domenica 31 dicembre 2017

IN-FINITO

Rieccomi qua.
Sono io.
Io.
Si sono proprio io.
Sono io questo mucchietto d'ossa ripiegato su se stesso che fatica a respirare. Ho dolori dappertutto. Così forti e così ovunque che non so più localizzarli, e forse manco li sentirei più se ogni tanto non ne spuntasse uno più acuto, o forse più ottuso, però va bene, va bene così, mi dico, tutto questo vuol dire che sono viva.
Un attimo fa vedevo da terra i piedi del tavolo, ora da un fianco questa sponda di letto, e mi dicono che sono passati giorni. Io capisco, capisco tutto, ma non ho forza, e tutto sommato neanche voglia, di parlare.
Credo di avere capito. E so che cosa voglio. Voglio rivedere i suoi occhi. Gli occhi di mio figlio. Non mi importa quanta fatica mi comporta, da ora in poi concentrerô ogni energia che mi resta su questo obiettivo: resistere fino a che non arriva.
Ma ogni minuto, ora o giorno che passa la pena è maggiore, il dolore più forte, l'energia minore. Ho deciso: me lo immagino. Forse al mio scopo vale lo stesso, in fondo c'è un sacco di gente che muore di morti improvvise, non credo che a nessuno di loro riesca di andare in paradiso. Perché questa dev'essere, la storia di inferno paradiso eccetera: il tempo, questo crudele inganno che chiamiamo tempo, non scorre in linea retta, ma lungo una curva che agli estremi tende a infinito. L'ultimo istante dura per sempre. Ma non tutti hanno la fortuna di capirlo per tempo: le religioni devono a ciò una buona fetta del loro successo, ti preparano alla giusta confezione dell'ultimo pensiero per vie traverse.
Non servono, se hai il tempo è la fortuna di aver capito il trucco. Ora io ci penso, a quello sguardo. E così il tempo che si dilaterà all'infinito lo conterrà. Ci penso, e mi basterà.
Ma poi lo sento. È qui. Mi parla. É la sua voce, che poi mi ricorda un'altra voce, di un amore che non c'è più da anni. Mi parla. Non posso rispondergli. Ma lo guardo. Mi guarda. Lo guardo. Mi dice ci vediamo dopo. Gli rispondo con gli occhi. Gli rispondo: certo, ci vedremo per tutta l'eternità. Non capisce, va via, ma capirà. Ciao figlio mio ora posso morire. Questa cosa così misteriosa, che uno si chiede sempre cosa sarà mai, non è poi tutto sto gran che.  Anzi, forse non è niente. Non esiste, la morte, finché esisto io.
Ed io eccomi qua.
Sono io.
Io.
Si sono proprio io
Io sono qui, e ti guardo, per sempre.

lunedì 25 dicembre 2017

VENT'ANNI FA

Il dicembre del novantasette è stato a dir poco cruciale per chi vi scrive, e un ventennale è una bella cifra tonda per ricordarlo. Ma, niente paura, questo non è un post nostalgico e autobiografico, tanto gli amici trovati allora in quel di Trento e mai più persi, e anche quelli un pochino persi di vista ma mai di cuore e di pensiero e quindi di contatto almeno occasionale, lo sanno se mi leggono che sto parlando di loro.
E' un post di auguri di natale, ma a modo mio: con una scaletta, pardon oggi si dice playlist, necessariamente in qualche modo originale. La trovate alla fine, però: prima parliamo, sempre a proposito di musica, di un disco che ha fatto vent'anni pure lui e in qualche modo a suo tempo ha fatto epoca, e che stavo riascoltando l'altro giorno e mi ha fatto venire voglia di scriverne nei termini in cui lo sto facendo, forse anche perché proprio a Trento, anzi per la precisione a Rovereto, vidi la band che lo portava in tournée, e mi piacque tanto (no, non era una sorpresa: li avevo già visti e li seguivo da prima che si chiamassero come si chiamavano) che li andai a rivedere qualche giorno dopo alla tappa di Padova.
I CSI, infatti, avevano un passato come esponenti del combat-folk-post-punk emiliano (si chiamavano CCCP, ovviamente se avete la mia età o vi interessa la storia contemporanea), e avranno un futuro come PGR, e oggi i loro rivoli continuano a deliziare gli appassionati. E nella loro breve esistenza in quanto tali avevano pubblicato già alcuni capolavori: Ko de mondo, Linea gotica e il live acustico In quiete.  Dischi di quelli che non puoi segnalare dei pezzi come notevoli senza fare torto a tutti gli altri, comunque di livello: al massimo, puoi tracciare una tua personale playlist, appunto. Ma si trattava di dischi "difficili", come spesso capita alla roba di vera qualità, con una sacca di estimatori crescente si, ma che sacca rimaneva. E ai nostri eroi, probabilmente, piaceva così, anzi sicuramente dovremmo dire visti gli accadimenti successivi.
Avvenne infatti che nel 1997 diedero alle stampe Tabula rasa elettrificata. E fu il classico "botto". Il disco suonava come niente aveva mai suonato in Italia né suonerà più. Energia pura, dall'inizio alla fine. Roba che ti strappava i sentimenti dalle viscere, la rabbia soprattutto. Tanto che quando a un certo punto un pezzo diceva "rivoluzione", nessuno faceva caso al fatto che intendesse il moto terrestre attorno al sole: tutti urlavano, urlavamo, come se la dovessimo fare li, in quel momento, molti col pugno alzato, anche chi come racconta meglio Gaber di quel gesto aveva sempre avuto un certo pudore. E i CSI andarono al primo posto delle classifiche di vendita degli album.
Roberto Vecchioni... Mi direte: che c'entra musicalmente il Professore con Giovanni Lindo Ferretti e company? Ci arrivo: Roberto Vecchioni il suo trittico di capolavori lo ha scritto tra il 76 e il 78, e poi si in mezzo a tanta, troppa produzione, qualche perla la troviamo anche nei quarant'anni seguenti, ma quei tre dischi li, (Elisir, Samarcanda e Galabuig stranamore e altri incidenti) perfetti dal primo all'ultimo brano, erano irripetibili. Nel primo dei tre, il brano più leggero è un divertissement in chiave storica (ricorrenza, questa, frequente nella produzione vecchioniana) che a un certo punto dice:
viviamo per il pubblico, ma ci chiamiamo Pietro: in cima alle classifiche, ci rivogliamo indietro.
Non lo sapeva, ma parlava dei CSI di vent'anni (di nuovo i vent'anni) dopo.
Ancora in tour con "tabula rasa", infatti, i nostri cominciarono a maturare lo scioglimento. Pubblicheranno ancora tre live, uno atipico registrato a margine di un evento commemorativo di Beppe Fenoglio, e due diciamo così di addio dal titolo Noi non ci saremo (volume I e II, appunto), preso in prestito da Guccini e i Nomadi con tanto di cover.
Misurate la distanza tra una parabola artistica come quella appena descritta e quelle odierne, ed avrete evidenza empirica dell'enunciato filosofico che la freccia del progresso non sta sempre verso avanti nel tempo.
Buone feste a tutti. e buon ascolto:
  • Memorie di una testa tagliata (attenti: è di un realismo assoluto, l'orrore della guerra lo senti nelle ossa meglio che nella prima mezz'ora di Salvate il soldato Ryan, e vi sembrerà di capire cosa si prova a morire);
  • Cupe vampe (a ricordarci che l'Europa marcia di oggi è nata banchettando sulla carogna della Jugoslavia, del cui smembramento era stata il mandante);
  • E ti vengo a cercare (l'unica cover di Battiato cantata meglio di Battiato stesso, cioè conferendo al brano significati ulteriori);
  • Unità di produzione (quella della rivoluzione di cui sopra);
  • Forma e sostanza (un trattato di filosofia in forma di canzone "conosco le abitudini, so i prezzi, e non voglio comperare né essere comprato", con tanto di catarsi incorporata "voglio ciòooo che mi spetta, lo voglio perché è mio, mi spettaaaa!" a cantarla in coro);
  • Fuochi nella notte di San Giovanni (che riprende il "chi c'è c'è" dal brano di inizio album, che cito alla fine come dulcis in fundo, a dimostrare che di una sorta di concept sui generis si trattava)
  • A tratti (fate attenzione al cambio di ritmica a circa 3/4 di canzone: innescato dalla chitarra, cui la batteria a un certo punto si appende, dopo essersi ostinata per un po' a mantenere il suo pestaggio ossessivo precedente, è uno dei passaggi più interessanti della musica italiana, e non sto esagerando, e culmina col seguente rimarchevole testo:
Non fare di me un idolo, mi brucerò, se divento un megafono m'incepperò,
cosa fare o non fare non lo so, quando dove perché riguarda solo me,
io so solo che tutto va ma non va, non va, non va, non va, non va...
Sono un povero stupido so solo che chi è stato è stato e chi è stato non è:
chi c'è c'è e chi non c'è non c'è....

giovedì 21 dicembre 2017

10. PRIMO: NON BERE - LENNONIANA

In attesa di Sushi Marina, continua la pubblicazione dei racconti di Chi c'è c'è, raccolti da un "geestre" direttamente dalle menti di 21 terrestri in animazione sospesa su un astronave perduta nel cosmo, forse ultima testimonianza del nostro pianeta ormai distrutto. Qualcuno ricorderà che alcuni dei racconti li ho "ricavati" partendo da testi di mie canzoni quando ho dovuto abbandonare il sogno di cantarle: qui pubblico prima il racconto, il sogno di un'astronauta egiziana, poi la canzone da cui è tratto, pensata come una ballata veloce ma musicabile a piacere da chi mi chiedesse di poter usare il testo...

10. PRIMO: NON BERE

Quando ero piccola, alla classica ed insulsa domanda “cosa vuoi fare da grande?” io rispondevo sempre “la dottoressa”, come tanti altri bambini, peraltro. Ma io volevo davvero fare il medico, ed avrei potuto, sul serio: mio padre era un ricco commerciante del Cairo, e poteva permettersi di farmi studiare. Accettò di pagarmi l’università in Inghilterra, ma mi orientò verso ingegneria aerospaziale, l’altra mia grande passione, perché -disse- “sarai una delle poche con quel titolo, in Egitto, ed essere rari è sempre bene”. Aveva ragione, anche troppo: divenni astronauta, il primo del mio paese a volare sullo Shuttle verso la costruenda stazione spaziale geostazionaria. Ma nel profondo del mio cuore io sarò sempre un medico mancato, più che un astronauta realizzato.
Mohammed veniva da un villaggio ai margini del deserto. Un posto che era rimasto molto povero nonostante la buona ripresa che il nostro paese aveva visto nell’ultimo decennio, in tono minore rispetto ad altri paesi nordafricani ma comunque buona, sì, direi. Anche suo padre era riuscito, con molti sacrifici, a farlo studiare. Ovviamente in Europa aveva dovuto arrangiarsi con dei lavoretti, ma ce l’aveva fatta: era medico. Medico!
Ci conoscemmo all’università, e diventammo subito amici, forse perché era chiaro che lui era diverso da tutti gli altri nostri connazionali che incontrai lì, forse perché lui era quello che avrei voluto essere io. E probabilmente questo fu anche il motivo per cui la nostra amicizia non finì, come tante, con la fine degli studi. Continuai a cercarlo, a chiedere notizie, a seguirne la carriera. Era molto capace. Si specializzò in cardiologia, entrò in ospedale, e vi fece carriera facilmente. Cominciò a mandare soldi a casa, invece che le solite lettere piene di nostalgia. Il padre gli aveva proibito di tornare, neanche per le vacanze. Non era solo per una questione di soldi, quello era semmai il motivo per cui non era mai venuto lui su ad Eton, ma perché lo conosceva bene, suo figlio.
Mohammed era cresciuto per strada, amava visceralmente ogni cantuccio del suo paesino d’origine, e ogni mendicante, ogni ragazzino, ogni vecchio che avesse calcato quella polvere. E non riusciva a digerire il grado di povertà e sottosviluppo cui quelle zone sembravano condannate. La mortalità infantile era altissima, le pratiche di contraccezione l’Egitto le aveva accettate ufficialmente, visto che erano la contropartita alla remissione graduale del debito internazionale, ma non aveva mai fatto realmente nulla per capillarizzarle, sia per tenersi buoni i partiti integralisti (che controllavano la “provincia”), sia perché comunque era difficile per chiunque avere dati reali su quei posti sperduti.
Inoltre vi era ancora diffusissima l’infibulazione, una pratica barbara legata alle peggiori tradizioni religiose nordafricane e non solo, consistente nell’asportare alle ragazzine la clitoride e talvolta anche le grandi labbra, la cui ratio sta nell’impedire loro di vivere una sessualità piena, da donne. Il controllo sociale, l’ordine: la preoccupazione dei vigliacchi di tutte le epoche. La riduzione della complessità per sedare la propria paura di vivere: è questa l’esigenza profonda di ogni razzista. Rendere le donne incapaci di provare piacere rende irrilevante la loro scelta in amore, le rende sottomesse per sempre. In più, se non bastasse tutto questo e quant’altro si può dire sulla cosa in sé, essendo la pratica dichiarata illegale e nello stesso tempo tollerata, non poteva giustamente essere praticata nelle strutture pubbliche, e veniva regolarmente eseguita in ambulatori fatiscenti da medici privi di scrupoli, se non addirittura in casa con mezzi di fortuna, con conseguente gran numero di infezioni, talvolta dall’esito mortale.
Troppe bambine mutilate che non saranno mai pienamente donne, troppi bambini nati, troppi denutriti, troppi malati, troppi morti, perché lui non ci pensasse di continuo. Dopo una decina d’anni aveva messo abbastanza soldi da parte, tra risparmi e contributi alla causa, per realizzare quello che aveva in mente da sempre. Un ospedale, con tanto di consultorio, ai margini del deserto, vicino casa sua. Quando comunicò le sue intenzioni al padre, questi dapprima tentò di convincerlo con le buone a desistere, poi gli intimò di non farsi in ogni caso vedere a casa che non gli avrebbe rivolto la parola. Non mantenne il punto, se lo mangiarono tutti di baci e abbracci non a pena si affacciò sulla soglia. A posteriori, avrebbe fatto meglio ad essere più convincente. Non che sarebbe servito, comunque, con quel testone!
Ebbe tanto facilmente i permessi e il terreno, quanto difficilmente trovò colleghi disposti a seguirlo nell’avventura; tanto facilmente riuscì a tirare su la struttura, quanto presto arrivarono i primi contrasti con l’autorità islamica locale.
Eppure fu subito pieno, l’ospedale, per quanto bisogno c’era di una struttura del genere in quel posto! Mohammed lavorava venti ore al giorno, e riusciva ad aiutare un numero di persone tale che sembrava ne lavorasse quaranta. Ma non era lui ad aiutare la gente, era la gente che aiutava lui. Semplicemente, ci sono individui che riescono a convivere col pensiero che esistano persone al mondo più sfortunate che avrebbero bisogno di loro, e altri che non ci riescono; tra questi ultimi, ci sono quelli che rimuovono quel pensiero dentro di se, e quelli che lo esorcizzano facendo tutto quello che possono, se non di più. Questi ultimi sono i più grandi e meravigliosi egoisti sulla faccia della terra: i missionari, le suore, o i medici come lui.
Solo che i missionari, bene o male, sono dei religiosi: lui addirittura era un laico, non lo si poteva tollerare minimamente. Cominciarono con piccoli sabotaggi. Poi arrivarono le minacce, prima a lui, poi ai pazienti che gli si rivolgevano. Quando sentì l’esplosione capì subito che era il suo ospedale ad essere saltato in aria. Col suo cammello giunse col cuore della notte giusto alla distanza necessaria per accertarsene. Era tutto distrutto, probabilmente c’erano molti morti. Si precipitò tra le macerie, fece tutto quello che poté per salvare delle vite, poi quando già lo tiravano via dicendogli che non c’era più nulla da fare, che erano ventiquattr’ore che scavava e che comunque non c’erano più dispersi, che sarebbe stato meglio se fosse andato a riposare un po’, allora girò su se stesso, rimontò sul cammello e sparì.
Lo ritrovarono morto nel deserto una settimana dopo. Il padre mi telefonò perché gli avevano trovato addosso una lettera indirizzata a me. Mi arrivò dopo qualche giorno. Era apparentemente frutto del delirio di un uomo smarritosi senza viveri né acqua nel deserto, ma non per me che lo conoscevo bene. Non era neanche un sogno, era la riflessione lucida di un uomo morente, era il messaggio per l’amica di studi con cui condivideva i valori. Significava: abbiamo ragione noi, vai avanti. Era un racconto, una parabola.
Diceva che dopo qualche ora in groppa al cammello cominciò a girargli la testa, forse per la stanchezza, finché non cadde di sella picchiando col capo in terra e perdendo i sensi. Non so quanto tempo dopo rinvenne, ma si ritrovò circondato da tre viandanti che si prodigavano a rinfrescarlo bagnandogli il viso e i polsi, facendogli ombra e sventolandolo. Quando si accorsero che aveva aperto gli occhi sfoderarono ognuno una borraccia e fecero per offrirgliela, contemporaneamente, così che quasi le picchiarono una con l’altra. Le ritrassero guardandosi in cagnesco, e solo allora Mohammed cominciò a vederli bene. Erano simili per aspetto fisico e corporatura, ma vestiti tutt’affatto diversamente: non fosse perché si trovava nel deserto avrebbe creduto si trattasse di un mullah, un prete cattolico, e un rabbino. No, non era possibile, forse era sconvolto dalla sete; meglio chiedere da bere ai tre strani viandanti. I tre si guardarono con odio, si alzarono in piedi, si tolsero i mantelli e... sguainarono le sciabole! Tre luminosissime sciabole di acciaio, argento e oro, ...e tre coltelli rossi nell’altra mano!
In un attimo, l’islamico fu sull’ebreo, e con una finta gli conficcò l’arma nel fianco sinistro, ma troppo profondamente, cosicché restò sul colpo quell’attimo in più che bastò al cristiano per pugnalarlo alla schiena. Poi il prete si avvicinò a Mohammed, dicendogli: “guarda, sono svaniti, era tutta una scena allegorica mostratati da Dio per farti capire dove sta il Giusto; tu hai fatto del bene in vita, ora giustamente l’unico, il vero Dio ti vuole accogliere nel suo seno, orientare finalmente nel senso giusto la tua ansia d’amore; ecco, bevi...”.
“Ma io, come sai, cara Fatma, non berrò mai di quest’acqua.”, queste le ultime parole scritte dal mio amico. Me lo immagino, con le secche labbra serrate, sufficientemente per non fare entrare l’acqua, ma purtroppo non abbastanza da non fare uscire l’ultimo respiro.
...
LENNONIANA

Quando Mohammed cadde dalla sella,
batté la testa e tutto scomparì;
non stava ritornando da una guerra,
ma dalla gente che non lo capì.
Aveva messo in piedi quattro tende
per fare entrare chi credeva in lui:
sembrava che curasse tanta gente,
ma era la gente che curava lui.

E ha fatto bene il padre
a dirgli "figlio non restare qua,
vattene su in Europa,
studia, fatti dottore e resta là"...

Mohammed ascoltò dapprima il padre,
ma poi non resistette e tornò giù:
voleva troppo bene alla sua gente
e alla terra della sua gioventù;
con quelle quattro tende e pochi soldi
faceva ciò che per lui era dovere,
ma la città ai confini del deserto
capiva solo i calci nel sedere.

E ha fatto bene il padre
a dirgli "figlio non restare qua,
vattene su in Europa,
studia, fatti dottore e resta là"...

Così dopo tre giorni di deserto,
in cui sentiva solo il vento e il nulla,
lo colpirono sole, nulla e vento,
e Mohammed cadde esausto dalla sella;
passarono di la tre viandanti,
tre, come le tre parche del destino,
congiunti da chissà quali accidenti:
un imam, un cattolico e un rabbino;

i tre lo videro e si avvicinarono,
gli diedero dell’acqua sulla faccia,
ma ognuno aveva una sacca per bere:
doveva sceglier lui quale borraccia.
L’arabo li guardò stupito e attento
e disse che non c’era differenza,
allora i tre si guardarono negli occhi,
e c’era odio più che diffidenza,

tirarono da sotto i tre mantelli
tre sciabole di luce argento e oro,
con l’altra mano presero i coltelli,
rossi come strumenti di lavoro;
l’islamico barbuto, con sveltezza,
con una finta sbalordì il rabbino,
ma, mentre gli premeva nelle carni,
la schiena porse incauto al suo vicino.

Si avvicinò a Mohammed il vincitore
e disse “io non ho ucciso, è stato dio
che ti ha mostrato queste false scene
per mostrarti che il giusto sono io:
tu hai cercato di fare il bene in vita,
ignaro di esser sulla via sbagliata,
ma dio accoglie ogni anima nel seno,
non chiede di che religione è stata,

tu non potevi sapere come fare
per mettere a buon frutto la bontà,
e invece di cercare nel tuo cuore
tentavi di cambiar la società”,
allora fece per porgergli l’acqua,
ma Mohammed serrò il labbro e poi spirò,
pensando “ho fatto il bene senza dio
e buono e senza dio io morirò”

E ha fatto bene il padre
a dirgli "figlio non restare qua,
vattene su in Europa,
studia, fatti dottore e resta là"...

venerdì 15 dicembre 2017

UN PARTITO ANTI, DEMOCRATICO

L'immagine viene da un istruttivo post su Oltrelalinea
Ogni volta che mi capita di voler tornare su temi già trattati, mi dico che va bene averne di ricorrenti, ma se esagero poi la persistente esiguità di lettori non mi deve sorprendere. Poi però non mi tengo, specie quando la mia insistenza è solo lo specchio della ricorrenza dei temi nella cronaca, politica e non. Pensando a questo, prima vi invito a rileggervi un mio vecchio post "conclusivo" sul concetto di verità, e poi comincio.
L'urgenza viene dalla pompatissima guerra alle "fake news", così denominate (e di continuo) perché l'inglesismo ha purtroppo oramai consolidato la sua funzione di aggiornamento ed enfasi dei concetti: il del tutto equivalente italiano "notizie false" non avrebbe lo stesso appeal (aridaje) e risulterebbe meno manipolabile. In altre parole, il termine in voga riduce la percentuale di coloro che, sentendo che è stata fatta una legge per combattere le notizie false, si chiederebbero chi mai possa avere la facoltà di discernere se una cosa sia falsa o vera, e che fine fa la democrazia se a qualcuno viene attribuito il potere di stabilirlo. Erano i comunisti, a poter leggere solo la "Pravda" (in italiano proprio "verità"), in democrazia si dovrebbe semmai fare tutto il possibile perché i cittadini siano messi in condizione di discernere in un mare di libertà di espressione, e non mai invece considerati "gregge" da proteggere censurando la libertà di chiunque di dire puttanate.
Ad esempio, io personalmente reputo che tutte le storie che tutti raccontano ai bambini in questo periodo natalizio siano solenni fesserie, e se fossi dittatore assoluto senz'altro impedirei che venissero propinate in TV come a scuola favolette come quelle di Babbo Natale e di Gesù bambino come fossero verità assolute (specie la seconda). Ma non essendolo, e non volendolo essere, mi limito a fare "controinformazione" (si, anche in privato) per incentivare il libero giudizio almeno nel mio piccolo.
Si tratta di un distinguo "filosofico" così elementare che non è credibile sfugga al "legislatore": è cioè impossibile credere che egli non si renda conto che una normativa come quella d'attualità è senza mezzi termine totalmente illiberale ed estranea alla logica democratica. Pertanto è appena consequenziale dedurre che se ne rende conto benissimo, e quindi la vuole esattamente, consapevolemente e precipuamente per sostituire sostanzialmente alla democrazia un regime vero e proprio, in cui si impedisce a chi non è allineato di esprimere le proprie idee. Anche perchè, quando il suo allora avversario politico fece e rifece lo stesso tentativo, della cosa se ne rese conto benissimo e anzi si fece promotrice di immense levate di metaforici scudi contro ogni "legge bavaglio" veniva proposta. E' la stessa cosa, e i distinguo degli amici centrosinistri ora che l'obbrobrio viene dai loro capi sono solo penosi e ridicoli graffi di unghie sugli specchi. Il PD ha gettato anche l'ultima maschera, è un partito antidemocratico alla stessa stregua, anzi peggio perché inganna a cominciare dal nome, di Forza Italia, con cui si appresta a continuare a governare se non viene fermato. E può essere fermato solo dal movimento 5 stelle, vi piaccia o meno, perchè votare Grasso o altri schieramenti di sinistra nella migliore delle ipotesi è un voto sprecato, nella peggiore e più probabile è un voto che arriverà indirettamente (neanche lo nascondono) allo schieramento dell'inciucio che vuole solo finire il compito per cui è ben pagato dai suoi mandanti (nelle istituzioni monetarie sovranazionali e nel capitalismo finanziario e multinazionale): la distruzione dell'Italia come Paese sovrano e produttivo.
Qual'è quindi la verità? L'11 settembre 2001 il capo di una onnipotente fazione terroristica mussulmana da una grotta dell'Afghanistan ha ordinato il più grande attentato dell'era moderna, o invece è impossibile che la più potente difesa aerea del pianeta si sia fatta infinocchiare da 4 arabi incapaci di pilotare un ultraleggero coordinati a distanza da un rampollo arabo miliardario peraltro addestrato dalla CIA in funzione antisovietica? Posso saperlo subito, o almeno cercare di farmi una mia idea, o devo attendere decenni come per JFK? E anche qui, che i dubbi sulla versione ufficiale circolano da sempre, era giusto censurarli? Kevin Costner sarebbe scampato alla Boldrini? E com'è che il discrimine tra definire uno dittatore oppure leader democratico non passa mai da quante elezioni vince e con che misura, e invece passa sempre da quanto è organico alla linea politica dei padroni del vapore? Sul Venezuela e sulla Siria chi è che dice la verità e chi palle? Posso deciderlo io o me lo deve dire il PD? E qual'è "la verità su Giulio Regeni" (la virgoletto perché a un certo punto la frase è diventata un tormentone), quella che hanno sempre sotteso tutti i commentatori di regime per assecondare la narrazione che ha accompagnato per anni quella enorme bufala mediatica che si sono rivelate le cosiddette "primavere arabe", o quella che sta emergendo adesso, anche ufficialmente, e che solo pochi scetati avevano intuito subito?
Insomma, se siamo in democrazia voglio poter leggere anche della fusione fredda (chi se la ricorda?) o del nucleare pulito al torio, come dell'efficacia e della pericolosità dei vaccini, e farmi da solo l'idea se sono stronzate o meno. Io sono un cittadino democratico, e voglio ragionare con la mia testa. Chi me lo vuole impedire, chi vuole imporre le sue minchiate come verità e quelle altrui come fake news, merita solo un enorme, granitico, VAFFANCULO.

lunedì 11 dicembre 2017

DUBBIO (7 MILIARDI DI ZANZARINI)

Ogni post di questo blog viene letto mediamente da un centinaio di persone. Se  pensiamo che nell'era pre-Internet era quasi impossibile avere un uditorio del genere senza essere "qualcuno", è tanto. Se invece il dato lo misuriamo coi parametri del web, è praticamente nulla, anche volendo escludere dal contesto facebook e gli altri social, dove una péreta fatta bene può avere riscontri immensi. Mi consolo, e quindi insisto, se penso alla natura dei contenuti che posto, tutt'altro che "facili" e comunque pensati per tutto tranne che per "acchiappare" lettori, ché per fortuna vivo d'altro e non ho messo nemmeno AdSense.
Da un po' di tempo, per mantenere la media fisiologica di sei o sette post mensili, sotto la quale un blog è clinicamente morto, mi aiuto pubblicando a puntate le mie cose edite (un libro di ricette in vernacolo e uno di racconti) e inedite (ma depositate: le mie "canzoni con la musica in testa"). Queste ultime, non nego, nella speranza che qualcuno che la musica riesce a farla uscire dalla testa, ma magari ha più difficoltà con le parole, ne noti qualcuna e mi scriva per chiedermene l'uso. Dico tutte le volte che non è questione di soldi, ci accorderemmo facile, ma evidentemente la rassicurazione non basta, visto che ancora non è arrivata una richiesta che è una. Certo, c'è sempre la possibilità, anzi a questo punto direi la probabilità, che io sovrastimi i miei testi come lo scarrafone mamma sua, ma è gratis e non demordo: questo inno alla "religione del mettere tutto in discussione" l'ho pensato come una canzonaccia rocchettara, ma se vi piace potete pure girarlo a valzer (come tre quarti delle canzoni di Ligabue, peraltro) o a come cavolo vi pare e piace, a me che me frega....
DUBBIO (7 MILIARDI DI ZANZARINI)

Vola
per la stanza
e tra tutti
ha sempre scelto me.
Niente,
non c’è niente da fare:
ha già provato il mio sangue
e non la puoi fermare.
Furba,
com’è furbo chi è piccolo,
com’è furbo chi ha il naso
molto lungo.
E il bello
è che quando sfiora la pelle
non si fa neanche sentire:
io non me ne accorgo mai,
strano!
stra-a-no

Mentre
sto per fare qualcosa
lei la blocca sul nascere:
il suo ronzio mi disturba.
Patetica
è la faccia che faccio
quando le do ragione,
quasi sempre ormai.
Costante
è la sua incombenza:
peggio di un bombardiere
con l’atomica.
Ma lasciatela stare,
ne son tossicodipendente:
mi sono accorto che se mi manca
penso sempre a lei,
strano!
stra-a-no, no?

Come puoi pensare
di non averne bisogno,
di surrogarla con un dio,
brutto stupido di un infinito?
Grottesco,
per non dire presuntuoso,
è questo modo di pensare,
ma ce n’è bisogno e lo rispetto.
Che dici?
è bisogno pure il mio?
d’accordo, e allora rispettami,
non ghettizzarmi come fai sempre.
E ascoltami:
dio e la zanzara
sono due bastoni,
ma uno con carota e l’altro no.
Zanzara,
zanza-a-ra, ah!

Talvolta
mi ha momentaneamente lasciato,
ma io l’ho fatta tornare:
ormai è felicità,
è giustizia,
è pace con me stesso,
è equilibrio col mondo,
è gioia di dare un me
critico,
anche se non automatico
da questo punto di vista,
però ci provo e ci arriverò.
E, cazzo,
se le trovo uno zanzaro,
la farò riprodurre,
e un poco ci riuscirò.
Zanzaro,
zanza-a-ro, oh!

La coppia
farà milioni di figli,
tanti piccoli zanzarini
rompiscatole e antipatici,
e il dubbio
regnerà sulla terra,
e partirà dall’introspezione
la famosa società di uguali.
E il cattivo
si autodistruggerà,
ed il buono non sarà più pio,
perché privo di antitesi logica.
E pazzo,
paranoico e fesso
sarà l’uomo normale,
in culo alla vecchia normalità.
E che cazzo
mi avete sorpreso che urlavo?
quali cazzate buttavo?
quante zeta ho già scritto?
Domani
sarò un vecchio qualunque,
probabilmente antipatico
malato, bavoso, ancora fesso
e strano,
stra-a-no.

venerdì 8 dicembre 2017

GIOVANE PALESTINESE AGGREDITA NELLA NOTTE...

Come ho altre volte ricordato, oggi cade la festa religiosa che onora la ricorrenza più equivocata di tutte: quasi la totalità dei cattolici (persino praticanti, e forse anche qualche prete) è convinta sia la celebrazione dell'immacolata concezione di Gesù da parte della Madonna, e invece è quella della Madonna da parte di sua madre (Sant')Anna, fissando la quale un papa nell'ottocento ha inteso chiudere una diatriba teologica durata secoli e secoli, tra chi reputava che appunto Maria non potesse assurgere a Santa madre di Dio se fosse stata concepita con peccato e chi invece pensava che la scelta divina successiva fosse sufficiente a mondarla. Roba che per molto meno si sono fatti scismi e guerre sanguinosissime, quindi forse Pio nono ha fatto bene, anche se forse lui era invece pressato più che altro da necessità politiche, mica si poteva permettere divisioni interne con l'unità d'Italia alle porte e il potere temporale sotto minaccia.
Per il resto, la storiella che ci consente oggi di non andare a lavorare (a chi ha un lavoro fisso, e siamo sempre meno, che rispetta le domeniche e le feste, ancora molto meno) non è troppo più assurda di tutte le altre narrazioni religiose, a cominciare dalla creazione della luce prima di quella del sole. Massimo Troisi, che era un genio assoluto, queste cose che io vi dico annoiandovi ve le passava con somma leggerezza, ad esempio con la famosissima Annunciazione, il meno famoso ma ancora più sublime dialogo con Dio, o il mitico Minollo che voleva salire pure lui sull'Arca di Noè (e il diluvio universale è forse la più fondata delle leggende, se pensiamo che una sua versione è riportata da quasi ogni culto sulla faccia della Terra).
Eppure, come bene seppe cogliere e mostrarci un altro gigante, Fabrizio De André da Genova, di storie belle e credibili la tradizione cristiana degli inizi era gravida, fu la Chiesa-istituzione a preferirgli versioni meglio adeguate a mantenere il gregge docile e infantile. E se anche non volessimo riascoltarci La buona novella, basterebbe poco a immaginare come deve essere andata, e ascoltandolo a capire che si che c'era santità, eroismo, sangue e sudore, negli avvenimenti veri o perlomeno probabili che hanno ispirato le fandonie dei secoli a venire.
C'era una volta una ragazzina, vergine come doveva essere (è dovuto essere fino a avant'ieri) prima del matrimonio, e come si capisce dal fatto che stiamo parlando di una all'incirca dodicenne, che viene data in sposa a un vecchio, cioè uno che forse non aveva l'età mia di oggi che sono un ragazzo di 54 anni ma che ai tempi era decisamente un vecchio. La ragazzina viene stuprata, di notte, come spesso capitava in tempi in cui la notte era nera e non c'erano le statistiche sulla violenza sulle donne, e il vecchio, che forse per vergogna non l'aveva ancora toccata, ha pietà di lei, e finge di credere alla storia dell'angelo eccetera eccetera che la bambina si è inventata forse per malizia, ma più probabilmente per reagire al trauma. Oppure, seconda versione, Mariuccia era stata già stuprata quando il vecchio, ormai in pace coi sensi, accetta dietro compenso, o magari di nuovo solo per pietà, di pigliarsela in moglie con tutto il pacco, che un figlio a bottega fa sempre comodo e altrimenti ormai non l'avrebbe più avuto, e una disonorata in meno in circolazione è sempre meglio che una in più. Magari era pure amico di famiglia, che ne sappiamo, e comunque nel paese tutti conoscono tutti forse Anna e suo marito erano clienti...
Com'è come non è, sto figlio cresce vispo e intelligente, e capace di trucchi che nessuno comprende, e insomma gente così allora diventava capopopolo, mica andava ai talent in tivù come oggi. Il fatto è che c'era un esercito invasore, e il popolo non è mai contento di subire angherie, solo che senza un leader di solito abbozza, poi quando lo trova si rialza, fa un po' di casino, e quando glielo ammazzano riabbozza. Se ci riesce, racconta la sua vita, hai visto mai i posteri. Raramente, questa storia diventa un (cult, diremmo oggi, allora si diceva) culto. E i culti talvolta diventano istituzioni, perdendo se stessi ma entrando nella Storia, e rieccoci all'inizio.
Ma fermiamoci un attimo. Pensate che quando sto Joshua è stato giustiziato, orribilmente come usavano i romani (ma loro inchiodavano le vittime in un altro modo rispetto al crocifisso del nostro immaginario) pare avesse già 33 anni, grandicello per i tempi, e da 3 agitasse le masse di tutta la Palestina. A quell'epoca, il suo padre putativo doveva essere già defunto da un pezzo, la gente allora mica ci arrivava all'ottantina, ma sua mamma non aveva che una 45na d'anni, e se era bella la metà di come viene solitamente rappresentata oggi la direbbero una MILF, ma questa o la sapete o la googleate, io non ve la spiego. Una bella e scura donna palestinese che piange suo figlio ucciso dalle truppe imperiali: oggi sarebbe una copertina da TIME, se non ce ne fossero troppe e se la stampa occidentale non eseguisse così diligentemente il compito di raccontare la mezza messa, escludendo la mezza che ci condanna e ci danna per l'eternità.
Io non sono credente. Ma vi ho appena mostrato, detto senza falsa modestia, più sentimento religioso in trenta righe scritte di getto rubando tempo al giusto sonno di quanto ce ne sia nelle storielle che ancora oggi racconta la Chiesa ufficiale. Sia detto senza toccare i preti "di frontiera", di qualunque frontiera anche dentro la città, che fanno il lavoro sporco e davvero santo, e magari dentro al cuore sono d'accordo con me. Certo, mi ha aiutato aver frequentato Pasolini o Fo o Saramago. Ma stavolta non ho nessun link da consigliarvi, solo buone feste da augurarvi, che l'8 dicembre si fa il presepe. O non si usa più?

domenica 3 dicembre 2017

5 ANNI DOPO, ANCORA 5 STELLE

Cinque anni fa in questi giorni maturava il mio abbandono definitivo al serpentone mutaforme PCI-PDS-DS-PD: il segretario Bersani dichiarava che sarebbe stato con Monti "senza se e senza ma" e io (che finalmente avevo chiaro che eravamo stati ingannati e che l'Europa a trazione Euro era il NemicoDelGenereUmano e niente di meno) come moltissimi altri elettori del centrosinistra decisi che con lo stesso virgolettato avrei votato da allora in poi solo per chi fosse stato capace di sconfiggerli proponendo un'Italia diversa in un'Europa diversa. Quest'ultimo inciso escludeva ed esclude, logicamente, Berlusconi e berlusconidi, le cui differenze politiche con il centrosinistra, vere o presunte, si dipanavano e si dipanano in tutta la gamma delle cose che non contano (la marxiana sovrastruttura) mentre per quelle che contano (la struttura, dell'economia e della politica economica e monetaria) non ce n'erano e non ce ne sono. Come dimostrano anche Scalfari, finalmente gettando la maschera, e Fabiofazio, che invece si capiva fin dagli esordi che soggettino fosse.
Fummo davvero in tanti, allora, ma non tutti passammo ai cinquestelle, perché alcuni invece, non tanti ma abbastanza, cedettero all'inganno, appositamente architettato, di una forza politica che dichiarava di collocarsi proprio nella nicchia dell'alterità politica al neoliberismo (uso questa sintesi per non ripetere la descrizione di dettaglio del capoverso precedente), salvo però restare in coalizione col centrosinistra, a suo dire per da un lato sfruttare il meccanismo elettorale in vigore e dall'altro costituire elemento di traino a sinistra per l'intera alleanza. L'inganno fu smascherato, per chi lo volle vedere, subito dopo: la sinistra usci dalla coalizione appena dopo che la stessa ebbe assicurato a lei la presenza in parlamento (e alcune prestigiose cariche istituzionali, tuttora ricoperte, direi con buone dosi di ignominia non temessi di andare fuori traccia) e al PD una maggioranza fasulla che gli ha permesso di spadroneggiare per tutta la legislatura, con l'appoggio di una fetta variabile di variamente impresentabili destrorsi, varando provvedimenti legislativi uno peggiore dell'altro e persino un tentativo di riforma costituzionale meritoriamente bocciato dagli italiani. Maggioranza fasulla due volte, perché non solo figlia di un cartello elettorale sciolto subito dopo il voto ma anche di una legge elettorale dichiarata incostituzionale, roba che se questa gente avesse un minimo di decenza, o per meglio dire la faccia simile a una qualsiasi altra parte del corpo che non sia il culo, se non si sarebbe dimessa almeno avrebbe evitato di continuare a legiferare sui massimi sistemi come se niente fosse, fino a imporre una nuova legge elettorale persino peggiore della precedente (e di quella intermedia con cui non voteremo mai) con cui andremo a votare adesso, prima che venga con ogni probabilità dichiarata incostituzionale anch'essa.
In tutto questo, sono appunto passati cinque anni, in cui i cinquestelle hanno anche mostrato i loro bei difetti/problemi/errori. Ne elenco qualcuno, giusto per dimostrare che non lo dico solo come espediente retorico:
  • la Raggi non è all'altezza del problema Roma, anche se non è la sua statura politica a difettare in assoluto, è Roma ad avere problemi non affrontabili da nessun sindaco senza l'appoggio diretto e incondizionato della politica nazionale (il che ci dice: 1. che i grillini hanno fatto male i conti - e qui l'avevo detto prima delle elezioni - e peccato di ingenuità a giocare per vincere elezioni che gli altri hanno giocato per perdere; 2. che quelli che hanno governato Roma avendo dalla loro parte il governo nazionale i problemi non solo non li hanno risolti ma in massima parte li hanno creati per precisa volontà politico/affaristica), e a questo si è aggiunta una serie di errori tattici e gestionali che sarebbe stata tollerabile forse solo nello scenario ottimale che non c'era, cioè coi grillini a palazzo Chigi prima che al Campidoglio, e manco;
  • Giggino è tanto bravo ma la sua linea politica dopo l'investitura pare tradire che nemmeno lui ha capito (ok, lo dice, ma poi fa l'opposto) una cosa fondamentale: cercare i voti al centro è una cosa sensata solo in un sistema maggioritario bipolare, in un sistema variamente proporzionale si vota per appartenenza e le posizioni prese si spostano con difficoltà e quindi in misura trascurabile, invece c'è un bacino enorme (attorno e oltre il 50% ormai) di gente che si è rotta il cazzo di votare, in cui sapendoci fare, e anzi proprio avendo una linea politica come quella grillina prima maniera, si può pescare a piene mani andando a stravincere le elezioni in barba a tutti i sondaggi;
  • la cosa più preoccupante è che pare che la cosa non l'abbia capita manco quello che passava come il suo contendente "di sinistra", quel Di Battista altrettanto "acchiappante" ma forse al momento meno determinato e adatto alla bisogna, come se il moVimento avesse abbandonato, per timore di impaurire una fetta di elettorato, l'idea che nessun progetto di rifondazione del Paese è possibile senza recuperare almeno parti significative della sovranità improvvidamente ceduta all'Europa;
  • il caso "Di Battista", che (anche se nega sia così, ma non ci crede nessuno) rinuncia a candidarsi ma resta in politica per potere giocarsi la prossima volta (senza un neonato di mezzo, e magari da leader) la seconda e ultima candidatura consentita dalle regole interne, induce a riflettere proprio su queste ultime, con qualche eccezione troppo spesso consistenti in una auto-impiccagione non necessaria e soprattutto neanche richiesta da settori significativi di elettorato grillino attuale e meno che meno potenziale - va bene rimarcare la diversità, ma ad esempio ci sono metodi meno autolesionistici che elucubrare automatismi meccanicistici tra la carriera politica e gli intoppi giuridici a cui essa è naturalmente esposta, tanto la gente capisce benissimo la differenza tra onesti e disonesti, e quando sceglie questi ultimi è per interesse e magari anche simpatia non certo perché le regole del partito non hanno impedito la loro candidatura.
Detto questo, oggi come e più che nel 2013 la salvezza dell'Italia passa da due parole d'ordine, che poi rappresentano un binomio indissolubile di azioni politiche: sovranità e onestà. Occorre recuperare in capo allo Stato sovrano la possibilità di adottare le politiche economiche e monetarie che siano più opportune momento per momento (regressive quando serve che siano regressive, ma espansive quando serve che siano espansive), e fare in modo che lo scettro sia in mano a una classe politica che non ne approfitti per il suo proprio ed esclusivo arricchimento. E, anche se non lo garantisce, il movimento 5 stelle è l'unico schieramento politico al momento che potrebbe vincere le elezioni e attuare questo scenario. Non ci sono "mosse del cavallo" che tengono: se voti per quello o per qualunque altro progetto a sinistra del PD nella migliore delle ipotesi è come se non votassi, nella peggiore hai portato indirettamente (come nella vicenda vendoliana del 2013, ri-raccontata qualche riga sopra) acqua al mulino del progetto reazionario e ultracapitalistico di cui il PD è esecutore. E non unico, perché anche il centrodestra ha gli stessi padroni e ha obbedito e obbedirà alle stesse logiche, attuando le stesse politiche con la sola differenza di prestare un filino più attenzione al proprio pubblico (ma solo per prenderlo in giro meglio, come fece con autonomi e piccoli imprenditori all'avvio dell'Euro, cui garantì una bel bonus non vigilando sulla conversione dei prezzi, salvo poi scordarsi di difenderli di fronte al progetto tedesco di smantellamento dell'apparato imprenditoriale italiano - e ora avete capito pure a che serviva e serve la Lega, a tenervi buoni mentre vi inc....).
Per cui, italiani e italiane che vi siete rotti le palle e non votate più, alle prossime elezioni politiche, anche fosse solo a quelle, fate un'eccezione e votate m5s. Fidatevi, è l'unica e forse l'ultima speranza del nostro Paese di evitare lo sfacelo, e anche se non è una certezza è l'unico modo per guardarsi allo specchio sereni, non essendone stati complici. Se votate per chiunque altro, chiunque scegliate, non c'era bisogno lo dimostrasse Scanzi, è la stessa identica cosa: votate contro voi stessi, contro il popolo italiano.
E se ciascuno di voi che era già convinto di dover far cogliere al Paese questa occasione storica, o che si è convinto adesso, si assume l'onere di tentare di convincere, riportando queste argomentazioni e/o altre sue, i propri amici che credono ancora ai fantasmi della sinistra o che hanno deciso di non votare più (quelli che ancora persistono a votare PD lasciateli perdere, sono irrecuperabili e meritano solo di essere le prossime vittime della sciagurata azione politica euro-liberista e traditrice che il partito-bestemmia minaccia di proseguire), pensate, basta che ciascuno ne convinca uno e si raddoppia, quindi un dieci per cento in più è più a portata di mano di quanto si creda, poi lasceremo gli analisti, come nel 2013, a chiedersi basiti come può essere successo.

In evidenza

DEFICIENZA, NATURALE

Dell'argomento AI ne abbiamo già parlato come di uno di quei pericoli gravissimi verso i quali sarebbe opportuno porre argini non appen...

I più cliccati dell'anno