martedì 30 agosto 2016

BASTA CHIACCHIERE!


E' da tempo che chi ha voluto capire ha capito che è inutile piangere sul latte versato, come lo è parimenti tentare uno "sciacallaggio positivo" per mobilitare l'opinione pubblica nel verso giusto. Il paradigma è sempre lo stesso: prima lacrime di coccodrillo col sottofondo di risate da sciacallo, poi l'affare ricostruzione d'emergenza, poi semmai (dove si dove no, quando si quando no) la ricostruzione definitiva, e poi l'oblio fino al prossimo evento, che riavvia il ciclo. A mia memoria, è dal Belice 1968 che funziona così. Se facciamo la somma, abbiamo speso una cifra enorme, e morti e traumi fanno conto a parte: 136 miliardi di euro, 270mila miliardi delle vecchie lire. E però, a guardarla bene, non è poi così grande: sommando le manovre lacrime e sangue a partire dal 1992, ci si arriva presto. Con questo che voglio dire?
Voglio dire che il circolo vizioso su illustrato, che si nutre del sangue e del sudore degli italiani, si spezza solo in un modo. Costringendo il capo del governo a, o meglio ancora portando al governo chi abbia intenzione di, andare a Bruxelles e dire, più o meno, così:
signori belli, noi siamo l'Italia, l'unico Paese al mondo in cui quasi tutti i centri abitati hanno radici dal medioevo indietro fino all'antica Grecia, al punto che nel nostro minuscolo territorio sussistono più borghi antichi che nel resto del pianeta; ci servono 100 (o quelli che sono) miliardi di euro per preservare cotanto patrimonio dell'umanità, ce li stampate please? no? ok, usciamo dall'area euro, e se non ce lo consentite dall'UE, e ci stampiamo da soli 200mila (o quelli che sono) miliardi di lire, grazie lo stesso ce ne ricorderemo.
Niente di più, ma niente di meno.
Dite che è una cifra enorme? Ma la spenderemo comunque, non lo avete capito? Solo, prevenendo le tragedie: a Norcia, ricostruita antisismica da poco, le scosse del 24 agosto hanno fatto il solletico. E impedendo ai tangentari di approfittarne, sostituendo ai mega stanziamenti a posteriori governati da commissari variamente intrallazzisti microfinanziamenti a priori direttamente nelle mani dei singoli. Si, perché io non sto parlando di un'unica grande opera da appaltare, e neanche di tante medie o medio/grandi. Parlo di un fondo strutturale a cui ogni piccolo proprietario di case ha diritto ad accedere per far fare i lavori che crede servano a rendere antisismica, riqualificare o magari rendere autonoma dal punto di vista energetico, ristrutturare, la sua abitazione (prima seconda o terza casa che sia), col solo vincolo di non alterarne l'aspetto storico. E non parlo di sconti fiscali parziali (per quanto significativi) rateizzati in anni, parlo di rimborso totale, e per chi non li ha di anticipo, dei lavori fatturati. Una roba, per chi capisce di economia (ma quella vera, non il monetarismo diventato incredibilmente il credo di questa sciagurata sedicente sinistra), capace di rilanciare enormemente l'economia e alla fine di pagarsi da sola con l'aumento di gettito fiscale risultante alla fine del giro.
Qual'è l'unico schieramento politico che si pone obiettivi del genere e forse potrebbe, col sostegno di tutti, persino attuarli, non ve lo dico perché già lo sapete. Lo sapete anche voi che ancora non vi siete arresi all'idea di votarli, e ancora cercate smarriti qualcosa a sinistra che purtroppo non c'è più.

sabato 27 agosto 2016

FACIOLI

Arriva, il pezzo sul terremoto, arriva... É che devo smaltire la rabbia, e avere sotto le dita una tastiera tradizionale. Vi tengo tuned con un'altra ricetta di mia nonna, una che sotto il terremoto ci é nata, e ha vissuto nelle baracche 22 anni, fino a che col matrimonio non ha avuto la casa popolare. Altri tempi, nel bene e nel male...
Fagioli
La sera metti i fagioli a mollo con sola acqua.
Al mattino, sciacquali bene e metti ½ cipolla (se borlotti) oppure uno spicchio d’aglio (se cannellini) ed acqua abbondante, e lasciali bollire fino al consumo dell’acqua, stando attento a non farli bruciare.
Aggiungi altra acqua 2 dita sopra il livello dei fagioli, un pomodoro, ½ cucchiaio di sale, sedano (se fagioli bianchi), lasciali bollire fino alla densità voluta.
Se vuoi la pasta, il brodo deve essere 3 dita sopra il livello dei fagioli, altrimenti allungalo con acqua fino a quel livello, e quando bolle cuocila dentro, eventualmente aggiustando di sale.
Quando è cotta aggiungi un cucchiaio d’olio a crudo per commensale, ed eventualmente, se gradito, peperoncino fresco nei borlotti e pepe nero nei cannellini.

Ingredienti:
  • fagioli borlotti (o cannellini)
  • ½ cipolla (o uno spicchio d’aglio)
  • 1 pomodoro pelato
  • sedano
  • olio extravergine d’oliva
  • sale

Menti i facioli d’a sira prima nti na cassarola china r’acqua e nent’autru.
Appressu matina, lavili bbonu, inchi n’atra vota ‘a cassarola r’acqua, e mentili supra cu menza cipuddha (si su facioli ianchi, ambeci r’a cipuddha mentici un agghiu); falli bbùgghiri nzin’all’acqua mi si struri, ma attentu non mi si ‘mpigghianu!
Poi ggiungi autra iacqua ddu iirita supra r’iddhi, na pelata, ‘u sali, e si su facioli janchi na stampa r’accia: quandu si cunsuma su fatti.
S’i voi c’a pasta, ‘ggiungi tri gghirita r’acqua e quando bugghi cala jiritali, ‘ggiustala i sali e ‘a fini mentici na cucchiara r’ogghiu an cruru ll’unu. A ccu ‘nci piaci i facioli rrussi su bbelli c’u pipi ‘i rasta, nt’e janchi ambeci ci vai ‘u spezzi.

martedì 23 agosto 2016

BBROCCULI E CAULUSCIURI

Broccoli
Dopo averli lavati con cura, metti a lessare in acqua e sale i soli boccioli dei broccoli siciliani, con solo qualche foglia tra le più tenere.
Quando sono teneri, li puoi mangiare così, aggiungendo al piatto un cucchiaio d’olio oliva e qualche goccia di succo di limone, oppure cuocerci dentro le penne lisce. In quest’ultimo caso, l’olio crudo ci va, il limone no.

Ingredienti:
  • broccoli siciliani
  • sale
  • olio extravergine d’oliva
  • un limone
Pigghia i bbrocculi, caccici i fogghi e i trussa cchiù rossi, lava i ggiumbi belli puliti non mi nci sù papuzzi, e mentili mi bbugghiunu cu na stampa ‘i sali.
Quandu i trussiceddha si ndi venunu suli suli quandu ‘i tocchi c’a forchetta, su ffatti. Calaci ddhà intra ‘a pasta rossa, e quandu ‘a cacci nci menti na cucchiara r’ogghiu all’unu. S’i voi a ssuli, mentinci puru na ‘uccia ‘i limuni.
Ho scritto "broccoli siciliani" ma non sono sicuro che in italiano si chiamino così. Sono simili alle cime di rapa, ma il loro verde è scuro, quasi petrolio, e non hanno affatto quel retrogusto amarognolo. Per i reggini sono semplicemente "i brocculi", chi vuole specificare aggiunge "nustrani", da qualche parte in Sicilia li chiamano sparacelli, forse. Non li ho mai trovati a nord della Calabria. Li pubblico assieme al cavolfiore bianco, oltre che per l'affinità di genere, perché mia nonna quando li faceva in padella usava la stessa ricetta (la terza in fondo: ffuàti), e anzi talvolta li cuoceva assieme.

Cavolfiore
Dopo avere tagliato a pezzetti e lavato bene il cavolfiore, soffriggi uno spicchio di aglio, aggiungi i pomodori e lascia restringere il sughetto.
A quel punto, togli l’aglio, metti il cavolfiore, aggiungi acqua fino a coprirlo, sale e pepe, e lascia a fuoco lento fino al consumo dell’acqua.
Se non è cotto aggiungi acqua e aggiusta di sale. E’ ottimo con le penne, cotte a parte.

Ingredienti
  • un cavolfiore medio
  • uno spicchio di aglio
  • 3 pomodori pelati
  • olio extravergine d’oliva
  • sale
Pigghia ‘u caulusciuri, cacciaci i macchi c’u cuteddu, cacciaci ‘u trussu, rrumpilu a pezza, lavalu e sculalu.
‘Nta na cassarola larga e ‘mbascia, suffrìi n’agghiu, menti tri pelati e scacciali c’a forchetta, e fai mi si cunsumanu un pocu, poi caccia l’agghiu e menti ‘u cau-lusciuri, cumbogghhialu cull’acqua, mentici ‘u sali, na stampa ‘i spezzi, e fallu a focu lentu, c’u cumbogghiu. Ogni tantu toccalu, quandu si rumpi sulu sulu è quasi fattu: scumbogghialu e iasa ‘a fiamma mi si cunsuma l’acqua. Si ambeci l’acqua si cunsumàu e iddhu è cruru, ‘ggiungindi iautra (ma poi ‘ggiustulu ‘i sali).
‘A pasta, longa, falla a parti e apoi ‘mbrischiala.
...
Broccoli affogati
Prendi i soli boccioli (eliminando foglie e torsoli grandi) dei broccoli siciliani e lavali in abbondante acqua corrente (se preferisci puoi aggiungere ai broccoli del cavolfiore bianco, o utilizzare solo quest’ultimo).
In una padella, soffriggi uno spicchio d’aglio, quindi con molta attenzione tuffaci dentro i broccoli e una tazza d’acqua, metti il sale e copri subito con un grande coperchio.
Di tanto in tanto, scopri per mescolare e tentare di rompere i broccoli: quando ci riesci, togli l’aglio, e continua a rompere mescolare e ricoprire fino a cottura completata (broccoli teneri): se l’acqua è finita e i broccoli sono ancora duri, aggiungine due dita, eventualmente aggiusta di sale, e così via (alla fine, volendo, aggiungere del peperoncino, pepe nero se sono solo cavolfiori bianchi).
Si tratta di un ottimo contorno che fa quasi pietanza, ma se sono solo broccoli è ottimo anche come condimento per gli spaghetti.

Ingredienti
  • broccoli siciliani (e/o cavolfiore)
  • uno spicchio d’aglio
  • sale
  • olio extravergine d’oliva
  • peperoncino (o pepe nero)
Lava i ggiumbi r’i bbrocculi belli puliti non mi nci su papuzzi.
Suffrìi n’agghiu e mentinci a iddhi cu na tazza r’acqua, e cumbogghili subbitu non mi ti bbruci.
Mentinci ‘u sali, e quandu ‘i scumbogghi m’i ggiri, viri si si ‘ndi venunu suli suli quandu i tocchi c’a cucchiara ‘i lignu: quandu su ffatti, caccia l’agghiu, cassarìali un pocu e stutali.
Si non su fatti e l’acqua si cunsumau, ggiungindi un pocu e si è ggiustili ‘i sali. Si ti piaci, mentinci ‘u pipi ‘i rasta.
A’ stessa manera si faci ‘u caulusciuri, però c’u spezzi. O puramenti, si voi, ‘i po’ fari mbrischiati.
Si fai sulu i bbrocculi, però, t’i poi mangiari c’a pasta vermicelli.

martedì 16 agosto 2016

HO ATTRAVERSATO L'ALTO ADIGE

Non ce l'ho fatta a resistere. Per chi non capisce l'inglese, o
almeno 
il mio inglese (che chissà che ho scritto davvero),
la frase in italiano 
sarebbe: "..e avete presto cominciato
a costruire un nuovo 'Reich', con l'Euro come arma:
non imparate mai le lezioni della Storia, vero?
"
Il titolo è questo perché per un totologo è impossibile che non tornino di continuo in mente le immagini di un capolavoro come "Totò e Peppino divisi a Berlino", girando per certe strade. Ich bin ein berliner" l'ha già detto qualcun altro, e sarebbe da stupidi dopo una sola settimana di soggiorno, ma qualche impressione forse è lecito riportarla, dalla capitale (o se preferite capoluogo al di qua dell'oceano) dell'Impero:
  • non c'è una cartaccia a terra che è una, e questo la dice lunga sia sui servizi di pulizia che sulla educazione dei cittadini;
  • la metropolitana arriva ovunque ed è frequentissima pure ad agosto (i romani non possono credermi, lo so), è aperta fino a notte anche nei feriali, e NON CI SONO I TORNELLI e non va fallita;
  • rispetto a ciascuna delle prime cento città italiane per quantità di beni culturali, lì ne hanno un centesimo, e sfruttano quelli che hanno cento volte di più;
  • ad esempio, hanno trasformato il Muro in una miniera d'oro, tra frammenti (tanti che quando vai via per qualche giorno ti resta il riflesso, e ti giri verso qualunque pezzo verticale di cemento armato) veri o ricostruiti, musealizzazioni da gratuite a fin troppo care, e sfruttamento degli spazi vuoti di frontiera per opulente realizzazioni edilizie di archistar di paesi vari e si immagina elevatissimi onorari (non tutte belle, ma molte si, e comunque quasi nessuna qui suona fuori luogo come invece quasi tutte quelle nelle altre capitali storiche);
  • e comunque, quel poco di antico che c'è, a parte il piccolissimo quartiere medioevale, è per la maggior parte ottocentesco, e per il resto sette e novecentesco, e tutto trasuda di insopportabile prosopopea di grandezza, con la retorica imperiale a infarcire un neoclassico pesante e sgraziato.
Questo per dire che Berlino è un bel posto, che se non fosse per il gelo ci si potrebbe anche vivere e bene (la ciclabile è perfetta e arriva ovunque, ma a un mezzo africano come me risulta impensabile usarla al di fuori della brevissima estate, se pensate che nei giorni prima di ferragosto la temperatura ha superato raramente i venti gradi e spesso c'era vento freddo), a patto di dimenticare che questi prima si sono potuti permettere la riunificazione grazie alla flessibilità dell'Europa (hanno potuto usare la sovranità monetaria in un modo che salverebbe i problemi interni di qualunque altro Paese dell'UE se potesse oggi fare altrettanto), poi sono riusciti a imporre un valore della moneta comune che per loro ha rappresentato una svalutazione competitiva e per gli altri rivalutazioni tanto più esiziali quanto più lontane da quella tedesca le rispettive economie - risultato: distruzione della piccola e media impresa nel sud Europa e ancora di salvezza per Germania e satelliti nella crisi iniziata nel 2008 e ancora in corso.
Insomma, un senso continuo e vario di contraddizione è la colonna sonora interiore che si sente, se la sai e la vuoi sentire, girando per Berlino. Fenomeno che diventa stridente quando, spesso, hai a che fare con la questione ebraica: è particolarmente beffardo che il popolo che fu la vittima prediletta (ma non unica, pensiamo a rom disabili e diversi di ogni tipo, e nemmeno maggioritaria, pensiamo ai russi) della politica del governo di Berlino, città meritatamente divisa a metà per 41 anni e da un muro per 28, siano lo stesso che oggi ha eretto un muro ancora più alto e fin troppo simile ("trova le sette piccole differenze" tra le due immagini a sinistra....). Tra le mille tracce messe li a espiare, o almeno mostrare di voler espiare, il senso di colpa, un museo sontuoso e sicuramente costosissimo (con niente di sostanziale dentro, ma ragazzi che "scatola"!...). Lì , non avendo un inglese sufficiente a rendere pensieri complessi, il bigliettino non ce l'ho messo, ma cavoli se ci ho pensato....

lunedì 8 agosto 2016

MUDDHICA CUNZATA

Pangrattato condito
È la mollica di pane raffermo, indurito all’aria, grattugiata e più o meno impastata con olio extra vergine di oliva; come ripieno o copertura, è usata in moltissimi piatti tipici reggini.
Gli ingredienti vanno miscelati con cura, alle proporzioni preferite secondo il proprio gusto (si aggiusta con la pratica).
La stessa cosa vale per sale e olio: non indicheremo mai le quantità, se non approssimativamente, in quanto vanno secondo la sensibilità e i gusti individuali, e non si perfezionano se non provando e assaggiando.
Una miscela più secca serve come copertura, impastata con più olio come ripieno.
Della serie: iniziamo dalle basi, o se preferite dalle materie propedeutiche. Lo schema è questo: ricetta in italiano, ingredienti, ricetta in riggitano. 
Ingredienti:
  • pane indurito grattugiato a grana media
  • parmigiano grattugiato
  • aglio tritato
  • prezzemolo tritato
  • olio extravergine di oliva
  • sale
Pigghia ‘u pani ‘i cacchi gghiornu arretu (avi a ghiesseri duru comu a petra) e macinalu (o fattillu macinari) - ma non troppu finu: ggiustu.
Ddà intra mentici ‘u parmiggianu rattatu (‘cchiù ‘ndi menti ‘cchiù bellu veni), n’agghiu tagghiatu finu finu, nu bellu pocu ‘i putrusinu tagghiatu finu c’u cuteddu, na pizzicata ‘i sali e nu cucchiarinu r’ogghiu.
Miscita nu pocu e è fattu. Si ll’ha sarbari mentilu an friscu.

venerdì 5 agosto 2016

NONNA, CHI 'NC’È ‘I MANGIARI, OGGI?

Le "pagine" del blog, cioè quelle sue sezioni raggiungibili dalla barra sotto la testata, nascono per essere statiche, laddove i post costituiscono invece il dinamico scorrere "quotidiano" del diario web che ogni blog è. Tuttavia, ogni tanto mi capita di pensare che forse ogni tanto andrebbero aggiornate, anche se poi nel timore di guastarle finisce che lascio perdere. Oggi però ho avuto una pensata: senza toccare le pagine, alcune di esse potrebbero originare una serie di post che le "ravvivino", specie quelle collegate ad iniziative editoriali. Potrei, ad esempio, pubblicare ogni tanto un testo di una mia canzone (ho i diritti depositati in Siae da anni, per quello che vale), oppure un capitolo del mio primo e ultimo libro di narrativa o una ricetta del mio primo e ultimo ricettario (entrambi sono editi, ma da anni esauriti e fuori catalogo), e così tra l'altro tengo su il numero di post anche nei periodi "di stanca" come quello feriale che ci attende...
Comincio da Le ricette di nonna Carmela perché incredibilmente, anche per me stesso, nonostante si tratti di una iniziativa editoriale dallo scopo benefico chiusasi più di cinque anni fa (la storia la racconto appunto nella pagina statica relativa, Cucinoperdiletto), il gruppo Facebook omonimo al tempo creato per supportare l'iniziativa sul versante social network ancora oggi registra, chissà come e perché, delle richieste di iscrizione, di persone evidentemente curiose che poi magari faranno un giro nel gruppo e resteranno deluse dal vederlo inattivo da tempo. Adesso, però, ogni post sull'argomento, dal primo di oggi con la prefazione fino all'ultima ricetta, sarà "spinto" sia, come tutti gli altri, sui gruppi Whatsapp e Facebook di Controinformoperdiletto, sia sul suddetto gruppo Facebook del libro di ricette, e sarà come "regalare" a puntate questo a chi non ha avuto l'occasione di comprarlo a suo tempo, contribuendo alla relativa iniziativa benefica in Guinea Conakry. Nonna era generosa a livello imbarazzante, ne sarebbe contenta.
Ecco il testo della  prefazione, tenete presente che è dei primi mesi del 2011.
Una persona che vive molto a lungo è una sorta di macchina del tempo. Ad esempio, Sandro Ciotti, morto qualche anno fa ad “appena” 75 anni, ha avuto come padrino di battesimo nientemeno che Trilussa: ecco perchè si può dire che attraverso gli occhi di un vecchio si può vedere un altro mondo.
Carmela Giuffrè è morta nel 2003, poco prima di compiere 95 anni: era già nata quando ci fu il terribile terremoto che distrusse Reggio, Messina e province, facendo oltre 50mila morti di qua e 80mila di là. Ha quindi vissuto la prima infanzia e l’adolescenza nelle baracche dei terremotati, che sono posti duri da viverci oggi figurarsi cos’erano agli inizi del secolo scorso. Ha fatto la terza elementare, e poi via, ad imparare un mestiere: la sarta. Si è sposata a 22 anni: tardi, per gli standard dell’epoca. Ed allora ha avuto la sua casa popolare, e per la prima volta il gabinetto in casa e la cucina. A carbone. In tutto ha fatto “solo” quattro figli, l’ultimo dei quali per “festeggiare” la fine della seconda guerra mondiale. Tre di loro hanno avuto figli, alcuni di questi ultimi a loro volta pure: Carmela ha conosciuto i pronipoti laureati, e forse tra un po’ avrebbe visto la propria quarta generazione. Ma era già un immenso albero, il tronco fortissimo di un enorme baobab, pieno di rami più o meno fertili. Uno sono io. Un altro la figlia Luciana, 72 anni quando è morta Carmela 80 oggi, mai sposatasi e sempre convivente con una madre che le ha sempre impedito di accostarsi alla cucina: conscia alla fine che avrebbe dovuto imparare l’arte culinaria in via postuma (e adesso, incredibile, se la cava), a un certo punto ha cominciato a prendere appunti su un quaderno. Ed io, che per quindici anni ogni volta che volevo provare una ricetta (ma anche altre volte, facendo un po’ finta di averla dimenticata, visto il piacere che le faceva ricordarmela...) la chiamavo e me la facevo raccontare per telefono, rigorosamente in dialetto, messe le mani su quel quaderno ho fatto due più due, ed ecco il risultato.
Si tratta di una raccolta di ricette poverissime. Tanto che probabilmente chiunque legga troverà di conoscere qualcosa per arricchirne molte. Ma sono esclusivamente frutto di pura tradizione orale riportata il più fedelmente possibile da un’epoca in cui i mezzi erano pochi e bisognava industriarsi con quelli. Ma tutta la migliore tradizione culinaria italiana, a pensarci bene, deriva da questa povertà. Per cui le ricette di nonna Carmela sono buonissime così.
Provatele, ma vi avverto: per quanto vi possiate applicare, non verranno mai così buone come quando le faceva lei. In fondo, siete fortunati a non averla conosciuta.
P.S.:
di ogni ricetta trovate gli ingredienti quasi sempre senza quantità, perché le donne non misurano, sanno, e la nonna è la Donna per eccellenza; avendo imparato da lei, ad esempio, io non so dirvi quanto sale ci va in un tot di acqua o cibo, ma guardo quello che devo salare, prendo il sale con le mani, e non sbaglio più da anni: fate lo stesso, andate a occhio, e aggiustatevi con l’esperienza;
i testi in calabrese sono frutto della mia personale traslitterazione della lingua reggina, con regole coerenti tra loro ma magari non con altri autori; i testi in italiano non ne sono la traduzione letterale, tanto è vero che spesso sono molto più lunghi o molto più corti;
qualcuno potrebbe trasalire nel non trovare come si aspetterebbe tonnellate di peperoncino in un ricettario calabrese; sappia allora che i reggini, anzi i riggitani, non sono calabresi né dal punto di vista linguistico né da quello culinario, perché le distanze si misurano in tempo e non in chilometri, e oggi come sempre è l’area dello Stretto l’unità culturale cui fare riferimento: Reggio e Messina sono Terra di Mezzo tra Calabria e Sicilia, dove com’è noto si mangia agrodolce piuttosto che piccante. Basta spostarsi di pochi chilometri dal capoluogo, però, per trovare la cucina calabrese di montagna, a base di funghi, cacciagione, peperoncino, nduja, e il piatto regionale “maccarruni ‘i casa c’u zzucu d’a crapa”. Roba che io ho imparato ad apprezzare, ma che forse mia nonna non ha mai mangiato…

mercoledì 3 agosto 2016

CHE SICCOME CHE SONO SCETATO

Ciao, signora Carlo, pardon signorina. Scusa se per il titolo prendo
in prestito il tuo tormentone, ma sono giorni tristi, saresti servita tu.
Niente, non ci riesco. Volevo scrivere di qualcosa di più leggero, o almeno di qualcosa di diverso suggerito dalla cronaca, tipo ad esempio della morte della grandissima Anna Marchesini, una che oggi lo capisci perché quando era giovane gli notavi quel qualcosa nello sguardo che non era tristezza, era quel velo che solo la feroce e sorda consapevolezza dei veri Artisti rispetto alla beffarda finitezza della vita è capace di metterti. Ma non si può, in questi giorni qualunque filone di pensieri fa un giro più o meno largo e finisce in quella zona lì, quella che a troppi viene comodo etichettare come "terrorismo". Per evitare di riparlarne, allora, mi concentro sul "giro largo" di cui sopra, e lo illustro a chi ha pazienza di seguirmi.

1^ tappa: da Auschwitz a Piazza Alimonda
Succede che ancora non si riesce ad avere anche in Italia, ultimo tra i Paesi sedicenti democratici, uno specifico "reato di tortura": non si mettono d'accordo, eppure persino per il ben più controverso (e molto meno giuridicamente giustificabile) reato di "negazionismo" sono riusciti a trovarla, una quadra che includesse gli inizialmente contrari pentastellati. Come mai? Sarà davvero l'Olocausto l'ultimo dogma indiscutibile della laicità? Attenzione: qui non voglio negare niente, voglio solo affermare che posso dirmi democratico se e solo se consento anche, anzi direi soprattutto, al mio peggior nemico di pensare e dire quello che vuole. Io? Io penso che non è il numero di morti a rendere più o meno esecrabile un crimine, quindi non ha senso disquisire sul numero degli ebrei sterminati dai nazisti (assieme a zingari, omosessuali e ariani dissidenti e infermi, tocca ricordarlo): l'Olocausto è un fatto storico sicuramente da condannare. Ma penso che anche che sarebbe molto utile condannare allo stesso modo altri fatti storici della stessa tipologia (escludendo per comodità dialettica robe come la deportazione dei negri d'Africa, le vittime palestinesi di Israele, e i "danni collaterali" di 25 anni di bombe occidentali in medio Oriente) e portata (se non oltre, ma abbiamo detto che posavamo il bilancino...): lo sterminio degli armeni da parte dei turchi, quello dei pellerossa da parte degli USA, quello degli indios da parte di spagnoli e portoghesi, eccetera. E in ogni caso, per tutti questi eventi e tutti gli altri, o teniamo fermo il punto che ciascuno ha diritto di pensarla e dirla come la vuole, oppure smettiamola di dire che siamo in democrazia che siamo ridicoli.
Invece, quello che accade è non solo che il negazionismo diventa reato e la tortura no, non solo che
chi ha ordinato e eseguito le torture alla caserma Diaz nel 2001 è ancora al suo posto quando non è stato promosso, ma che oggi si possa organizzare un convegno così con un claim così su una locandina così impunemente, mentre non si può argomentare in altri campi evidentemente ritenuti sacri. Non è che per caso non ha torto chi pensa che Genova è stato precisamente il fischio d'inizio della guerra mondiale a rate che stiamo vivendo? E che quindi i No-Global ci avevano visto giusto, era il capitalismo globalizzato il Nemico del Genere Umano, ed è per questo che sono stati stroncati sul nascere?

2^ tappa: dal Quwait alla Libia, passando per New York
La notizia di oggi è che gli Usa, ci tengono a precisare su richiesta del "governo legittimo", hanno cominciato a bombardare Sirte. Pare che l'Italia si accoderà, se e quando il suddetto governo glielo chiederà, non si sa in che termini e modi. Il fatto che la Libia un governo legittimo senza virgolette ce lo aveva, che con tutti i suoi limiti quel governo garantiva ai libici il miglior tenore di vita di tutta l'Africa, con prospettive di ulteriore miglioramento in ordine all'approvvigionamento idrico e alla vendita di energia (fossile e solare), che quel governo legittimo sia stato spazzato via da un intervento illegittimo dell'Occidente (Germania esclusa, quelli non sono scemi), e che quelle vicende siano alla fonte della recrudescenza del fenomeno migranti in Italia e dell'esplosione di quello terrorismo in Francia, non si dice. Ma è la verità. E la conseguenza di questi nuovi bombardamenti, che ogni volta fanno vittime innocenti per un fattore di quelle del terrorismo da noi (ma notizia sui nostri media per una frazione), non potrà che essere altro odio verso l'occidente, altro carburante per quel terrorismo che si dice di voler combattere, altra manodopera volontaria per attentati tra chi per una ragione o l'altra sente nelle proprie carni questa ingiustizia e non ha altro modo per incanalare la rabbia. E se davvero stavolta partecipiamo attivamente, scordiamoci di restare fuori dagli obiettivi dei terroristi, come di fatto finora è stato, forse proprio grazie alla nostra ambiguità.
La verità, purtroppo, è che prima che l'Occidente (remember "my name is Cocciolone"?) rispondesse al richiamo dei signori del petrolio bombardando mezzo Iraq, prima che armasse e addestrasse Al Qaeda in funzione antisovietica per poi eleggerla a Spectre di un (auto)attentato per avere il pretesto di bombardare l'Afghanistan, prima che decidesse di destituire (con pretesti in vario modo infondati) uno dopo l'altro dei poco democratici leader laici in favore di per niente democratiche situazioni di caos etnico e religioso, prima di tutto ciò il terrorismo islamico non esisteva. Che con le nostre azioni l'abbiamo creato apposta o semplicemente favorito, poco cambia. Il grave è che continuiamo ad agire allo stesso modo, mentre dovremmo fare esattamente il contrario.

3^ tappa: da Nizza alla Turchia, con precedenti vari, specie a Bologna
In questi giorni fa 35 anni dall'attentato che rappresentò il vertice (purtroppo, nemmeno con tanto distacco) della strategia della tensione in Italia. I più scetàti lo sapevamo anche allora, che i terroristi erano burattini inconsapevoli, e che per capire chi erano i burattinai bisognava risalire pe li rami da chi e cosa fosse il vero obiettivo delle stragi a chi e cosa poteva essere interessato a raggiungerlo. Oggi, finalmente e non linearmente, questa lettura ai tempi definita complottista è pacificamente assurta a spiegazione storica di tutti gli episodi che hanno attuato la cosiddetta strategia della tensione, spiegazione magari non unica, magari dimostrata in misura diversa a seconda dei casi, ma seriamente sostenibile e infatti sostenuta in saggi film documentari e libri di testo. A me ciò pare abbastanza per considerare seriamente di utilizzare lo stesso paradigma per interpretare gli avvenimenti in cronaca. Vogliono farci avere paura. Vogliono che accettiamo di deporre senza resistenza, in cambio della sicurezza, una a una tutte le conquiste dei nostri padri e nonni sociali ed economiche (che poi, sono diritti pure quelli: chi non è libero dal bisogno se anche ha altre libertà non le sa/vuole usare). Che volete che sia manipolare dei figuri nauseati della vita che gli è toccata (ai margini delle società opulente che i loro padri avevano scelto per avere una opportunità), magari anche in qualche misura consapevoli della profonda ingiustizia della distribuzione mondiale della ricchezza, e poi si (come tutti i credenti, peraltro) forse anche attratti dalla semplicità delle spiegazioni del mondo tipica di tutti i monoteismi? Un gioco da ragazzi, esatto. Ma chi e cosa vuole tutto ciò?
Non occorre architettare tutto, basta saper creare le precondizioni per i fatti, e quando accadono sapere manipolare, col giusto mix di bugie (qui lo afferma anche Travaglio) e travisamenti massmediologici, la narrazione che sarà accolta dalla maggioranza del popolo bue. E per riuscire in questo non occorre essere in tanti, anzi meno si è meglio è, e con questo è spazzata via l'obiezione principe dei sedicenti anticomplottisti (che troppi dovrebbero sapere e quindi qualcosa prima o poi salterebbe fuori).
Guardate il caso turco. Non importa se il tentativo di colpo di stato sia vero o falso, non se una eventuale giunta militare avrebbe precipitato la Turchia fuori dal mondo democratico oppure viceversa sarebbe stato l'estremo tentativo di mantenercela: Erdogan sta cavalcando la tigre per consolidare il proprio potere, forse persino nell'interesse della propria nazione, portandola fuori dall'orbita dello sciagurato occidente e dentro quella della rinascente potenza russa (e tutti dovremmo "fare il tifo" per un mondo bipolare, quello monopolare dal 1990 a oggi è stato un disastro dietro l'altro), non lo so. Ma non lo sa neppure nessuno di quelli che ti raccontano le cose turche facendole aderire alla propria visione di comodo, forse ne sanno qualcosa i turchi, ma certamente non tutti, il parco buoi è maggioritario ovunque.

Ultima tappa: tornando a casa (e a coppe)
Nello scorso post, a un certo punto dicevo:
...non c'è nessuna ragione, nessuna, perché voi o io abbiamo diritto a condizioni materiali e spirituali di vita anche solo del 10% migliori di quelle di chiunque altro al mondo. Se le abbiamo di fatto, e nella misura in cui le abbiamo, è per strascico della rendita di posizione ereditata dal mondo pre-globalizzazione. In quel mondo, il socialismo ha svolto la funzione di tentare la redistribuzione, in termini di risorse e diritti che poi stringi stringi è la stessa cosa, verso il basso, ed ha avuto successo nella misura in cui cedergli era funzionale al sistema stesso. Oggi, chi tenta di perpetuare in qualunque modo una sola oncia di quella rendita, deve essere consapevole di essere "conservatore" anche se parla sotto le bandiere del progressismo. Solo un socialismo che operi sulla stessa scala del capitalismo, cioè globale, può di nuovo sperare di influenzare il sistema "da sinistra".
E' un concetto fondamentale, ma messo lì, nel mezzo del ragionamento, forse non si notava abbastanza, e sicuramente non si poteva legare al passo logico successivo: il socialismo è nella natura umana tanto quanto il capitalismo, e perciò è naturale anche l'alternarsi dialettico di queste due facce della medaglia nelle varie forme in cui si sono presentate nella Storia; negli ultimi decenni è toccato al capitalismo guidare le danze, ora tocca al socialismo. E quando viene il suo tempo, il socialismo si impone, al livello in cui può: se non è internazionale, sarà nazionale. E' già accaduto, infatti si chiamava nazionalsocialismo. Non dite che non vi avevo avvertito.

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