giovedì 22 aprile 2010

DANCE ON A VOLCANO

Quando Peter Gabriel lasciò i Genesis, al termine della trionfale tournèe di The lamb lies down on Broadway, molti davano per chiusa la parabola artistica del gruppo. Non avrebbero sbagliato di tanto: di lì a poco i tre superstiti, accecati dalle prospettive di guadagno facile, tradirono il loro dono di musicisti di livello eccezionale per trasformarsi in una ricchissima pop band come tante. Mentre Gabriel, che paragonato a loro era "uno che non sapeva suonare", e aveva il solo merito di aver inventato un certo modo di stare sul palco - togliendo agli altri però in visibilità, intraprese il percorso opposto: dischi di crescente qualità e valore artistico, sempre più radi, che possono non piacere a tutti ma di certo non accusabili di vocazione eminentemente commerciale. Il tipo sembrò pensare che una volta che sei abbastanza ricco da non potere mai spendere tutto quello che guadagni, almeno a quel punto se non hai il coraggio di farlo prima, cercare di guadagnare ancora a costo di perdere la vocazione artistica è un delitto contro se stessi, e ha preferito utilizzare la propria notorietà per "inventare" la world music, dando una possibilità editoriale a tutto quello di buono che ascoltava nel mondo, non senza tributare al nostro Fabrizio De Andrè e all'ascolto del suo Creusa de Ma la paternità dell'idea.
Ma all'inizio, eravamo a metà degli anni 70, entrambe le fazioni di fan che sempre si formano all'uscita di un big da un gruppo, dovettero trasalire: nessuno si aspettava, infatti, che quello pelato, si per carità eccezionale batterista, scendesse dal podio spazientito dalla vanità di infinite audizioni, e cantasse così bene, in un disco così bello come The trick of the tail. I Genesis completeranno la loro metaformosi con l'abbandono di Hackett, dopo un altro paio di dischi decisamente decenti, ma quell'album noi appassionati della prima maniera continuiamo a venerarlo assieme a quelli dell'era Gabriel, pur con i dovuti distinguo. Il primo brano, quello che scartato il vinile e messo sul piatto si ascoltava subito e talvolta si ricordava per sempre, fu folgorante: si chiama Dance on a volcano.
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In questi giorni un vulcano islandese dal nome impronunciabile ha deciso di mostrarci quanto il nostro stile di vita è fragile. Una settimana di cenere, tutti i voli a terra, panico in mezza europa, milioni di euro di danni. Non lo siamo ancora del tutto, ma anche volendo dirci fuori, va tutto bene? E se fosse durata un mese? Un anno? Due riflessioni, una seria di Simoni su l'Unità e una solo apparentemente meno seria dell'immenso Stefano Benni, ci aiutano a fare mente locale:

  • compagnie aeree fallite, aeroporti chiusi, decine di migliaia di licenziamenti
  • ridisegno dei traffici europei sulle vecchie rotte navali e ferroviarie
  • spostamento di molti centri nevralgici verso il mediterraneo e il nord Africa
  • raffreddamento brusco delle temperature medie, aumento drammatico dei consumi energetici per riscaldamento
  • anticipo della crisi petrolifera, anche per il minor rendimento dell'energia solare nei paesi che vi hanno investito di più
  • recrudescenza delle guerre per il controllo delle aree di produzione del greggio, probabile conflitto anche in Iran
  • conseguente rinfocolarsi del terrorismo islamico, attentati in Spagna Francia e Italia
  • sospensione dei diritti democratici a cominciare dall'Italia ufficialmente a scopo preventivo degli attentati stessi, come in Usa nel 2001 ma in salsa fascista
  • denuncia di Grecia Italia e Spagna dei trattati europei, smembramento dell'aria Euro
  • inflazione a due cifre, tensioni sociali, austerità forzata anche per l'assoluta impreparazione del tessuto socioeconomico italiano alla fine dell'era del petrolio, abbandono dei cantieri appena iniziati del Ponte sullo Stretto e delle centrali nucleari
  • secessione del nord sotto la guida di Renzo "la trota" Bossi, il Papa viene rimesso sul trono di Roma dal premier Casini, il sud si organizza sotto la guida della ex criminalità organizzata oggi forza legalizzata - lungi dal rappresentare la panacea dei desiderata di alcuni commentatori, la cosa sfocia in una guerra aperta: il Triunvirato a capo delle Due Sicilie chiede i danni dell'unità d'Italia al Nord, e non ottenendoli passa all'offensiva, forte dei quattro quinti degli effettivi del fu esercito italiano...

Sembra una ricostruzione fantasiosa e forse lo è, ma provate davvero a immaginare una nube che insiste per un annetto sull'Europa, o qualsiasi altra cosa avvicini la comunque prossima fine dell'era petrolifera, e siate onesti con voi stessi.
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Ora, un giorno Peter Gabriel si disse: se continuo su questa strada, faccio un sacco di soldi subito, ma tradisco me stesso, se cambio rotta sarò meno ricco, ma avrò lasciato il mio segno nella musica... eppoi meno ricco non vuol dire mica per forza povero... Allo stesso modo oggi siamo tutti
noi di fronte a un bivio, e prenderemo una strada o l'altra a seconda se abbiamo o meno capito la lezione: o ridefiniamo il concetto stesso di benessere e ricchezza in una dimensione compatibile col pianeta, e ci resteremo a lungo imparando a sfruttarlo senza consumarlo, oppure insistiamo con l'attuale modello dissennato di sviluppo e ci condanniamo all'estinzione. Stiamo danzando su un vulcano acceso, che sta per esplodere. Ma come ci piace, come ci fa fischiettare, sta musichetta orecchiabile...

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