giovedì 10 settembre 2020

EROLÌ 1 - LA VILLA ROMANA DI PALAZZI DI CASIGNANA

Inauguro oggi una nuova rubrica, sperando abbia maggior fortuna di RADIOCIXD, molto popolata perché faccio da me ma poco letta perché evidentemente non vi interessano tanto le recensioni di dischi non recenti, e di YOSS, molto letta ma poco popolata perché destinata fin dal nome ad ospitare solo contributi vostri in forma di racconto e fin'ora solo due di voi si sono scomodati, per un totale di tre post.
La scommessa è che la scoperta di siti di interesse culturale vi solletichi di più dell'archeologia musicale e delle velleità letterarie, e che quindi vi affolliate ad imitare
Pasbas, che qui ci parla di "una delle tante bellezze nascoste della Calabria Jonica", di cui è peraltro originario.

Il taglio che devono avere i vostri contributi per essere pubblicati è proprio questo: parlare col cuore di un posto dove siete stati o comunque che abbia valenza culturale tale che pensate meriti se ne parli di più di quanto non si faccia. Importa poco se ne approfittate per fare un po' di pubblicità gratuita, ad esempio a un buonissimo (ve lo garantisco) quanto poco conosciuto vino... Scrivetemi, e intanto buona lettura. Anzi, pure buona visione: le (davvero belle) immagini si espandono al click.

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La villa romana di epoca imperiale di cui vi parlo fu scoperta nel 1963 durante gli scavi di un acquedotto, in contrada Palazzi, comune di Casignana (tra Bianco e Bovalino). La grande costruzione era proprietà di una ricca famiglia patrizia di Roma, che probabilmente si dedicava alla coltura della vite, data la presenza in loco della più antica delle cinque Malvasia presenti nel mondo. 

La leggenda narra che nell'ottavo secolo A.C. un colono greco abbia portato con sé un tralcio di questo pregiato vitigno per ricordare la sua madrepatria, magari sorseggiando un po' di Malvasia davanti allo spettacolo dell’alba che colora questo mare di un rosso ambrato.

L’archeologa responsabile degli scavi mi disse che questa era zona di commerci sulla strada che univa Locri a Rhegion ed in posizione strategica per i commerci con l’Africa via mare (la villa era dotata di un porto completamente attrezzato, le cui vestigia sono ancora visibili in mare in particolari condizioni di correnti). La stessa archeologa mi riferì che, in base a ricerche e sondaggi fatti, in zona dovrebbero esistere altre sette ville dello stesso tipo.

La edificazione di questo complesso, iniziata nel I sec. DC, è proseguita tra modifiche, rifacimenti e ampliamenti per tre secoli, raggiungendo il massimo splendore nel IV sec. DC. Gli ambienti termali, sontuosamente decorati con marmi e mosaici policromi e articolati in diverse sale, un frigidarium e otto calidarium, rappresentano un unicum per le regioni a sud della zona flegrea. Le dimensioni della costruzione, 5000 mq ca, rendono l’idea della importanza della famiglia patrizia e di quanto floridi fossero qui i commerci in epoca imperiale. Gli otto calidarium erano serviti da una complessa e efficiente rete di condutture in terracotta ancora in ottimo stato di conservazione. Segue il tepidarium, ambiente di transizione verso la parte fredda delle terme e finalmente il frigidarium, fine del percorso benessere (altro che spa attuali!). Erano presenti inoltre diversi laconicum, ambienti riscaldati simili alle nostre saune.

I mosaici che ornano i pavimenti dei vari ambienti, soprattutto quelli termali, risalgono a periodi diversi: i più antichi sono bicromi con tessere bianche e verdi, mentre i più recenti, utilizzando preziosi marmi provenienti dalle province lontane dell’impero, sono realizzati con tessere policrome. In ambedue i casi si è fatto utilizzo anche di tessere piccolissime che fanno pensare più all'arte orafa che a quella prettamente mosaicale. Il frigidarium contiene i pavimenti più belli, istoriati con forme geometriche, volti umani e scene mitologiche. La Stanza delle Nereidi e la Stanza Ottagonale sono certamente le più sontuose, con mosaici perfettamente conservati. Dalle sale termali si accede direttamente ai sofisticati servizi igienici, tra i quali sono riconoscibili diverse latrinae ben conservate.

Una vera chicca è rappresentata dal pavimento di una delle sale che, cedendo il terreno che la sosteneva, si è mosso di conseguenza acquisendo una perfetta forma ad onda: con grande sorpresa ho scoperto che in questa nuova configurazione nemmeno una singola tessera si è mossa dalla propria posizione all'interno del disegno geometrico, creando un effetto “tappeto volante” credo unico al mondo.

E’ stato realizzato in un secondo tempo un sottopasso attraverso la SS.106 Jonica che conduce alla sezione specificatamente residenziale della villa. Gli scavi più recenti hanno portato alla luce gli ambienti padronali, tra i quali sono degni di nota la Sala delle Stagioni con i suoi pregevoli mosaici e i pavimenti dei vari ambienti. Ultimo in ordine di scoperta è il Trionfo di Dionisio che viene rappresentato su un carro trainato da tigri. Non è ancora visitabile perché in fase di restauro, secondo Giuseppe (il responsabile del sito, persona appassionata e competente) i lavori relativi dovrebbero riprendere la prossima primavera (?).

Tutto il complesso si trova all'interno della Tenuta Ceratti, azienda vinicola che da generazioni produce il passito più antico, il Greco di Bianco. La famiglia si è presa cura, fin dal primo momento, della salvaguardia di questo vero tesoro calabrese. Non si può che rimanere estasiati di fronte a tanto splendore e al contempo dispiaciuti per la pochissima attenzione che questo sito riscuote in Italia e, cosa ancor peggiore, nella stessa Calabria.

PasBas

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