domenica 4 aprile 2010

MUSICA E MEMORIA

Vado sempre volentieri a sentire la musica dal vivo, ancora di più quando con me ci sono ragazzi giovani, diciamo da meno che trentenni in giù. Sono un'esigua minoranza, in quelle fasce d'età, quelli la cui fonte informativa musicale nasce dal basso, nei locali dove si suda, piuttosto che dall'alto, nelle trasmissioni tv dove vecchie cariatidi decidono quale sarà il gusto musicale dei ragazzi di oggi. E' qui che nasce il berlusconismo, o perlomeno è questa la sua strategia principale, e infatti è questa la maggiore colpa del centrosinistra (ammesso che sia colpa e non dolo), di non averlo almeno parzialmente disarmato in quelle brevi finestre temporali in cui avrebbe potuto. Il consenso di B. è televisivo, inutili per lui gli appelli alle piazze - i suoi non vanno in piazza, o i ridicolissimi libri che si fa scrivere - i suoi non leggono i libri; glielo diamo anche guardando striscia la notizia, le iene o zelig, che per acchiappare un target si vestono da trasgressive, ma sono innocue per lui e deleterie per gli altri nella misura in cui disinnescano anche quel po' di indignazione. Per cui, è esattamente da qui che può finire, non guardando mai la televisione, e cercando in tutti i modi di indurre le persone, quelle a cui teniamo in primis, a fare altrettanto. Non ci sono elezioni da qui a tre anni, e anche se l'anagrafe si decidesse a fare il suo dovere potrebbe essere troppo tardi per l'anima di questo Paese, e il berlusconismo non morirebbe con Berlusconi.
La sera, signori e signore, non state mai a casa, non è vero che si spende tanto, non in città come Roma, non necessariamente. E anche in città più piccole, organizzatevi un cineforum e stanate gli amici, mettete su una piccola compagnia teatrale, un complessino, andate a scuola di ballo poi a ballare: i figli sono una scusa, possono sempre venire con voi, da piccoli stanno li più grandi partecipano e in ogni caso si abituano alla gente.
E le cover band ci sono dappertutto, e quasi sempre si ascoltano al massimo al prezzo di una birra. Talvolta sono ragazzi che suonano in maniera scalcagnata il proprio amore per un'artista o una band, talaltra musicisti che interpretano alla loro maniera (le tribute band) o il più possibile fedelmente all'originale (le cover band) i loro idoli. Quasi tutti i ragazzi che mettono su una band, io lo so per esperienza diretta - a suo tempo lo feci anch'io, sognano in fondo in fondo di poter fare pezzi propri e un giorno diventare famosi o almeno mantenersi con la musica, quasi nessuno però ci riesce, i soldi che ti danno riescono a stento a farti rientrare dalle spese per tener su il gruppo. Per qualcuno invece il tributo è l'obiettivo, e sono quelli che riescono meglio, suonando i pezzi che sembrano gli originali, con gli stessi arrangiamenti che si sono studiati meticolosamente su un ellepi o su un live, meglio di come fanno ormai i loro emuli (o di come farebbero, in tanti casi).
Ieri alla Locanda blues ho sentito gli Alchemists, una delle rare band che si accollano il difficilissimo compito di suonare i Dire Straits. E infatti le rare altre occasioni che mi era capitato di ascoltare gruppi analoghi, la cosa migliore che mi restava dentro era la nostalgia per quella folgorante meteora della storia del rock, leader un chitarrista dalla tecnica incredibile che scriveva pezzi dylaniani con un suono mai sentito e mai più sentito, dacchè egli stesso sciolse il gruppo e intraprese una carriera solista virata country noiosa e supponente (e per carità, tanto di cappello a chi ha il coraggio di seguire la propria anima a costo di rinunciare ai milioni di dollari sicuri in più di un nuovo disco targato Dire Straits anzichè Mark Knopfler anche se poi lo ascolti e ti fai du palle così). Invece sti ragazzi sono davvero molto bravi, tutti, davvero, in primis il leader che si chiama Vitiello, somiglia a Mark persino fisicamente (è stempiato e un po' curvo), porta i polsini, ha un timbro vocale simile, si è comprato le stesse chitarre e le suona riproducendo i notissimi assoli nota per nota, e chissà che fa per campare: ha un sito personale ispirato a Popper (prima domanda di un'intervista ipotetica: Guido, che ci azzeccano Popper e i Dire Straits?), ma evidentemente ascolta i Nostri dalla culla e comunque sicuro è cresciuto suonandoseli in cameretta fino a che non ha deciso di mettere su una band mettendo un annuncio su Porta Portese.
I miei amici meno-che-trentenni conoscevano solo qualche canzone, ieri sera, ma si sono goduti tutto il concerto e ogni tanto si voltavano verso di me, che cantavo a memoria tutti i pezzi probabilmente anche infastidendoli, per chiedermi informazioni. Forse esagero, ma è questo che ha portato fin qui l'umanità, ed è per questo motivo che se non recuperiamo al più presto questa dimensione, se continuiamo tutti ognuno per conto loro a stare davanti a quella scatola colorata, l'umanità è perduta. La memoria non passa attraverso quel media da subire passivamente, da uno a tutti, inventato apposta per intrattenere, cioè farti passare il tempo senza pensare che lo stai sprecando; la memoria invece passa scrivendo e leggendo, passa di bocca in bocca, meglio ancora ascoltando e/o ballando musica. Sarà per questo che il grande Woody Allen, uno per dire che non si è presentato a ritirare l'unico Oscar della sua carriera (e c'è chi dice che non gliene hanno dati più apposta, dopo il 1978 di Io e Annie) perchè quella sera doveva suonare con la sua band, l'altra sera a Roma ha dato uno schiaffone al nostro smemorato Paese, dove si toglie la Resistenza dai programmi scolastici, chiudendo il concerto con Bella ciao.

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