lunedì 19 novembre 2018

MA QUALE FAMIGLIA?

Si lo so, nel pezzo parlo di famiglie estese
più grandi di questa. Ma questa è famosa.
Questo post è da tempo in bozza intanto perché l'argomento è di quelli che se ne parlo, pur essendomi attestato su quote di lettori per pezzo decisamente trascurabili, rischio ancora una generale quanto superficiale esecrazione. Perché in questo periodo storico non allinearsi al monopensiero valoriale sinistroide (dove il suffisso sta a ribadire, fosse mai necessario, che con la sinistra vera non ha niente a che fare), specie in tema di differenze di genere, espone a giudizi sommari. Ma non solo. E' che parlare di tragedie, specie in ambito familiare, come quella avant'ieri in cronaca, richiede un grado di pudore adeguato alla loro dimensione, che non riesco ad esprimere in lingua italiana meglio di come mi consente, come spesso capita, una espressione del mio dialetto natale: "non gabbu e non maravigghia", letteralmente più o meno non gabbartene e non meravigliarti, più precisamente "non osare commentare una faccenda del genere perché sono cose che possono capitare a chiunque, e magari proprio chi si erge a giudice e pensa che a lui non potrebbe capitare mai poi invece gli capita e se l'è pure tirata". Si lo so, l'ho già citata, ma a proposito di un'altra questione.
Dunque scantono, ché il buco nero che può avere spinto una madre a somministrare ai figli una iniezione letale simile a quella con cui nei civilissimi USA si eseguono le condanne a morte e poi suicidarsi è tale da procurare atroci vertigini, e mi chiedo: fino a dove bisogna risalire per inquadrare correttamente la questione? Sicuramente, mi rispondo, fino ad includere i cosiddetti femminicidi, solo tre giorni fa nel mainstream ne risuonavano altri due ad Avellino e vicino Caserta, anche se resto convinto che il fenomeno sia deformato dai mass media. Non che non sia grave, beninteso, ma temo che non sia più grave adesso che nella storia recente e profonda dell'umanità, e insomma 4 anni fa ne ho scritto nel dettaglio e il pezzo lo sottoscriverei passo per passo quindi magari rileggetevelo. Dunque, dobbiamo risalire a parlare nel suo insieme del concetto di famiglia, di quello che è diventato nel senso comune, di quello che probabilmente è invece naturale per l'essere umano, e visto che di quest'ultimo non è possibile ripararne i cocci di quello che probabilmente bisognerebbe puntare a costruire.
La famiglia nucleare, infatti, così incisa nella nostra cultura fin dal quadretto che da bambini ci meravigliava nel presepe, è probabilmente una forzatura ideologica che non regge, o regge solo a certe condizioni. Da quando eravamo ancora poco più che scimmie, e fino alla generazione dei miei nonni (o dei bisnonni dei lettori più giovani), la famiglia era un'entità molto più estesa e pervasiva. Non sto dicendo che secondo me era meglio o peggio (era peggio, decido calcolando tutto, anche se le feste del clan in cui sono cresciuto le rimpiangerò per sempre), sto dicendo che "si teneva" come sistema, e infatti ha retto per ere. In cambio, spesso ma nemmeno sempre, della libertà di scelta del coniuge e soprattutto di quella di lasciarlo, e manco a dirlo del concetto stesso di privacy interfamiliare, faceva da asilo nido, scuola materna, baby sitting, consulente matrimoniale, consultorio, pronto soccorso, sanatorio, sistema pensionistico, ospizio. E ho scordato sicuramente qualcosa. Abbandonare questo modello senza dotarsi in parallelo di tutto l'apparato sociale che deve supportare la famiglia nucleare in sua mancanza, espone quest'ultima a rischi di ogni sorta. E anche in presenza di una condotta illuminata che tende a costruire questo apparato, bisogna poi ricordarsi che quest'ultimo costa, e parecchio, e infatti in tempo di crisi perde i pezzi lasciando la coppia esposta. Inoltre, alcune parti fondamentali dell'apparato che ci vorrebbe non sono mai state nemmeno pensate. Nel sistema famiglia estesa, la tendenza ancestrale del maschio ad accoppiarsi con femmine diverse, funzionale alla riproduzione del proprio patrimonio generico nelle decine di migliaia di anni in cui le società umane potevano permettersi il lusso di essere matriarcali perché il rapporto tra umani e pianeta era tale da consentire ai primi di mantenersi cacciatori e raccoglitori in quello che era e giustamente viene definito da tutte le religioni il paradiso terrestre, veniva accolta sistemicamente nell'accettazione sociale del ricorso alle case chiuse, come scenario peraltro in cui dovevano svolgersi quelle fantasie che normalmente (in senso statistico) in famiglia non avevano posto. Il tradimento femminile, invece, ben più pericoloso ai fini della sopravvivenza del nucleo familiare in se e come pilastro sociale, era semplicemente limitato al massimo proprio dalla organizzazione di vita del clan o famiglia estesa che fosse. Che inoltre costituiva una rete di protezione anche per i minori e i deboli in genere, in cambio s'intende di regole di obbedienza e convivenza impensabili oggi.
Oggi, però, sempre più risulta evidente che quella parte dell'apparato complessivo che solo permanendo e anzi essendo completato (ad esempio, da una significativa - ed ancora però praticamente esistente - educazione all'amore e al fare l'amore di uomini e donne fin da piccoli) non è (più) economicamente sostenibile. La dico meglio: la globalizzazione, spingendo al livellamento verso il basso della retribuzione del fattore lavoro, porta tra le altre cose al confronto tra modelli sociali diversi, alcuni dei quali prevedono entità assimilabili per funzioni a quella nostra vecchia famiglia estesa che noi non abbiamo più, mentre proprio quel livellamento fa si che non possiamo più permetterci nemmeno quella parte dell'apparato di cui sopra che avevamo costruito (tramite la demolizione del welfare, l'appiattimento verso il basso della cultura e della coscienza politica per favorire il controllo sociale, evidente in certi spettacoli televisivi e negli sproloqui sui social network, eccetera) figurarsi completarlo. E da questo confronto il nostro modello, quello che non abbiamo mai completato, ne esce perdente.
Nel Mondo Nuovo, se non gli impediamo di completarlo, non c'è posto per famiglie piccole dove entrambi i genitori lavorano e guadagnano abbastanza da elevarsi culturalmente loro e fare partire da quel livello i loro figli, e se serve da separarsi pacificamente e campare ancora tutti decentemente. Quindi il lavoro necessario alla definitiva elevazione delle nostre anime e delle nostre menti fino a comprendere che lei non è tua proprietà, non hai in nessun caso diritto a picchiarla o toglierla di mezzo, e la stessa cosa vale per i vostri figli, e che masturbarsi è sano ad ogni età e comunque è sempre più soddisfacente che pagare una poveretta (che magari i soldi andassero tutti a lei), quindi non c'è niente di male a restare soli e non è vero che sei perso senza l'altro/a anche se è giusto che per un po' lo pensi, eccetera eccetera, quel lavoro non si può più portare avanti, talvolta nemmeno iniziare. Incombono modelli vincenti perché più adatti al Mondo Nuovo, modelli di famiglia estesa come quello musulmano o quello cinese, così simili per aspetti diversi a quello nostro di qualche decennio fa, nel bene e nel male. Non sono migliori o peggiori del nostro, in senso assoluto. Chiunque di noi può preferire il proprio, e dal suo punto di vista ha ragione. E ho già detto chiaramente quale sarebbe il mio ideale. Ma la mia preferenza, o quella di ciascuno di noi, non conta. Quello che rileverebbe è che vincessero modelli coerenti in toto, perché è nelle crepe del guado in cui siamo rimasti intrappolati che si celano le cause profonde di tutti gli episodi di violenza, anche di quelli di cui non leggiamo o sentiamo perché restano fuori dai filtri dell'attenzione mediatica.
Perché, cito di nuovo il Maestrone proprio nel pezzo ispirato a Huxley, "non sappiamo perché e come siamo in un'era di transizione", e quando attraversi un guado o hai il coraggio di proseguire per raggiungere l'altra riva, o riesci a rifugiarti nella sponda da cui provieni, o prima o poi la corrente ti travolge e anneghi...

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