sabato 13 gennaio 2024

LE BUFALE DEL PADRONE 4 - LE GUERRE "GIUSTE"

Immagine tratta da Combat-COC.org, cliccandoci sopra si ingrandisce
L'argomento principe che i fautori della UE oppongono ai pochi che si rendono conto di quanto questa "organizzazione intergovernativa" (che altro non è e probabilmente e sperabilmente non sarà mai) sia nefasta, è che i "padri dell'Europa" dopo la seconda guerra mondiale si posero l'obiettivo di realizzare un qualcosa che evitasse al vecchio continente di continuare nella serie di guerre lunga secoli che lo aveva caratterizzato fin li, con cotanto tragico epilogo.

Se anche si vuole concedere a Spinelli e soci tale nobile intento, però, si dovrebbe subito dopo rilevare che quelli che si incaricarono di attuarlo sbagliarono completamente l'impostazione, decidendo di edificare la casa comune degli europei su fondamenta economiche prima che politiche e sociali, in una sorta di gigantesco equivoco del postulato marxiano su struttura e sovrastruttura. Marx, infatti, osservava come si comportano "in natura" le società umane, con l'economia a fare da primo motore a cose che pretendono di esserlo e invece ci vanno solo a rimorchio, ma la sua lezione era semmai che era appunto compito della politica di spendere tutte le enormi energie necessarie ad imbrigliare questo potere naturale. Partire dalla unione economica prima e monetaria poi, pensando che quella politica e quella sociale e valoriale sarebbero venute dopo, ha conferito alle istituzioni economiche, monetarie in primis, un potere abnorme, sottratto inoltre, per come è bilanciato l'ordinamento dell'UE, a qualsivoglia controllo democratico. Consentendo di fatto la prosecuzione delle guerre intestine in Europa, solo senza armi fisiche, e in pratica consegnando ad alcuni Stati europei il manico del coltello con la cui lama hanno sbudellato altri, tra cui l'Italia. Applicando peraltro, soltanto in modo inconsueto, il famoso assioma di Von Clausevitz.

Si tratta dello stesso paradigma, in minore, di quanto è capitato al mondo da quando un filosofo proclamò la "fine della Storia" per via del crollo di URSS e Patto di Varsavia, e tutti ripetevano a pappagallo la versione mainstream per cui chiusa la guerra fredda si apriva per il mondo un nuovo lungo periodo di pace. Solo un visionario come De Andrè, di cui ricorre in questi giorni il venticinquennale dalla scomparsa, ebbe il coraggio di dire la verità, che sul muro di Berlino ballava la polka la scimmia del quarto Reich e bastava andargli sotto per vederle il culo. Infatti, per non avere l'Impero Americano più un contrappeso, anziché un'era di pace abbiamo visto il via libera a quella che persino un Papa peraltro assai contraddittorio ebbe a chiamare "guerra mondiale a pezzi". Due o tre di questi pezzi sono in cronaca, anche se con un ben diverso trattamento: gli ucraini per dieci anni angariano le enclave russe, e quando i russi intervengono in loro difesa, peraltro mantenendo la loro iniziativa bellica ben lontana dal potenziale distruttivo che sarebbero stati in grado di esprimere (anche perché sempre di un popolo fratello si tratta...), sono loro gli aggressori e i distruttori; i palestinesi osano un'azione "terroristica" contro chi li opprime da decenni, esecrabile come tutte le azioni di guerra ma dai risultati relativamente limitati in termine di vittime e di ostaggi, e quando gli israeliani intervengono massacrando civili a migliaia (dovremmo aver superato quota ventimila, una rappresaglia di sproporzione ben peggiore di quella dei nazisti ad esempio alle Fosse Ardeatine) la loro reazione viene reputata quasi unanimemente legittima. Ma se torniamo al 1990, e cerchiamo di compilare un elenco anche solo a memoria, e benché il risultato non possa che essere molto parziale le cose si fanno davvero raccapriccianti.

Tentiamo, sottolineando anche come ogni volta, ogni cazzo di volta, chi vuole una guerra parli di "guerra giusta" o peggio ancora di "missione di pace", con quella inversione linguistica che per primo denunciò George Orwell: dalla prima guerra del Golfo (1990/1991) alla disgregazione della Jugoslavia (1991 e seguenti), dall'appoggio all'indipendenza del Kosovo con bombardamenti Nato su Belgrado (1998) alla invasione dell'Afghanistan per "rappresaglia" all'autoattentato dell'11 settembre (2001 e seguenti), dalla seconda guerra del Golfo con cattura ed esecuzione di Saddam col pretesto rilevatosi falso delle armi chimiche (2003) alle cosiddette "primavere arabe" con culmine nella cattura ed esecuzione di Gheddafi (2011), dalle cosiddette "primavere arancioni" in Europa dell'Est con culmine nel colpo di Stato in Ucraina del 2014 vera origine del conflitto in corso ai mille conflitti minori (ma non per crudeltà e assurdità) in Africa e Asia, non c'è un solo episodio in cui il "padrone" non ci abbia sommerso di bufale, bugie belle e buone che sono state prese per verità fino a passare a luogo comune dalla maggior parte dell'opinione pubblica. Per questo non riesco a condividere questo amaro sforzo di ottimismo di Fulvio Grimaldi ancora a proposito della Palestina. Viviamo in tempi di neolingua, nella distopia orwelliana in cui si può "esportare la democrazia" a suon di bombe, contare i morti con metro diverso a seconda di chi sono, partire "per portare la pace" armati di tutto punto e poi percepire come ingiusti attentati le sanguinose rare reazioni delle Resistenze locali. E a chi osa tentare di raccontare le cose diversamente, appiccicare il bollino di "complottista" e isolarlo se piccolo, neutralizzarlo se grosso, imprigionarlo o eliminarlo se davvero pericoloso per l'establishment. Vero, Julien?

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