domenica 30 dicembre 2018

OGNI FINE È UN INIZIO

Questo 2018 si conclude con l'approvazione in extremis di una manovra che, come capita a molte mediazioni estreme, potrebbe accontentare tutti e però invece rischia di non piacere a nessuno. A me - e a leggere i sondaggi, che vedono il governo gialloverde ancora con circa il 60% dei consensi, cosa incompatibile con la narrazione di giornaloni e tiggì (ma quand'è che intervengono in Rai, possibile che devono essere "sportivi" solo i "nostri"?) sono in nutrita compagnia - sarebbe piaciuto che il mio Paese non fosse stato costretto da trattati-capestro a mercanteggiare sui decimali, ma anzi avesse potuto azzardare una manovra ben più keynesiana di questa. Ci sarebbero, ci sono, moltissime cose da fare, che uno Stato sovrano potrebbe decidere di fare (senza peraltro che i suoi conti nel medio/lungo periodo ne risentano, anzi tutt'altro: il moltiplicatore alla fine genera più entrate fiscali della spesa pubblica per investimenti che lo ha innescato) se solo fosse davvero tale: riqualificazione capillare del territorio allo scopo di prevenire (anziché intervenire dopo, a costi enormemente maggiori) i danni da eventi naturali, recupero e messa in sicurezza allo stesso scopo del patrimonio edilizio di periferie città e borghi, rifacimento della intera rete stradale urbana ed extraurbana, attuazione del mandato referendario relativo all'acqua pubblica e risistemazione di acquedotti e reti distributive, reingegnerizzazione del sistema dei trasporti di merci con ripristino e implementazione delle vie d'acqua interne e realizzazione di un sistema di porti di medio e piccolo cabotaggio per minimizzare al più presto la circolazione di TIR nelle autostrade, ripristino della rete ferroviaria statale fino a ridare operatività a tutte le stazioncine periferiche, incentivazione fiscale e non della microproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, e mi fermo perché sto andando a braccio e non era un'elencazione completa di spesa pubblica anticiclica l'obiettivo di questo post, fatevela da soli, metteteci tutto quello che da plenipotenziari fareste per risollevare le sorti del Paese, dare un lavoro a tutti (e quindi nuovo significato all'accoglienza di extracomunitari, in un'ottica di necessaria partecipazione a un progetto di rilancio, e non più di grimaldello emotivo all'acquescenza verso il progetto in atto di livellamento verso il basso del livello di vita di tutti) e tentare di cambiare verso al futuro.
Invece, non si può nemmeno raggiungere un misero 2,4% di deficit, ben al di sotto del fatidico tetto del 3% imposto a pene di segugio ai tempi di Maastricht e poi peraltro più volte sforato da tutti e comunque da tanti più di noi, perché se no parte una procedura di infrazione che o si ha la forza politica di denunciare i trattati e andarsene sbattendo la porta (e quella non la si ha per colpa dei troppi italiani che ancora si bevono la narrazione ufficiale su leuropa e ildebbitopubblico) o si deve subire e alla fine costerebbe più dei benefici cercati. In pratica, è chi ha firmato quei trattati (e chi gli ha dato il consenso per farlo) che ha sancito la fine della democrazia, sappiatelo, e iniziate a guardare storto il vostro amico o parente o collega o vicino che è ancora "europeista" (le virgolette sono perché invece si sarebbe davvero europeisti solo se si smantellasse questa UE a trazione monetaria) e magari pure piddino, e ancora gongola quando arrivano le bacchettate da Bruxelles o da un qualche collaborazionista interno magari seduto su alto scranno: il suo concetto di democrazia è limitato alle cose che si possono decidere senza disturbare il padrone (unioni gay e altre amenità), perché ci sono argomenti "scientifici" su cui è la sua tecnocrazia che decide e il popolo bue è suddito e può solo uniformarsi (e i gay come gli etero restare disoccupati e non avere i soldi per sposarsi). Una tecnocrazia peraltro mai eletta da nessuno (Cinesi e Americani stanno messi molto meglio di noi, per motivi diversi), che quello che votiamo alle europee è un parlamento senza poteri - e tuttavia, alle prossime europee bisogna mobilitarsi per renderlo a maggioranza sovranista, tifando anche per qualcuno che ci è ancora più antipatico di Salvini, magari qualcosa succede...
Tutto questo, come tutto il resto peraltro, ha le sue radici nella Storia, e come compitino per le vacanze vi lascio la lettura di questo istruttivissimo pezzo di Cesare Corda per Sakeritalia, da leggere e rileggere con attenzione. Come diceva mio nonno, "bona fini e bon principiu", antico augurio di fine anno che stava saggiamente a rammentarci che, nessun dramma, ogni fine su questa Terra è necessariamente anche un inizio, e fatta fuori l'UE si scoprirà che ci sono altri sogni per cui lottare, che sono sogni migliori dell'incubo che è diventata questa Europa unita, e che anzi è stato proprio il corpaccione putrido e ingombrante di questo cadavere ambulante di istituzione sovranazionale antidemocratica che ci ha impedito di vederli fino ad ora. Chissà che nel 2019...
No, non lo dico: un po' di scaramanzia non guasta. Buon anno che verrà.

sabato 22 dicembre 2018

UNA MANO

Questa canzone a suo tempo me la ispirò la visione, già allora in ennesima replica televisiva, del film “Salvate la tigre” con protagonista l'immenso Jack Lemmon. Se leggete la trama, però, i conti non vi tornano, perché il testo sembra parlare di tutt'altro. Gli è che, come spesso capita (almeno a me, non so a voi), della visione di un film o della lettura di un libro non resta in mente, se non in rarissimi casi, la storia precisa nel suo svolgimento, ma magari una suggestione, un passaggio, una impressione di fondo. In questo caso, lo stress che stava attraversando portava il protagonista ad avere dei flashback dello sbarco di Anzio, che gli era toccato di vivere in gioventù, e in particolare dell'orrore di una mano staccata dal corpo che in quella occasione ebbe a fissare.
Detto questo, dimenticatevelo: è solo una canzone che parla della guerra, di tutte le guerre, e in quanto tale è e purtroppo sarà sempre attuale, se volete il testo (come per gli altri) basta chiedermelo e poi potete anche musicarlo come vi pare, ad eventuale domanda potete sempre rispondere che il riferimento è a Roger Waters che alla disavventura del padre proprio ad Anzio deve non solo alcuni testi di canzoni (ovviamente molto più belli di questo) ma anche album o blocchi interi di carriera se non tutta l'ossessione che è alla base della sua follia benedetta, almeno per chi ama i Pink Floyd (perché senza di essa non ci sarebbero stati i 3/4 della loro migliore produzione), nonché la cittadinanza onoraria del comune laziale.
Il Natale, ormai lo sanno anche i bambini, o almeno quelli svegli coi genitori giusti o che almeno ci provano a esserlo, è in realtà la prosecuzione sotto mentite spoglie della festa del Sol invictus, tre giorni dopo il solstizio d'inverno, per secoli celebrata a Roma ma con radici ancora più antiche, alla Persia di Mitra e all'Egitto di Ra: quando gli imperatori capirono che adottare il cristianesimo come religione ufficiale tutto sommato sarebbe convenuto all'Impero, non fecero che giustapporre le feste cristiane su quelle pagane preesistenti, così tutti avrebbero partecipato senza nemmeno quasi badarci. Ma da noi, prima che tornasse pagana diventando la festa principale tra tante (e sempre nuove, nel patetico tentativo di raschiare il fondo del barile del plusvalore concesso agli schiavi per fare girare l'economia, mica per pian pianino tentare di affrancarsi) del consumismo, era diventata la festa della famiglia e della bontà. La qual cosa, fino a che non sfocia nell'ipocrisia (e troppo spesso lo fa) a me, anche da non credente, va benissimo. Perciò mi sembra giusto usare un vecchio testo che parla dell'atrocità della guerra, e una canzone di un genio che invoca il suo papà morto in quello stesso teatro, per augurare a tutti voi Buon Natale.
UNA MANO
Ciao, protagonista di una nuova storia,
quante sigarette hai buttato via?
Sposta il pacco e cerca nella memoria,
lascia il buco aperto alla fantasia.
Quella guerra è stata un’atrocità,
i tuoi spettri ora ti seguono e nessuno lo sa:
lontano,
qualcuno,
una mano.
Dormi la tua vita come meglio nessuno,
ma gli altri sono meglio: non si sbagliano mai,
tu hai il difetto di voltarti indietro, e in un mondo
dove non si ama ma si prende non va.
Quella mano a terra è rossa per il sangue,
quella voce è dentro ma ti sembra venga da
lontano.
Raccogli
la mano.
E quando scopri che le sigarette non fanno male,
quando vedi che tua moglie non ha voglia d’amore,
quando l’unico tuo figlio muore di un’overdose,
quando la tua mano trema e fa cadere le cose,
quando il mondo gira attorno e la tua testa capisce
che è vissuta in un’America che tra poco finisce,
quando il vecchio con le carte ti racconta una storia
che vorresti fosse tua, fosse, nella tua memoria,
lontano,
raccogli
la mano.
Ciao, protagonista di quest'altra storia,
io non ti conosco, son diverso da te,
ma ti ho raccontato perché è giusto sapere
che anche tu hai vissuto, coi tuoi qualche caffè.
Ma quella guerra è stata un’atrocità,
quanto ti ha cambiato ormai nessuno lo sa
la vita.
Uno spettro:
una mano.

domenica 16 dicembre 2018

GLI ANTIEMETICI PLEASE!

"Nun ce bisogna a zingara..."
Essendo uno dei feisbuccari della prima ora, mi ritrovo con oltre 500 "amici", tra cui, sia per ragioni statistiche che per pregresse affinità culturali e politiche, ancora molti (troppi) piddini e simili. Un tempo - ricordate? - non era possibile filtrare il flusso di notizie, da un po' invece per fortuna si, e in modi crescentemente sofisticati, ma pur approfittando abbondantemente di queste possibilità (non "seguo" quasi nessuno e giusto un paio di gruppi) mi può ancora capitare, vista anche la suddetta quantità di amici, di imbattermi in post, ironici o seri, pluricommentati o no, che sottintendono la narrazione piddino-eurista criticando o sbeffeggiando il governo. Essendo già costretto a sorbirmeli se voglio sentire un qualsiasi tigì o gierre, lo trovo francamente insopportabile, e li chiudo subito, resistendo alla iniziale tentazione di subissarli di commenti lividi. Ma la voglia mi resta, e siccome il mezzo è il messaggio, scelgo di sfogarla costringendola a passare attraverso i filtri necessari a confezionare un post sul blog, con cui faccio meno danni, soprattutto a me stesso. Ma se qualcuno degli autori di quei post ancora usa leggermi e nella fattispecie sia riuscito ad arrivare fino a qua, faccia pure come se abbia letto le mie risposte di pancia, e se le immagini più colorite possibili.
Ora, fino a che sorprendi i pidioti che esultano tra loro perché l'Unione Europea ha costretto il nostro governo a trattare, lo rimproverano comunque dei soldi persi per il rialzo dello spread, e invocano un riMonti un Draghi o un Cottarelli (ospite fisso da Fabiofazio, si noti, a spiattellare di continuo una teoria economica di parte, della parte dei padroni per la precisione, come fosse un assioma scientifico) a rimpiazzarlo sancendo la definitiva morte della democrazia in Italia, passi: sono vaneggiamenti di gente oramai nemmeno più capace di capire che sta facendo il tifo per il cetriolo e il culo è il proprio. Ma quando si approfitta dello sfigato destino di un ragazzo, come quando fanno rimbalzare l'infausta vignetta del Manifesto, che mi vergogno per loro di mostrarvi, che mostra Migalizzi sotto il titolo "Antonio, l'Europeo", si arriva al vero e proprio sciacallaggio, e fatico a trattenere la rabbia e il vomito.
E allora, anche se non mi andava perché uno si stufa di scrivere sempre le stesse cose, tocca ricordare che l'attentato di Strasburgo era così prevedibile che infatti qualcuno lo aveva previsto, e scritto in un tweet che ha girato migliaia di volte nei giorni precedenti. "A questo punto in Francia, se non sbaglio, la sceneggiatura dovrebbe prevedere un attentato", diceva, e non serviva essere Nostradamus per pensarlo, anche se serviva una certa dose di coraggio per scriverlo (e infatti dopo l'attentato giustamente l'autore lo ha rimosso, probabilmente non avrebbe mai voluto essere così facile profeta). Il fatto è che, com'è come non è, ogni volta che un governo reazionario è in difficoltà, cose come questa capitano sempre a fagiolo, a distrarre l'attenzione dei media stavolta dalle scoppole prese da Macron (ma noi in Italia siamo maestri, si chiama Strategia della tensione, uno spettacolo che ci ha deliziato dal 12 dicembre 1969 alla Trattativa del 1992/1993), ad agevolarli a riprendere i mantra della narrazione ufficiale dello scontro di civiltà, e pazienza se l'attentatore stranamente non si suicida, anzi scappa, e ovviamente viene ucciso nel tentativo di catturarlo (da scommetterci lo stipendio). Altra strana coincidenza, si tratta sempre di gente molto nota alle autorità, che però è libera di agire, poi se uno pensa che viene lasciata libera apposta perché qualcuno da usare per poi incastrarlo ed eliminarlo prima che possa parlare prima o poi può servire, è uno che ha visto troppi film d'azione americani, o come si preferisce dire da noi, abusando di un termine che semmai indicherebbe il contrario, un "complottista" (si, come nella bufala delle Torri gemelle e per la vera storia dei Bush - e si, credo ci sia del vero anche nella storia delle scie chimiche, e allora? se lo dice il Corrierone vi va bene?).
Tant'è, se fosse vera questa interpretazione, o se anche solo andiamo a vedere "cui prodest", il mio sfortunato conterraneo è davvero vittima del fogno europeo, anche se in un senso diverso da quello preteso: non in quanto "cittadino d'Europa", ma proprio in quanto vittima collaterale dell'attuazione ad ogni costo del progetto totalitario che si chiama UE, attuazione che non contempla riguardo ai propri cittadini, né riguardo il loro tenore di vita, né la loro vita stessa. E allora figurarsi la volontà da loro democraticamente espressa.
Per cui, voi avete votato in maggioranza per chi vi ha promesso di cambiare politica economica, smettendola con l'austerità? Sticazzi. Se il vostro governo ci prova, loro scatenano l'inferno: spread, stampa, social. La democrazia, per loro (e quanto mi fa specie usare questo pronome: il PD l'ho criticato dalla nascita, ma ho continuato a votare a sinistra fino alla dichiarazione di Bersani "con l'Europa senza se e senza ma", quando era proprio di se e di ma che c'era bisogno fin dall'inizio, c'era urgenza nel 2012, e c'è assoluta necessità adesso), vale solo fino a che non si mettono in discussione i dogmi. Che in quanto tali sono definiti ademocraticamente, e se voi non siete d'accordo siete in un modo o nell'altro da rieducare o assoggettare. Bella roba, davvero. No, non li commento i vostri post del cavolo, anzi: con voi nemmeno ci parlo più. C'è una guerra in corso - non ve ne siete accorti? - e voi siete dalla parte del nemico. Se fosse una guerra tradizionale, voi sareste i traditori e rischiereste di essere fucilati alla schiena. Ma anche se non lo è, fa anch'essa vittime su vittime: il sistema industriale italiano, la sua economia mista, tutti i disoccupati emigrati disadattati che si continuano ad accumulare, tutte le cose che si potrebbero e dovrebbero fare per rimettere in piedi il Paese e non si può. Tutta roba che lascia caduti sul campo, mentre chi sta dalla parte dei vincitori incassa. Fino ad ora. E già, perché l'austerità prociclica imposta dai geni economici della UE è una cazzata immane per tutti, solo che in una prima fase attua una redistribuzione a favore dei forti e dei loro satelliti, che di questa evidenza non se ne accorgono. Ma la seconda fase arriva, e infatti eccola in Francia, e allora se ne accorgono eccome.
Ora, c'è chi vorrebbe che il nostro governo avesse tenuto botta sul 2,4, e ritiene che la trattativa in corso sia un inutile calarsi le braghe. Legittimo: io addirittura ritengo che si doveva fare una supermanovra apparentemente del tutto incurante del deficit però impostata su vastissimi investimenti pubblici sul territorio, che grazie al moltiplicatore keynesiano farebbero ripartire l'economia tra l'altro sanando a seguire gli squilibri di bilancio, ed essere pronti a sfanculare Bruxelles se non te la consentiva. Ma so anche che la politica è l'arte del possibile, e mi tengo stretto questi che a modo loro ci provano, perché se no arrivano quelli che sicuramente invece riescono, ad annichilirci definitivamente mentre i fabifazi li ospitano a pontificare e i pidioti postano felici la nuova conquista fumonegliocchi in tema di diritti civili. Riservata a quei pochi che se la possono permettere, si, ma questo è un dettaglio insignificante...

sabato 15 dicembre 2018

A PRESCINDERE

Ora, a voi sembra più plausibile che una roba del genere sia il
frutto dell'autentica vocazione artistica di un ragazzo di oggi
che poi ha avuto fortuna di affermarsi, o sia invece il prodotto
di una strategia di mercato precisa e molto bene targettizzata?
No, non ci casco. Anche se sarebbe comodo, e catartico, accodarsi al filone che approfitta della disgrazia capitata nella discoteca vicino Ancona per scagliarsi contro uno che si arricchisce scrivendo cose orrende su musica che già è azzardato definire tale, oppure contro i genitori che mandano i loro ragazzini a riempire un locale a quell'ora di notte per ascoltarlo. E non è perché la vittima forse più commovente è proprio la giovane madre, peraltro anche di altri figli più piccoli, che era lì proprio per non mandare la piccola da sola, e forse le ha pure salvato la vita direttamente. E' perché qualcosa dei classici mi è rimasta nella zucca dai tempi del liceo, e so che le reprimende contro "i giovani d'oggi" non sono una roba d'attualità, e nemmeno una cosa vintage cui i nostri padri hanno costretto i nostri nonni nel sessantotto (cinquant'anni fa, si noti: se quando ero ragazzo pensavamo "50 anni fa" ci si rifaceva ai tempi della marcia su Roma), ma un vezzo vecchio quanto la scrittura (se non quanto l'umanità, ma non abbiamo prove, e prima della scrittura era diverso anche il concetto di passato), ed è facile trovare in rete citazioni di Socrate o Cicerone o Boccaccio che sembrano scritte oggi e magari fare uno scherzo a qualcuno...
La tragedia di Corinaldo, dunque, non è da attribuire alla categoria "musica orrenda di oggi che attira torme di ragazzini", e nemmeno a quella, per quanto più azzeccata ma tutta da dimostrare e comunque anch'essa vecchia come il mondo, di "organizzatore che riempie all'inverosimile il proprio locale con l'inganno", ma probabilmente e semplicemente invece rientra nella normale probabilità statistica relativa alla frequentazione di posti sovraffollati: è una cosa stupida da farsi, ci sono tante variabili da controllare che anche se chi è responsabile di farlo fosse inappuntabile (e spesso non lo è, ma quasi sempre gli dice bene) ci sarebbe sempre una certa probabilità di incidenti, che poi è più o meno quella in cui poi di fatto questi si verificano.
A me è quasi capitato, a vent'anni, a un concerto di Sting a Bari: chi si ricorda lo Stadio della Vittoria, sa che c'erano degli ingressi stretti stretti tra le grate di ferro e il muro. E tutti si voleva andare al prato, sotto il palco. Quelli dietro spingevano, e dall'apertura ci si passava uno per volta. Ci fosse stato un coglione con lo spray al peperoncino, o anche solo uno abbronzato a urlare Allah qualcosa, sarei morto schiacciato, anziché semplicemente uscito ammaccato da una ressa allucinante di venti minuti, e i giornali avrebbero ospitato opinionisti contro i giovani d'oggi che vanno a fumare erba (ed è vero, mai comprata una canna, ma lì bastava respirare a pieni polmoni, ed era all'aperto...) per ascoltare uno sciagurato rocchettaro che mica è musica quella signora mia. E non pretendo di essere originale, sono certo che ciascuno dei miei pochi lettori può pescare nei propri ricordi diretti o indiretti episodi simili.
Frequentare posti sovraffollati, dicevo, è una cosa pericolosa e stupida, che infatti a un certo punto tutti smettiamo di fare, ma quando eravamo molto giovani tutti abbiamo fatto, assieme a tante altre altrettanto pericolose e stupide. L'unica cosa che si può fare, è insegnare a un figlio come esplorare un posto per mettersi in un angolino del cervello cosa fare in caso di problemi, e raccomandargli di dedicare a questa attività un minimo di risorse mentali un attimo prima di abbandonarsi alla marea del casino, sperando che in caso la statistica reclami il suo tributo questa operazione, unita magari a una buona dose di culo che non guasta mai, lo aiuti a fare quello che serve a restare dal lato degli scampati.
Detto questo, e solo dopo aver detto questo, possiamo tornare a dirci che però ad esagerare col relativismo tutto vale tutto, e non ci sono criteri per dire cosa vale e cosa no. Quindi, che Sfera Ebbasta e tutto il Trap sono musica commerciale di infimo valore, e lo erano anche prima dell'incidente e anche se non fosse capitato. Perché il criterio oggettivo c'è. Tutti quelli che cantano e suonano hanno più o meno il sogno di campare della loro musica. Anche De Andrè voleva vendere i dischi, e se non ci riusciva (lo ha fatto grazie a Mina che ha preso la sua Canzone di Marinella facendone un hit) avrebbe dovuto finire gli studi e fare altro, ma la sua voglia di successo era figlia e non madre delle sue scelte artistiche (che infatti non erano di moda, semmai lo diventeranno anche grazie a lui). Lo so che è un criterio difficile da applicare, anche perché è trasversale non solo a tutti i generi musicali ma persino a quasi tutte le carriere: giusto Faber è con pochi altri riuscito a mantenerlo per tutta la produzione, che infatti è andata via via diradandosi col tempo. E gli altri per cui si può dire questa cosa (che tutta la loro discografia è di altissima qualità) hanno di solito carriere molto brevi (Police, Dire Straits, Eurythmics, Stratos), o sennò la si può dire solo per stralci di carriera (Daniele, Venditti, De Gregori) più o meno lunghi. Ma vale la pena tentare di insegnarlo, hai visto mai salva qualche vita o comunque qualche cervello: non è che tutto ciò che piace a tanti è qualcosa da cui devi sempre stare alla larga, ma è certamente qualcosa da approcciare con una diffidenza di default che ti aiuti a capire se è o meno un fenomeno costruito a tavolino per fare di te un conformista magari proprio mentre pensi di essere trasgressivo.
La sicurezza di un qualsiasi posto dove si affolla tanta gente è una cosa sacrosanta, a prescindere da che tipo di musica ci si suoni o da qualunque altro evento vi si svolga. E poi, molto poi, diciamo anche che una volta che abbiamo fatto tutto per salvare i corpi possiamo ancora concentrarci sulla salvezza degli intelletti.

venerdì 7 dicembre 2018

LA VERA CAUSA

No, senza ricorrere a studenti.it la formula non me la sarei mai ricordata...
A scuola e all'università si studiano tante cose, ma di quelle che poi non si usano per lavorare o comunque per il quotidiano poco rimane, specie dei dettagli. Di quelle migliori, di quelle che a suo tempo ci hanno colpito come fa un'illuminazione, resta però il succo, ad accompagnarci per tutta la vita. Ciascuno ha le sue, per me sono: alcune sintetiche prolusioni di storia e filosofia di buonanima il professor Stilo (che si autodefiniva "mezzo comunista e mezzo prete", e mentre dava apparentemente prova di incapacità didattica e si lasciava prendere in giro dai caproni che eravamo ci lasciava preziosi semi di coscienza, tipo quelli sull'ingiustizia dell'unità d'Italia e l'intima ridicolaggine del fascismo), la seconda legge della termodinamica, e le false correlazioni. Per introdurre il tema di oggi mi serve appunto rispolverare quest'ultimo concetto, per come me lo ricordo e comunque semplificato quanto basta ad intenderci.
In statistica, la correlazione tra due fenomeni si può calcolare con delle formule. Se vogliamo capire, per esempio, quale fattore determina maggiormente le assenze dal lavoro, dobbiamo suddividere queste ultime per tutti i fattori su cui vogliamo indagare, e applicare quelle formule. Il fattore o i fattori per cui la correlazione risulterà maggiore, saranno "le cause" del fenomeno. Nel nostro esempio, se analizzassimo la popolazione secondo la dimensione sesso, il valore piuttosto elevato di correlazione che raggiungeremmo ci farebbe concludere che le donne si ammalano di più. Ma mentre i calcoli quelli sono, la scelta dei fattori è sempre empirica, e magari ci siamo scordati quelli davvero decisivi, nell'esempio potremmo non aver distinto le assenze per maternità da quelle per malattia, e se lo facessimo il valore cambierebbe spingendoci ad indagare in altra direzione. Ebbene, lo stesso procedimento, senza nemmeno il sostegno dei calcoli statistici, lo compiamo di continuo nella nostra mente quando ragioniamo su qualsiasi cosa: ecco per quale via arriviamo talvolta a conclusioni sbagliate. Allora, è inutile che "rifacciamo i conti": se non torniamo indietro, al momento della scelta dei fattori, qualsiasi calcolo o ragionamento rischia di essere fallato.
Tutto questo mi è tornato in mente allorquando mi è venuta voglia, per l'ennesima volta negli ultimi anni, di scrivere di UE antidemocratica e totalitaria, crisi economica senza fine, occasione gialloverde eccetera, in una china che riduce via via il novero di voi che continuate ad avere la pazienza di seguirmi. Non riuscendo ad evitarlo, ho pensato che dovevo almeno cambiare punto di vista, innalzandolo ad un livello che inquadri tutto il contesto storico necessario a interpretare correttamente gli eventi in cronaca, chissà che non venga nella foto anche il fattore da cui ottenere una correlazione finalmente autentica, statisticamente e logicamente.
Avevo già notato che, stante l'oramai quarantennale percorso di arretramento delle condizioni materiali e dei diritti di tutti, seppur in termini diversi, l'anomalia nella storia dell'umanità, anzi innanzitutto dell'occidente, è il ventennio precedente: una delle poche fasi in cui si è invertita la tendenza naturale dell'accumulo delle ricchezze nelle mani di pochi, non tanto tipica del capitalismo quanto direi tipica dell'umanità e ragione intima dell'affermazione del capitalismo (a danno di altri sistemi che funzionerebbero bene solo se l'umanità non fosse quello che è). E qui l'analogia con la termodinamica si fa potente: ogni azione neg-entropica comporta lavoro, fatica, dispendio di energie, attenzione, cura, eccetera, e non appena interrotta o anche solo rallentata viene presto vanificata dalle ineluttabili forze entropiche.
E' una cosa elementare, ma spesso ce ne dimentichiamo. Tutti. L'individuo, i suoi diritti, le sue libertà (tra cui l'architrave è quella dal bisogno, senza la quale sono vanificate tutte le altre), insomma tutto il complesso di valori che consideriamo fondamentali del cosiddetto occidente democratico, non sono che il portato storico di una guerra sanguinosissima vinta da una parte del mondo su un'altra, del fatto che i vincitori reputassero indispensabile sovvenzionare pesantemente le economie di alcuni dei tanti Paesi da loro stessi letteralmente distrutti in quella guerra, perché la cosa da un lato gli conveniva, dall'altro gli serviva per combattere la guerra fredda, figlia di quella calda appena conclusa, dimostrando che il proprio sistema era migliore dell'altro (cosa niente affatto vera, io lo penso ancora oggi, non sono di certo il solo, e la Storia prima o poi potrebbe persino darci ragione). La correlazione corretta è questa. Le crisi, a cominciare già da quella del 73, servono solo a fiaccare eventuali resistenze, la storia deve fare il suo corso, e in questo tutto ciò che noi abbiamo considerato progresso e conquiste sociali sono solo una controtendenza momentanea, dopata, che in futuro da distanze adeguate sarà vista soltanto per quello che è: una increspatura poco significativa della curva che prevede la naturale concentrazione di ricchezza e potere nelle mani di pochi, contro la quale la lotta è faticosa, onerosa, dispendiosa, e vana se non portata avanti con feroce determinazione da tutti i controinteressati uniti.
Ecco perché sta andando come sta andando. Perché, consapevoli di ciò, i potenti che hanno interesse a che invece le cose vadano secondo legge di natura hanno deciso da un lato di dissimulare la loro posizione di interesse (non c'è mai stata una percentuale di sedicenti liberali e progressisti così elevata tra i potenti del mondo) dall'altro di acquistare alla loro parte, pagando (negli svariati modi in cui si può) chi si fa pagare e turlupinando chi (non essendo nemmeno abbastanza furbo da farsi pagare) si fa turlupinare, settori sempre più ampi proprio di quegli schieramenti che portavano le insegne del popolo e dei suoi interessi. Stampa, partiti di sinistra, sindacati, eccetera: i traditori, insomma. Ed ecco perché li troviamo tutti dalla parte dell'Europa contro il primo governo italiano che sta tentando, sia pure timidamente e non senza contraddizioni, di riaffermare il principio che guidò il ventennio d'oro della storia dei popoli. Eccoli a ripetere una serie di fesserie (travestite da scienza) sul debito e la moneta, di cui non capiscono niente, portando con le orecchie l'acqua ai propri stessi nemici. Eccoli a sostenere un abominio come il Global Compact che se campasse Marx colpirebbe ad alzo zero come il peggior incubo per i lavoratori di tutto il mondo. Ed eccoci infine, io e voi venticinque che ancora resistete a leggermi, e forse nemmeno tutti, a vergognarci di essere stati fino all'altro ieri sostenitori della loro stessa parte politica.
Il punto era, ed è, che le cause prime, insomma, non sono altro che geopolitiche. E' per questo tipo di fattori che era giustificato l'appoggio all'Europa Unita, fin quando poteva sembrare che il progetto era nato proprio per fornire massa critica ad un modus vivendi che non poteva essere preservato "in un solo Paese" nel confronto con vecchi e nuovi giganti dello scacchiere economico mondiale. Ed è per le stesse ragioni che, una volta dimostratosi che il progetto UE era invece soltanto una subroutine del dominio statunitense sull'Europa, che concedeva ad una parte di essa, cointeressata e collaborante, il diritto di spogliare le altre, bisogna assolutamente avversarlo, per potere anche solo pensare qualcosa di ancora "democratico", se non vogliamo dire "di sinistra". Chi si ritiene "democratico di sinistra" ed è ancora filo-UE, dunque, è vittima spesso del tutto inconsapevole di una tremenda contraddizione. Chi invece vede le suddette cause prime, o correlazioni non false per tornare alla chiave iniziale, non può che guardare altrove, alla Cina se volete, o alla Russia, o perfino a soppiantare i sempre pericolosi tedeschi e francesi nel ruolo di alfiere dell'Impero Americano (che però a differenza della UE ha una sua banca centrale vera e può se vuole, e ogni tanto persino lo fa, agire per il bene dei suoi sudditi), ma in ogni caso deve puntare in ogni modo a che l'attuale Unione Europea venga al più presto sconfitta e demolita. Prima che finisca di sconfiggerci e demolirci lei.
...
Proprio per non perdere gli ultimi aficionados, riprendo la vecchia abitudine di spostare alla fine, in un elenco di "approfondimenti", i link da cliccare per seguire in toto il ragionamento dietro al post, che invece mi sono sforzato di lasciare in forma di pensiero piano, sperando sia anche in qualche modo comprensibile.
  • Bertani, qui ci ricorda come la corruzione valga svariate volte il busillis di cui si sta questionando/questuando con l'Europa, rimarcando che senza una seria lotta alla stessa nemmeno recuperare la sovranità monetaria ci salverebbe, a dire il vero più sconfortato rispetto a qui, qualche giorno prima, che aveva ancora speranze che questo governo facesse sul serio e tenesse botta coi dittatori di Bruxelles.
  • Galloni, ovvero come con la scusa della corruzione (e l'ausilio di tanti collaborazionisti, tanti ancora in plancia di comando) è stata combattuta e vinta una guerra commerciale contro l'Italia, vera e unica causa dei problemi che abbiamo e continueremo ad avere se non reagiamo duramente finché siamo a tempo.
  • Becchi, ovvero invece come una moneta parallela potrebbe fare tanto (ovviamente se solo si avesse il coraggio di vararla, e si, se intanto si varassero anche norme draconiane contro la corruzione e si facessero rispettare maoisticamente), anche perché l'ammontare della traduzione in dindi delle percentuali oggetto di trattativa è oggettivamente ridicolo (e infatti Jacopo Fo ci ironizza su, con sottotraccia serissima come da tradizione di famiglia) rispetto ai problemi esistenti e alle necessità che ne derivano.
  • Rosso, ovvero il cosiddetto reddito di cittadinanza, in realtà modesto sussidio di disoccupazione in quanto tale già presente quasi ovunque in Europa che però l'Europa sta in ogni modo cercando di affossarci, non è che una tappa verso la vera soluzione, quel reddito minimo universale che, sancendo il diritto di qualunque essere umano al minimo sostentamento, non farebbe poi altro che cercare di attuare in pratica le enunciazioni teoriche sui Diritti dell'Uomo (passando per quel reddito di base che potrebbe essere introdotto in ciascuno Stato e nemmeno costerebbe tanto, visto che per tutti quelli che lo superano non sarebbe che un artificio contabile, e però assorbirebbe molti altri istituti di previdenza e assistenza).
  • Bagnai, ovvero come e perché una manovra economica con innalzamento del deficit al 2,4% è proprio il minimo che si può fare vista la congiuntura che impone comportamenti anti-ciclici (e invece è anni che ce ne impongono di pro-ciclici, che infatti peggiorano la situazione), visto che ce lo imporrebbe la Costituzione al famigerato articolo 3 (altro che quelli continuamente invocati dai traditori della Patria, peraltro interpretati capziosamente e/o modificati ad hoc in tempi recenti), e visto che siamo ampiamente all'interno delle regole UE (che invece vengono interpretate stiracchiandole a nostro danno da chi ci vuole tenere sotto il giogo) - tutto ineccepibile, ma allora perché l'impressione è che state calando le braghe a Bruxelles, come ad avere accolto l'accorato invito del kapò (ohi come duole dare ragione al Cavaliere, quando parlava di Shultz...!) Tsipras?
  • Buffagni, ovvero come anche nel caso Regeni e simili bisogna risalire alla geopolitica per sperare di capirci qualcosa, certo la retorica a tanto al chilo, in un senso o nell'altro, serve a tutto tranne che a quello - e certo che il ragazzo è una povera vittima, ma bisogna cercare di capire che i suoi veri carnefici sono quelli che lo hanno mandato li senza spiegargli davvero dove e a far cosa.
  • Martinez, Battisti e Contropiano dopo, ovvero cosa sono e cosa vogliono davvero i gilet gialli in Francia, visto che secondo telegiornali e stampa generalista protestano per il prezzo dei carburanti e allora stupisce la portata degli scontri. Leggete, leggete, sembra una sintesi del contratto di governo gialloverde, ma più cazzuta, e soprattutto sembra dire più o meno così: "vogliamo tornare al ventennio d'oro dei diritti sociali e del benessere in progressiva diffusione, o andare a ciò di più simile possibile dati i tempi".

venerdì 30 novembre 2018

SCOMMETTO LA TESTA

Questa di oggi non è tra le mie vecchie canzoni che ancora mi piacciono e in cui mi ancora mi riconosco. Ma hai visto mai che forse proprio per questo qualcuno me la chiede? Non c'è niente di male, magari avete un sacco di musiche nel cassetto e pochi testi da adattarci, càpita: ricordo che non è questione di soldi, chiedete e vi sarà dato. A solo titolo informativo, questa l'avevo pensata a due velocità: la strofa come una bossa nova svelta, ma vedo adesso che la metrica è "rappabile", il ritornello invece melodico, e l'accostamento oggigiorno si usa alquanto. Ma non chiedetemi cosa diavolo volessi dire, quello non me lo ricordo proprio...
SCOMMETTO LA TESTA
Corri corri pazzo mondo corri svelto,
corri corri non è ancora il tuo momento,
e se corri con il cuore in gola verso il mare
troverai sempre qualcuno che ti può salvare.
Corri corri pazzo mondo corri forte,
corri su per la tua strada senza svolte,
e se corri sulla spiaggia come bianco equino
troverai uno specchio nuovo nel primo mattino.
Ma la notte non è notte
e la luna è solo il sole,
il colore della pelle
cambia solo nella notte
se la trascorri piano,
e dirò al vento “non fermarmi”
e mi dirà “ti lascio entrare”
Corri corri spazza tutto dalla via,
è lontana la tua casa in prateria,
e se corri con le gambe a pezzi sulle pietre
troverai sempre qualcuno da lasciare indietro.
Corri corri, non mi chiedere da bere,
non esistono altre cose da sapere,
e se vinci due o tre tappe verso il gran parcheggio
troverai sempre qualcuno da lasciare al peggio.
Ma la notte non è notte
e l’aurora è il tramonto,
il calore delle stelle
c’è soltanto nella notte
se la trascorri piano,
e dirò al vento “non cambiarmi”
e mi dirà “ti lascio entrare”,
ma il vento è sempre quello
sia di notte che di giorno,
i valore delle miglia
si misura con il vento
quando affacci la mano,
e dirò al vento “non capisco”
e mi dirà “ti lascio entrare”.

venerdì 23 novembre 2018

CHE SONNO

Si sa, cominciando ad avere una certa età, quella che mio nonno aveva quando io ero piccolo e lo vedevo vecchissimo mentre ora io vado a giocare a tennis e mi vedo al massimo maturo (ognuno guardi se stesso e si dica se per lui non è la stessa cosa...), si fatica a restare a letto dopo una certa ora, anche se la notte prima si era fatto tardi magari a documentarsi per un post sul blog quando non a scriverlo. Insomma si dorme meno. E anche se in effetti si ha bisogno di dormire meno, il giorno dopo si va in giro con certe occhiaie che accentuano le rughe e quella distanza tra l'immagine che dai e quella che hai di te dentro di te: quel fenomeno per cui ti stupisci se quel ragazzo in palestra ti dà del lei o quella ragazzina ti cede il posto sul tram.
No, non sto parlando di situazioni patologiche, nemmeno lievi. Quindi non di chi ad esempio soffre di insonnia e passa la notte davanti alla TV, e/o ha troppi pensieri (il mutuo, la salute, i figli, il lavoro) o comunque è agitato per una decisione da prendere, e/o viene svegliato troppo spesso dallo stimolo e prima o poi deve decidersi a fare quell'esame lì. No, parlo di chi tutto sommato sta bene e, quando si decide a mettersi a letto, nel giro di qualche minuto, magari con l'aiuto di un libro o dando l'ultimo sguardo al telefonino che gli occhi fanno pupi-pupi, si addormenta. Ecco, costui/costei comunque dorme poco, meno di quanto vorrebbe, meno di quanto avrebbe fatto venti o anche solo dieci anni prima, non parliamo di trenta o quaranta, ed eccolo in piedi alle 7 o anche prima anche di sabato o domenica.
L'argomento di questo post mi ha cominciato a ronzare in testa dopo aver sentito per caso da qualche parte due mamme che parlavano (col classico tono da "signora mia, non me ne parli") degli orari "sballati" del sonno dei loro infanti, e della difficoltà di ricondurli alla norma. Mi era venuta voglia di intervenire raccontando loro di quegli esperimenti con gli speleologi, mi sono trattenuto per timore non tanto di sembrare molesto e inopportuno, quanto di leggere nei loro sguardi la frase "ma chi è questo, che vuole? mo glie risponno male... ah, no, è un anziano, mi trattengo e mi sforzo di dargli una risposta educata ma tale che però la smette...". Ho taciuto, ma il ronzio è rimasto, e voi siete lontani e indistinti, a voi non vi vedo in faccia e posso affliggervi come mi pare, tanto al massimo navigate altrove, magari anche voi a vedere se col black friday (dell'animaccia loro...) potete permettervi qualcosa che non avevate ancora capito vi era assolutamente indispensabile...
Partiamo dalla fine, poi vi rifaccio il ragionamento: quello che mi sembra di poter dedurre è che, stringi stringi, DORMIRE E' BRUTTO! Solo che in certe fasi della vita ci serve tanto che ci piace. Ma anche in quelle, la sensazione di stare per addormentarsi, di dover dormire, iniziare cioè una fase di almeno apparente assenza da sé, è talmente orrenda che sarebbe insostenibile, se il sonno non fosse ancora più potente intervenendo a risolvere la faccenda d'autorità. Nessuno di noi è mai morto, quindi ha idea di quale sarebbe la sensazione di morire, e quelli che te la raccontano per averla vissuta sono forse i meno indicati a dirla perché poi invece non sono morti e quindi semmai ti raccontano come si sente uno che stava per morire e non muore, che magari può essere anche l'opposto di quello che sente uno che muore veramente. Ma per quello che ne possiamo sapere, il momento in cui stiamo per addormentarci ci sembra somigli al momento in cui stiamo per morire, anche, anzi direi soprattutto, se non ce ne rendiamo conto. Ragion per cui la cosa riguarda anche i bimbi piccoli.
E rieccoci agli speleologi. E' stato dimostrato, proprio grazie ad esperimenti con persone che hanno vissuto isolate dal ciclo giorno/notte cui inoltre sono stati tolti anche i riferimenti surrogati allo scorrere della giornata (leggi: gli orologi e qualunque indizio segna tempo da PC e telefoni), che il ciclo sonno/veglia ottimale, quello naturale per l'essere umano, quello in cui sta meglio e ottimizza il suo bilancio energetico, è esattamente quello del neonato: ogni 4 ore, dormi ti svegli affamato mangi e bevi espelli gli scarti liquidi e solidi del ciclo prima, ti attivi per un po' poi ridormi. Dopo un po', ti scordi delle vecchie abitudini, che ti avevano inculcato quando avevi pochi mesi. Ed il bello è che in totale dormi anche molto meno delle 7/8 ore che ti servivano quando le dormivi consecutive, e sei sempre fresco e riposato (pare usasse così un tipino come Leonardo da Vinci...). E' probabile, quindi, che quando gli umani erano cacciatori/raccoglitori, ovvero quando erano nell'Eden se la vogliamo dire religiosa, usassero un ciclo giornaliero più simile a questo che al nostro, per quanto comunque influenzato dalla luce solare (di quel Dio Sole sulla cui immagine e somiglianza sono ricalcati moltissimi altri dei, quasi tutti quelli dei monoteismi, e segnatamente quello giudaico-cristiano-mussulmano), o comunque "lavorassero" mangiassero dormissero eccetera quando gli pareva, ma non è questo il punto.
Il punto è che dover dormire tutta la notte e niente il giorno (via via niente, perché il riposino pomeridiano ai bimbi non si toglie subito, e certe culture specie latine, ecco ancora il dio sole, includevano la siesta-pennica-pisolino postprandiale, sparito solo nei modi e tempi standardizzati della globalizzazione) è una cosa innaturale che imponiamo ai nostri cuccioli. Quindi è normale che ci siano tra essi alcuni che fanno più resistenza di altri, e forse sono quelli che sarebbero stati i migliori cacciatori del clan, e magari qualcuna delle doti connesse troveranno il modo di farla valere anche nel nostro sistema. E quindi è normale che ci siano molti adulti che hanno un rapporto difficile, e progressivamente sempre più difficile, con le ore che bisogna passare a letto di notte. Anche solo per questioni di postura.
Detto tutto questo, possiamo tornare dal fisiologico al filosofico. Mentre "imparano" che la notte si dorme, i bambini cominciano anche a intuire vagamente che razza di fregatura è la vita. Lo capiranno esplicitamente in pochi, forse da grandi, e alcuni di questi non reggeranno alla botta e se sono capaci diventeranno artisti sennò dei semplici disadattati che probabilmente in qualche modo moriranno (suicidi? per giochi estremi tipo la roulette russa coi treni? è ininfluente...) prima di riprodursi, per auto-salvaguardia della specie. Ma una vaga idea ce l'abbiamo tutti, e iniziamo ad averla proprio mentre prendiamo coscienza della nostra identità individuale. Non sto parlando dell'istinto di sopravvivenza, che riguarda tutti gli animali, o della concezione del presente in cui "sono vivo" che è massima in tutti i mammiferi. Sto parlando della consapevolezza (frutto della capacità tutta umana di "distorcere" la realtà fino a letteralmente creare il passato e il futuro, attraverso quelle elaborazioni che chiamiamo ricordo e immaginazione progettuale) che non si è stati sempre vivi e non lo si sarà per sempre (se non in avatar: leggete qui che orrore). Una cosa letteralmente angosciante, a un livello che non si può esprimere a parole. I poeti, ci provano, e i migliori a volte ci riescono. Talmente angosciante, che sopra le sue fondamenta si sono edificate religioni su religioni, solide talvolta fino a diventare istituzioni onnicomprensive e totalitarie (no, non pensate necessariamente all'Islam, il cristianesimo non ha niente da invidiargli in materia, anche se da qualche decennio ha cambiato stile...). Talmente, che per non pensarci dobbiamo affannarci in una serie di attività che ci impegnano tutto il tempo di veglia e magari ci sfiniscono, almeno da quando "avendo mangiato il frutto della conoscenza siamo stati scacciati dal paradiso terrestre e costretti a guadagnarci da vivere col sudore della nostra fronte" (cioè da quando siamo diventati allevatori/coltivatori/stanziali, da cacciatori/raccoglitori/nomadi che eravamo, per millenni felicemente ignoranti di dover un giorno morire: si, proprio come il vostro cane). Non è un caso che proprio da quando il progresso sociale e tecnologico ha progressivamente ridotto questi impegni, è iniziata a sorgere la necessità di passare il tempo residuo diversamente. E non a caso si chiama divertimento, ciò che facciamo per passarlo, e progressivamente è diventato l'industria più potente: divertirsi etimologicamente significa "girare la testa dall'altra parte", per non guardare in faccia una vita resa assurda dalla coscienza della morte. Religione e divertimento: due risposte opposte alla stessa domanda, ci avevate pensato? E infatti: a quale età mandiamo i bambini a catechismo? Proprio a quella in cui rischiano altrimenti di finire nel tunnel della consapevolezza, e d'altronde sono il massimo della manipolabilità (vero Francesco bello, papa-piacione? in quanti hanno notato questa tua autentica carognata?). Il catechismo sarebbe roba da telefono azzurro, da vietare e considerare reato penale, in uno stato laico...
Molti di loro già da qualche anno, e molti ancora per qualche anno, hanno paura del buio, e pretendono almeno una lucina in camera da letto. Perché quella lucina rende ciò che i sensi in via di intorpidimento riescono ancora a percepire come qualcosa di ancora significativamente diverso da quello che ci si immagina debba essere la morte, la non-coscienza, a cui il sonno, che tanto li attrae stanchi come sono a quel punto, tanto assomiglia.
Noi "grandi" non siamo poi tanto diversi, e di ciò troppo spesso ce ne dimentichiamo. Come pure d'altronde della deduzione logica, in quanto tale però faticosa e non immediata, che nel momento in cui sei non-cosciente non hai nemmeno più coscienza di non esserlo, e quindi quello che temiamo, e crediamo assomigli in qualche modo al sonno, è per sua natura assolutamente insondabile a noi. Ce ne ricordassimo più spesso, che finché esistiamo la morte non esiste, quindi ogni istante che dedichiamo a pensarla o temerla è tempo perso, e quindi ogni religione (o roba simile) è un costrutto inutile e senza senso, forse riusciremmo a vivere, sicuramente ad addormentarci, meglio.
Magari dopo aver letto un bel fumetto, ad esempio questo che parla di Morfeo (Sandman), della Morte e di altre questioncine così, capolavoro assoluto ogni-tempo che vi consiglio vivamente di andarvi a cercare...

lunedì 19 novembre 2018

MA QUALE FAMIGLIA?

Si lo so, nel pezzo parlo di famiglie estese
più grandi di questa. Ma questa è famosa.
Questo post è da tempo in bozza intanto perché l'argomento è di quelli che se ne parlo, pur essendomi attestato su quote di lettori per pezzo decisamente trascurabili, rischio ancora una generale quanto superficiale esecrazione. Perché in questo periodo storico non allinearsi al monopensiero valoriale sinistroide (dove il suffisso sta a ribadire, fosse mai necessario, che con la sinistra vera non ha niente a che fare), specie in tema di differenze di genere, espone a giudizi sommari. Ma non solo. E' che parlare di tragedie, specie in ambito familiare, come quella avant'ieri in cronaca, richiede un grado di pudore adeguato alla loro dimensione, che non riesco ad esprimere in lingua italiana meglio di come mi consente, come spesso capita, una espressione del mio dialetto natale: "non gabbu e non maravigghia", letteralmente più o meno non gabbartene e non meravigliarti, più precisamente "non osare commentare una faccenda del genere perché sono cose che possono capitare a chiunque, e magari proprio chi si erge a giudice e pensa che a lui non potrebbe capitare mai poi invece gli capita e se l'è pure tirata". Si lo so, l'ho già citata, ma a proposito di un'altra questione.
Dunque scantono, ché il buco nero che può avere spinto una madre a somministrare ai figli una iniezione letale simile a quella con cui nei civilissimi USA si eseguono le condanne a morte e poi suicidarsi è tale da procurare atroci vertigini, e mi chiedo: fino a dove bisogna risalire per inquadrare correttamente la questione? Sicuramente, mi rispondo, fino ad includere i cosiddetti femminicidi, solo tre giorni fa nel mainstream ne risuonavano altri due ad Avellino e vicino Caserta, anche se resto convinto che il fenomeno sia deformato dai mass media. Non che non sia grave, beninteso, ma temo che non sia più grave adesso che nella storia recente e profonda dell'umanità, e insomma 4 anni fa ne ho scritto nel dettaglio e il pezzo lo sottoscriverei passo per passo quindi magari rileggetevelo. Dunque, dobbiamo risalire a parlare nel suo insieme del concetto di famiglia, di quello che è diventato nel senso comune, di quello che probabilmente è invece naturale per l'essere umano, e visto che di quest'ultimo non è possibile ripararne i cocci di quello che probabilmente bisognerebbe puntare a costruire.
La famiglia nucleare, infatti, così incisa nella nostra cultura fin dal quadretto che da bambini ci meravigliava nel presepe, è probabilmente una forzatura ideologica che non regge, o regge solo a certe condizioni. Da quando eravamo ancora poco più che scimmie, e fino alla generazione dei miei nonni (o dei bisnonni dei lettori più giovani), la famiglia era un'entità molto più estesa e pervasiva. Non sto dicendo che secondo me era meglio o peggio (era peggio, decido calcolando tutto, anche se le feste del clan in cui sono cresciuto le rimpiangerò per sempre), sto dicendo che "si teneva" come sistema, e infatti ha retto per ere. In cambio, spesso ma nemmeno sempre, della libertà di scelta del coniuge e soprattutto di quella di lasciarlo, e manco a dirlo del concetto stesso di privacy interfamiliare, faceva da asilo nido, scuola materna, baby sitting, consulente matrimoniale, consultorio, pronto soccorso, sanatorio, sistema pensionistico, ospizio. E ho scordato sicuramente qualcosa. Abbandonare questo modello senza dotarsi in parallelo di tutto l'apparato sociale che deve supportare la famiglia nucleare in sua mancanza, espone quest'ultima a rischi di ogni sorta. E anche in presenza di una condotta illuminata che tende a costruire questo apparato, bisogna poi ricordarsi che quest'ultimo costa, e parecchio, e infatti in tempo di crisi perde i pezzi lasciando la coppia esposta. Inoltre, alcune parti fondamentali dell'apparato che ci vorrebbe non sono mai state nemmeno pensate. Nel sistema famiglia estesa, la tendenza ancestrale del maschio ad accoppiarsi con femmine diverse, funzionale alla riproduzione del proprio patrimonio generico nelle decine di migliaia di anni in cui le società umane potevano permettersi il lusso di essere matriarcali perché il rapporto tra umani e pianeta era tale da consentire ai primi di mantenersi cacciatori e raccoglitori in quello che era e giustamente viene definito da tutte le religioni il paradiso terrestre, veniva accolta sistemicamente nell'accettazione sociale del ricorso alle case chiuse, come scenario peraltro in cui dovevano svolgersi quelle fantasie che normalmente (in senso statistico) in famiglia non avevano posto. Il tradimento femminile, invece, ben più pericoloso ai fini della sopravvivenza del nucleo familiare in se e come pilastro sociale, era semplicemente limitato al massimo proprio dalla organizzazione di vita del clan o famiglia estesa che fosse. Che inoltre costituiva una rete di protezione anche per i minori e i deboli in genere, in cambio s'intende di regole di obbedienza e convivenza impensabili oggi.
Oggi, però, sempre più risulta evidente che quella parte dell'apparato complessivo che solo permanendo e anzi essendo completato (ad esempio, da una significativa - ed ancora però praticamente esistente - educazione all'amore e al fare l'amore di uomini e donne fin da piccoli) non è (più) economicamente sostenibile. La dico meglio: la globalizzazione, spingendo al livellamento verso il basso della retribuzione del fattore lavoro, porta tra le altre cose al confronto tra modelli sociali diversi, alcuni dei quali prevedono entità assimilabili per funzioni a quella nostra vecchia famiglia estesa che noi non abbiamo più, mentre proprio quel livellamento fa si che non possiamo più permetterci nemmeno quella parte dell'apparato di cui sopra che avevamo costruito (tramite la demolizione del welfare, l'appiattimento verso il basso della cultura e della coscienza politica per favorire il controllo sociale, evidente in certi spettacoli televisivi e negli sproloqui sui social network, eccetera) figurarsi completarlo. E da questo confronto il nostro modello, quello che non abbiamo mai completato, ne esce perdente.
Nel Mondo Nuovo, se non gli impediamo di completarlo, non c'è posto per famiglie piccole dove entrambi i genitori lavorano e guadagnano abbastanza da elevarsi culturalmente loro e fare partire da quel livello i loro figli, e se serve da separarsi pacificamente e campare ancora tutti decentemente. Quindi il lavoro necessario alla definitiva elevazione delle nostre anime e delle nostre menti fino a comprendere che lei non è tua proprietà, non hai in nessun caso diritto a picchiarla o toglierla di mezzo, e la stessa cosa vale per i vostri figli, e che masturbarsi è sano ad ogni età e comunque è sempre più soddisfacente che pagare una poveretta (che magari i soldi andassero tutti a lei), quindi non c'è niente di male a restare soli e non è vero che sei perso senza l'altro/a anche se è giusto che per un po' lo pensi, eccetera eccetera, quel lavoro non si può più portare avanti, talvolta nemmeno iniziare. Incombono modelli vincenti perché più adatti al Mondo Nuovo, modelli di famiglia estesa come quello musulmano o quello cinese, così simili per aspetti diversi a quello nostro di qualche decennio fa, nel bene e nel male. Non sono migliori o peggiori del nostro, in senso assoluto. Chiunque di noi può preferire il proprio, e dal suo punto di vista ha ragione. E ho già detto chiaramente quale sarebbe il mio ideale. Ma la mia preferenza, o quella di ciascuno di noi, non conta. Quello che rileverebbe è che vincessero modelli coerenti in toto, perché è nelle crepe del guado in cui siamo rimasti intrappolati che si celano le cause profonde di tutti gli episodi di violenza, anche di quelli di cui non leggiamo o sentiamo perché restano fuori dai filtri dell'attenzione mediatica.
Perché, cito di nuovo il Maestrone proprio nel pezzo ispirato a Huxley, "non sappiamo perché e come siamo in un'era di transizione", e quando attraversi un guado o hai il coraggio di proseguire per raggiungere l'altra riva, o riesci a rifugiarti nella sponda da cui provieni, o prima o poi la corrente ti travolge e anneghi...

domenica 11 novembre 2018

MEGLIO LA PIZZA DI FANGO

Per chi trent'anni fa (già trenta? minchia!) si deliziava con la comicità scatenata di un gruppo di giovani attrici che avrebbero tutte, chi più chi meno, avuto una carriera adeguata a quelle premesse, rivedere La TV delle ragazze nell'edizione celebrativa, o come dicono meglio gli americani "reloaded", era quasi obbligatorio.
Era quasi altrettanto probabile, però, come in tutti i casi in cui le aspettative sono molto alte, attendersi un qualche retrogusto di delusione. Che però arriva non tanto dalla troppe altre volte sperimentata "bollitura" di artisti/e per cui celebrare le grandezze di un tempo è anche misurare le pochezze attuali, ché anzi la maggior parte delle "ragazze" di allora reggono botta al passare del tempo quando non sono migliorate (e qualcuna purtroppo ci ha persino lasciato), quanto dalla presenza sottotraccia, nella Dandini e negli altri autori quindi nel programma, di quella narrazione piddina/eurista che cristallizzandosi è passata, forse anche senza accorgersene, dal sentirsi a sinistra almeno di Berlusconi all'essere a destra dei sogni perversi della Thatcher. Con la sottotraccia che ha trovato il punto più evidente di emersione nella comparsata dell'icona Bonino, tirata per i capelli nella traccia del programma dal suo femminismo di sempre, oggi purtroppo simbolo proprio di quanto le battaglie per i diritti civili siano ormai solo la foglia di fico per la resa all'ordocapitalismo sui diritti economici e sociali. Della serie, bisogna approfittare fino in fondo del dominio sul mainstream, almeno finché il governo dimostra di non volere o sapere imporre la propria linea sul servizio pubblico come qualunque altro prima di esso ha fatto.
Per fortuna che la trasmigrazione di cui sopra è estendibile soltanto a una quota sempre decrescente di elettori, visto che gli italiani in maggioranza hanno ormai capito che il continuum destra/sinistra è ideologico cioè falso e manipolatorio, mentre la narrazione piddina/eurista è una menzogna bella e buona mirante alla spoliazione della nazione, e anche se il movimento 5 stelle svanisce (vittima degli attacchi della propaganda o della propria stessa irresolutezza, poco importa) magari votano Salvini, magari ancora più a destra, ma a loro non daranno più credito. Il punto non è quindi più se gli italiani hanno o meno mangiato la foglia capendo che razza di fregatura era l'euro e ancora di più la stessa UE, il punto oramai è se esiste ancora o meno abbastanza democrazia da lasciare che in quanto popolo sovrano decidano sul destino del loro Paese. E a giudicare da certi discorsi e da certe manovre purtroppo viene da pensare che no, che non ci faranno fare quello che vogliamo, dovessero imporci un trattamento peggiore che ai greci. L'unica nostra speranza è di avere conservato quella massa critica, che i greci non avevano, che ci consenta di reggere botta e intanto attrarre alleati diversi (per quanto non è che nelle mani degli americani o degli inglesi ci sarebbe da stare troppo tranquilli, allora magari meglio i russi) che non il blocco mitteleuropeo a guida tedesca che ha usato la suddetta narrazione per combattere e vincere una spietata guerra commerciale contro di noi mentre i nostri governanti e i nostri giornalisti ci tenevano le mani dietro la schiena.
Semmai la cosa su cui riflettere è che nei sondaggi la sfiducia verso l'UE superi di molto quella verso l'Euro, a dimostrare non, come certa stampa ha subito opportunisticamente dedotto, il persistente paraculismo degli italiani, bensì proprio purtroppo la loro persistente adesione a quello che la predetta narrazione ha fatto diventare luoghi comuni sulla moneta e il suo funzionamento. Dimostrati, ancora una volta, proprio da una delle ragazze di RaiTre, l'irrestibile Cinzia Leone impiegata dell'ufficio imposte che oggi come trent'anni fa tesse le lodi, in quanto moneta forte, della Pizza di fango del Camerun: tormentone esilarante, oggi come allora, ma che fa leva sul luogo comune che avere una moneta forte sia buono. Mentre alla domanda se avercela forte o debole non è buono o cattivo, la risposta esatta è "dipende", la regola aurea essendo che la moneta deve essere adeguata al contesto economico che la utilizza, e se non lo è in un senso o nell'altro sono sempre guai. Ragion per cui la sovranità monetaria, e la politica economica e finanziaria che ha essa tra le leve da usare, deve essere in mano alla classe politica di una nazione così come scelta dai suoi elettori perché ne faccia gli interessi e ne rispetti la volontà.
Quindi, è solo quando il progetto UE e la sua arma letale Euro sarà affossato per sempre, che si potrà di nuovo parlare di Europa dei popoli per tentare di ricostruirla partendo dagli interessi comuni delle sue genti. E' dimenticando questo, che continuiamo ad andare verso il BAAARATRO!

sabato 3 novembre 2018

OLOGRAMMATICA

"Eugenio dice che io sono un rinnegato", è la strepitosa prima strofa, che parte inciampando, di Rinnegato, uno dei migliori pezzi del migliore Eduardo Bennato, quello degli anni 70, e uno dei tanti esempi di cantautori che mettono in piazza i loro dissidi privati con gli amici e i parenti, in questo caso col fratello "colto e intelligente" che non gli perdonava la deriva pop/rock, senza dimenticarsi di arrivare fino a De Simone, quello de La gatta cenerentola che mo ci hanno fatto pure il cartone....
Edoardo dopo aver toccato il fondo con Italia 90 ci ha regalato ancora più di qualche momento di pregio, col vertice in Joe Sarnataro, ma in quegli anni 80 in cui scrivevo questo brano (che come al solito vi invito a chiedermi per musicarlo a vostro piacimento) io ascoltavo decisamente più Eugenio (prima musicanova, poi tarantapower, fino alla epopea brigantesca), anche se il suo pezzo che parlava di città di mare - da cui ho preso spunto anche per la metrica oltre che per il tema - curiosamente lo incise proprio assieme al fratello...
Da poco avevo lasciato Reggio, e mi fu chiaro subito che quello che più mi sarebbe mancato, e più avrei cercato nei tanti luoghi in cui ho vissuto: non era tanto il mare o la montagna, quanto la verticalità, la tridimensionalità, insomma la chiara percezione (che hai in qualunque punto, anche se sei circondato da palazzi, anche se sei dentro casa, di Reggio Calabria, come di Genova, Salerno e tutte quelle città sviluppate lungo una stretta linea costiera sovrastata da alture) di sapere sempre dov'è il mare, e dove i monti. Non la posso spiegare meglio di così, mi capisce davvero solo chi l'ha sperimentata su di se, chi no può solo farsene un'idea, un'immagine, magari in 3D...
OLOGRAMMATICA 
Quelli nati come me in una città di mare
hanno una dimensione in meno da pensare,
hanno un limite, una sicurezza da una parte,
e lo spaziotempo non li angoscia, li diverte -
che se nasci e cresci dove hai tutte le direzioni
non hai un cuscino per accomodare posizioni,
non capisci all'istante dove sei orientato
e confondi nord e sud, presente con passato.
….
Quelli nati come me in una città di mare
hanno sempre un po' di vento che li sta ad aiutare,
hanno iodio per il naso, sale nella gola
e orizzonte per capire il tempo dalla sera.
Rivedere il mare vuole dire aprirsi il cuore,
ad entrarci, è la placenta con il suo tepore,
ed il pesce che c'è in noi si sente realizzato
ed unisce nord e sud, presente con passato.
Sono figlio di figlio di figlio di figlio di figlio
di pescatore:
non ricordo da quanto non mangio un coniglio,
non ne so l'odore,
anzi ho il naso distrutti dallo iodio e dal puzzo
del merluzzo...
“Benedetto sia il mare che ci dà lavoro e pane”
mi hanno insegnato,
ma maledetto sia il mare: meglio morire di fame
che annegato.
E ho la pelle scura dura salata e spaccata,
quasi squamata!...
Ho sentito che certi si permettono il vizio
di amare il mare,
certo perché non sono mai dovuti andarci col rischio
di non tornare:
e ogni cosa si sa se la fai per mestiere
si fa antipatica,
ologrammatica...
ologrammatica...
ologrammatica...
ologrammatica...
Quelli nati come me in una città di mare
hanno sempre un sole all'orizzonte da guardare,
hanno sempre un buon motivo in più per non morire
e una freccia sempre alzata per ritornare...

domenica 28 ottobre 2018

ANCORA U?

L'eurozona ha distrutto l'Unione europea, trasformandola da
un progetto di lenta e progressiva omogeneizzazione di valori
ed interessi in un piano di asservimento di alcune nazioni da
parte di altre. I veri europeisti vogliono la fine dell'eurozona, o
meglio dicono: o la BCE diventa prestatore di ultima istanza di
tutti i Paesi azzerando lo spread e consentendo politiche anti-
cicliche ai governi democraticamente eletti per questo scopo,
oppure bisogna seriamente decidersi a imitare gli inglesi...
Il problema non è lo spread, lo spread è il termometro. I mercati sono computer, certo possono essere indotti da movimenti architettati da chi controlla grandi masse di denaro a comportarsi in un modo anziché in un altro, ma è con effetti che non reggono a lungo: dopo un po', i computer metabolizzano i trucchetti, e tendono sempre ad accontentarsi di bassi rendimenti per titoli con basso rischio pretendendo invece rendimenti maggiori mano mano che il rischio sale.
Questa l'avete sentita in mille modi in TV, dai tigì ai talk politici, soprattutto recitata da piddini e altri soggetti a busta paga di quel sistema bancario internazionale che con un golpe lento si è sostituito ai governi democraticamente eletti. Io ve l'ho solo messa giù semplice. Anche come espediente retorico: non è che chi sostiene da anni che un'altra linea di politica economica è possibile e auspicabile, e finalmente la vede in qualche modo incarnata in un governo della Repubblica, non capisce di economia e finanza. Tutt'altro: il fatto è che bisogna capire, ma davvero, perché il rischio sale.
Il deficit? Decisamente no. Il 2,4 è più di quanto promesso dal governo precedente ai dittatori di Bruxelles, ma è meno dei famigerati parametri di Maastricht, e molto meno di quanto l'Italia stessa abbia avuto in molti periodi in cui lo spread era giù, per non parlare di altri paesi dell'Unione.
Il debito? Ma il rapporto debito/PIL non solo da noi è sotto controllo (ma non può calare drasticamente senza distruggerci, tenetelo bene in mente, e chi ha votato il Fiscal compact e il pareggio di bilancio in Costituzione andrebbe condannato per Altro tradimento), non solo ci sono Paesi che ce lo hanno molto più alto del nostro e però hanno lo spread a zero (il che dimostra che tra i due valori la correlazione sia solo apparente, ma non mi aspetto che il concetto di correlazione apparente sia comprensibile a menti in cui la logica alberga ancora meno che nella scarsa media umana), ma ci si dimentica troppo spesso che è, appunto, un rapporto. Una frazione, con un numeratore e un denominatore. E pertanto aumenta e diminuisce non solo variando il primo, ma anche il secondo. Avete capito o no, zucconi, perché dopo decenni di austerity, quindi avanzi primari (debito al netto degli interessi) più alti e continuati che in ogni altro Stato europeo (si, proprio così: quando dicono che non siamo virtuosi ci denigrano, e lo fanno strumentalmente, per continuare a depredarci, e gli italiani che gli fanno eco sono traditori punto e basta, consapevoli o meno che siano di esserlo), il rapporto debito/Pil è ancora quello di prima se non peggio? Indovinato, le politiche imposte da Bruxelles tendono ad abbassare sia il debito che, ma ancora di più, il PIL, quindi alzano il rapporto: è roba da terza elementare!
Dunque, se una manovra prevede un deficit tot che aumenta il debito a ics, se però è in grado di innescare un aumento di reddito ipsilon tale che il rapporto ics/ipsilon diminuisca, i mercati, che ripeto sono computer, fanno si che lo spread scenda, il che abbassa ulteriormente il rapporto eccetera eccetera. E abbiamo sostituito un circolo vizioso con uno virtuoso.
Dove si gioca la partita, quindi? Non sul numerino del deficit o di qualsiasi altro parametro, ma sul fatto che l'azione politica complessiva di uno Stato sia credibile o meno. Se fossimo in grado di avviare un piano di investimenti pubblici che prevedesse la rinazionalizzazione di tutto quanto è giusto e naturale resti in mano pubblica (perseguendo politicamente e magari giuridicamente chi negli ultimi decenni lo ha svenduto) e un piano straordinario di lavori pubblici che riqualificasse il nostro territorio in tutti i tanti settori in cui ciò servirebbe come il pane (dando occupazione a tutti gli italiani che volessero e si, a questo punto anche a un tot di extracomunitari fatti entrare in carrozza e non in barcone), abbandonando invece senza rimpianti (perfino pagando eventuali penali se dovesse servire) tutte le grandi opere avviate dai governi passati al solo scopo di creare il margine per cospicue tangenti, e in genere combattendo draconianamente ogni forma di corruzione (che tra l'altro ha l'effetto di disinnescare gli effetti del moltiplicatore keynesiano), potremmo arrivare senza problemi a un deficit in doppia cifra e vedremmo lo stesso abbassarsi lo spread.
Se questo governo fallirà, allora, sarà stato per mancanza di coraggio nell'affondare il colpo, che probabilmente avrà avuto radici nella sua necessaria eterogeneità, non certo per la costantemente e falsamente riferita avventatezza nell'essere finalmente tornato a praticare il deficit spending. Poterlo dichiarare prima, è uno dei vantaggi del fare informazione a gratis. Solo se tengono botta, a muso duro, e anzi magari rilanciano dimostrando che hanno ragione e iniziando a contagiare altri stati europei, riescono a vanificare il tentativo di colpo di Stato che abbiamo sotto gli occhi.

martedì 23 ottobre 2018

OLIMPIA (LA MIA EX MOGLIE)

Cioè, se il secondo con quel distacco era il Figlio del vento, il
primo doveva necessariamente essere minimo Eolo in persona...
Il testo che vi propongo oggi (come per tutti gli altri, non voglio soldi per i diritti, basta chiedere, e per la musica siete totalmente liberi), mi è nato in testa come un valzerotto, tipo quelli di un Guccini dei primi tempi, ma chi ne capisce questo lo vede da se dalla struttura metrica, e sa anche che ciò lo rende estremamente adattabile. Era - ed è uno dei pochi in cui questa datazione è possibile con precisione - esattamente trent'anni fa: lo scrisse un venticinquenne idealista dopo l'inopinata squalifica di Ben Johnson che aveva vinto l'oro a Seul 1988 strapazzando quella specie di semidio a nome Carl Lewis e perciò attraendosi le simpatie di quelli che tengono sempre per l'antieroe. Certo, bastava guardargli le palle degli occhi giallognole per capire che c'era qualcosa che non andava, prima ancora che i muscoli improbabili, al Beniamino. Ma così è facile, dopo! bisognava saperlo prima (come cantava un mito vero), ma allora i muscoli di tutti hanno qualcosa di innaturale, e non solo certe performance ma anche la capacità di sottoporsi a certi allenamenti destano sospetti, quindi praticamente su tutti gli sportivi di vertice. Appunto: c'era di che generalizzare. E non era ancora arrivato il caso Pantani, che quanto e come ci ha colpiti tutti si deduce anche dalla relativa query...
OLIMPIA (LA MIA EX MOGLIE)
Mi rubasti il cuore facendo una finta,
fermando una guerra per darmela vinta.
Distribuisti allori ad uomini nudi.
Finisti per Roma con tanti saluti.
Un certo barone ti riportò indietro:
alquanto cambiata, giuravi il contrario,
ma agli appuntamenti arrivavi in orario,
a parte per seri motivi di guerra.
Olimpia,
ma dove eri finita? povero me!
E poi finalmente ti avevano accolta
tra i miti moderni, vestiti stavolta.
Ricordo i tuoi stracci colore bandiera
e i tuoi ammiratori vestiti da sera.
Filava normale il nostro ménage
tra Italia ed oriente odorosi di boom,
coi tuoi amanti neri, gialli rossi e blu:
se mancò qualcuno fu per boicottage.
Olimpia,
ma come sei finita? Povera te!

Adesso sei ricca e paghi i tuoi amanti,
ti droghi con loro, lo fan tutti quanti.
Non posso competere col loro vigore,
divorzio da te: spengo il televisore….

martedì 16 ottobre 2018

RI-CRESCITA

ok, lo ammetto: dato il risultato estetico, non è l'esempio migliore
Il titolo avrà evocato a circa il 50% dei (pochi) lettori qualcosa di negativo, che ha a che fare con l'età e la tricologia. Eppure non necessariamente se uno dice ricrescita sta parlando di una prossima spesa dal parrucchiere, o se no di una laboriosa operazione nel bagno di casa magari con l'aiuto di qualcuno. Ci sono concetti, dunque, che anche se hanno acquisito un significato preciso, continuano ad averne un altro magari di segno opposto: ricrescono i denti ai bambini che hanno perso quelli da latte, gli stessi capelli a chi ha voluto o dovuto tagliarli a zero, le economie quando la politica capisce che è il caso.
Ecco quello che è successo al nostro Paese, e che se interpretate bene le parole di Mattarella e soci si vuole che continui: siccome i politici padroneggiavano troppo "bene" le leve dell'economia, fino ad approfittarne sia per arricchire se stessi e le loro progenie sia per elargire benessere a pioggia per mantenere il consenso, allora a un certo punto, nelle sedi del vero potere, che sono da sempre nella storia dell'umanità dove si controlla l'economia (e oggi è a livello mondiale solo per via delle enormemente cresciute capacità di comunicazione e quindi di circolazione dei capitali), si è deciso che quelle leve bisognava togliergliele.
Il precedente capoverso (lo so, è intricato, ma è solo un mio vezzo, a rileggerlo con calma magari si sbroglia) è un tentativo, se riuscito o meno sta a voi, di sintetizzare in poche righe il nocciolo della storia degli ultimi 30 anni circa. Prima che cadesse l'impero sovietico, in occidente si alternavano due teorie economiche alternative, a seconda se ci si trovava in un ciclo positivo o negativo, perché nel primo caso c'era il bisogno di contenere gli eccessi che altrimenti prima o poi lo avrebbero invertito, e nel secondo caso c'era bisogno di invertirlo prima possibile. Tramontato il socialismo reale, in occidente ha potuto spadroneggiare una delle due teorie fino al punto di presentarsi come l'unica e sola, autoevidente come la forza di gravità o la freccia della vita. Il fatto che questa sia adatta solo in circa la metà delle contingenze economiche, e che nell'altra metà se applicata provochi impoverimenti a iosa, poco frega a chi siede ai piani alti, mai toccati da questi impoverimenti e anzi spesso arricchiti vieppiù nei periodi di (altrui) crisi: l'accentramento dei capitali, infatti, perfettamente sintetizzato nell'adagio popolare "soldo chiama soldo", non è altro che una tendenza naturale del capitalismo, che Marx aveva colto benissimo e nessun altro studioso ha mai ignorato. Solo un livello politico che abbia come obiettivo di limitare governare imbrigliare questa tendenza può salvarci, e infatti lo ha fatto nei decenni tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni 80 - e infatti l'esautorazione di quel livello politico è la vera causa della crisi che ci sta dissanguando adesso.
Di quanto ho appena affermato, gli esempi nell'informazione mainstream sono millanta, ma ne ho trovato uno in rete che è magnifico: Fero su Blitz quotidiano qui tira in ballo Keplero Newton e compagnia bella a screditare la risposta salviniana alle uscite di Boeri, ma affermando che l'economia è una scienza esatta, cosa che nessun economista serio si è mai sognato di fare, lui intende sostenere l'inevitabile consequenzialità di certe posizioni, invece ne dimostra proprio l'arroganza. Rammentatelo: chi usa la presunta scientificità delle proprie teorie economiche, sia personalmente che per interposta persona (tanto ha a libro paga sia il mondo dell'informazione che quello accademico), lo fa per i propri scopi politici.
L'economia è una scienza empirica, contiene teorie adatte ad alcuni luoghi e ad altri no, ad alcuni tempi e ad altri no, ad alcune situazioni e ad altre no, ad alcune contingenze e ad altre no. Chi vi dice il contrario, chi vi propone le proprie teorie come dogmi, VI STA MENTENDO. Nel proprio interesse e in malafede, se è furbo, nell'interesse altrui e senza nemmeno esserne consapevole, se è un coglione. Ora guardatevi attorno, contate da quanti imbroglioni siete circondati - praticamente TUTTI quelli che propagandano acriticamente il monetarismo della BCE come fosse la geometria euclidea (e pure quella, peraltro, non è applicabile se non al fittizio spazio tridimensionale a noi prossimo, che è un minimo sottoinsieme dell'universo) - e cercate di distinguere tra le volpi e i coglioni, considerando che proprio questi ultimi sono i peggiori, e cercando almeno il risultato minimo di verificare se voi siete stati tra questi o vi siete ancora, per togliervene fino a che siete a tempo.
Detto questo, la cronaca politica di questi giorni diviene da inestricabile a chiarissima: dopo 30 anni c'è finalmente nell'occidente sedicente democratico un governo che osa mettere in discussione i dogmi che hanno distrutto il sogno europeo del dopoguerra, scritto col sangue tra l'altro nella nostra splendida Costituzione, e ci sono i capibastone che cercano e cercheranno di sabotarlo in ogni modo, con la collaborazione di più livelli di scherani più o meno bene retribuiti, e di vari tipi di utili idioti che lavorano per loro a gratis e contro i loro stessi interessi, tra cui alcuni dei vostri più cari amici. Non è affatto detto che la spesa in deficit sia un male, anzi in alcuni casi è l'unico rimedio possibile e necessario; non è affatto detto che essa inneschi una spirale di debito, anzi in alcune contingenze è l'unica cosa che può disinnescarla, mentre è dimostrato che sia stata innescata e inasprita proprio dalle politiche euriste: al netto degli interessi, l'Italia è in avanzo primario (il che vuol dire che toglie ai propri cittadini complessivamente più di quanto gli da) quasi ininterrottamente da trent'anni, eppure il famigerato rapporto debito/PIL ha continuato a aumentare, laddove una spesa keynesiana governata come si deve aumentando il reddito lo avrebbe fatto diminuire, e aumentando le entrate fiscali avrebbe poi ridotto il deficit.
Fino a che non salta questa Eurozona non si può, ma i nostri problemi, che saranno solo leniti dalle necessariamente incomplete riforme di questo governo, sarebbero sul serio aggrediti solo da un piano di investimenti pubblici con milioni di assunzioni, finalizzato a un nuovo rinascimento di borghi strade fiumi laghi campagne ferrovie fibre ottiche microcentrali elettriche da fonti rinnovabili ponti porti trasporti archeologia eccetera eccetera. Piano che avrebbe un successo talmente lampante che lo spread sarebbe a danno degli altri, perché i mercati sono logici e scommettono contro di noi proprio perché sanno che siamo legati mani e piedi mentre i nostri presunti alleati ci spolpano vivi, se ci sanno liberi e solventi se ne fottono dell'ammontare del debito pubblico, come coi giapponesi. Se la Grecia un piano così avesse potuto farlo, e i greci avevano dato pieno mandato ai loro traditori di farlo, sarebbe venuta fuori dalla crisi da sola in un paio d'anni, e per davvero, e non per finta e dopo dieci anni di lacrime sangue e immiserimento generale come è stato.
Aprite gli occhi, o (pochi, ma ancora troppi) compaesani che ancora non vi rendete conto di tutto ciò. Si può rinascere, si può ricrescere, ma bisogna prima liberarsi (lo si inizia a comprendere anche a sinistra). Una volta liberi, possiamo sempre andare mano nella mano con chi vuole fare le nostre stesse politiche, democraticamente scelte. Essere antieuristi significa essere dei veri europeisti, altro che il mantra manipolatorio che vi ripetono di continuo.

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