lunedì 30 giugno 2025

CREDERE ALLE FATE

Ho quasi sessantadue anni e l'ho vista una volta sola, anzi mezza. E sono anche fortunato, perché la maggior parte dei miei anni li ho passati lontano da Reggio e conosco molti reggini sempre vissuti li che non l'hanno vista mai. Quella volta, mi trovavo la mattina in centro città a sbrigare chissà quale impiccio, e a un certo punto ho visto gente correre verso le traverse che scendono verso il mare (il centro di Reggio, ricostruito in era illuministica dopo un devastante sisma di fine settecento, è ortogonale rispetto alla costa, e come si può intuire dalla cartina non c'è un punto da cui non si vede il mare, anche per via della ripida orografia), in preda ad una agitazione che però non tradiva allarme. E li ho seguiti.

La Fata Morgana è un fenomeno ottico diffuso in tutto il mondo, e sul web è facile reperire contenuti che ne spieghino tecnicamente la genesi. Ma è a Reggio Calabria che il fenomeno raggiunge le sue vette, le rare volte che si realizza appieno. Talmente rare che persino nella nostra era in cui su Internet si trova tutto, non si trovano immagini in cui si vede davvero bene, vuoi perché forse l'occhio umano è ancora per certe cose un obiettivo migliore di qualunque aggeggio, vuoi perché le condizioni che debbono verificarsi contemporaneamente per una "totale" sono talmente tante che se sei fortunato ne vedi una con una condizione in meno, come appunto è capitato a me. Occorrono infatti:

  1. una spianata d'acqua abbastanza grande da potersi apprezzare la curvatura terrestre ma abbastanza piccola da vedere qualcosa di grosso dall'altra parte;
  2. il sole dietro le spalle, quindi deve essere la mattina presto (il tramonto non è uguale, non si verificano mai molte delle altre condizioni);
  3. nessuna foschia, quindi bassa pressione atmosferica;
  4. cielo terso (in bassa pressione, raro);
  5. acqua liscia come olio (idem)
  6. inversione termica (la temperatura al suolo più bassa di quella in quota).

I primi due punti ci dicono che dobbiamo trovarci sullo stretto di Messina, ma sulla sponda calabra. Per quello è Reggio a essere definita "città della Fata Morgana". Gli altri ci spiegano perché tra le immagini che ho trovato io nessuna mostra il fenomeno in toto, tranne la stampa d'epoca qui sopra.

In quella qui accanto, si vedono bene le case siciliane molto ravvicinate e capovolte in aria, ma il mare increspato impedisce anche che si vedano specchiate fino ai piedi dell'osservatore. In quella seguente, il mare è liscio ma ci sono delle nuvole, la foto è troppo da lontano e probabilmente non è nemmeno mattina presto.

Quella che ho visto io era così: le case di Messina enormi e vicinissime, quelle più vicine alla costa capovolte a mezza altezza su e riflesse fino alla costa reggina giù, e purtroppo delle nuvole a rovinare il quadro complessivo. Dovete accontentarvi della descrizione, perché ai tempi nessuno andava in giro con la macchina fotografica in tasca, e poi chissà se l'avessi fotografata cosa vedremmo oggi... Vorrà dire che attenderemo la prima Fata Morgana totale in era smartphone, anche se io temo che non basterà.

Gli è che le cose per capirle bisogna starci dentro, e veniamo al motivo vero di questo post "romantico" e nostalgico in un sito di controinformazione. Mia figlia oggi compie quattordici anni. Non ne parlo mai esplicitamente, non ho mai postato sue foto sui social e meno che meno qui (farà da sola, se vorrà, specie da oggi che c'è uno switch nel parental control del telefonino). Ma da quando è nata è installata fissa nei miei pensieri, e lo sarà fino a che campo. Non dico niente di originale, lo so, ma si tratta di una magia che puoi provare a spiegarla a parole, puoi fare le foto o i filmati se ci riesci, ma per capirla ci devi stare immerso. Come la Fata Morgana.

domenica 22 giugno 2025

GOTT MIT UNS

Chi non sopporta l'idiozia e la malafede non può guardare la TV in questi giorni. I commentatori, infatti, proprio come col covid si dividono in due gruppi: quelli che la narrazione ufficiale, quella per cui l'Iran stava per costruirsi l'atomica e Israele bombardandolo sta facendo il lavoro sporco a favore dell'Occidente Democratico intero, la sposano acriticamente, e quelli che le danno eco perché prezzolati o comunque interessati portatori di propaganda di regime. Io personalmente, come molte volte ho già detto, preferisco i secondi, perché almeno hanno un motivo valido (se mi sistemate fino alla settima generazione se mi unisco al coro vacillo anch'io, è umano - vero, Giggino?) e soprattutto perché i primi sono molto ma molto più numerosi. L'Indipendente qui fornisce una piccola antologia di questa "falsa coscienza" propagata a reti unificate, leggetevela: è piuttosto istruttiva.

Quindi, niente TG, perché "in guerra la prima vittima è la verità", e inoltre avendo ancora qualcosa tra le orecchie bastano i cinque minuti del rullo di prima mattina per tenersi aggiornati, altro che l'opera certosina che fa Pasbas sentendosi in dovere di rovesciarla sui suoi contatti social (per carità, continua, ti apprezzo e ti voglio bene, ma non sposti una virgola, non convincerai mai nemmeno uno, ti legge solo chi è già convinto e la pensa come te, e solo qualcuno riesce a leggere tutto), perché invece sul quadro generale la ricostruzione è estremamente chiara. C'è una potenza nucleare, messa con una scusa a presidiare un quadrante nemico da altre potenze nucleari tra cui una superpotenza, che si sente in dovere di stabilire che un altro stato sovrano non può diventare una potenza nucleare anche lui, e quindi di attaccarlo militarmente per impedirglielo ovviamente procurando vittime innocenti, danni ingenti, e visto l'oggetto del contendere rischiando di causare un disastro anche ambientale con effetti non confinabili. Si, esatto, sto dialetticamente dando credito alla tesi dell'attaccante: facciamo che l'Iran stava davvero implementando il nucleare a scopi civili con scopi militari nascosti. Chi sei tu per dirgli che non può?

Questa "asimmetria" di giudizio, per cui "i nostri" avendo ragione ed essendo portatori della Libertà e della Democrazia possono fare cose che "gli altri" non possono fare (ad esempio intervenire in aiuto di popoli amici sotto aggressione, come hanno fatto i russi in Ucraina dal loro legittimo punto di vista), è un vulnus della logica, un vizio che si può riassumere con la formula "Dio è con noi", infatti usata da Bibi persino nei discorsi ufficiali, chissà se rendendosi conto di stare ripetendo le stesse parole di un certo Adolf Hitler, dopo aver peraltro adottato il suo stesso metro, anzi uno molto peggiore, nel diritto di rappresaglia dopo il fatidico 7 ottobre (ma facendo i conti delle vittime israeliani e palestinesi dal 1948, anche da prima). Una formula che stringi stringi è alla base di tutte le guerre, da quando gli ominidi si alzarono su due zampe brandendo con quelle anteriori finalmente libere dei femori a mò di arma, che un visionario ci mostrò equivalevano alle astronavi, altro che progresso della civiltà umana.

domenica 15 giugno 2025

RESET

A volte, quando la realtà ti sembra avvitarsi su se stessa e non vedi come e dove possano esserci vie d'uscita, può essere utile ripassare la lezione della Storia, nel bene e nel male. Nel bene: la via d'uscita c'è sempre, niente è eterno, finiscono anche gli imperi più organizzati e crudeli figurati le caricature di impero in cronaca. Nel male: una singola vita umana non è una unità di misura sufficiente, in altri termini non è affatto detto che quella via d'uscita si palesi quando tu sei ancora vivo per vederla. Nel bene: ma non è detto, ad esempio basterebbe che si svegliasse sul serio l'Etna o esplodesse un qualche suo fratellone da qualche parte nel globo per azzerare dall'oggi al domani tutte le chiacchiere infondate e tendenziose sul riscaldamento climatico a base antropica, regalandoci almeno qualche decennio di inverni gelidi e estati irriconoscibili come tali, quella che si dice in gergo "piccola glaciazione" e che è occorsa moltissime volte nella cosiddetta storia umana figurarsi nella vita del pianeta. Nel male: non è che sia meglio una piccola glaciazione dei danni che possono fare i guru del cambiamento climatico, o una nuova guerra mondiale del vulnus democratico costituito ad esempio dall'Unione Europea o da quel mostro chiamato Stato d'Israele, che molto probabilmente ne verrebbero spazzati via.

E però consola. Perché non siamo gli ultimi umani sul pianeta, abbiamo figli o nipotini che vedranno il mondo quando noi non lo vedremo più, e il pensiero, illusorio per quanto sia, ci consola. Tutti, perché vivere è un istinto potente che chiama a raccolta di continuo tutto ciò che può servire alla sua causa, anche (e soprattutto) l'autopresa per il culo, laica o religiosa che sia.

I leghisti della prima ora, quando scrivevano sui cavalcavia delle autostrade FORZA ETNA, evocando così un nume in grado di distruggere il meridione (e secondo loro solo quello, poveri mentecatti) prima di capire che un megaappalto mafiofilo era molto più utile allo stesso scopo, senza rendersene conto, e in un modo completamente diverso dalle loro intenzioni, ci avevano preso. Noi riavremo un mondo pieno di futuro come quello che ebbero i nostri padri nel secondo dopoguerra quando sarà successa qualcosa di altrettanto tragico a obbligarci a resettare. Cioè, "noi": quei pochi di noi che sopravvivranno e avranno modo di unire i puntini e dirlo in giro, ammesso che ce ne saranno e quand'anche che saranno compresi da qualcuno.

Perdonate, ma credo sia umano che la follia in cronaca, l'attacco militare a uno Stato sovrano per dichiaratamente impedirgli di dotarsi di armi atomiche, formula ideologica (riportata in quanto tale acriticamente dal mainstream) che nasconde l'intenzione di sollevare un polverone così enorme da poter attuare indisturbati e nascosti la Soluzione Finale del genocidio palestinese, faccia venire questi brutti pensieri...

martedì 10 giugno 2025

QUINDICIMILA VOLTE GRAZIE

Ho aperto il gruppo FB sul libro Le ricette di nonna Carmela quando avevamo esaurito la tiratura, e costruito coi proventi di quella iniziativa, e di quella di cui era figlia e coronamento, una scuola in Guinea Conakry. La storia è raccontata per esteso in una delle pagine statiche di questo blog.

Per una delle insondabili dinamiche del web e dei social, anni dopo la sua creazione il gruppo suddetto ebbe una clamorosa impennata di iscritti, che ho commentato al tempo in un post che oggi potrei riscrivere, anche se la curva della crescita si è addolcita, perché abbiamo raggiunto una cifra tonda e le cifre tonde piacciono agli umani, non si sa perché.

Ma anziché ri-ragionare sulle dinamiche, e un po' anche per compensare la mia scarsa partecipazione al gruppo social (dopo avervi postato tutte le ricette del libro una a una, ho lasciato che fossero i membri a contribuire con le loro, limitandomi ad approvare le nuove richieste di iscrizione e fare un minimo di controllo sui post impropri e i pochi nuovi membri che provano a usare il gruppo per finalità diverse da quelle proprie, di condivisione a titolo gratuito di cultura culinaria tradizionale), oggi vi racconto qualcosa di nonna Carmela proprio. Anzi, delle storielle di lei bambina che amava raccontare a noi bambini, denotando quella autoironia che è materia propedeutica dell'intelligenza. Storie che ci catapultano nella Calabria ulteriore di oltre cent'anni fa, per dire.

Carmela era una bambina un po' tontolona che aveva una sorella furba, Pasqualina. La madre, consapevole di questa differenza, affidava di solito i compiti più delicati alla sorella, ma talvolta era costretta dalle circostanze ad investire Carmela, di solito avendosene a pentire. Come quando le lasciò in affidamento il pollaio e lei per sconfiggere la noia ubriacò le galline di vino (con tanto di imbuto e bavaglino) divertendosi a vederle barcollare (ma uccidendone alcune). O quando fu mandata a portare un uovo forse alla nonna e lei per strada si mise a lanciarlo in aria scommettendo di riprenderlo al volo con il davanti del suo grembiule, ovviamente non riuscendoci. O ancora l'unica volta in cui fu mandata lei a fare la spesa, con un fazzoletto nuovo pieno di monete per pagare, e lei mentre andava, notata una monetina arruginita su un gradino, memore di tutte le volte che la sorella furba era stata lodata per aver portato a casa ogni sorta di tesoro trovato per caso per strada, si ferma colma di gioia e corre a casa a esibire il trofeo... dimenticando il fazzoletto col gruzzolo su quel gradino, e ovviamente precipitarsi indietro non servì a nulla. Ma questi erano gli abstract, le storie ve le racconto in riggitano, con le parole in cui le ho sentite e risentite oltre cinquant'anni fa.

I JADDHINI

'Na vota me mamma mi lassau mi vardu 'e jaddhini. Ma dopu un pocu, jeu cuminciai mi mi siddhìu. Allura pinzai: s'i pigghiu a una a una, ci mentu na sirbietta nto coddu non mi si llordanu, e ci rugnu a mbiviri u vinu, virimu chi fannu. Siccomu n'o vulivanu, cciù calai pi fforza cu mbutu. Non ti dicu: appena mbivivanu, cuminciavunu mi firrianu tornu tornu chi era nu spassu. Ma poi carivanu ddanterra e parivanu morti, e jeu mi mmucciai. Quandu turnau me mamma, vitti i jaddhini morti e jeu chi non c'era, e pinsau chi era vinuta na faina e cuminciau mi grira e mi chiangi, cusì jeu niscia fora e ci cuntai a virità. Mi mmazzau i tumpulati....

L'OVU

'Na vota me mamma mi rissi "va portici n'ovu a to nonna chi m'u circau". Ma era luntanu e jeu p'a strata non mi mi siddhiu pinsai a nu jocu: "ora u tiru all'aria, poi quandu scindi apru u scossu ra vesta e u pigghiu". Mi mi cumbinciu, u ripitia un pocu i voti: "u tiru all'aria, poi quandu scindi apru u scossu ra vesta e u pigghiu". U tirai, iddhu cariu, apria u scossu, e n'o pigghiai.

A SPISA

Me mamma mi diciva sempri: "malantisa, to soru Pasca quandu a mandu a cacchi parti torna sempri chi truvau cacchiccosa, e tu non trovi mai nenti, pirchì iddha è dritta e tu si babbasuna". E a mia mi fazzu surbizza delicati non mi mandava mai. Ma na vota me soru non c'era e pi fari a spisa mandau a mia. Mi ressi un fazzolettu bellu novu novu tuttu rricamatu cu nu pocu i sordi arruvugghiati dda intra, mi rissi chiddu chi aviva a cattari, e mi mandau. Appena vutai l'angulu, supra nu bizzolu vitti un sordu, bruttu,vecchiu, tuttu ruggiatu. Mi ssittati m'u vardu. E pinsai: "si ciu portu subitu a me mamma non rici cchiù chi l'unica dritta è me soru!". E cusi fici. Quandu rruvai a casa, ciù purgia cu na risata tanta e me mamma mi rissi "e brava a Carmela" e mi stava randu na baciata, ma poi si fermau e mi rissi "e a spisa?" "non ghia ancora" "e u fazzolettu" "supra u bizzolu". Fujimmu, ma ndi truvammu dui, comu ricimu nui pi diri chi certu chi non c'era nenti. Dda vota i mbuscai peggiu i chidda r'i jaddhini...

Un vecchio adagio dice che le persone non muoiono finché i vivi le ricordano. Nonna Carmela secondo l'anagrafe è morta a quasi 95 anni nel 2003, ma è ancora qui e vi ringrazia uno a uno tutti e quindicimila.

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