venerdì 27 gennaio 2012

COME UNA COSA VIVA

La locandina francese del documentario che Nanni Moretti
girò al tempo della prima delle tante trasformazioni che hanno
portato il più grande partito comunista occidentale a diventare
la più grande idiozia politica di tutti i tempi della sinistra mondiale.
Guccini ci chiude tutti i suoi concerti da sempre, cosicché, quando anche lui smetterà e Fabiofazio gli dedicherà uno special pallosissimo come a Fossati e Jannacci, La locomotiva sarà l'ultima canzone che il Maestrone canterà in vita sua, almeno pubblicamente (chissà sotto la doccia...). Dal vivo, praticamente la canta in coro con tutto il pubblico, tutta, e non credo esista qualcuno in Italia che non ne conosce a memoria almeno qualche brano: è intergenerazionale, la sanno adolescenti che manco hanno mai sentito parlare di PCI, nei programmi scolastici non ci si arriva quasi mai alla storia contemporanea. Essa viene considerata un canto universale di libertà, e ciascuno di noi che la amiamo gli attribuisce una serie di significati epici, di riscossa, ribellione, progresso e eroismo, più un'altra serie legata al proprio vissuto personale, cosicché quando partecipi al coro è una specie di catarsi, ti senti meglio, soddisfatto, commosso, eccetera. Eppure, se la mettessimo in prosa, in forma di articolo di giornale ad esempio sarebbe:
titolo: BOLOGNA, STRAGE EVITATA PER UN SOFFIO
abstract: Deviato all'ultimo istante in un binario morto il locomotore che uno squilibrato stava dirigendo allo scontro frontale contro il Frecciarossa TopExecutiveClass Milano-Roma
testo: Bologna. Dobbiamo alla prontezza dei sistemi di sicurezza dello snodo felsineo se stavolta è stata evitata una tragedia. Il macchinista F.G., non si sa ancora per quali motivi, si è messo alla guida ieri pomeriggio di un locomotore in sosta presso il deposito ferroviario di Reggio Emilia, riuscendo ad inserirsi contromano nella linea ad alta velocità Roma/Milano. Lo scontro con l'"Eurostar dei VIP" è stato evitato deviando su una linea morta lo squilibrato, che ha finito la propria corsa contro i respingenti riportando gravi ferite. Varie le ipotesi sul perché il ferroviere abbia tentato questo gesto, da problemi economici (era in lista di mobilità) a questioni sentimentali (la recente separazione) ad essi connesse (gli alimenti), ma si fa strada l'ipotesi di un suo legame con gli anarco-insurrezionalisti e i gruppi no-TAV. Sarà interrogato dagli inquirenti se e quando riprenderà conoscenza, ma sulla sua pagina Facebook aveva postato numerosi appelli alla mobilitazione contro la classe politica e i poteri forti, post che avevano registrato migliaia di "mi piace", cresciuti poi esponenzialmente appena, come sempre in un baleno, la notizia del fallito attentato aveva raggiunto il popolo del social network.
Questo divertissement per dire agli ignari che La locomotiva è un testo anarchico, comunista, che inneggia alla ribellione violenta, e ha il suo eroe in un kamikaze, si proprio così: un tipo che in nome dei suoi ideali decide di immolarsi per uccidere con se un certo numero di innocenti (ricchi signori innocenti: un ossimoro?) - poco importa che nella fattispecie non ci sia riuscito. Se non lo sapevate, sapevatelo, tutto qui.
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Ed ora la cronaca vera: città bloccate dai tassisti, autostrade bloccate dai camionisti, Sicilia bloccata dai Forconi, per dirla in mooolta sintesi. Che dire? Si tratta della legittima protesta delle vittime di provvedimenti dozzinali e ingiusti del governo dei tecnocrati, o del consueto italianissimo costume secondo cui i sacrifici vanno bene solo quando devono affrontarli gli altri? Sono rivolte spontanee e autenticamente popolari, o dietro c'è l'estrema destra, Berlusconi e/o la mafia (una tautologia?), prodromi di rivoluzione o strascichi di Vandea? Sono giorni che ci ragiono e non riesco a darmi una risposta, per cui non mi resta che dare ai miei pochi lettori il solito elenco ragionato di chiavi interpretative, perché ognuno possa farsi la propria idea (e, se mi gira, alla fine dico anche la mia):
  • Michele Sorice, ovvero può ancora dirsi popolare una rivolta che fa mancare i beni di prima necessità al popolo?
  • Lameduck, ovvero qualcosa nei Tir di traverso mi ricorda il Cile di Allende, ovvero come mai quando c'era Berlusconi ai camionisti e agli agricoltori siciliani andava tutto bene?
  • Duro di Sicilia, ovvero il punto di vista di un agricoltore su come e perché il SalvaItalia abbia dato il colpo del ko all'agricoltura siciliana;
  • Informare x resistere, ovvero sarà stata anche avviata da mafia e Forza Nuova, ma la rivolta dei forconi è divenuta autenticamente popolare, lo giura il cronista che è stato ben tre giorni coi manifestanti;
  • Pino Aprile uno due e tre, ovvero l'ormai popolarissimo (persino la Mannoia lo cita tra le fonti di ispirazione del suo nuovo disco) giornalista/scrittore ha buon gioco ad ascrivere il movimento dei forconi alla voglia di riscatto del Sud depredato e colonizzato fin dal tempo dell'unificazione violenta dell'Italia - Aprile è bravissimo e farebbe tanto piacere credergli, così come agli amici di Liberareggio, ma da meridionale che conosce i suoi simili ritengo l'ipotesi di una rivoluzione che nasce dal Sud un filino meno probabile delle profezie dei Maya;
  • Megachip, ovvero è colpa dell'ignavia della sinistra se i movimenti popolari finiscono per essere strumentalizzati dall'estrema destra - questo mi convince di più, e mi ricorda quanto è avvenuto a Reggio Calabria nel 1970;
  • Giulietto Chiesa, ovvero la protesta in cronaca è figlia della crisi del debito e madre di una rivolta a largo spettro: può darsi ma a me questo sembra più un wishful thinking motivato da esigenze di autoaccreditamento in quanto profeta e capopopolo - in realtà, il suo gruppo Alternativa manco è nato e già si è scisso (il che dimostra quantomeno che è autenticamente di sinistra...): la cosa è drammaticamente confermata dallo stesso Chiesa a margine di una profezia terribile di Massimo Fini che riporta su Megachip, il guaio è che Fini forse ha ragione, e in tal caso anche mia madre che mentre io scrivo menate sul blog sta in campagna a zappare la terra, e io che sono pure obiettore di coscienza se per vivere necessita un pezzo di terra e il kalashnikov sono già morto;
  • Cedolin, ovvero elogio del camionista coraggioso contrapposto ai rivoluzionari a parole, pipparoli e imbelli, dimentico del fatto che quel coraggio deriva da un potere contrattuale abnorme sia per la natura del mezzo e del contesto in cui opera (come per i tassinari, difatti) che da decenni di mancanza di una politica intelligente del trasporto merci in Italia (che fa si che quasi tutto arrivi coi Tir, altrimenti bloccavano sta minchia);
  • Sergio Romano, ovvero questa volta il campione del mondo di cerchiobottismo la dice giusta, mettendo l'accento sia sul fatto che è la latitanza a sinistra di partiti e sindacati a favorire lo spontaneismo nelle proteste, sia sul fatto che si consente a certe proteste di valicare i limiti della legalità mentre ad altre si riserva il trattamento opposto (se faceva l'esempio dei no-TAV, caricati a caldo e perseguitati anche a freddo, ci scappava anche l'applauso, ma è pretendere troppo da uno che forse non si sbilanciava nemmeno da piccolo sull'altalena).
La questione è complessa, e ciascuno dei commenti succitati anche quando criticamente contiene elementi di verità, ma anche se non si può non registrare con sospetto che categorie e territori storicamente vicini alle posizioni berlusconiane si muovano così tempestivamente, non si può negare un legame diretto e genuino del tipo azione-reazione tra le cosiddette liberalizzazioni inscenate dal governo Monti e le proteste. Per un giudizio punto per punto dei provvedimenti governativi rimando a questo bel pezzo di Mentecritica, ma innanzitutto è giusto come fa Grillo sottolineare la mancanza tra i soggetti colpiti dalla manovra di quelle banche che in questi giorni stanno ricevendo in regalo dalla BCE fantastiliardi di Euro con cui si risanano il culo e comprano il debito degli Stati lucrando sul differenziale di rendimento (mentre una vera banca centrale avrebbe regalato gli stessi soldi direttamente agli Stati chiudendo in un attimo, si in un attimo, la crisi). Poi, è il caso di denunciare l'inutilità di alcuni punti e l'incompletezza di altri: ad esempio, la scatola nera obbligatoria che dovrebbe tagliare i costi dell'RCAuto c'era già, facoltativa, io ce l'ho da anni e pago comunque sempre di più, pur calando di classe e di valore dell'auto - oppure, togliere il valore legale ai titoli di studio è una delle bandiere del liberalismo che andava issata da anni, ma nel quadro di una riforma profonda dell'intero sistema formativo, non lasciandone intatte le storture maggiori, come quella che ha portato questo soggetto che pontifica sull'immaturità altrui giovanissimo prima alla cattedra universitaria poi al governo (io, sono uno stronzo, io che mi sono laureato a 22 anni e mezzo e due mesi dopo abbandonavo per mancanza di sponsor una meritata carriera universitaria e facevo il dattilografo pendolare per bisogno di soldi, tu al confronto mio sei solo uno stronzetto...).
E si, anime bella, quando succede qualcosa di grosso al sud dietro c'è sempre la mafia, purtroppo: c'era dietro gli sbarchi americani, dietro quarant'anni di DC, c'era dietro la stagione degli attentatuni e del primo piano di spartizione dell'Italia (con la nascente Lega Nord come interlocutore) e c'era dietro la nascita della Seconda Repubblica e l'irresistibile ascesa forzitaliota, come pretendete che non ci sia dietro il movimento dei forconi e dietro una crisi in cui chi ha euro liquidi a tinchitè in caso di ritorno alla lira diventa padrone di tutto?
Alla fine, la soluzione sarebbe nella direzione diametralmente opposta a quella intrapresa: più Stato e meno mercato, e a livello europeo, con l'obiettivo della piena occupazione. I problemi del trasporto merci, per restare in argomento, come ben delinea in dettaglio questo reportage de L'Espresso, stanno nell'eccesso di liberalizzazione e nella carenza di regolamentazione e programmazione, e non il contrario come vogliono farci credere. Se regali licenze ai tassisti e liberalizzi il settore, presto avrai un servizio forse meno costoso ma certamente peggiore dal punto di vista della sicurezza fisica e della selezione degli addetti, esattamente come già per i camion. E invece servirebbero cose come il taxi collettivo ad un prezzo sufficiente a scoraggiare l'uso del mezzo privato, o un piano complessivo del trasporto merci che riducesse al minimo la circolazione dei Tir sulle autostrade: cose che appunto sono fuori dal pensare politico di una classe dirigente da buttare, incluso purtroppo il sedicente maggiore partito politico italiano, quel PD che ormai anche suoi esponenti storici vedono come sciolto a breve. PD che infatti lascia che siano altri a guidare il malcontento, e anziché lanciarsi a bomba contro l'ingiustizia ci sta comodamente impoltronato sopra. Come una cosa morta.

venerdì 20 gennaio 2012

NO TENGO DINERO

da www.sardex.net
No, il video dei Righeira se lo volete ve lo cercate da soli, ma il titolo è quello che ci voleva: ci azzecca sia con le cause della crisi che stiamo attraversando, sia con una delle possibili soluzioni.
I problemi che attanagliano l'intera Europa da qualche anno, infatti, sono frutto di una situazione paradossale: viviamo in un'era in cui la creazione di base monetaria è praticamente fuori controllo, a causa del capovolgersi del naturale nesso di controllo tra politica economica e mercati finanziari, ma le contromisure che questo sistema è capace di prendere lo avvitano in una durissima carenza di liquidità. In altre parole, la creazione dell'Euro con le sue regole è perfettamente funzionale in un sistema in espansione, e diviene letale in un sistema in recessione. In parole più povere: abbiamo molti meno soldi di quanti ne servirebbero per far girare le nostre economie dando lavoro e benessere a tutti, e le regole che ci siamo dati ci impediscono di crearli. Si badi: le regole ci impediscono di crearne troppi in certe condizioni, e questo va bene perché se sono troppi prima o dopo finiscono per valere meno e quindi è come dicono a Oxford un cazz'e tutt'uno, ma anche di crearne abbastanza in certe altre, e questo non va bene perché ci spinge in una spirale senza uscita. A meno di non cambiare le regole: è quello che propongono quelli che spingono per l'uscita dall'Euro o la fine dello stesso e il ritorno a monete sovrane, ma anche quelli che propongono che l'Euro diventi una moneta sovrana e la BCE una vera banca centrale prestatrice di ultima istanza e quindi creatrice della base monetaria che serve quando serve. La prima delle due soluzioni sembra più facile da percorrere solo a un approccio superficiale, nascondendo invece insidie che diventano probabilissime in un Paese come il nostro storicamente dedito alla corruzione e in preda alla malavita organizzata. La seconda, che sarebbe forse decisiva, prevede per essere attuata una vera unione fiscale e quindi innanzitutto politica, e direi democratica, dell'Europa, quindi può essere imposta solo da una presa di coscienza di massa della sua necessarietà a livello continentale, per cui quindi dobbiamo sperare nelle elezioni francesi prima e tedesche dopo, quelle italiane lasciando molto meno ottimisti specie se non cambia prima la legge elettorale e direi non viene mandata a casa (o meglio in galera) tutta una classe politica.
Fino a che non imboccheremo questa strada, le contromisure prese sono destinate ad essere come minimo inefficaci se non deleterie. Prendiamo ad esempio proprio il governo Monti: se da una parte la sua stessa esistenza ci dà la possibilità di sopravvivere (avesse resistito Berlusconi lo spread e gli interessi sarebbero volati alle stelle e oggi saremmo senza dubbio alla bancarotta), dall'altra non è sufficiente a farci invertire la tendenza, e non solo perché il "professore" deve comunque ottenere la maggioranza in questo Parlamento e quindi non può portare avanti misure ad esso sgradite, ma perché le misure che può immaginare un ortodosso liberista quelle sono, e sono appunto oramai tutte drammaticamente inutili in Italia come altrove. Negli USA senza la FED che crea soldi dal nulla sarebbero alla guerra civile e al disfacimento da tempo, e non ha torto chi ipotizza che dietro all'ostinazione autolesionista degli europei a privarsi di un istituto analogo ci sia proprio l'azione consapevole dei potentati finanziari americani, mentre le agenzie di rating contro cui è fin troppo facile prendersela sarebbero le uniche a fare obiettivamente il loro mestiere: cos'altro significherebbero i downgrade di questi giorni, infatti, se non un messaggio della serie "state sbagliando rotta"?
Prendiamo le cosiddette liberalizzazioni, ad esempio: da un lato come sempre capita nel Belpaese dall'annuncio all'attuazione perdono tutti i pezzi che chiunque abbia un minimo di potere (anche solo di ricatto) riesce a staccare, ma dall'altro davvero credete che possano risolvere i nostri problemi e riconsegnarci alla crescita verso magnifiche sorti et progressive? Ma quante volte avete preso un taxi in vita vostra? E cosa ci guadagnate se quel fascistone del tassinaro va in rovina, una bella flotta di Fiat Freemont (non si può nemmeno guardare, in sei mesi ne hanno vendute tre, e poi si atteggiano a "grandi imprenditori"...) della compagnia "Benettontassì" guidati da extracomunitari sottopagati? Se davvero si volesse risolvere il problema, invece, si dovrebbe agire come si spiega in questo articolo, nel quadro complessivo di una riforma della mobilità cittadina. Se si volesse davvero liberalizzare, cambiando esempio, si dovrebbe cominciare dall'energia: microproduzione e messa in rete secondo il modello Rifkin: risparmi enormi nella bolletta energetica, ricadute positive enormi sull'ambiente e sull'occupazione, induzione di un reale cambiamento culturale nei cittadini che ridurrebbe gli sprechi e migliorerebbe la qualità della vita attraverso una riduzione dei consumi (eccola, la decrescita che è sviluppo, non sono favole). E/o si potrebbe cominciare dal fornire a tutti i cittadini una banda larga senza fili gratuita: qualcuno la userebbe per i porno, si, ma per quanti altri sarebbe un'infrastruttura su cui poggiare per costruire la propria attività? E sto parlando di una cosa che costerebbe per tutta Italia meno di qualche chilometro di TAV, infrastruttura che invece non serve proprio a un cazzo di nessuno tranne a chi piglia gli appalti.
Si tratta però di soluzioni che necessitano di un fattore che questo liberismo monetarista proprio non ha, e come il coraggio di Don Abbondio se uno non ce l'ha non se lo può dare: l'inventiva. Per fortuna che invece al di fuori dall'ortodossia economica e dalle élite di potere questo fattore è ancora piuttosto diffuso, specie nel nostro Paese che forse senza questo sarebbe già andato a fondo come una enorme e fragile nave mal guidata: se abbiamo scarsità di moneta rispetto al giro di scambi che la nostra economia potrebbe consentirci, in attesa che riusciamo a indurre i nostri politici a cambiare paradigma e a fornirci della moneta che ci serve, cosa che ha esiti incerti e comunque tempi lunghi, cosa ci impedisce di inventare un sistema che "segni" crediti e debiti da qualche parte, come il bottegaio faceva con mio nonno negli anni sessanta? Specie nell'era di Internet, nulla, tranne la difficoltà di organizzare la cosa senza che possa configurare reati e conquistando la fiducia di un giro crescente di persone. E' quello che ad esempio in Sardegna stanno facendo con il Sardex, ufficialmente "circuito di credito commerciale", praticamente moneta virtuale. Da sempre, quando una legge è profondamente e diffusamente percepita come ingiusta, l'uso la supera, e le regole monetarie della UE non sfuggono a questa norma di diritto naturale vecchia come l'umanità: ridateci una moneta sovrana, o sempre più useremo monete virtuali e altri sistemi per far funzionare le cose che con così poca liquidità altrimenti si fermerebbero. Accettare di diventare tutti più poveri per consentire a pochi di mantenersi nel lusso NON è ineluttabile, non finché abbiamo (o immaginiamo, o troviamo) altri modi di misurare la ricchezza. Negli anni 70 avevamo molti meno soldi e meno cose di adesso, ma non eravamo meno felici, anzi. E ci sono cose nel profondo della società civile che si muovono anche quando dalla superficie sembra tutto piatto, e il mainstream parla solo del teatrino messo su dai suoi committenti. Occhio, le vere rivoluzioni, anche quelle più o meno apparentemente piccole, arrivano sempre senza preavviso.

giovedì 19 gennaio 2012

TISCORDI O ZOZZOGNO?

Negli ultimi tempi il tag Musica di questo blog ha ripreso quota in rincorsa a quello più presente, Berlusconi. Finita l'esperienza di governo dell'uomo di Arcore, infatti, si è potuto finalmente ricominciare a parlare sia di politica nel senso più esatto del termine, che di altri argomenti. E' vero che è difficile fare a meno di un personaggio di tale impatto narrativo, per quanto negativo e anzi proprio perché negativo, come dimostrano molti "satiri" in crisi e ad esempio questo pezzo di Marco Travaglio che scomoda Silvio anche a proposito del Capro Schettino, ma insomma qui ci provo.
La musica offre continui spunti a chi la ascolta con la testa e col cuore, e non solo con le orecchie per distrarsi o distrattamente. Ad esempio, in questi giorni ho rivisto sia la Peter Gabriel Tribute Band che gli Omaggio al Maestro, trovando migliorate le loro performance rispetto a qualche tempo fa, anche se i primi li avevo beccati in una sera in cui il cantante aveva problemi di voce, e i secondi hanno stavolta privilegiato troppo i pezzi più noti di Battiato rispetto ad altri meno conosciuti e secondo me più belli.
Nel frattempo ci hanno lasciato due personaggi che la storia della musica leggera italiana l'hanno fatta, sia pure con ruoli molto diversi: Bigazzi ha scritto canzoni memorabili praticamente per tutti, mentre Nanni Ricordi ha praticamente inventato i cantautori e rivoluzionato la musica italiana quando nel 1955 ha preso in mano la casa discografica dei suoi avi. Proprio uno di questi, peraltro, era stato immortalato tre anni prima da Totò nei panni del Maestro Antonio Scannagatti, che in una celebre "scena degli equivoci" di Totò a colori incontra il celebre editore Tiscordi giocando anche col nome del discografico ai tempi rivale, Sonzogno, quando lo trova in mutande perché credeva di avere a che fare con un infermiere che doveva fargli una puntura e non con un aspirante direttore d'orchestra.
Salutiamo quindi Bigazzi e Ricordi, che lasciano il mondo della musica nelle mani di troppi Zozzogni, con l'aiuto del Cigno di Caianello e delle sue magiche "introduzioni"...

lunedì 16 gennaio 2012

COSTA

La rotta folle della Costa Concordia, in mezzo agli isolotti come fosse un canotto
A me più che il Titanic il naufragio del Concordia ha fatto venire in mente quello del London Valour: le analogie sono poche in entrambi i casi, meno di quanto ci si affanni a cercare, ma il mercantile inglese almeno ha picchiato contro gli scogli sotto costa vicino a un porto italiano (e basta, perché abbiamo da una parte mare fortissimo dall'altro condizioni meteo eccezionalmente favorevoli, e viceversa da una parte soccorsi disastrosi dall'altra fortunatamente efficientissimi, senza entrare nei dettagli) e non contro un iceberg in aperto oceano atlantico.
Le due tragedie del passato ispirarono due cantautori talmente vicini che collaborarono persino a un album (De Gregori e De André - il Volume 8 di quest'ultimo, del 1975), ma se il Titanic per Francesco era metafora del fallimento della modernità, il London Valour per Fabrizio era metafora della guerra sociale.
Noto questo perché tra i vari commenti sulla Rete mi sono imbattuto in un Mazzucco incredibile per ingenuità, che con questo pezzo (anche se avesse ragione, per come e in che tempi lo ha scritto) butta a mare altri suoi meritori lavori come quello sull'11 settembre, meritandosi quella patente di "complottista" che di tanto in tanto gli affibbiano. Peccato, perché restando sul metaforico invece il legame tra la tragedia del Giglio e quella europea che si sta consumando sotto i nostri occhi in questi giorni (retrocessione di rating inclusa) sarebbe stato molto più fecondo. E anche fuori metafora, non è che manchino spunti per porsi una serie di interrogativi niente male:
  • hai voglia a prendere le distanze dal Capitano: Costa Crociere non poteva non sapere, a meno che addirittura non incoraggiasse in quanto promozionale commercialmente, che le sue navi passano spesso e volentieri sotto costa per farsi belle a quelli a terra e/o per fare contenti i clienti a bordo (tipi che passano davanti a un posto, magari lo filmano, e poi dicono a se stessi e agli amici che ci sono stati - tanto in effetti non è mica tanto diverso che per i posti dove fanno scalo);
  • mostri come la nave affondata rappresentano perfettamente lo spirito dei tempi: per attrarre con prezzi abbordabili i clienti di cui sopra, fanno navi sempre più alte quindi instabili, senza doppio scafo (che prende spazio) quindi non inaffondabili, e talmente grandi che necessitano di talmente tanto personale che chissà quanto costerebbe fosse formato per eventualità del genere, anche a non voler sospettare di peggio, come fa qui Debora Billi, che oltre a spiegare come mai una crociera costa molto meno di un albergo dello stesso lusso evidenzia inoltre come alla negligenza e improvvisazione almeno di parte del personale PRIVATO di bordo (Capitano in testa) ha fatto riscontro l'efficienza dei soccorsi PUBBLICI, Vigili del Fuoco in testa (e sentire in che situazione economica li lasciamo, nell'era delle privatizzazioni, è davvero significativo);
  • fino ad ora il mare piatto ha favorito soccorsi e situazione dello scafo, ma quanto durerà? quando avremo il bilancio definitivo della tragedia dal punto di vista umano, toccherà cominciare a redigere quello dal punto di vista ambientale: speriamo che almeno adesso non solo si rispettino ma magari si inaspriscano pesantemente le norme di navigazione di bombe ambientali come questa, vero simbolo di un modello (di sviluppo e culturale) che si è esaurito e dell'urgenza di trovarne uno nuovo;
  • la singolare coincidenza dell'affondamento della Concordia e di quello della UE da parte di S&P, anche senza dar credito all'azzardo mazzucchiano, ci riporta infine alla metafora di De Andrè, attraverso questo pezzo di Giulietto Chiesa, dietro il quale pare proprio di vedere il macellaio mani di seta che distribuisce le munizioni - o forse è il caso di rispolverare il Battiato di Venezia/Istanbul, col suo ineffabile verso finale (perché il sol dell'avvenire splenda ancora sulla terra, facciamo un po' di largo con un'altra guerra).
Ma dopo i video raggiungibili attraverso i link, la scelta di quello da embeddare a fine pezzo non poteva invece non cadere su questo di De Gregori, da ascoltare col dolore e la rabbia che costa.

venerdì 13 gennaio 2012

T.D.T.W.

No, non è un nuova motorizzazione a gasolio della Golf, il titolo, è l'acronimo dell'ultimo meraviglioso verso, che si ripete ad libitum mentre in video o dal vivo il muro viene abbattuto fragorosamente, di The trial (in fondo al pezzo il filmato), il subfinale dell'opera rock The Wall dei Pink Floyd: "Tear Down The Wall".
Doveva essere qualche tempo che mi girava in testa, visto che è bastato un innocente post su Facebook di un'amica a farmelo venire fuori: Valentina a un certo punto ha scritto qualcosa come "ma le strade senza uscita viste dall'altra parte sono strade senza entrata?", ed io senza pensarci le ho risposto qualcosa come "no, dall'altra parte si vede un muro e basta, è per questo che bisogna abbattere tutti i muri, a cominciare da quelli dentro di se, perché magari dall'altra parte c'è una strada".
Il fatto è che, come Mr Pink di Roger Waters, tutti noi dal momento che entriamo in relazione con la società veniamo da questa, attraverso le sue Istituzioni (che hanno questa funzione precisa, di autoriproduzione della società stessa) - scuola, chiesa, gruppo dei pari, e innanzitutto famiglia, indotti a costruire attorno a noi stessi un vero e proprio muro, dentro al quale la maggior parte di noi cresce e muore senza nemmeno avere la coscienza della sua esistenza (e qui Roger deve qualcosa a Platone...). Solo alcuni di noi si rendono conto di viverci dentro, alcuni tra questi di esserselo costruito da sé, e tra questi pochi hanno il coraggio di tentare di abbatterlo e pochissimi la forza e la fortuna di riuscirci.
Prendiamo una sola di queste istituzioni (l'esempio vale per tutte), la famiglia, perché sempre più spesso è di drammatica attualità. Quando siamo piccoli e fragili, e abbiamo paura del mondo com'è ovvio che sia, la presenza rassicurante di papà e mamma ci aiuta a sopravvivere, e nel contempo ci mette in testa il mattoncino che "la famiglia è un porto sicuro in cui rifugiarsi". In realtà come dimostrano infiniti (ce n'è uno per ogni Fondazione) miti "Romolo-e-Remo style", e milioni di orfani di adottati e di bimbi cresciuti da zii e nonni, conta avere adulti che ti amano e che ti proteggono, non rileva nulla che siano i tuoi genitori biologici, che siano di sesso diverso (come si scoprirà se e quando finalmente alle coppie omosex si darà la possibilità di legalizzare la loro unione e adottare o avere bambini) e che scopino tra loro (come si vede benissimo in tutte le coppie di "separati intelligenti", purtroppo la minoranza). Invece, il pregiudizio a favore della cosiddetta famiglia tradizionale, fortissimo in particolare in società come la nostra così pervasivamente controllate da un'altra istituzione, potentissima anche perché sa benissimo come si prende e tiene il potere (anche sfruttando le sinergie con le altre istituzioni, cioè...) come la Chiesa cattolica, ha creato e crea milioni di infelici costretti a vivere sotto lo stesso tetto con due genitori che si odiano o si sopportano magari cornificandosi di continuo, o da quando è possibile sballottati tra due genitori che si sono separati e si fanno la guerra magari strumentalizzandoli, e questo se sono fortunati e non ci scappa il morto. Quando invece anche la stessa statistica, dato che oltre la metà dei matrimoni finisce in separazione, e la maggior parte di quelli che durano (come peraltro era anche prima della legge sul divorzio) sono infelici, dovrebbe spingerci a considerare "normale" la situazione in cui un figlio si cresce da buoni amici, ciascuno avendo o meno partner diversi più o meno duraturi (ché un rapporto deve durare quanto dura l'amore, non un giorno in più né uno in meno, questo dovrebbe dire il catechismo), e fortunata ed eccezionale la situazione "famiglia che dura una vita in amore ed armonia".
Il sistema imperante, in pratica, ci spinge fin da ragazzi a cercare una cosa che sarà quasi impossibile trovare, e a credere di averla trovata anche quando (quasi sempre) non è vero, e poi a difenderla come se fosse davvero quello che è solo nella nostra fantasia di bambini impauriti, reagendo come tali se la si perde. Ora, se per noi adulti si tratta di faticosamente rimuovere cinte murarie secolari, ai nostri figli sarebbe ora finalmente di insegnare a non costruirselo affatto, il Muro di cui sopra. Quindi, prepararli: da piccoli a considerare normale ciò che davvero lo è, come appunto avere due genitori con due vite che ti allevano lo stesso con amore e dedizione, e da adolescenti a esplorare se stessi e gli altri senza idee precostituite, confrontandosi in tutti i linguaggi (sesso compreso e d'altronde non solo quello), pronti ad accogliere l'amore come un meraviglioso incidente che più dura meglio è ma spesso non dura. In altre parole, prepararli a vivere la vita nel solo equilibrio che davvero si può raggiungere vivendo: quello dinamico.
Per chiarire ciò che intendo offro due metafore, a scelta:
  1. la famiglia tradizionale e le istituzioni in genere sono come un treppiedi, per sperare che stia in equilibrio bisogna tenerlo fermo e su un terreno bello piano, e non sempre è sufficiente: basta un po' di vento, o qualcuno che lo sfiori passando accanto. Tu fotocamera ti ci piazzi sopra, e se sei capace di ruotare su te stessa vedi quello che c'è attorno, altrimenti nemmeno, solo l'angolo davanti a te che ti consente l'obiettivo. Vuoi mettere invece a montarti sul manubrio di una bicicletta, magari una mountain bike? Quanto più mondo inquadri, da questa situazione di equilibrio, ben più stabile a patto di continuare (quasi) sempre a muoverti?! E certo, bisogna pedalare, ma se alla vita togli la fatica, siamo sicuri che (eccerto, senza esagerare...) valga ancora la pena di viverla?
  2. la vita è il mare, tu sei un materassino o una barca a vela classe America's Cup? è importante capirlo, perché nel primo caso devi restare sotto costa, e se solo si increspa uscire a rischiare di sgonfiarti al sole, nel secondo invece puoi andare anche in oceano, e più c'è vento più ti diverti, e solo una burrasca tale da farti scuffiare o spezzarti l'albero può fermarti, ma fino ad allora quanto mondo hai visto! e quando è finita puoi sempre dire "perché, i materassini non muoiono?".
Per cui, pensiamoci bene prima di mettere su un altro mattone: alla fine dei conti il processo non ce lo farà un dio, ma saremo noi stessi, anche avessimo solo pochi istanti, a fare da accusa e difesa, e da giudice attraverso lo specchio a condannarci a buttare giù questo maledetto muro.

martedì 10 gennaio 2012

SOGNO BRASILEIRO

La migliore email di auguri per il nuovo anno mi è arrivata da Gemma Serena, che da troppo tempo manca tra le firme di questo blog: in allegato il calendario 2012 del cambiamento, ricco di chiarimenti approfondimenti suggerimenti pratici sul tema della decrescita felice. A proposito, ancora qualche giorno fa rimarcavo l'urgenza di trovare un'etichetta che sostituisse la parola "decrescita" che contenendo una connotazione negativa evoca tutta una serie di significati secondari cattivi che compromettono la sua efficacia come etichetta del movimento di rinnovamento politico e sociale che solo ci può salvare, hai voglia ad affiancargli l'aggettivo "felice" e a snocciolare precisazioni che arrivano via emisfero sinistro, cioè eoni dopo che il messaggio evocativo ha raggiunto l'emisfero destro facendo i danni.
Nel denunciare l'esigenza senza proporre soluzione, facevo l'errore di tradire sia la mia formazione culturale e politica, sia la mia proverbiale forza a Trivial in Geografia. Un articolo di ieri sul Fatto mi ha bacchettato la prima dimensione, facendo scattare la seconda: l'etichetta è PROGRESSO, l'immagine evocata è quella della bellissima bandiera del Brasile, che forse non tutti sanno che contiene l'invocazione (positivista!) a "ordine e progresso" al centro di tutto.
A differenza di altre come "sinistra" o peggio "comunismo" o peggio ancora "socialismo", la parola "progresso" può vantare uno sputtanamento debole e datato, e oggi è solo semplicemente dimenticata, dato che pure a sinistra gli si preferisce un'impossibile "crescita" e talvolta un'incomprensibile "sviluppo" (termine neutro che prende valore a seconda dell'aggettivo che lo accompagna, e quindi può essere benissimo negativo). Invece nel termine "progresso" è implicita una e solo una semplice idea: se c'è, le cose vanno meglio di prima. In altri termini, è un concetto qualitativo, e può benissimo includere situazioni in cui dal punto di vista quantitativo c'è una diminuzione. Ecco che una decrescita felice può sostanziarsi in un progresso, un calo delle spese militari (a cominciare dalla rinuncia parziale o totale all'affare dei caccia) pure, una diminuzione del reddito accompagnata da aumento di tempo libero a parità di possibilità di accedere a servizi e socialità pure, investimenti nel campo dell'energia di minore ammontare ma migliore allocazione (e se è possibile in Bangladesh...) pure. E stiamo parlando di tutte cose che farebbero calare il famoso PIL, quindi aumentare il famoso deficit, quindi aggravare il famoso debito: è o non è abbastanza per alimentare un movimento politico che abbia tra le sue parole d'ordine l'abolizione di questi parametri per misurare se stiamo bene o meno? Lo vogliamo capire o no che questo termometro serve solo al medico, il sistema bancario/finanziario, che attraverso la sua imposizione geniale ha trovato il modo di piazzarsi al nostro capezzale e tenerci perennemente moribondi per campare a nostre spese?
Ordine e progresso, per la miseria, o non ricominceremo mai a coniugare i verbi al tempo futuro. Il che parlando di Brasile non può che dirsi meglio in musica...

venerdì 6 gennaio 2012

CONTROCORENTE

Non è che fare controinformazione significhi necessariamente essere un bastian contrario, ma oggi voglio fare il barcarolo ed esprimere, su cinque questioni molto di moda, opinioni di segno opposto a quelle oramai nettamente maggioritarie, prima confinate sui social network e appunto i siti di controinformazione ma oggi, che forze fino a ieri al governo o stanno all'opposizione o sostengono la maggioranza mentre scatenano il loro immenso apparato mediatico nel cavalcare la protesta, sdoganate in prima serata. Il dettaglio a dopo, a beneficio dei pigri faccio prima un sommario:
  1. retribuzioni dei parlamentari: devono restare alte, i media cavalcano l'indignazione popolare con lo scopo preciso di rafforzare il qualunquismo e il fine ultimo di annullare anche formalmente la democrazia, sono ben altre le azioni anti-Casta che andrebbero intraprese;
  2. lotta all'evasione: deve completamente cambiare registro, le azioni spettacolari sono utili a fare toccare con mano la consistenza del problema ma restano coerenti ad una logica che non ha mai risolto e non risolverà il problema alla radice, per quello serve - applicata univocamente per decenni da chiunque vada al governo - una politica fiscale composta da un forfettario esteso, la detraibilità di tutto per tutti, e un'azione penale efficace;
  3. articolo 18: è inutile difenderlo e inutile attaccarlo, protegge oramai una fetta simbolica di lavoratori, occorre concentrarsi sul modo di dare lavoro a più persone possibile e il reddito di cittadinanza a tutti gli altri;
  4. liberalizzazioni: occorre tenere o riprendere in mano pubblica tutto ciò che è per natura monopolistico (ferrovie, reti elettriche idriche telefoniche eccetera) e agire in direzione opposta per mestieri e professioni, droga, prostituzione, eccetera;
  5. animalismo: quello vero sarebbe diventare tutti vegetariani o quasi, non certo trattare le bestie come esseri umani approfittando del fatto che non possono lamentarsene.
1.
Avete notato come l'argomento sia di moda? Una volta ne parlava solo Grillo, e qualche catena di S. Antonio via email, ora è un coro unanime contro lo scandalo delle prebende della Casta, in primis dalle televisioni di chi già una volta ha azzeccato il giochino di presentarsi come paladino dell'Antipolitica essendo invece il prodotto più tipico degli affarismi della politica. La verità sulla faccenda l'ho letta solo in un pezzo di Rita Guma sul Fatto, e le proteste hanno costretto la temeraria a ribadire chiarire precisare oggi: in una democrazia compiuta, in cui quindi in teoria ogni cittadino possa aspirare al ruolo di parlamentare, non retribuire degnamente questo ruolo taglia di fatto fuori da questo diritto chi non ha soldi di suo. L'unica obiezione sensata a questa considerazione è che tanto di fatto già oggi, e non da oggi, la politica è strutturata in maniera da selezionare fortemente in ingresso chi non ha mezzi e/o conoscenze, ma la risposta a questa obiezione è che allora bisogna agire per modificare questa struttura (il massimo sarebbe il sorteggio di cui parlai non molto tempo fa, ma si può pensare ad altri strumenti per cambiare la selezione della classe politica, in primis la legge elettorale): pagare poco i parlamentari, al limite non pagarli affatto, significherebbe solo lasciare definitivamente e per legge campo libero ai ricchi e agli inclini alla corruzione. Ciò non significa che non si possano aggiustare alcune storture attuali, come la pensione superanticipata, e tagliare parecchi costi agendo nella giusta direzione, ma state certi che accodandovi al coro di "tagliamo lo stipendio ai ladri" finirete nel coro di "heil Hitler" senza nemmeno accorgervene, pensando come l'altra volta "meglio uno solo che ruba che tanti".

2.
Se vogliamo rintracciare la vera matrice del berlusconismo, bisogna parlare di patto sociale e riconoscere dov'è davvero la frattura interna alla società italiana, non certo nella dimensione destra/sinistra. Nel dopoguerra l'Italia come il resto dell'occidente europeo (ma in misura maggiore, avendone il più grande Partito Comunista) è stata oggetto di una strategia di arricchimento materiale in cambio di assimilazione al consumismo e argine al comunismo, in cui è stato possibile mantenere un patto sociale della serie "ti voto tu ti fai gli affaracci tuoi ma a me mi dai un lavoro dipendente o io faccio un lavoro autonomo ma tu mi lasci evadere le tasse". Era un lusso e, anche se assecondato dalla sua corrispondenza a certi tratti profondi del nostro carattere a matrice cattolica, a un certo punto non ce lo siamo potuti più permettere. Punto. A quel punto i partiti divennero due: quelli che "è tutta colpa degli statali dei fannulloni eccetera, che prendono lo stipendio senza sudare e magari fanno il doppio lavoro a nero mentre io mi faccio il culo dietro al bancone 14 ore al giorno e poi secondo loro gli devo pure dare la metà di quello che guadagno allo Stato", e quelli che "è tutta colpa degli evasori fiscali, se tutti pagassero tutti pagheremmo di meno, io lavoro 8 ore al giorno ma mi pagano poco e le tasse se le trattengono sullo stipendio, vorrei vedere come farebbe lo Stato senza me come contribuente e come faranno i signori commercianti quando io non potrò più comprare nulla". Negli ultimi 18 anni, il primo partito è stato al governo nel 1994, poi dal  2001 al 2006, e dal 2008 al 2011, il secondo dal 1995 al 1998, poi dal 2006 al 2008, mentre gli anni dal 1998 al 2001 passeranno alla storia come quelli dell'"inciucio", e comunque il partito degli evasori non è mai stato abbastanza debole da non condizionare la politica anche nei brevi periodi di opposizione. Senza contare che per cambiare animus ad un popolo occorre che delle riforme specie se fiscali vengano applicate inflessibilmente per decenni, una controriforma dispiegando effetti nefasti fino a che ne resti memoria.
Tutto ciò spiega perché le ottime riforme fiscali della seconda metà degli anni 90 siano state vanificate, e ci dice che sarebbe proprio da lì che dovrebbe ripartire un governo che si ponesse davvero il problema di risolvere la faccenda una volta per tutte, i blitz avendo un effetto eclatante sulla cronaca ma non strutturale sul sistema. Bisognerebbe quindi riprendere in mano gli Studi di settore così com'erano stati pensati all'inizio, e ristrutturarli in concertazione con le associazioni di categoria con l'obiettivo di trasformarli in un mega-forfettone, dimodochè chiunque voglia aprire un attività in Italia sappia prima quanto dovrà pagare di tasse a fine anno, e farlo o sarà oggetto di verifica fiscale automatica e capillare. Per quelle attività/mestieri/professioni che per qualsiasi ragione restino fuori da questo regime, ricevuta o scontrino obbligatori con reato penale, e detraibilità totale della spesa per il cliente: l'uno o l'altro, quella imposta allo Stato alla fine la paga.

3.
Una Repubblica "fondata sul lavoro" che non garantisce l'accesso allo stesso a ciascuno dei suoi cittadini dovrebbe ammettere di avere fallito il suo scopo fondativo. La polemica sull'articolo 18 è inutile chiacchiericchio, dal momento che lo stesso di fatto si applica solo ai privati dipendenti di aziende che ne hanno almeno 15, ma anche queste ormai hanno a disposizione tutta una serie di strumenti, legali e non, per aggirarlo. La realtà è che siamo in declino, l'occidente è in declino e l'Italia è tra i battistrada, non avendo mai avuto materie prime, non avendo più né "risorse umane" (la famosa piccola e media impresa ha prosperato negli anni 90 sulla carne degli immigrati come prima su quella dei meridionali) né mercato (la crisi che si avvita su se stessa grazie alla natura recessiva delle cure applicate) né più nemmeno il primato nelle idee (che mica i brasiliani e i cinesi sono scemi...). Dobbiamo sopravvivere in questo contesto, col "poco" che abbiamo: il 75% del patrimonio artistico mondiale, il territorio, il complesso dei servizi che serve a far girare questa macchina turistico/culturale, sono tutte qui le fonti del nostro "lavoro", più tutta quelle serie di attività "borghesi" (letteralmente, "del borgo") che servono a tutti per vivere e non possono essere "esternalizzate". Queste le nostre risorse, questo il lavoro complessivo che possono creare, tocca solo trovare il modo di dividere il tutto il più equamente possibile per un'economia di mercato (il collettivismo non funziona con gli esseri umani, d'altra parte nemmeno il cristianesimo), e oramai a livello Unione Europea perché come Italia saremmo già fottuti, fuori o dentro l'Euro che sia. Se capiremo come fare, saremo dignitosamente più poveri, altrimenti più che declinare sarà un rovinoso precipitare. Ah, in ogni caso chi vi parla di crescita o mente spudoratamente o non capisce niente.

4.
Qui non mi va di dilungarmi, chi ha pazienza segua il tag privatizzazioni per le argomentazioni di dettaglio. In genere, in Italia tutto ciò che è stato privatizzato si è trasformato in un monopolio privato spesso in mani straniere, quello che è stato liberalizzato in oligopolio privato o cartello, il risultato è che abbiamo più debiti di quando abbiamo iniziato una ventina di anni fa, e non abbiamo più l'enorme patrimonio pubblico che era stato costruito con la fatica il sangue e il sudore dei nostri padri. Ora si preparano a grattare il fondo del barile, ma fatto questo non resterà più nulla. Anche perché, ci sono settori tabù che stranamente non si è mai pensato di liberalizzare e quindi non si toccheranno nemmeno adesso nonostante gli annunci, e non parlo solo di tassinari farmacisti e affini, ma di settori che potrebbero anche fruttare enormemente in termini di entrate fiscali come le droghe leggere o la prostituzione, assestando inoltre un bel colpo anche alla criminalità organizzata.

5.
Quando ho sentito la notizia che in 2mila comuni tra cui Torino e Bari i sindaci avevano proibito i botti "per non spaventare gli animali" che ogni anno morirebbero a migliaia dalla paura, ho pensato a una gag di 610 o a quelle notizie che escono sui giornali il primo di aprile. Invece era seria, e quindi era ovvio che si trasformasse in una macchietta per i suoi esiti: più botti di prima anche dove erano vietati, con un bilancio di morti e feriti da evento sismico significativo, fortunatamente parlando di esseri umani. Eh si perché questo è proprio il caso in cui occorre mettere da parte il buonismo, e dire che se uno si riempie la casa di esplosivi e poi salta in aria con tutta la famiglia, non è una fatalità è selezione darwiniana. Ma anche che uno degli aspetti positivi della decrescita incombente sarà che finalmente si tornerà a dare a cani e gatti i resti dei pasti umani, o comunque non cibi che costano più dei nostri, credendo così di starli trattando bene mentre invece questo, come anche baciarli sul muso, proteggerli dai botti di Capodanno, attribuirgli pensieri e usi antropici, mentre magari li teniamo prigionieri con due o tre momenti di libera uscita, li facciamo castrare o sterilizzare, e quando siamo stufi li abbandoniamo in strada, equivale a quello che per noi chiameremmo trattamento "disumano" quindi in questo caso direi "disanimale". Tra l'altro, è tutta questa passione per i cani che crea il mercato e quindi l'eccesso di offerta che porta ai canili, cosa credevate? Per avere un'auto occorre la patente, e invece un cane può averlo chiunque - io direi vediamo che bestia vuoi, e vediamo dove lo vuoi tenere, poi eventualmente ti autorizzo, ti do il "porto d'animali" che ti sarai meritato. Poi sinceramente non capisco, a maggior ragione avendo letto Orwell, perché mai i cuccioli dei cani debbano ispirare tenerezza, e invece per quelli dei maiali, che sono molto più intelligenti e direi anche carini, la parola tenerezza in noi assume tutt'altro significato (cinesi a parte...). Più seriamente, prendo sul serio un animalista solo quando è anche come minimo vegetariano se non vegano, e un semplice sedicente "amante degli animali" dovrebbe come minimo ridurre drasticamente il consumo di carne: con tanti che ce n'è in giro, gli allevamenti intensivi avrebbero chiuso tutti da tempo, e questo per gli animali (ma anche per noi) sarebbe molto meglio di qualsiasi ordinanza comunale antibotti del cavolo. E comunque, se devo scegliere un'animale da difendere, allora sto come Michele Salvemini anch'io dalla parte del toro.

martedì 3 gennaio 2012

PUON ANO TI FINE TI MONTO

EUREKA!
L'sms più carino tra quelli che giravano per le feste faceva gli auguri in portoghese giocando sul fatto che in quella lingua anno si scriverebbe con una sola enne, alludendo a dove sia diretto il padulo inviato da Monti e soci a ciascuno di noi. Ne approfitto per un titolo a metà tra il dottor Stranamore e il professor Kranz, che faccia gli auguri ai (pochi) lettori di questo blog col giusto mix tra il clima da tragedia incombente che viviamo e la necessaria ironia con cui affrontarlo.
Anche senza voler dare come realmente probabili  gli scenari più apocalittici, infatti, la sensazione che uno step drammatico verso il baratro sia alle porte è oramai diffusa anche nel chiacchiericcio popolare da mercato o macchinetta del caffè. E se anche i Maya non c'entrano nulla e la storia della loro predizione è una bufala clamorosa (leggetevi qui Odiffredi, gustosissimo come spesso gli capita), che ci aspetti ben altro che un paio d'anni di vacche magre non è più solo il ragionamento di intellettuali emergenti, ma opinione di massa.
Ciò che manca alla massa è: come sempre, la capacità di orientare i propri comportamenti complessivi verso la soluzione più ragionevole senza esservi costretta dai fatti; come purtroppo da quando la crisi della politica è definitiva, l'elaborazione teorico/pratica di una strategia politica da parte di chi vi sarebbe preposto cui eventualmente aderire qualora fosse convincente. Possiamo dunque ragionare pure:
  • con Lameduck, dello scandalo Omsa e di quali contromisure un Paese serio, o una Unione Europea che davvero svolgesse la funzione per cui è nata, dovrebbe prendere per arginare rendendole non convenienti certe manovre di presunti capitalisti ma sicuri furfanti,
  • con Giulietto Chiesa, che finalmente chiarisce che il suo progetto politico Alternativa individua proprio nella riforma dell'Unione Europea la chiave di volta di un nuovo riformismo, che dagli Stati-Nazione in genere e dall'Italia in particolare non ci si può aspettare niente di buono,
  • con Badiale e Tringali, che decrescere non significa affatto trovare un modo di farsi piacere il fatto che diventiamo più poveri, ma invece proprio forse un modo diverso di diventare più ricchi e felici (ad esempio, guadagnando Tempo) - e allora forse è davvero ora di dismettere l'etichetta "decrescita" (brutta e controproducente per quanti significati negativi che veicola) in favore di una nuova che descriva meglio un modello socioeconomico complessivo tutto da definire, di cui non possiamo fare a meno perché quello attuale ci porterà alla tragedia in breve tempo,
ma intanto il monoblocco monetarista che governa il mondo fa il suo interesse mentre chi dovrebbe pensare al nostro ed elaborare piattaforme alternative è appiattito al monopensiero economico dominante e incapace di ragionare oltre alla solita tiritera contro gli statali (gli ultimi della classe media in grado ancora di comprare qualcosina ogni tanto, ed ecco definitivamente bloccata l'economia), ad esempio organizzandosi contro i veri ingiustificabili sprechi come la TAV o almeno questo schifo di acquisti plurimiliardari di aerei americani.
E allora apriamo questo "ultimo anno dell'umanità" mitigando la consapevolezza che il processo in atto se va bene ci riporterà al tenore di vita degli anni cinquanta con una serie di notiziole flash dall'unico versante che può costituire uno spiraglio di speranza. Infatti, la sostenibilità sistemica del pianeta dipende si dalle risorse non rinnovabili disponibili, ma moltiplicato il fattore tecnologico, e tutti i salti in avanti dell'umanità si sono registrati in corrispondenza di salti di qualità di questo fattore, a cominciare dall'invenzione dell'agricoltura per finire (per ora - il nucleare era una bufala fin dall'inizio, fatti bene i conti) alla capacità di estrarre i combustibili fossili e utilizzarli efficacemente per produrre energia, passando per la scrittura alfabetica e la stampa a caratteri mobili. Il prossimo salto potrebbe essere domani o tra un secolo (cioè troppo tardi), ma intanto registriamo:
  • che la fusione fredda non era una bufala, anche se forse ha ragione Megachip che non farà a tempo a risolvere lei i problemi dell'umanità;
  • che in Italia se si volesse si potrebbe dare un bel taglio alla bolletta energetica, grazie anche alla posizione geografica che spingerebbe a virare decisamente sul solare fotovoltaico;
  • che intanto volendo volare basso si può risparmiare soldi e migliorare la salute usando la propria lavastoviglie per cucinare;
  • che forse l'invenzione decisiva è già tra noi, ma anche se così non fosse la logica del bottom-up è da adottare immediatamente: visto che si parla tanto di liberalizzazioni, cominciamo dalla libera microproduzione e vendita dell'energia elettrica, che oltre all'aspetto risparmio per il Paese e le singole famiglie comporta una seria e potente ricaduta occupazionale.
Auguri di buon anno, dài che non sarà l'ultimo.

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