sabato 20 aprile 2024

RADIOCIXD 70 - SETTE MILIARDI DI PAROLE

Come forse ricorda chi mi segue, Radiocontroinformoxdiletto è una rubrica che recensisce dischi noti o meno noti, vecchi o nuovi, ma comunque già ascoltati dal sottoscritto. Fino ad oggi avevo fatto una sola eccezione, con una "recensione preventiva" per Ginevra Di Marco, per darle una mano nel crowdfunding di una sua nuova produzione discografica, ovviamente dopo aver aderito personalmente. Ma Ginevra è un'artista enorme quanto sottovalutata, e mi vanto di averla seguita in tutte le sue "esplorazioni", dai live coi CSI alle sue prime tournée da solista (a Messina, eravamo in venti a vederla tra cui io e il mio amico Massimo) a quella storica con Margherita Hack a quella con Cristina Donà, alle Stazioni lunari alle cover di musica popolare fino appunto a quelle di Tenco. E lei lo sa, e mi tiene informato via mail dei suoi tour e delle sue iniziative.

Dico "fino ad oggi" perché lo stesso trattamento riservo oggi a un altro artista che seguo da anni, Sandro Curatolo. Magari meno noto, ma non meno dotato di "schiena dritta" e coerenza, sia nel suo percorso artistico che per quanto ne so tra questo e la vita. Ve lo intervistai ai tempi dei Pura Utopia, oggi vi invito ad aderire alla raccolta di fondi per produrre il suo primo album solista, tramite peraltro la stessa collaudata e meritoria piattaforma usata da Ginevra: Produzioni dal basso. Cliccando qui, potete scegliere il tipo di sostegno da dare, collegato ovviamente a tipo e quantità di prodotti preacquistati, e anche leggere alcune note biografiche e la sinossi della tracklist. La clip con alcune brevi anticipazioni invece ve la embeddo direttamente. L'una e l'altra basteranno a rassicurarvi su quanto, conoscendo Sandro, vi assicuro personalmente: le canzoni vi divertiranno e vi faranno pensare, con passione e sincerità.

Buon ascolto, e mi raccomando: oggi la vera musica si supporta così.

domenica 14 aprile 2024

OGNI GUERRA...

Istruttiva immagine tratta da questo post di Comedonchisciotte
Certo che più che di funzionamento ottimale di alcuni servizi segreti sembra proprio il caso di parlare di preveggenza bella e buona. Un paio di giorni fa, il governo israeliano finalmente anche attaccato sul fronte interno ha avvisato che ci sarebbe stato un attacco iraniano, e questo non solo puntualmente si verifica, ma viene respinto "al 99%" senza fare un morto ma giustificando comunque qualunque rappresaglia. Poche settimane fa, la CIA avvisa che in Russia c'era il pericolo di attentati terroristici islamisti, e puntualmente questi arrivano. Ma non è una novità in cronaca, basta avere un po' di memoria per ricordare che un noto personaggio arricchitosi coi computer ma oramai impegnato a tempo pieno nel business della sanità aveva previsto una pandemia in una serie di incontri pubblici poco prima dell'inizio dello psicodramma chiamato Covid (la qual cosa peraltro ogni volta che egli stesso o qualcuno dei suoi ascari sparsi per il mondo riazzarda una previsione analoga ci passi un brividino per la schiena...). E un po' di più per spingersi ai servizi segreti ancora israeliani che avvisano i "loro" a restare a casa un fatidico 11 settembre...

Non occorre essere "complottisti" per sentire anche da lontano puzza di bruciato in tutto ciò, basta avere ancora qualcosa di funzionante tra le orecchie. In altre parole, ogni episodio della "guerra mondiale a pezzi" (Papa dixit) che stiamo vivendo sa di gioco delle parti, a prescindere da chi sia in questo gioco il burattinaio o il burattino. Per capire, bisogna fare qualche passo indietro e osservare dalla giusta distanza, magari con l'aiuto di qualche filosofo, scrittore, o artista.

Cesare Pavese, ad esempio, diceva che "ogni guerra è una guerra civile" e i morti sono tutti fratelli. Sartre spiegava che “Quando i ricchi si fanno la guerra, sono i poveri a morire”, e qualche decennio dopo Marco D’Eramo intitolava un libro "La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi", inquadrando il concetto a livello di lotta di classe (alla rovescia) di cui la guerra guerreggiata è solo uno tra gli strumenti. A calare la cosa nella pratica degli avvenimenti in Palestina ci pensa Franco Cardini in due post da leggere integralmente: Le vere vittime di un conflitto, e Due pesi e due misure. E a spiegarci a voce “La scacchiera Medio-Orientale” ci pensa Alberto Negri, in un podcast segnalatomi da Pasbas.

Ma io vi voglio lasciare con un cantante/chirurgo, che traeva da una poesia di Brecht questo testo, che metto per esteso accanto al tube della canzone. Si chiama Il monumento, sentitela e fatela sentire a chi non capisce (e segue da brava pecora il tragitto indicato dal bastone e dal cane del pastore, magari verso una nuova guerra mondiale "intera"); è di Enzo Jannacci, tratta dal suo album più bello.

Il nemico non è, no non è
oltre la tua frontiera;
il nemico non è, no non è
oltre la tua trincea;
il nemico è qui tra noi,
mangia come noi, parla come noi,
dorme come noi, pensa come noi,
ma è diverso da noi.

Il nemico è chi sfrutta il lavoro
e la vita del suo fratello;
il nemico è chi ruba il pane,
il pane e la fatica del suo compagno;
il nemico è colui che vuole il monumento
per le vittime da lui volute
e ruba il pane per fare altri cannoni
e non fa le scuole e non fa gli ospedali
e non fa le scuole per pagare i generali,
quei generali
quei generali
quei generali

per un'altra guerra...

sabato 6 aprile 2024

LA TASSA SULLA POVERTA'

A ora di cena può capitare che la TV sia messa su un programma che non hai scelto e non ti va di alzarti a prendere il telecomando tanto è a basso volume e nemmeno stai guardando. Ma se quel programma è tutte le sere lì a quell'ora, e da moltissimi anni, è molto probabile che una volta o l'altra capiti che ti ci soffermi un attimo, anche solo per soddisfare la curiosità crescente, dal momento che a te proprio non piace anzi ti da fastidio, di cosa ci trovi la gente di bello tanto da causarne la conferma di anno in anno conduttore dopo conduttore (fino all'Amadeus pigliatutto di questi anni).

La risposta è semplice: la statistica è una scienza controintuitiva, le persone normalmente non la capiscono. E anche i più colti, quelli che magari l'hanno studiata all'università, si divertono molto a dimenticarsene, o per meglio dire trovano molto faticoso andarsene a ricordare e invece molto divertente giocare ad ignorarla. D'altronde, la statistica dice che la vita è mortale nel 100% dei casi, e sarebbe un inferno viverla se non riuscissimo per la maggior parte del tempo a dimenticarcene. Magari adottando un credo religioso per quando ce ne ricordiamo.

La cosa mi ha sempre colpito, e infatti trovo subito un vecchissimo post in cui ho già parlato dell'argomento, in particolare di lotto e superenalotto, tanto che la tentazione è mettervi il link e risparmiare fatica. Ma proprio in questi giorni mi sono imbattuto in un bellissimo articolo de L'Indipendente che entra nel merito di Affari tuoi, oltre che ancora di superenalotto, e ve la spiega proprio bene bene, per cui vi invito a leggerlo.

Ok, siete pigri, vi capisco. E faccio un breve riassunto dei punti salienti dell'uno e dell'altro:

  • ogni gioco di "fortuna" è bilanciato in modo da prevedere, nel confronto tra quanto paga una scommessa rispetto alla posta e quanto è probabile vincerla, una differenza a favore del banco, che per la legge dei grandi numeri più si gioca più si avvicina nella realtà a quella teorica - ad esempio, a testa o croce hai il 50% di possibilità di vincere, il gioco è equo se quando vinci prendi il doppio della posta, facciamo che il banco invece ti concede una volta e mezza, a te sembra tanto e giochi, e magari se tiri due o dieci volte può capitare che il risultato si discosti dal 50%, ma se tiri mille volte puoi stare sicuro che uscirà testa circa il 50% delle volte, se tiri un milione di volte puoi togliere quel circa fino a molte cifre decimali, il che significa che il banco ha incassato la differenza tra il doppio della posta e la volta e mezza che ha pagato quando ha perso;
  • se avete capito il meccanismo, avete anche capito che lo Stato italiano come banco è decisamente il più disonesto di tutti (ad esempio, fare 6 al superenalotto ha una probabilità di 1 su 622.614.630, ma le vincite più grandi, e strombazzate come sensazionali, si aggirano attorno ai sessanta milioni), il più onesto essendo il Casinò, seguito dagli allibratori patentati (ma anche il totonero era molto più onesto del totocalcio), e quindi anche che giocare a qualsiasi gioco in cui il banco è lo Stato (lotto e derivati, gratta e vinci, lotterie varie, eccetera) equivale di fatto a pagare una tassa sulla propria credulità, e spesso (dato che a giocare di più spesso sono persone bisognose che sognano di svoltare) sulla propria povertà: un qualcosa di iniquo e abietto, che però resta in piedi perché garantisce un gettito superiore a quasi tutte le imposte e tasse "palesi";
  • l'unica cosa che "salva" Affari tuoi è che i concorrenti non pagano (almeno non direttamente, a meno che le lunghe permanenze da pacchista spesso necessarie prima che sia il turno di giocare non siano a carico loro), quindi sono tutti vincitori di una lotteria che prevede solo una variabilità del premio da zero a 300mila euro, con una probabilità su 21 di beccare uno qualunque dei premi che varia man mano che i pacchi vengono aperti fino a una su 2 tra quelli rimasti - premesso che non credo occorra sottolineare che alcun valore simbolico dato a questo o quel numero abbia alcun senso, o ricordare che nessuna serie "storica" (tipo "il tizio ha aperto cinque pacchi rossi nelle ultime cinque puntate") sposta di una virgola le probabilità, l'unica strategia pienamente razionale sarebbe mettersi a calcolare il valore medio dei pacchi rimasti ponderato alla probabilità che esca, ma dato che uno capace di fare una roba del genere a mente davanti alle telecamere probabilmente è ricco di suo e comunque in televisione non ci va, basterebbe calcolare il valore medio semplice e non accettare mai offerte significativamente inferiori (lo sono spesso, fateci caso, ma non sempre), accettando il cambio solo se in giro ci sono ancora più pacchi rossi che pacchi blu (idem, di solito in questi casi il "dottore" non te lo offre).

Dicevo che la statistica è controintuitiva. Quando andavano di moda le lotterie, mi capitava di venire commissionato da Reggio Calabria di comprare 100 biglietti a Roma "perché vincevano di più", niente valeva la considerazione che se leggi di più biglietti vincenti a Roma è perché a Roma si vendono più biglietti, e ancora meno che comprare 100 biglietti anziché uno sposti significativamente la probabilità di vincere, pur moltiplicandola di 100 volte: infatti, una probabilità su 10 milioni non si qualifica molto diversamente da una su centomila. Entrambe, se ci pensate, rientrano abbondantemente nella stessa definizione: un culo pazzesco. Diventerebbe una su cento, restando comunque irrisoria, solo comprando 100mila biglietti. Ma se aveste i soldi per comprare tutti quei biglietti probabilmente non ve lo sognereste nemmeno di farlo, sicuri peraltro che al 99% vincereste al massimo una serie di premi minori di ammontare inferiore all'investimento. I ricchi, la tassa sulla povertà, non la pagano.

venerdì 29 marzo 2024

A PROPOSITO DELLA PASQUA

Quando un rito diventa tale chi lo segue quasi sempre ha dimenticato, se lo ha mai saputo, la ratio della sua istituzione. La Pasqua affonda le sue radici nelle feste per l'arrivo della primavera che probabilmente gli umani hanno cominciato a celebrare sin dagli albori della loro trasformazione da cacciatori/raccoglitori a agricoltori/stanziali, come dimostra la sua "fasatura" col calendario lunare, se non ancora prima. Ma gli ebrei ne hanno fatto nel loro racconto un manifesto della loro "ragione sociale", che poi è quella che ha consentito loro di continuare a sussistere come popolo per un paio di millenni senza un loro Stato, fino a che non sono riusciti a riappropriarsi della loro "terra promessa". Quante volte avete letto o visto la storia delle sette piaghe d'Egitto e in particolare dell'angelo di Dio che stermina i primogeniti in tutte le case non marcate sull'uscio dal sangue innocente di un agnello? e quante di queste vi siete soffermati a riflettere di quanto orrenda e mostruosa sia la visione che c'è sotto?

Pensateci: che male avevano fatto quei bimbi, e i loro genitori? Qual era il loro "peccato", se non quello di essere sudditi del faraone e non parte del "popolo eletto"? Ma, attenzione, anche quando riconosciuta la mostruosità della cosa, non ce la caviamo, come peraltro hanno fatto i cattolici per millenni, appiccicando a quel popolo il marchio di "cattivi", anche perché qualche tempo dopo colpevoli di cristicidio (avendo scelto Barabba). Il problema non sono loro, il problema è che qualunque popolo che segue in maniera pervasiva una religione, specie se monoteista, applica la stessa sintassi degli ebrei coi "gentili" (che sta per "non ebrei"): intimamente, toglie il bollino di umanità agli "altri", retrocessi al massimo a bestie da sfruttare quando non a inutili insetti che è indifferente schiacciare o meno. Solo grazie a questo meccanismo, e alla sua inconsapevole interiorizzazione, si può infatti accettare di avere il diritto di sterminare un popolo nemico per difendere il proprio. Piero, dimentico di questo insegnamento nel riconoscere uomo il nemico, fa una brutta fine.

Nessuno è esente da questa colpa. Il nazismo è figlio del cristianesimo, in ciò. E il sionismo del nazismo. E gli islamici la commettono contro gli infedeli. E noi crociati, rozzi e violenti, abbiamo fatto lo stesso contro i ben più civili musulmani in terrasanta. Eccetera eccetera.

Ecco perché il modo migliore di fare gli auguri di Pasqua è la vecchia vignetta dell'agnello, ancora oggi vittima innocente (The silence of the lambs, che titolo geniale!) a 5mila anni di distanza da quella notte di quella piaga: aiuta a ricordare che è sempre questione di punti di vista, che è sempre solo la capacità di assumere il punto di vista altrui il discrimine tra la guerra e la pace. D'altronde, 2mila anni fa anche il nostro "figlio di Dio" fu l'unico a salvarsi mentre una miriade di maschietti, stavolta ebrei non egizi, veniva sterminata. E 33 anni dopo fu l'unico a risorgere degli almeno tre crocefissi quella sera sul Golgota, come sempre De Andrè fa rinfacciare a Maria dalla madre del ladrone in Tre madri. Ma questo non ve lo ha detto il catechismo...

domenica 24 marzo 2024

L'ISIS SUI MACCHERONI

E insomma, ormai ci abbiamo fatto l'abitudine: è perlomeno dal 2001 che ogni volta che serve i terroristi islamici entrano in azione. E non è la sola stranezza. Quella volta, un paio di giorni dopo trovarono i documenti cartacei degli attentatori intatti nelle macerie fumanti di un fuoco che secondo loro era stato così caldo da sciogliere l'acciaio. Stavolta, un paio di giorni prima gli USA avvisano via comunicato pubblico che la Russia è a rischio attentato. In mezzo, tutta una serie di eventi con l'obiettivo di indurre gli occidentali a rinunciare alla loro socialità fisica, miracolosamente interrotta quando una trovata geniale li ha rimpiazzati nello stesso obiettivo.

Non esiste alcuna ragione per cui dei terroristi islamici (non legati ad enclave islamiche in Russia come per alcuni episodi degli anni passati) nel momento preciso in cui gli occidentali tramite il loro avamposto sionista stanno sterminando (con una efferatezza cento volte peggiore, proprio numericamente, dei nazisti di quelle Fosse ardeatine di cui ricorre la commemorazione in questi giorni, ma chi osa parlare di genocidio passa i suoi guai) degli islamici, dovrebbero colpire nell'unica potenza potenzialmente amica anziché in occidente se non proprio in Israele. E la cosa ovviamente non viene minimamente rilevata dai commentatori sul mainstream, che anzi prendono in giro Putin che fa due più due e declinano le loro esternazioni di cordoglio in modo da indirizzarle alle vittime escludendo il popolo russo in quanto tale, colpevole di aver rivotato massicciamente il proprio capo.

Anzi, nei giorni scorsi abbiamo assistito a una serie di lezioni di democrazia impartite da cattedre variamente traballanti, dimentiche che dalle nostre parti sono almeno trent'anni che è impossibile votare qualcuno dandogli mandato di fare gli interessi nazionali, perché se lo eleggiamo o gli fanno cambiare idea o lo mettono fuori gioco. E dimentiche che invece è normale che in un Paese sotto attacco al limite dell'accerchiamento un popolo si stringa attorno al proprio leader, nella speranza che sia davvero quello capace di difenderli, come è stato peraltro quello che li ha portati fuori dalle sabbie mobili dopo il disastro eterodiretto di Eltsin preceduto dall'inganno a Gorbaciov.

D'altronde, dalle nostre parti dovremmo essere maestri nel riconoscere quando i terroristi fanno altri interessi rispetto a quelli che in teoria rappresentano: per decenni, abbiamo assistito a terroristi comunisti le cui azioni hanno impedito ai comunisti di andare al governo, a terroristi anarchici che hanno causato il compattamento dell'opinione pubblica a difesa del potere costituito, a terroristi fascisti che è stato molto comodo usare per rafforzare l'identità di un elettorato di sinistra che alla fine è stato decisivo nell'instaurazione di quel Quarto Reich che è l''Unione Europea, come solo un anarchico vero come De Andrè poteva accorgersi al tempo.

Quindi, che gli attentati di Mosca non siano quello che ci dicono è palese, che mirino a qualcos'altro è consequenziale. L'unica speranza è che questo "altro" sia sparigliare le carte in vista di una soluzione negoziale in Ucraina che comprenda il ritiro definitivo di Kiev dalle regioni russofone che dopo anni di angherie hanno chiesto aiuto alla madrepatria. Non è detto, è più probabile anzi il contrario, ma è possibile. Poi non dite che sono cupo...

sabato 16 marzo 2024

L'ONORE DELLE ARMI

Mentre raccolgo le idee e gli spunti per un nuovo articolo che espone le sacrosante ragioni che vorrebbero che un accrocco mangiasoldi inutile e dannoso non venisse mai non dico costruito, perché é tutto da dimostrare che ci riescano, ma nemmeno iniziato, perché la cosa più probabile a sto punto è che comincino a devastare il territorio e poi lascino il cantiere a monumento eterno all'avidità e alla vanagloria dei pochi e all'imbecillità credulona dei molti, mi arriva notizia di un evento prossimo venturo a Messina e mi corre l'obbligo intanto di informarvi.

Qui si informa di una cena di stasera per raccogliere fondi, ma l'iniziativa per cui lo fanno è la settimana prossima e la locandina è qui a destra e questo è il link del gruppo Facebook.

Dare un po' di eco è il minimo che si possa fare, anche se il pessimismo della ragione oramai suggerisce che sia inutile. Noi "no-ponte" oramai siamo come i giapponesi asserragliati nelle isole del pacifico a guerra finita, i meno stronzi dei nostri avversari ci riconoscono gli onori militari, mentre gli altri (con in prima fila alcune ignominiose testate locali, che spero per loro almeno lo facciano per interesse dei proprietari, altrimenti sarebbe solo idiozia) ci sberleffano e perculano per cavernicoli (accusa che gli si ritorcerà contro, tanto antistorica è la costruzione di una infrastruttura viaria di questi tempi), in perfetto stile squadrista (è satira solo quando va dal basso verso l'alto, altrimenti è volgare arroganza di potere). Ma anche se i lavori inizieranno, anche se mai dovessero finirlo, avevamo ragione noi e si dimostrerà.

Ripeto, seguirà inutile post meglio argomentato, per ora se siete da quelle parti e volete sentirvi dalla parte giusta della Storia, e comunque chiamarvi fuori dai complici del misfatto, partecipate agli eventi e date una mano agli organizzatori. No-pasaran, ma se pasaran sarà contro il nostro volere, espresso ad oltranza.

domenica 10 marzo 2024

È LA STAMPA, BELLEZZA!

Lo spunto per questo post me lo hanno dato Giuseppe e Pasquale, che ringrazio. Io ho solo rimontato le immagini e fatto due più due.

Il primo mi ha mandato due screenshot dal sito mobile di Repubblica, facendomi notare, e beato lui trovando ancora il modo di stupirsene, l'incredibile scorrettezza. Affiancando il richiamo in home e l'articolo "esploso" all'interno, infatti, si nota benissimo, e se no ve l'ho rimarcato con un riquadro rosso, che c'era eccome lo spazio per un titolo più lungo, simile a quello interno appunto, che veicolasse il significato preciso. Quindi è evidentissimo che il significato fuorviante, che ammicca ai pregiudizi antimusulmani inserendosi nel solco della retorica "di genere" imperante, seguendo la linea editoriale profonda mentre attira click, è tutt'altro che involontario. La lezione che bisogna trarne è che la stampa non è mai neutra, e che dotarsi di un pizzico di sana dietrologia è vitale prima di dedicarsi alla lettura dei grandi quotidiani tradizionali giù fino a qualsiasi aggregatore di news per telefonino, passando ovviamente per l'ascolto di qualunque telegiornale. Peraltro è facile risalire a chi siano i proprietari attuali di un giornale e quali siano stati nella sua intera storia: sono notizie pubbliche, stanno alla portata di un paio di googleate di chiunque, proprio perché confidano nel fatto che la quasi totalità dei lettori non si sognerà mai di andarsele a guardare e ricordarsene.

Il secondo è andato a seguire un dibattito del noto think-tank progressista Limes, forse confidando che lì sarebbe stato al riparo dalla retorica interventista in Ucraina e filoisraeliana in Palestina, ma si è trovato per le mani un libercolo di cui mi ha mandato la foto della prima e dell'ultima di copertina, incredulo. Sono qui a fianco, a ricordarci l'assioma dietrologico del capoverso precedente, che da un lato fra l'altro per un lungo tratto porta allo stesso editore, e dall'altro necessita una spiega ulteriore. Quello che sembra un innocente e neutro sponsor legato all'ambiente e al "futuro sostenibile", altro mantra retorico ormai divenuto insopportabile tanto è onnipresente e pervasivo, è infatti, come si scopre a due googleate di distanza, una nota industria di armamenti. Alla faccia della coerenza...

L'argomento che di solito frega chi è in buona fede è quello logico "non possono essere tutti d'accordo". La sua fallacia, tutt'altro che intuitiva, è nel dimenticare il buon sano e vintage approccio sistemico: non serve un grande vecchio, non servono riunioni di conventicole che tramano nell'ombra, basta che un sistema sia strutturato, o lo diventi pian piano, per funzionare in un modo. Se la precarizzazione sempre più spinta fa si che il tuo stesso sostentamento quotidiano dipende dall'attitudine al seguire le linee editoriali padronali, e se questo comporta che il messaggio del video che vi ho messo alla fine non sia più quello originario (la stampa come contropotere e baluardo della democrazia) che si intende rimandando il video dall'inizio (io invece lo faccio partire dalla frase che dà il titolo al post), la spiegazione si tiene da sé. E chi non ha quell'attitudine ormai fa un altro mestiere, al massimo il blogger indipendente come alcuni che seguo in spalla destra e cito spesso, e sul mainstream non si vede sente legge più. E noi abbiamo fatto bene in questi ultimi tristi anni a non credere nemmeno una parola della narrazione ufficiale che ci ha chiusi in casa e o direttamente rovinati economicamente o preparati alla rovina peggiore prossima ventura.

domenica 3 marzo 2024

SENZA DIRLO

Se qualsiasi governo avesse indetto un referendum consultivo che chiedesse esplicitamente "vuoi entrare in guerra al fianco dell'Ucraina contro la Russia?", secondo voi il SI avrebbe vinto? Ok la domanda era retorica: è scontato che avrebbe stravinto il NO; allora la riformulo: secondo voi il SI avrebbe raggiunto il 10 per cento? Fatevi un sondaggio tra i vostri conoscenti, di persona o sui social, se avete dubbi, sarebbe in accordo con l'evidenza che no, quasi nessun italiano vuole entrare in guerra, e anche quando in vista del referendum la già vergognosa e infame campagna di stampa (inzuppata di menzogne come una spugna nell'acqua) venisse rafforzata, il SI alla guerra se anche superasse il 10% non arriverebbe al 20.

E però come denuncia persino l'Avvenire (scelgo questa di citazione, su imbeccata di Pasbas, così non dite che parlo così perché sono comunista...) la scelta politica verso la guerra è bella e fatta, e le decisioni anche economiche sono ad essa perfettamente consequenziali. D'altronde, è dal giorno dopo essere assurta a premier che Giorgia è passata da paladina della sovranità ad ancella di Ursula, e in quanto tale ovviamente non può che obbedire agli ordini e uniformarsi alle direttive di Bruxelles, in questo dimostrandosi degna erede (nel tradimento degli elettori) di Gigino.

Su Byoblu l'intervista all'autore
Ora, se la narrazione ufficiale non ha speranze di trasformare la maggioranza degli italiani in interventisti, è invece già riuscita a cancellare la verità storica, che continuiamo a raccontarci tra noi cosiddetti complottisti senza nessuna speranza di riportarla a galla sotto gli occhi di tutti ma con il solito mantra dell'ottimismo della volontà pur nel pessimismo nella ragione, che in volgare si traduce in "non si sa mai". Ebbene, mi perdoni chi seguendomi me lo sente dire per l'ennesima volta, la verità storica è che (lo ammette persino il New York Times, solo la stampa italiana no) in Ucraina non c'è un governo legittimo, ma uno frutto di un golpe eterodiretto di dieci anni fa, senza il quale non sarebbero nemmeno sorte le ragioni storiche alla base della richiesta di aiuto a Putin da parte delle regioni russe finite dentro i confini ucraini ai tempi dell'URSS.

Accanto a questa verità che bisogna raccontarsi, ce n'è una che basterebbe accendere il cervello per vederla, bella lampante: il fatto che l'intervento russo NON abbia intenti distruttivi, ma miri esclusivamente alla soluzione il meno cruenta possibile del problema causato dal governo golpista ucraino, è dimostrato al limone dal fatto che in oltre due anni, il livello di distruzione e il numero di vittime siano una frazione di quelli raggiunti dagli israeliani a Gaza in quattro mesi. E certo: questi ultimi hanno si intenzione di radere al suolo il nemico e sterminarlo, e avendone la potenza militare lo stanno facendo, ma anche i russi hanno una sproporzione di potenza a loro favore, se non la fanno valere è proprio perché non hanno alcuna intenzione di colpire un popolo fratello oltre il necessario a cui sono stati costretti dai suoi governanti (e traditori) burattini della CIA.

Se la guerra subirà una escalation, quindi, sarà colpa di chi l'ha voluta, sia l'escalation che la guerra stessa. Forse, l'unica speranza per il mondo al momento è, paradossalmente, che al trono dell'Impero venga rieletto Trump. Evento molto più probabile rispetto all'altra speranza, che gli agricoltori riescano a demolire la nefasta Unione Europea, gettandola al più presto dove dovrebbe stare da tempo: nella spazzatura della Storia.

sabato 24 febbraio 2024

NOI SIAMO FANTASCIENZA

Chi ha qualche annetto di troppo come me non ha bisogno che gli si spieghi il titolo, che parafrasa un notissimo slogan di un vecchio spot televisivo di un credo defunto marchio. A me torna in mente ogni volta che guardo (facendo una rara eccezione - sarà che nessuno ormai, a prescindere da sesso età eccetera, riesce a resistere al fascino di Luca Argentero) una puntata di Doc in TV. Dico eccezione perché, come sa chi mi conosce, per motivi religiosi non guardo mai (e dai tempi di Ho incontrato un'ombra, mica da mo'...) una cosa che non finisce e così ti costringe a non prendere impegni per quando esce la puntata seguente. E si, lo so che il malato di serie TV medio non ha di questi problemi, perché si organizza per vedersi magari tutta una stagione in una notte sfruttando le odierne potenzialità dell'on-demand, ma perdonatemi non riesco a non considerarlo ancora peggio (sia pur con umana pietas) di chi si limita ad attendere con trepidazione la messa in onda ordinaria.

Mi direte, allora, "si vabbè, ma che c'entra la fantascienza?". Ma perché, voi come la inquadrate una storia dove la sanità pubblica in Italia funziona così tanto che se hai un problema non ti mollano finché non hanno scoperto qual è, anche se spesso e volentieri è molto diverso da quello che sembra, e ovviamente lo fanno ad ogni costo, e anche se per aumentare la suspense ci hanno messo pure i burocrati gretti e cattivi che i costi li vogliono limare alla fine Doc la vince. L'ha vinta persino sull'AI, cos'altro volete per ammettere che è fantascienza. Non perché non sia possibile, ma perché a chi gli fosse possibile non glielo faranno mai fare, vedrà chi campa.

La realtà della sanità italiana (serve precisare che non mi sto riferendo all'impegno e alla dedizione spesso eroica degli operatori, ma alle carenze organizzative e di strutture cioè agli investimenti carenti e anche quando male indirizzati?) è tutt'altra roba, purtroppo, e chi ha avuto un qualche problema non ha bisogno di leggerlo qui perché già lo sa di suo. E sarà peggiorata:

  • sia dall'invasione di una roba che chiamano intelligenza artificiale per la solita operazione di maquillage comunicativo, ma di fatto è sostituzione di lavoro umano con meno costoso e molto meno utile (anche perché, meno costoso quindi keynesianamente demoltiplicante) lavoro meccanizzato;
  • sia da ulteriori pesanti tagli imposti dall'Europa (che vuole e deve imporre il modello basato sulla sanità privata, per chi può permettersela) persino sotto pandemia (quando anziché investire a debito per curare la gente si è scelto di farne ricadere i costi sulla gente stessa rinchiudendola in casa e rovinandola, per poi far finta di rimediare con quel PNRR che vi viene presentato come ricchezza in entrata quando al massimo è di ritorno ma con altri che decidono come la dobbiamo spendere - e dico "al massimo" perché manco è quello: in gran parte li rivorranno indietro);
  • sia, a metterci il carico da undici, dall'appena varata autonomia differenziata.
E intanto che ci preparano il piattino (avrete sentito della dematerializzazione di tutti i documenti dentro l'evoluzione dell'app del green pass, no? ci sarà posto per tutti i nostri dati sanitari, quindi anche vaccinali, e sarà un gioco da ragazzi subordinare l'accesso ai servizi a comportamenti definiti virtuosi, sanitari come anche ecologici), ci anestetizziamo guardando il bel supereroe in televisione. Dalla ci aveva avvisato nel 68, a noi bambini che guardavamo i fumetti in TV: che mondo saràààà...


giovedì 15 febbraio 2024

LIBERA STAMPA

Lo stato dell'informazione mainstream e della libertà di espressione e di pensiero in Italia è dimostrato una volta di più da un accadimento minore a margine del festival di Sanremo (vinto, tra parentesi, da una giovane cantante a cui facendo una doverosa eccezione si perdona di essere figlia di papà). Gli è che tale Ghali, uno dei tanti troppi trapper che scandiscono tutti lo stesso tipo di versi sulla stessa elementare cadenza ritmica, approfitta del palco per sibilare uno "stop al genocidio". Occorre ricordare che a denunciare alla giustizia internazionale Israele per genocidio vista la smaccata natura di rappresaglia (di proporzioni che farebbero invidia ai nazisti: tra le vittime del 7 ottobre e quelle successive a Gaza c'è un moltiplicatore di livello superiore a quello tra via Rasella e le Fosse Ardeatine, ricordiamocelo alla prossima retorica commemorazione) è stato il Sudafrica (o Mandela va bene solo quando conviene alla nostra narrazione?), per cui il ragazzo ha detto qualcosa che in un Paese normale dovrebbe risultare ovvio. E invece.

E invece durante le consuete passerelle televisive seguenti il festivalone gli è stato chiesto conto delle proprie affermazioni, con annesso viscido invito alla ritrattazione. Ma il ragazzo, contrariamente anche alle mie aspettative, ha tenuto botta, dicendo che non vede perché dovrebbe rimangiarsi un invito alla pace e a risparmiare morti innocenti, e incalzato rimarcando che la storia non è iniziata il 7 ottobre: chapeau! Risultato, alla conduttrice dopo un po' è stata data da leggere una velina dell'AD della Rai, che prende le distanze dalle affermazioni fatte in studio bla bla e ribadisce la condanna agli attacchi terroristici bla bla. La narrazione ufficiale è sacra (i terroristi sono sempre gli altri noi al massimo siamo patrioti o partigiani) e se tu non la vuoi seguire devi spulciartela altrove. Ad esempio, qui.

Per le stesse precise ragioni, sul mainstream la notizia di un giornalista americano che ha intervistato Putin, chi mai l'avesse sentita, l'ha sentita più o meno così: un fiancheggiatore ha osato dare la parola a un dittatore. Io invece direi che finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di sentire l'altra campana, ma mi accontenterei di un semplice riportare la cosa come normalissima: in democrazia la stampa ha esattamente questa funzione. Si potrebbe dedurne l'ennesima prova che non siamo più in democrazia, ma sorvoliamo e invece approfittiamo dell'irrilevanza di questo pulpito (grazie alla quale non viene abbattuto) per passarvi ancora una volta l'altra predica: grazie a Pasbas, che ce la racconta nell'audio qui accanto che vi consiglio di ascoltare.

Su youtube, poi, finché ve li lasciano, ho trovato una edizione integrale in inglese...

... e gli highlights sottotitolati in italiano


La libertà di stampa questa è. Un saluto dai vostri affezionatissimi vicini di casa (cit. Marvel) e cuggini, CuGino e PasBas.

sabato 10 febbraio 2024

IL DADO È TRATTO(RE)?

Niente paura, il paradigma che vuole che la Storia accada in tragedia ma si riproduca in farsa si è già estrinsecato nel confronto tra il passaggio del Rubicone con le legioni da parte di Giulio Cesare (mai prima d'allora nella storia della Repubblica, poteva finire solo con la fine della Repubblica o del suo invasore - o magari, com'è stato, entrambe le cose) e la tragicomica marcia su Roma dell'ottobre 1922, chiusasi col trionfo del prossimo Duce probabilmente solo grazie all'improvvida manovra del Savoia sul trono, che lo mise al governo forse pensando di poterlo gestire e alla fine salvò la buccia (ma non il trono) solo scappando come un coniglio. Perciò, se vedere i trattori appostati qua e la dal vivo o in TV vi ha evocato qualcosa, tranquillizzatevi, è un remake si, ma di un altro film.

Intendiamoci, non sto criticando nessuno e anzi dichiaro subito che secondo me gli agricoltori hanno ragione, anzi, hanno molta più ragione di quanta forse sanno di averne. Anche Amadeus, che mentre scrivo non so ancora se sia riuscito a cavarsela leggendo un comunicato o abbia invece dovuto capitolare sulla presenza sul palco di un paio di bruti, ha messo le mani avanti, che lui addirittura il trattore lo sa guidare; io no (avrei paura) ma sono figlio di agricoltori anch'io, più precisamente di una maestra d'asilo che ha approfittato della pensione per trasformare una passione da tempo libero in un impegno a tempo fin troppo pieno, che nei campi non si guarda l'orologio e in quelli del reggino non pigliano nemmeno i cellulari, passione che in cambio però le ha dato un bonus di vitalità che probabilmente senza non avrebbe avuto (e infatti, quando non è potuta più andare nella sua terra è morta presto). E non sto parlando di un orticello comodo da raggiungere in cui una vecchina faceva finta di lavorare, sto parlando di ettari di terra strappata alle fiumare che devi risalire in jeep su piste pietrose per raggiungerle con bergamotti olivi eccetera da far fruttare per non rimetterci. E portandovi l'acqua in bidoni da trenta litri, perché quella corrente c'è solo un giorno ogni tot. Una impresa impossibile da continuare, per noi eredi "civilizzati", insomma... E tutto questo per dire solo che in qualche modo posso capire.

Ma fino a che guardiamo le cose da un punto di vista vicino, spesso non riusciamo a prendere nell'inquadratura le cause. L'impressione, purtroppo, è che questo capiti anche ai protagonisti: un settore intero che protesta in mezza Europa, che però così rischia di farsi neutralizzare da concessioni di retroguardia, come quelle sui pesticidi o sui tempi di tutela del suolo, che peraltro poi consentono agli ascari del "nuovo che avanza" pure di bollare gli agricoltori come retrogradi antiambientalisti e persino la resistenza europea agli OGM come antistorica perché le coltivazioni OGM non necessiterebbero di pesticidi. Se invece la allarghiamo, questa inquadratura, scopriamo che, come per altre questioni, il Male assoluto, il Nemico da combattere, è sempre lo stesso: quella Unione Europea che è incaricata dai Padroni di eseguire il Piano, che non dimentichiamolo è un mondo con pochi ricchi ricchissimi e tutti gli altri alla canna del gas, che prevede che il settore agrario venga distrutto per lasciare il posto a una agricoltura di élite per i primi e una industria del cibo a basso costo e basso impatto per gli altri (si, gli insetti, esatto). 

L'evidenza temo sia celata agli occhi dei più, forse grazie anche a decenni di sussidi ai settori che i singoli (con troppi a marciarci, specie al sud, peraltro) hanno accolto spesso e volentieri, ignari o indifferenti rispetto ai loro intenti trasformativi del mercato. O non vi siete accorti che è ormai quasi impossibile trovare olio ottenuto da sole olive italiane che non abbia prezzi da gioielleria? Di fatto, manca a questa mobilitazione l'esatta individuazione dell'avversario, e quindi purtroppo è destinata a sgonfiarsi, anche se ovviamente spero di essere smentito. Anche perché questi governanti, com'era facile prevedere presto dimentichi del mandato antieuropeo cui devono di essere tali, sono bravissimi nel gioco delle concessioni finalizzato proprio a far perdere di vista l'obiettivo anche a chi lo avesse correttamente puntato. E lo fanno con una sintassi che è sempre la stessa, come per gli immigrati e l'Africa: si mostra il dito per nascondere la luna, si fanno piani mettendoci nomi importanti e ingombranti a coprire la loro reale natura neocoloniale. O come per l'ambiente e la moda green: si nicchia, si fa finta di prendere le distanze, e così facendo si collabora a questa nuova forma di lotta di classe al rovescio, per cui i soldi per le piste ciclabili a favore dei pochi fortunati con le case al centro si trovano sempre mentre chi vive in periferia tra palazzoni lunghi e distanti tra loro chilometri non potrà nemmeno più tenersi la macchina vecchia. E il bello è che ce lo dice uno con incarichi di sottogoverno, come non fosse compito suo cambiare le cose e fossero ancora i bei tempi in cui faceva il blogger antisistema e poteva limitarsi a denunciare.

Insomma, o gli agricoltori riescono a trascinare i popoli europei alla demolizione della UE, perché sulla terra più che in ogni altro settore bisogna pensare locale e agire locale e la dimensione continentale è improvvida impropria controproducente e distruttiva figurarsi quella mondiale, oppure sarà la UE o meglio i suoi mandanti a demolire gli agricoltori. E al popolo bue farina di grillo.

domenica 4 febbraio 2024

RADIOCIXD 69 - PERICOLO GIALLO

La settimana di Sanremo impone di parlare di musica, rispolverando una rubrica, Radiocontroinformoperdiletto, giunta al sessantanovesimo post ma ferma da un po' di tempo, per ragioni implicite nella sua natura. Consta infatti di recensioni dal taglio decisamente personale di dischi per me storici, con rarissime eccezioni di playlist o di dischi in uscita, per cui gli è che semplicemente a un certo punto ho finito la lista, o quasi, e vi ho parlato di altro.

In questi giorni però sarete, saremo, bombardati dall'argomento, ed essendo difficile sottrarsi ci entro dentro a modo mio, a gamba tesa, recensendo un album di Giorgio Canali & Rossofuoco. Il ragazzo è noto ai cultori del genere per aver militato nei primi Litfiba poi nel percorso CCCP-CSI-PGR, esauritosi il quale ha però continuato nel solco con un suo gruppo. Scelgo lui, oltre che perché l'album è uno dei migliori dischi italiani del 2023, uno dei pochi buoni, anche perché mi consente di fare un discorso generale, agganciandomi, come al mio solito fuori tempo, alla tematica "quanto sono rock i Maneskin" che proprio da Sanremo iniziarono il loro decollo.

Anche a me ha fatto piacere sulle prime, infatti, che a vincere il festivalone fossero stati dei ragazzi che venivano dalla strada e la cui musica "suonava" rock. Ma, citando proprio Giovanni Lindo Ferretti, bisogna sempre ricordarsi di distinguere tra "forma e sostanza", anche nell'appiccicare etichette che possono sembrare scontate. Ci giocava Celentano, peraltro uno dei primi a portare in Italia il rock, in uno dei suoi celebri show tv, con le etichette di "rock" e "lento" attribuite alla qualunque. Ma anche se non si poteva essere d'accordo nel dettaglio con le sue scelte, sull'idea non c'è da scherzare: si può "arrangiare" rock un qualcosa che di anima rock non è, e può avere anima rock anche qualcosa che suona melodico e triste. Quasi tutto Luigi Tenco, per esempio, e per lo spirito della sua produzione non per la morte da rockstar.

Per chiarire meglio, occorre guardare da qualche passo indietro. Gli USA per soppiantare la madrepatria nel ruolo di imperatore del pianeta hanno messo sul piatto qualche milione di morti tra i loro ragazzi di due generazioni distinte, in due guerre mondiali. Nasce così la prima generazione "ribelle" verso i padri, e con essa il rock'n'roll. Così sbarazziamo subito il campo da un altro equivoco: la spensieratezza dei testi, la voglia di divertirsi, nel contesto giusto è "rock" tanto quanto l'impegno e la cultura del "messaggio" nei testi quando il contesto è un altro. Elvis ancora ci va, a fare il soldato, e ci fa pure i film sopra. Ma poi arriva il Vietnam, e la musica cambia, in senso proprio e in senso lato.

Per un paio di decenni, il rock in questa accezione, vestito da enne genere musicali diversi (dal blues all'hard, dal funky alla canzone d'autore, dal progressive al punk, ma l'elenco è onnicomprensivo e include anche tutti i mix possibili), domina. Finché le logiche insite del capitalismo, che è bene ricordarlo sono sistemiche (funzionano da sole, non serve postulare grandi manovratori occulti), non sono riuscite a inglobare anche "i giovani d'oggi" in una categoria di marketing: l'abbigliamento, col passaggio negli anni 80 dal casuale al casual, è un paradigma estensibile a tutti gli altri campi.

Negli anni 90 c'è stato l'ultimo tentativo di controcultura dal basso, i ragazzi delle ultime generazioni semplicemente hanno rinunciato, forse sordamente consapevoli di essere pochi e deboli, forse troppo bene imbrigliati nel loro ruolo di target da un mercato che con l'avvento di social e smartphone li arruola fin da piccoli. Fatto sta che si bevono le narrazioni ufficiali come acqua, e niente fanno per strappare alla musica il ruolo di entertainment che gli è stato affidato. Entertainment è il termine anglofono per industria dell'intrattenimento, del divertimento, ed è di una precisione terrificante, evocando gli stupri di gruppo o peggio gli allevamenti intensivi di animali che crescono fruttano e muoiono senza nemmeno sospettare che esista almeno in teoria una vita da liberi. E purtroppo tutto ciò nella loro musica traspare, e non solo in quella dei tanti giovani che ormai da anni passano da Sanremo o da altri format televisivi imperanti (non a caso ricorrentemente osmotici gli uni con l'altro), mentre "quando c'era il rock" andare a Sanremo era quasi considerata una "resa", e anzi pure guardarlo.

Per queste e altre ragioni, nella settimana del festival io vi propongo l'ascolto, e l'ascolto integrale (qui la tracklist completa) come si usava ai tempi del vinile, di un album di un ragazzo di 65 anni, lui si rock e lui si giovane. Come dimostra il testo di Inutile e irrilevante o quello di C'era ancora il sole, come racconta bene questa recensione che ho trovato, e come potrete facilmente constatare ascoltando con attenzione (se la ascolti distrattamente è la musica che ascolta te...) il tube del full album qui appresso. Magari ci fosse in giro un ragazzo che canta roba così, o anche solo uno che ascoltando questo "vecchio di merda" (come Canali si autodefinisce e forse ormai dovrei anch'io) gli fa un click la testa e gli viene voglia di "contagiare" i suoi amici. Perché triste è il tempo in cui gli antisistema sono sessantenni e non ventenni.

sabato 27 gennaio 2024

LE BUFALE DEL PADRONE 5 - IL GIORNO DELLA MEMORIA

Oggi è il clou della tempesta mediatica, ma sono giorni che non c'è scampo: o spegni la TV, o sei sommerso di servizi telegiornalistici, ospitate, film, fiction e quant'altro che ci raccontano di continuo quanto terribile sia stato l'Olocausto degli ebrei perpetrato dai nazisti brutti e cattivi (in Italia con la collaborazione dei fascisti, ma questo viene ricordato solo talvolta) e quanto bisogni continuare a ricordare "perché la Storia non si ripeta". 

Ecco, a una persona dotata di media intelligenza e però di mente non anestetizzata dalla propaganda il capoverso precedente dovrebbe bastare. Perché se c'è un popolo che dovrebbe evitare ad ogni costo che la Storia si ripeta, è proprio quello che invece fa pagare il proprio diritto a sussistere in territori assegnatigli dalle potenze coloniali alleate (e magari: in territori molto maggiori, "per motivi di sicurezza" giustificati dalle tante "guerre di aggressione" di quelli che li non ce li vogliono) a un altro popolo, che in quei territori nel frattempo ci aveva vissuto per duemila anni. Nessuno ha mai fatto una contabilità precisa dei palestinesi immolati alla causa di Israele, ma se quelli che la rappresaglia di questi mesi, oltre 20mila morti in via di moltiplicazione per "legittima" più che centuplica reazione agli attacchi del 7 ottobre (che lo stesso Mattarella a reti unificate ha la faccia tosta però di equiparare al nazismo), sono un ragionevole parametro, in ottanta anni andiamo su cifre milionarie. Conferendo di diritto la palma di "popolo più antisemita del secondo dopoguerra" proprio agli israeliani (perché, non è mai abbastanza ricordarlo, anche i palestinesi sono "semiti").

Il pensiero unico ha questo, tra i suoi effetti collaterali: che le persone pensanti, anche le migliori e più specchiatamente immacolate, mai e poi mai ascrivibili per la loro storia personale ad esempio al razzismo o al maschilismo, dai e dai sbottano. In questi giorni è successo a Paolo Rossi, che la racconta in modo gustosissimo perché fa quello di mestiere, ma la vicenda è istruttiva, leggete qua. Allo stesso modo, chi di noi è più pacifista, lontano anni luce dal pensiero di giustificare qualsiasi omicidio figurarsi genocidio, e però avendo studiato davvero la Storia sa che di genocidi è piena e qualunque elenco è necessariamente incompleto (dai pellerossa agli indios del sudamerica, dai neri africani agli zingari, dagli armeni ai palestinesi, e si agli ebrei per carità), non può non sviluppare una reazione allergica al tam tam mediatico di questi giorni. E spegnere la TV prima di diventare "antisemita" pure lui...

E ora leggetevi Franco Cardini, che riesce a non farsi girare le palle... E intanto fate partire Faber...

venerdì 19 gennaio 2024

A DOPPIO STANDARD

Tante volte capita di ascoltare al TG una notizia che da per scontato una serie di cose, e noi stessi magari non ci soffermiamo a riflettere se quelle cose sappiamo davvero cosa sono o meno, concentrandoci invece su quello che viene veicolato come messaggio principale. Il più delle volte, questo meccanismo è innocuo, o quantomeno indifferente, ma talvolta viene usato scientemente dal mainstream per la sua ben remunerata attività di propaganda, approfittando della nostra "ignoranza" per far passare a luogo comune concetti che se invece ci riflettessimo sopra li vedremmo in tutto il loro significato. Ad esempio, è così che l'Unione Europea è diventata, nel luogo comune, una sorta di casa comune democratica, quando invece resta una organizzazione intergovernativa dove le istituzioni democratiche hanno un ruolo decisamente marginale e di facciata. Ora, siccome, come si diceva negli anni settanta, la conoscenza è potere, mio cuggino (che è ancora più anziano di me) spesso si prende la briga di attingere alle fonti e divulgare. Stavolta, siccome la notizia è il ricorso alla Corte di giustizia dell'ONU per i crimini di guerra israeliani a Gaza, Pasbas ci spiega cosa sono gli Organi di giustizia internazionali, spulciando per noi nel sito dell'ONU e nella Enciclopedia Britannica.

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Gli organi di giustizia internazionali

di Pasbas

La Corte di Giustizia Internazionale (ICJ) è l'organo dell'ONU che ha il compito di dirimere le controversie internazionali tra Stati. Fu preceduta dalla convenzione dell'Aia di inizio '900 e poi dalla Corte Permanente di Giustizia, istituita circa 20 anni dopo dalla Lega delle Nazioni. La attuale ICJ fu invece costituita a S. Francisco nel 1945 nella stessa conferenza che creò l'ONU. Sono membri di ICJ tutti gli stati che partecipano all'ONU, ma potrebbero farne parte anche stati non rappresentati. ICJ è permanentemente in sessione di lavoro ed è formata da 15 giudici internazionali che provengono da tutte le zone del mondo: essi devono giudicare in modo imparziale ma portando all'interno della Corte le loro esperienze e la loro cultura specifica (equilibrio molto complicato da ottenere). I giudici vengono eletti dall'assemblea generale dell'ONU e dal suo Consiglio di Sicurezza e durano in carica 9 anni. ICJ ha sede all'Aia ma può essere convocata in qualsiasi parte del mondo ove necessario; le lingue ufficiali sono francese e inglese. I procedimenti riguardanti controversie possono essere invocati solo da Stati sovrani nei confronti di altri Stati sovrani, lo stato convocato in giudizio può però rifiutare di prendere parte al procedimento. Più di 60 paesi hanno comunque firmato una dichiarazione in cui si impegnano a aderire ad ogni costituzione in giudizio messa in essere da altri stati. Nell'ambito della Corte i casi possono essere risolti in tre modi:

  1. le parti si accordano nel corso delle udienze;
  2. uno Stato si ritira dal giudizio;
  3. la Corte emette un verdetto.

Ogni giudizio viene emesso in accordo con le leggi internazionali accettate dai paesi che si riconoscono nella autorità della Corte. Ogni giudizio della Corte, emesso alla fine del procedimento, non è soggetto ad appello. La Corte ha giurisdizione su problematiche che riguardano confini terrestri e marini, sovranità territoriale, relazioni diplomatiche, diritto di asilo, nazionalità e diritti economici. La Corte è inoltre consulente dell'ONU quando quest'ultimo lo richieda.

La Corte Criminale Internazionale (ICC) si occupa invece di perseguire le persone (non gli Stati) che sono accusate di reati internazionali quali genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità. ICC è stata creata con lo Statuto di Roma nel 1998, al momento vi hanno aderito 120 stati e la sua sede è all'Aia. Gli iniziali entusiasmi per la creazione di ICC sono scemati quando si è verificato che la stragrande maggioranza dei procedimenti riguardava il continente africano, creando così un'inaccettabile sproporzione nei giudizi a livello mondiale. Le proteste dei paesi africani sono state incentrate sul sospetto che le cause fossero state intentate da paesi imperialisti e neocolonialisti. Molte procedure preliminari sono state però recentemente avviate per paesi non africani, fra cui la Gran Bretagna per la guerra in Iraq, la Palestina e l'Ucraina. Tra i paesi che non hanno ratificato lo Statuto di Roma ci sono Cina, Russia e USA. L'autorevolezza di questa Corte è messa in seria discussione perché ha vinto solo quattro giudizi da quando è divenuta operativa. Al momento diversi paesi africani hanno manifestato l'intenzione di abbandonare la convenzione e la Russia ha ritirato la sua firma dallo Statuto originale.

Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU (UN Security Council) ha il compito di interporsi tra le parti in conflitto e imporre e mantenere la pace tra entità in guerra. Dal 1980 in poi sono state molte le operazioni portate a termine, le ultime importanti sono quelle dei Balcani, Haiti, Sierra Leone e Somalia. Altre importanti missioni hanno riguardato Bosnia, Siria, Darfur. Tra le nazioni con diritto di veto ci sono USA, Cina e Russia e questo causa molte volte l'impossibilità del Consiglio a deliberare su situazioni che riguardano direttamente o indirettamente questi Paesi.

Tornando alla Corte di Giustizia (ICJ) per entrare nello specifico del suo modus operandi, è interessante menzionare la procedura aperta dal Sudafrica contro Israele, accusato di genocidio nei confronti del popolo palestinese. In una intervista della tv libanese LBC all'avvocato specialista di diritto internazionale W. A. Schabas, l'intervistato spiega che la Corte ha ascoltato l'accusa e la difesa in due sedute separate e si è poi riservata di emettere un verdetto di eventuale “plausibilità” del capo d'accusa (in alcune settimane di lavoro). Il primo scoglio è rappresentato dalla corretta definizione di "genocidio" in termini di diritto internazionale. Nel 1948 la Convenzione sul Genocidio ha definito tale crimine in questi termini: il G. implica la distruzione fisica di un popolo evidentemente comprovabile, fisicamente visibile, e intenzionale. I punti portati a suffragio della tesi di genocidio dal Sudafrica sono molti, dice il legale; tra questi c'è l'accusa mossa ad Israele di volere non semplicemente perseguire Hamas ma piuttosto eliminare il popolo palestinese, uccidendo i civili, facendoli morire di fame, di stenti e di malattie, rendendo inabitabile il loro territorio e costringendoli ad abbandonare per sempre la loro terra. Quello in corso di giudizio comunque, spiega, è solo un atto preliminare che, se valutato positivamente, comporterebbe la ingiunzione nei confronti di Israele di blocco immediato delle operazioni militari a Gaza e il via all'ingresso di aiuti umanitari proporzionati alla drammatica situazione dei civili. Questa deliberazione dovrebbe essere emessa, come già detto, in qualche settimana di lavoro. Ma il giudizio finale di colpevolezza necessiterà di 3 o 4 anni di attività giudiziaria. Il Sudafrica, secondo quanto riportato nell'intervista, ha raccolto le prove documentali da servizi specifici dei media, documenti dell'ONU e altre fonti, ma non le ha ancora depositate presso la Corte. Schabas, seguendo il dibattimento, riporta che Israele ha incentrato le sue risposte alle accuse concentrandosi sulla descrizione dettagliata dell'attacco del 7 ottobre, sull'assunto che IDF è attenta a minimizzare le perdite tra i civili, che non c'è alcuna intenzione da parte di IDF di eliminare il popolo palestinese ed infine che nel governo non c'è alcuna volontà di annientamento. Va precisato, riporta l'avvocato Schabas, che un comportamento colpevolmente sconsiderato nei confronti di un popolo non necessariamente configura il crimine di genocidio, per arrivare a questo vanno verificate le condizioni prima riportate. In questa fase comunque la Corte non deve giudicare se di genocidio si tratti ma solo se le accuse del Sudafrica abbiano fondamento e siano quindi ammissibili. Se questo accadrà la Corte emettera una ingiunzione di fermo immediato dei combattimenti nei confronti di Israele (in 2 o 3 settimane). Schabas sostiene a questo punto che se l'ingiunzione sarà troppo severa nei confronti di Israele, il suo governo molto probabilmente la rigetterà. Va detto però, aggiunge, che il mondo anglofono è molto rispettoso delle decisioni di ICJ e quindi un rifiuto di Israele di accettare una ingiunzione di fermo immediato delle azioni militari a Gaza potrebbe creare qualche crepa nel sostegno incondizionato fornito da parte di quelle nazioni. Sono ormai 75 anni, prosegue il legale, che l'ONU emette raccomandazioni sulla questione palestinese che non vengono applicate perché si tratta di una problematica complessa e difficile da dirimere. Lo stesso Schabas riporta il caso da lui trattato dell'accusa del Gambia di genocidio nei confronti del Miamar: l'ingiunzione di congelamento della situazione, emanata da ICJ sulla base della plausibilità del caso presentato dal Gambia, ha avuto successo, e il Miamar ha interrotto le operazioni militari. Vista la situazione reale a Gaza lo stesso dovrebbe succedere a Israele ma (un grosso "ma") Israele al contrario del Miamar può contare su alleati molto potenti tra i paesi anglofoni: USA, GB, Canada etc.; essendo l'ambiente fortemente politicizzato è probabile, spiega Schabas, che si usi in questo caso il classico doppio standard di giudizio, cioè se sei dal lato giusto del mondo hai comunque i potenti e la ragione dalla tua parte (commento del legale, anglofono lui stesso).

Io credo che si dovrebbe affrontare seriamente, in sede internazionale, la questione della funzione, utilità ed efficacia di questi (ed altri) organismi mondiali, per capire se hanno ancora validità nel contesto multipolare e globalizzato attuale e se non sarebbe il caso di pensare ad un loro allineamento ai tempi attraverso riforme mirate.

sabato 13 gennaio 2024

LE BUFALE DEL PADRONE 4 - LE GUERRE "GIUSTE"

Immagine tratta da Combat-COC.org, cliccandoci sopra si ingrandisce
L'argomento principe che i fautori della UE oppongono ai pochi che si rendono conto di quanto questa "organizzazione intergovernativa" (che altro non è e probabilmente e sperabilmente non sarà mai) sia nefasta, è che i "padri dell'Europa" dopo la seconda guerra mondiale si posero l'obiettivo di realizzare un qualcosa che evitasse al vecchio continente di continuare nella serie di guerre lunga secoli che lo aveva caratterizzato fin li, con cotanto tragico epilogo.

Se anche si vuole concedere a Spinelli e soci tale nobile intento, però, si dovrebbe subito dopo rilevare che quelli che si incaricarono di attuarlo sbagliarono completamente l'impostazione, decidendo di edificare la casa comune degli europei su fondamenta economiche prima che politiche e sociali, in una sorta di gigantesco equivoco del postulato marxiano su struttura e sovrastruttura. Marx, infatti, osservava come si comportano "in natura" le società umane, con l'economia a fare da primo motore a cose che pretendono di esserlo e invece ci vanno solo a rimorchio, ma la sua lezione era semmai che era appunto compito della politica di spendere tutte le enormi energie necessarie ad imbrigliare questo potere naturale. Partire dalla unione economica prima e monetaria poi, pensando che quella politica e quella sociale e valoriale sarebbero venute dopo, ha conferito alle istituzioni economiche, monetarie in primis, un potere abnorme, sottratto inoltre, per come è bilanciato l'ordinamento dell'UE, a qualsivoglia controllo democratico. Consentendo di fatto la prosecuzione delle guerre intestine in Europa, solo senza armi fisiche, e in pratica consegnando ad alcuni Stati europei il manico del coltello con la cui lama hanno sbudellato altri, tra cui l'Italia. Applicando peraltro, soltanto in modo inconsueto, il famoso assioma di Von Clausevitz.

Si tratta dello stesso paradigma, in minore, di quanto è capitato al mondo da quando un filosofo proclamò la "fine della Storia" per via del crollo di URSS e Patto di Varsavia, e tutti ripetevano a pappagallo la versione mainstream per cui chiusa la guerra fredda si apriva per il mondo un nuovo lungo periodo di pace. Solo un visionario come De Andrè, di cui ricorre in questi giorni il venticinquennale dalla scomparsa, ebbe il coraggio di dire la verità, che sul muro di Berlino ballava la polka la scimmia del quarto Reich e bastava andargli sotto per vederle il culo. Infatti, per non avere l'Impero Americano più un contrappeso, anziché un'era di pace abbiamo visto il via libera a quella che persino un Papa peraltro assai contraddittorio ebbe a chiamare "guerra mondiale a pezzi". Due o tre di questi pezzi sono in cronaca, anche se con un ben diverso trattamento: gli ucraini per dieci anni angariano le enclave russe, e quando i russi intervengono in loro difesa, peraltro mantenendo la loro iniziativa bellica ben lontana dal potenziale distruttivo che sarebbero stati in grado di esprimere (anche perché sempre di un popolo fratello si tratta...), sono loro gli aggressori e i distruttori; i palestinesi osano un'azione "terroristica" contro chi li opprime da decenni, esecrabile come tutte le azioni di guerra ma dai risultati relativamente limitati in termine di vittime e di ostaggi, e quando gli israeliani intervengono massacrando civili a migliaia (dovremmo aver superato quota ventimila, una rappresaglia di sproporzione ben peggiore di quella dei nazisti ad esempio alle Fosse Ardeatine) la loro reazione viene reputata quasi unanimemente legittima. Ma se torniamo al 1990, e cerchiamo di compilare un elenco anche solo a memoria, e benché il risultato non possa che essere molto parziale le cose si fanno davvero raccapriccianti.

Tentiamo, sottolineando anche come ogni volta, ogni cazzo di volta, chi vuole una guerra parli di "guerra giusta" o peggio ancora di "missione di pace", con quella inversione linguistica che per primo denunciò George Orwell: dalla prima guerra del Golfo (1990/1991) alla disgregazione della Jugoslavia (1991 e seguenti), dall'appoggio all'indipendenza del Kosovo con bombardamenti Nato su Belgrado (1998) alla invasione dell'Afghanistan per "rappresaglia" all'autoattentato dell'11 settembre (2001 e seguenti), dalla seconda guerra del Golfo con cattura ed esecuzione di Saddam col pretesto rilevatosi falso delle armi chimiche (2003) alle cosiddette "primavere arabe" con culmine nella cattura ed esecuzione di Gheddafi (2011), dalle cosiddette "primavere arancioni" in Europa dell'Est con culmine nel colpo di Stato in Ucraina del 2014 vera origine del conflitto in corso ai mille conflitti minori (ma non per crudeltà e assurdità) in Africa e Asia, non c'è un solo episodio in cui il "padrone" non ci abbia sommerso di bufale, bugie belle e buone che sono state prese per verità fino a passare a luogo comune dalla maggior parte dell'opinione pubblica. Per questo non riesco a condividere questo amaro sforzo di ottimismo di Fulvio Grimaldi ancora a proposito della Palestina. Viviamo in tempi di neolingua, nella distopia orwelliana in cui si può "esportare la democrazia" a suon di bombe, contare i morti con metro diverso a seconda di chi sono, partire "per portare la pace" armati di tutto punto e poi percepire come ingiusti attentati le sanguinose rare reazioni delle Resistenze locali. E a chi osa tentare di raccontare le cose diversamente, appiccicare il bollino di "complottista" e isolarlo se piccolo, neutralizzarlo se grosso, imprigionarlo o eliminarlo se davvero pericoloso per l'establishment. Vero, Julien?

lunedì 8 gennaio 2024

LE BUFALE DEL PADRONE 3 - I MIGRANTI

Ellis Island, la Lampedusa dei nostri avi.
La retorica dell'accoglienza, come tutte le retoriche, consente di dividere chi la utilizza in due categorie: quelli che lo fanno strumentalmente ai propri fini, e la propagandano con ogni mezzo per diffonderla, e quelli che con la miglior buona fede la fanno propria del tutto inconsapevoli di quei fini, di cui però così si trovano ad essere complici. Ovviamente, la seconda categoria è enormemente più numerosa della prima, ed ovviamente non è in discussione la bontà dei sentimenti di solidarietà, la necessarietà del salvataggio di ogni singola vita, e nemmeno la considerazione umana delle ragioni a migrare, peraltro a rischio della pelle, di ogni singolo individuo, dettata o meno che sia dall'empatia. Quello che mi preme è solo sottolineare che senza comprendere quei fini, e combatterli in ogni modo, ogni battaglia sul fronte dell'accoglienza è destinata a far parte di una guerra persa.

Utilizzo per spiegarmi un esempio tratto proprio da quella stessa retorica: l'argomento "fino a ieri i migranti eravamo noi". Gli USA o l'Argentina dei primi del Novecento, ma anche la Germania o il Belgio del dopoguerra, chiedevano esplicitamente all'Italia di fornire manodopera (di bassissimo livello), come anche il Nord del triangolo industriale alle Regioni del sud Italia. C'era insomma una specifica domanda, motivata da esigenze di crescita industriale che necessitavano di forza lavoro a basso prezzo. Nonostante sapesse ciò, chi partiva andava incontro ad accoglienza diciamo così discutibile, povertà, lavoro durissimo, e razzismo. Anche chi parte oggi, nonostante le apparenze, non parte al buio, ma le esigenze cui risponde sono così inconfessabili che il sistema appalta il loro soddisfacimento alla criminalità organizzata, e questa per propagarle e poi agire si avvale di referenti della stessa pasta dall'altra parte del mare. Stante tutto ciò, come può non essere un incubo finire, se si sopravvive, in un centro di accoglienza come i nostri?

Ci vorrebbe il coraggio politico di imporre in UE un cambiamento di paradigma di 180 gradi: avere lo stomaco di ammettere il nesso (ad esempio) tra cercare di risparmiare al mercato e avere bisogno di quasi-schiavi nella filiera, raccogliere le esigenze, organizzare partenze comode e legali per soddisfarle in via diretta per tutta l'Europa (senza bisogno di quella testa di ponte naturale che è la nostra penisola protesa nel Mediterraneo), e dopo ci si potrebbe limitare ad affrontare il mix di problemi che comunque ci sarebbe. Se nonostante questo ci fosse ancora qualcuno che si avventura su un barcone verso Lampedusa, lo si salvi, rifocilli, faccia riposare, e riaccompagni indietro, a disincentivare eventuali resistenze del racket a mollare l'affare.

Per intenderci, funzionerebbe come la legalizzazione delle droghe: checché se ne possa pensare, diminuirebbe i consumatori, perché togliere la redditività all'affare lo toglierebbe alle mafie, che hanno tutto l'interesse a che il mercato cresca e fanno di tutto per farlo crescere. Ma perché allora i governi non lo fanno, non legalizzano le droghe o il flusso dei migranti? Forse perché i centri di potere che li esprimono hanno le radici ben piantate in quella criminalità che si alimenta dell'illegalità? Leggetevi Cardini, che la racconta meglio di me...

Ecco che la retorica dell'accoglienza a qualsiasi costo sennò sei inumano, è di fatto alleata della retorica dell'aiutiamoli a casa loro, o del ci rubano il lavoro (ecco perché quando ho trattato quel tema ho usato categorie di pensiero marxiane). Solo un piano razionale e coerente che consenta a chi non vuole di non emigrare, perché lavora e mangia anche dove è nato e ama restare, e a chi vuole di emigrare comodamente e senza rischiare la vita, si distacca da questa dialettica. Certo, per poterlo attuare anzi solo pensare occorrerebbe mandare all'aria l'UE e la sua politica monetaria costituzionalmente restrittiva, ma questo è un altro discorso, un'altra "bufala del Padrone" di cui parleremo.

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