufà, ma in questi mesi è Carlo Bertani che è tornato più volte sulla questione meridionale (si, adoro le vecchie etichette) con idee interessanti espresse senza peli sulla lingua. Chi vuole leggere i suoi interventi integralmente parta dall'ultimo che rimanda ai precedenti, qui mi preme rimarcarne un concetto: a fine anni 80 nessuno in Jugoslavia immaginava che di li a poco avrebbe sgozzato i figli serbi del vicino, stuprato la cognata musulmana bosniaca, deportato i suoi parenti croati. Sono pochi coloro che sentono l'odore della tempesta in arrivo.
Salari diversi hanno senso in sistemi economici diversi con monete diverse. L'anno prossimo si dovrebbero festeggiare i 150 dell'unità d'Italia, e già nessuno ne ha voglia. Il sud è stato colonizzato e depredato, il suo sistema economico distrutto e i suoi figli costretti ad emigrare. La ricchezza del nord è quasi tutta costruita sul sangue e il sudore dei meridionali. Anche l'assistenzialismo tanto deprecato è stato voluto (e viene tuttora praticato sotto forme vecchie - le pensioni d'ìnvalidità che raddoppiano - e nuove - le grandi opere in fieri) nel quadro dell'annessione al modello consumistico giusto adesso entrato in crisi. Ma lo stipendio di un "fannullone" meridionale, pur essendo uguale a quello di un "fannullone" del nord, campa molte più persone, e dovendo sopperire alla mancanza di infrastrutture sociali ed economiche.
La Jugoslavia (letteralmente, Slavia del Sud) fu creatura artificiosa delle potenze vincenti la prima guerra mondiale a danno di quelle perdenti, ma sotto Tito sviluppò un senso nazionale maggiore del nostro, una mirabile integrazione interetnica e interreligiosa, e un'organizzazione economica efficacemente distribuita secondo logica nel territorio: industrie al nord vicino all'Europa e ai grandi porti, agricoltura al sud, direzione polica al centro. Alla caduta del muro, i tedeschi per riconoscere l'indipendenza di Croazia e Slovenia, che a questa pianificazione dovevano il loro vantaggio relativo, non aspettarono nemmeno che quelli finissero di chiederla, tanto subodorarono l'affare. E il resto del mondo capitalista andò loro appresso, con in testa il Vaticano cui non pareva vero si potesse rinverdire la gloriosa tradizione delle guerre religiose (il bieco illumismo, che espressione illuminante!). Da noi, in peggio, c'è che il vantaggio relativo del nord è stato ottenuto in maniera fraudolenta, e di questa cosa quasi tutti i meridionali conservano sorda e profonda consapevolezza. Introduciamo le gabbie, si, ma allora poi anche tutta un'altra serie di steccati che consentano a stipendi diversi di avere davvero lo stesso potere d'acquisto, spingiamo pure il federalismo leghista al massimo grado, diamo mano libera a Bossi e soci, facciamo un Sud indipendente ma che batta moneta propria a corso legale (fuori dal sistema furfante del signoraggio - guardatevi questi 5 video con un po' di pazienza che ne vale la pena - come fa la Cina e sta imparando a fare l'America latina) e sfrutti i vantaggi competitivi della produzione a basso costo del lavoro, e infine magari allora quantifichiamo pure quanto ci dovete in termini di risarcimento per averci colonizzato. Lo so, sembra un discorso assurdo. Ma quanto tempo ci vorrà prima che venga fuori qualcuno che lo fa, se si continua a spingere su questa strada? E chi sarà questo qualcuno? piacerà a noi progressisti? e cosa distinguerebbe la mafia da qualsiasi altro governo se la sua forza diventasse legittima?
Fantapolitica? forse. Ma per quanto ancora il Capo avrà dindini da sganciare alla Sicilia per fermare il partito del Sud? Quanti altri assi ha in mano dopo il Ponte, ammesso che abbia ancora le risorse per farlo? Cosa succederà quando persino gli abruzzesi, i terroni del centro, capiranno che sono stati truffati tutti assieme ed è solo così che possono rifarsi, non ciascuno per se come sempre i meridionali in fondo pensano (ed è questo il loro vero difetto, ben rappresentato dal posteggiatore abusivo di Totò Peppino e la dolce vita)?

domenica 9 agosto 2009

CHE PALLE!

E' attivo da qualche giorno un nuovo prezioso blog di controinformazione. Si chiama Elettroni: quando girano girano, e già questo rende ragione del titolo di questo pezzo. Il sito affianca commenti di politica ad altri più spiccatamente scientifici, credo per via della formazione personale del suo autore. Oggi esce facendo da eco ad un'interessantissima statistica sulla sicurezza reale e quella percepita, argomento più volte affrontato su queste pagine con tesi che questi dati dimostrano inoppugnabilmente. Non voglio tornarci su: seguendo il tag sicurezza trovate tutto quanto ci siamo detti sul'argomento, se vi va. La sintesi è che tutto l'affare sicurezza è stato trattato dall'informazione ufficiale in maniera artata: che siamo un Paese insicuro, poi a causa di minoranze emarginate come immigrati e zingari, è in realtà una colossale bugia, una palla se preferite.
E qui entra in gioco il piano della P2 di prendere il controllo della televisione prima di tutto il resto, diligentemente eseguito dal membro tessera 1816 che da quindici anni domina il panorama politico non solo i tag di questo misero blog. Secondo un assioma della comunicazione, infatti, se la ripeti fino alla noia una bugia finisce prima o poi per diventare verità, specie se nel frattempo hai zittito o marginalizzato tutte le voci contrarie.
Succede quindi che un baro passa per un bravo giocatore, e anche se decine di libri hanno dimostrato le sue malefatte in maniera da resistere persino a querela, la percezione di questo individuo come di uno mancante dei requisiti di onestà minimi, almeno per governare un Paese se non vogliamo dire nemmeno un condominio, non passa. Non c'è niente da fare. Non c'è niente che lui possa fare più di quanto abbia tentato per screditarsi. E il peggio è che se ci provi che so durante una cena con amici fidati, a sciorinare la truffa ai danni dell'orfanella per farsi il villone, quella ai danni dei proprietari di terreni non edificabili per farci i quartieri modello, quella ai danni degli editori degli altri network privati per diventarne l'unico padrone e signore, quella conclamata da sentenza in base alla quale acquisì Mondadori, gli amici prima che tu possa continuare ti dicono proprio "che palle, mo' è tutto colpa sua? dài, non è possibile!" e tu taci anche se non solo è possibile, ma è potuto. Non insisti prima perchè non vuoi che gli amici ti emarginino come "quel palloso che parla sempre solo contro Berlusconi", poi perchè in fondo sai anche tu che la colpa ultima non è sua, ma di un certo spirito patrio di cui lui è solo il prodotto ultimo.
La sindrome è quella per cui anche di fronte a decine e decine di prove che perlomeno mettono in discussione la versione ufficiale dell'11 settembre, il cittadino medio se ne esce con un "quindi se le sarebbero buttate giù da sole? ma dài, non è possibile!". Talvolta però i tempi storici aiutano a raggiungere la verità, come nel caso di tristissima attualità proprio in questi giorni. Tutti sapete che il 6 e il 9 agosto 1945 gli americani distrussero con due bombe atomiche Hiroshima e Nagasaki, e ripetete che la cosa fu necessaria per risparmiare i milioni di morti che la prosecuzione della guerra avrebbe causato, come la storia ufficiale racconta. Documenti saltati fuori - come talvolta succede - dopo decenni, invece, dimostrano che i giapponesi erano pronti da tempo a trattare la pace, e quindi che la tesi alternativa secondo cui le bombe furono invece lanciate per mandare un messaggio ai russi ed avviare così in vantaggio la guerra fredda, compiendo così un vero e proprio crimine contro l'umanità, non era così bizzarra e sacrilega.
Ricordiamocene, quando sentiamo il prossimo servizio sulle nostre "missioni di pace" in Afghanistan...

giovedì 6 agosto 2009

REGIME, SI, REGIME!

Troppe volte, davvero, nella storia di questo Paese si è dovuto assistere allo spettacolo di forze dell'ordine chiamate costituzionalmente a difendere ciascun cittadino che si comportano come vigilantes privati di politici e altri gruppi di potere. Dai celerini di Scelba alla Diaz di Genova passando per i la repressione dei moti di Reggio Calabria. La scena di cui postiamo il filmato integrale non è particolarmente cruda, ma è particolarmente significativa: nell'Italia di oggi è vietato manifestare la propria opinione, anche se sei disarmato, se ti hanno già identificato, non opponi resistenza, e intendi farti portavoce di un movimento di pacifico dissenso avverso una delle sciagure più grandi che affliggeranno il territorio di casa tua per i prossimi decenni. Un movimento maggioritario e trasversale, fidatevi, non vuole il Ponte sullo Stretto di Messina. Una stragrande maggioranza di reggini e messinesi e villesi pensa che il progetto in fieri sia antieconomico, irrealizzabile, devastante per il territorio, inutile, eccetera, ed ha idee diverse su come andrebbe meglio impiegato il fiume di denaro che andrà a riempire stomaci già pieni (e pelosi) senza nemmeno avere quell'effetto moltiplicatore keynesiano di cui si parla a vanvera e strtumentalmente avendo solo sbirciato il Bignami di economia politica. Non ci credete? lo vedrete sabato 8 agosto in piazza a Messina. Continuate a non crederci? Facciamo un referendum. Indiciamo un referendum consultivo tra le popolazioni dell'Area dello Stretto per l'anno prossimo a giugno, e facciamo che da qui ad allora si parli finalmente bene di questa faccenda.
Già, parlare: se fossimo in democrazia si potrebbe parlarne. Invece niente, il Ministro è lì per fare passerella e non può essere disturbato. Il ragazzo del video è stato incriminato per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, ma si vede bene che lui invece si è comportato benissimo: non solo non ha torto un capello a nessuno, ma nemmeno si è agitato troppo di modo che potessero picchiarlo impunemente. E sentite il signore che parla alla fine del filmato, potrebbe essere vostro padre o zio o cugino. E' Renato Accoriti, pacifista, da sempre in prima fila contro il Mostro in fieri. Amareggiato fin quasi alle lacrime da ciò che aveva appena visto (e che tutti potete vedere grazie alla Rete). Che tristezza...

mercoledì 5 agosto 2009

ONAN IL BARBARO

Devi sapere, o Principe, che tra gli anni in cui gli oceani inghiottirono Atlantide e le sue radiose città, e gli anni dell'avvento dei Figli di Aryas, ci fu un'Età mai sognata in cui splendidi regni si stendevano sul mondo come azzurri mantelli sotto le stelle: Nemedia, Ophir, Brythunia, Hyperborea... Ma il regno più superbo del mondo era Aquilonia, che dominava suprema il sognante occidente. Qui giunse Conan il Cimmero, dai capelli bruni e gli occhi cupi, la spada in mano: un predone, un saccheggiatore con gigantesche melanconie e gigantesche allegrie, venuto a calpestare sotto i suoi sandali i troni di ogni terra incastonati di gemme...
E' l'incipit con cui Robert E. Howard avvia la saga letteraria di Conan il Cimmero, parafrasata poi in tutte le storie della fortunata serie di fumetti con cui il personaggio è giunto a noi, passando per un brutto film col giovane Schwarzy. L'assunto cui aderisce Howard per creare il suo universo immaginario, che come è noto consente allo scrittore e al lettore più gradi di libertà rispetto al mondo reale - e precisamente in ciò consiste la fortuna della fantascienza e del fantasy in genere, è che prima della storia che è arrivata fino a noi, e dell'epoca indistinta che la precede e che pertanto chiamiamo preistoria, c'è stata un'altra epoca "storica" cioè ordinata, finita per un cataclisma o comunque un evento di cui abbiamo vaga eco, e pertanto a noi ignota. E' il mito di Atlantide, il motivo per cui in ogni religione c'è il racconto di un Diluvio, e la fortuna di personaggi come Alberto Giacobbo e Valerio Massimo Manfredi.
Certo è che se assumiamo che un'epoca del genere sia potuta esistere ed essere quasi del tutto dimenticata, si sgretola d'incanto anche la presunzione che abbiamo che la nostra di Storia invece sia eterna: dopo il prossimo Disastro, la prossima Storia potrebbe avere della nostra solo una rappresentazione mitica come noi di Atlantide, e dopo una lunga nuova era hyboriana dominata da tipi di poche parole come appunto l'eroe howardiano.
E' peraltro risaputo che pochi tra coloro che vivono la fase finale di un'era o di un'impero sono consapevoli della cosa, e tra questi pochi sopravvivono alla transizione, pochissimi la guidano, e quasi nessuno riesce a pronunciare le fatidiche parole "l'avevo detto io".
Non sarà questo il caso nemmeno di Marino Badiale e Massimo Bontempelli, probabilmente proprio per il motivo (è scritto difficile) per cui non tento nemmeno di riassumere il loro lucidissimo articolo uscito su ariannaeditrice e cui rimando nel riversamento di Megachip perchè meglio formattato. Si intitola Aspettando il peggio, e il titolo dice tutto. Ma se volete avere un'idea di cosa attende voi e i vostri figli, leggetelo attentamente. Tra l'altro, la sua cupezza nasconde una speranza: che la ricerca di un nuovo modello di sviluppo, e quindi di una nuova forza politica davvero alternativa che lo propugni, si faccia lentamente largo nelle coscienze, magari parafrasata da qualcuno, perchè no proprio qualcuno di voi, che la renda intellegibile anche a chi non abbia una formazione postuniversitaria specifica. Altrimenti, e questo resta lo scenario largamente più probabile, avremo se ci va bene un Grillo e se ci va male un Khomeini a raccogliere i cocci nell'imminente medio evo, un Conan a combattere lui e gli altri tiranni - senza nemmeno sapere perchè e nel nome di Mitra, e nessuno di noi a vedere la scena.
Ma basta tragedia, passiamo alla farsa. Che ci viene suggerita dal facile gioco di parole tra Conan il barbaro distruttore e Onan il biblico masturbatore. Perchè tutte le conversazioni private Berlusconi/D'Addario pubblicate in questi giorni sono - oltre che così gravi che avrebbero portato alle immediate dimissioni in qualunque altro Paese al mondo - davvero ridicolissime, la più comica di tutte è quella in cui uno che di mestiere farebbe il politico consiglia a una che di mestiere fa la puttana di "toccarsi più spesso". Anche qui, però, controinformoperdiletto si limita a fare la sua parte, e cioè si fa da parte e rimanda al pezzo più spassoso dell'anno, di Andrea Scanzi su Micromega.
E così oggi vi ho fatto piangere e ridere assieme, come Benigni ne La vita è bella. Speriamo mi finisca meglio...

lunedì 3 agosto 2009

ALLA STAZIONE DI BOLOGNA

"Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po' molli col seno sul piano padano ed il culo sui colli". Prendo in prestito da Guccini, bolognese di adozione e residenza (via Paolo Fabbri 43, unico artista a dichiarare l'indirizzo di casa in un titolo di una sua opera, forse...), sia l'incipit che il titolo. L'incipit è tratto da Bologna, album Metropolis, 1981. Il titolo dal corpo del testo di una pietra miliare della canzone d'autore italiana, La locomotiva, album Radici, 1972. Sia l'uno che l'altro c'entrano con una ricorrenza di ieri.
Il primo ci ricorda infatti di questa incredibile posizione del capoluogo emiliano, che per come è fatta l'Italia, con gli appennini storti a tagliare di sbieco il corpo storto dello stivale, fa si che qualunque strada tu faccia, se vai da Sud a Nord o viceversa, tu ci debba passare. Questo essere crocevia geografico poi ha coinciso con l'essere anche in qualche modo crocevia della storia del nostro Paese. Proprio passando per quella trafficatissima stazione in cui arrivava la notizia che il ferroviere anarchico di Guccini voleva far schiantare la propria "bomba contro l'ingiustizia" contro un "treno di signori".
Il 2 agosto 1980, infatti, alla stazione di Bologna viene segnato l'acme di quella che chiamavamo Strategia della tensione e che fu una serie di attentati e stragi unica al mondo tra i Paesi cosiddetti democratici: undici episodi principali con un totale di 150 morti e 650 feriti, più una serie di avvenimenti collaterali (in primis, la strage di Ustica) e minori che escono da questa contabilità ma hanno contribuito alla creazione di un clima che ha impedito una vera transizione democratica.
L'Italia sconfitta in guerra ed assegnata da Yalta al blocco occidentale, infatti, doveva essere una democrazia solo apparentemente, non essendoci nessuna possibilità reale che l'opposizione parlamentare diventasse maggioranza di governo, come lo stesso Togliatti - che a Yalta c'era - sapeva benissimo. Vennero così create una serie di strutture più o meno legali di allerta contro il "rischio comunista", dai servizi segreti a Gladio alla loggia massonica P2. Infatti, la strategia della tensione comincia proprio dopo i successi delle lotte operaie dell'autunno 1969, e le sue ricrudescenze corrispondono ai vari successi elettorali del PCI, mentre l'unico che intendeva "imbrigliare" i comunisti coinvolgendoli in responsabilità di governo - Aldo Moro - veniva rapito e ucciso dalle BR (cui prodest?).
Tramontate le velleità del PCI, con la caduta del muro di Berlino si schiudeva nuovamente e forse davvero per il nostro Paese la possibilità di divenire una democrazia compiuta. Ebbene, come si è chiusa quella breve stagione di afflato libertario, coincisa con le inchieste di Mani pulite e i maxiprocessi di mafia istruiti da Falcone e Borsellino? Con le stragi in cui furono uccisi questi eroi civili, e altri attentati subito dopo a sancire i confini delle trattative in corso e preparare un nuovo regime (le inchieste sono state riaperte recentemente...).
Ora, il peggio di tutte queste tragedie non è che siano accadute: la Storia di qualunque Paese è punteggiata di eventi del genere. E' che in Italia:
  • non si sia mai trovato un mandante;
  • una chiave di lettura organica non sia mai potuta andare oltre lo stadio di teoria;
  • se chiediamo ai ragazzi non sanno nemmeno che tutto ciò è successo figurarsi perchè;
  • tra un po' nemmeno se ne potrà parlare, perchè con la legge-bavaglio alla Rete in fase di approvazione definitiva anche un pezzo generico come questo potrebbe creare problemi al suo estensore, figurarsi uno con nomi e cognomi.
Viene in mente un pezzo di un bolognese vero (4 marzo 1943, unico artista a mettere la sua data di nascita in un titolo di una sua opera, forse), che al vertice della sua carriera - prima di rimbabirsi con parrucchino e Cayenne - cantava (in Com'è profondo il mare, album omonimo, 1978) "è chiaro che il pensiero da fastidio anche se chi pensa è muto come un pesce, anzi è un pesce, e come pesce è difficile da bloccare, perchè lo protegge il mare. Com'è profondo il mare! Certo, chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche: il pensiero è come l'oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare. Così stanno bruciando il mare. Così stanno uccidendo il mare. Così stanno umiliando il mare. Così stanno piegando il mare." Lucio Dalla, quando era un artista e quindi anche un profeta aveva previsto sia la Rete sia il tentativo di imbrigliarla...

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