lunedì 28 luglio 2008

BOMBA O NON BOMBA?

Ieri si è concluso il Tour de France, la corsa ciclistica per antonomasia, che non vede un protagonista italiano dai tempi di Marco Pantani.
Per la verità stavolta un italiano si era pure fatto notare, tale Riccò, ma è stato squalificato per doping e le sue vittorie di tappa annullate. Ma già due volte hanno annullato pure la vittoria nella classifica generale, due anni fa all'americano Landis e nel 1996 al danese Riis. La vittoria di Pantani nel 1998 invece resta valida: lo scalatore romagnolo fu "pizzicato" solo l'anno dopo durante il Giro, alla fine di una strepitosa quanto "viziata" vittoria in salita, mi pare in Val Gardena.
Ero passato in auto per quelle strade e la macchina faceva fatica, per cui mi ero chiesto come cavolo facessero a farla in bici, e magari il giorno dopo un'altra montagna. Pantani poi, quando scattava in salita facendo sembrare gli altri a piedi e lui in motorino, era sportivamente esaltante; ecco, io non è che abbia mai seguito questo sport con particolare passione, ma il Pirata mi piaceva, e come per tanti altri il giorno della sua squalifica è stato anche l'ultimo che ho guardato il ciclismo.
Da allora in poi le squalifiche eccellenti si sono susseguite incalzanti, in un altalenarsi con le vittorie che persino il cane di Pavlov avrebbe smesso di seguire le corse. La domanda allora è: come cavolo fa ancora, il tifoso di ciclismo, ad esaltarsi per un suo beniamino che sta compiendo un'impresa, quando è quasi certo che è dopato e ha diciamo il 50% delle probabilità che il giorno dopo lo squalifichino? Mi sono espresso per iperbole, ma non so poi quanto...
Stamattina a radio due hanno intervistato in merito Alfredo Martini, coach decano della Nazionale italiana, che rivendicava al ciclismo addirittura una maggior pulizia rispetto ad altri sport, in sostanza dicendo "qui le magagne si scoprono perchè i controlli si fanno"...
Ma c'è un'altra intervista storica che mette in discussione questa posizione, è quella a Fausto Coppi nel 1954 (sentire per credere da La storia siamo noi - ma ci sono battute anche in Totò al Giro d'Italia), in cui il Campionissimo ammetteva candidamente (l'antidoping non c'era) di far uso quasi quotidiano di una cosiddetta "bomba", miscela di simpamina (stimolante cardiaco, credo) e altra roba, della cui libera e democratica circolazione ci sono svariate prove per molti anni a venire. La prendevano tutti, quindi vinceva il migliore. Poi morì un inglese in corsa, mi pare proprio al Tour, e cominciarono i controlli, anche se non cattivissimi (fu pizzicato pure il "cannibale" Mercks, ma non ne ebbe la carriera stroncata), e con essi la fuga in avanti della scienza del doping. Che inventa cose nuove, come quell'autoemotrasfusione che fruttò un record dell'ora a Moser (e, pare, un record del mondo a Mennea che restò imbattuto per decenni), e quando queste vengono dichiarate illecite ne inventa altre e così via.
A questo punto la differenza tra gli sport non è questione di controlli, ma di natura dello sport stesso, e del tipo si sforzo che richiede. Peggio del ciclismo, solo discipline come pesistica e culturismo. Per altri sport come il tennis, il doping può meglio trovare applicazione nella preparazione atletica che negli incontri. E tra questi due estremi troviamo il calcio e tanti altri sport. Il punto è questo: tanto più la pratica del doping è direttamente importante per il risultato, tanto più è usato fin dalla pratica dilettantistica. Perchè fin da quando inizi sai che se vuoi sfondare devi prendere qualcosa: fatevi un giro di prova nelle palestre, e vedrete quanti ragazzini inghiottono pugni di "aminoacidi". Tra l'altro, il doping è tanto più pericoloso quanto è dilettantesco, e le vittime sconosciute, specie se non muoiono ma si ammalano soltanto, non escono sui giornali...
E allora? e allora ci sono solo due soluzioni, entrambe estreme:
  1. chiudere al professionismo, e quindi impedire che siano fonte di guadagno, il ciclicmo e tutti quelli sport in cui il doping dia vantaggi prestazionali immediati;
  2. ammettere senza ipocrisie che lo sport professionistico si pratica sotto "assistenza medica avanzata", tanto per cambiare un'etichetta sputtanata, il che da un lato aiuterebbe a diminuire le conseguenze indesiderate e forse a controllare il fenomeno per i non professionisti, e dall'altro ci ridarebbe campioni come Pantani, che a parità di doping aveva una marcia in più, ed è stato solo meno furbo di altri plurivincitori precedenti e successivi.
L'unico errore sarebbe continuare con questa lotta di retroguardia che ha l'unico effetto di stimolare la ricerca nel doping verso sostanze più efficaci e meno riconoscibili, e con questa ipocrisia che ci porta ad esaltare un giorno e stigmatizzare il giorno dopo un campione dopo l'altro.

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