Nati da una costola dei CCCP, gruppo emiliano punk-folk (se proprio vogliamo etichettarlo, consapevoli dell'imprecisione) cui si collegano idealmente sin dal nome (post)sovietico, e da una dei rocchettari toscani Litfiba, si presentano dentro un disco chiamato Maciste contro tutti, in un terzetto di formazioni tutte interessanti comprendente i Disciplinatha e gli Ustamò di Mara Redeghieri (che avranno la stessa rapida evoluzione, e di cui forse un giorno parleremo). Di entrambe le radici avevo stima e apprezzamento (uso questi termini proprio per contrapporvi il sentimento di innamoramento immediato e totale che seguì all'ascolto del primo album dei CSI, un colpo di fulmine che saprò presto di condividere con tantissimi altri, forse troppi, e di diverse generazioni), ma non è che li seguissi poi tanto. Dico questo perché ancora una volta devo, dobbiamo, ringraziare l'epoca in cui era consentito il noleggio dei CD, altrimenti forse nemmeno avrei scoperto la nuova band: andavi al negozio, prendevi tutto quello che potenzialmente ti poteva interessare, e restituivi quasi tutto avendo speso poco per i buchi nell'acqua, tenendo solo (a prezzo di usato) quello che pensavi valesse la pena.
Fu il caso di questo Ko de mondo, per partorire il quale i nostri si erano rinchiusi in un casolare appunto del Finistere (dal latino finis terrae, fine della terra), filmando il tutto (il video alla fine) come consapevoli sia del livello dell'esperienza che nasceva sia del fatto che non sarebbe durata tanto. Il risultato fu, senza mezzi termini, un capolavoro. E, come capita spesso ai capolavori, con un incipit all'altezza: un'attacco di batteria a svegliarti e dirti: attenzione, questo disco lo devi sentire con attenzione. Era il 1994, io avevo poco più di trent'anni, e un paio di questi brani finirono subito nel repertorio dei Ristrittizzi, la band della mia brevissima parabola di cantante. Cliccate sui titoli mentre leggete le rispettive notazioni, i tube si aprono in pop-up.- A tratti - Come per i grandi romanzi, l'incipit è di quelli che non si dimenticano. Il tamburo chiama alla lotta, poi (mi autocito) "fate attenzione al cambio di ritmica a circa 3/4 di canzone, innescato dalla chitarra, cui la batteria a un certo punto si appende, dopo essersi ostinata per un po' a mantenere il suo pestaggio ossessivo precedente: è uno dei passaggi più interessanti della musica italiana, e non sto esagerando". Il tutto con un testo che rovista nel ruolo dell'artista come manco i Pink Floyd con The Wall, culminando con quel "chi c'è c'è" che mi restò così in testa da intitolarci un libro.
- Palpitazione tenue - Cambio scenario ma stesso clima ipnotico, tipo canzone mononota degli Elii ma senza l'ironia.
- Celluloide - Vi era mai venuto in mente di scrivere un testo tutto solo con titoli dei film? A loro si, e questo rock travolgente è il risultato: al concerto ci si scatenava.
- Del mondo - Quasi una title-track, questo capolavoro è da ascoltare e riascoltare, perché chiarisce il messaggio di tutta l'operazione (il ko del titolo dell'album è allora forse k.o.?): il mondo occidentale è finito, anche se ancora non lo sa. Ancora oggi forse non lo sa, ma qualcuno comincia ad accorgersene: Lindo e soci ce l'hanno detto trent'anni fa...
- Home sweet home - Torna il rock, per un testo che a un certo punto ci ricorda le radici del gruppo e anche i suoi rami, come vi ho raccontato qualche riga sopra.
- Intimisto - Parentesi ben annunciata nello spirito dal titolo.
- Occidente - Si diceva "la fine dell'occidente"? ahiahiahiahiahi...
- Memorie di una testa tagliata - Mi autocito di nuovo: "attenti: è di un realismo assoluto, l'orrore della guerra lo senti nelle ossa meglio che nella prima mezz'ora di Salvate il soldato Ryan, e vi sembrerà di capire cosa si prova a morire" - C'era di nuovo la guerra in Europa, e c'è ancora...
- Finistère - "Annus orribili in decade malefica in secolo osceno grondante sangue" era quindi ottimistico, le decadi essendosi ripetute fino al nuovo secolo. Il titolo chiarisce come perfino la scelta della location dove riunirsi per registrare era significativa, non so se mi spiego...
- La lune du Prajou - Appare quindi naturale che il brano successivo, breve e strumentale, citi proprio il nome del casolare dove i nostri partorirono questo disco epocale.
- In viaggio - Tutti viaggiamo, come "sua Santità", ma quando crediamo di essere fermi in un posto spesso ce lo dimentichiamo. Poi parte questo pezzo e ce lo ricordiamo.
- Fuochi nella notte - Altrove è apparsa col sottotitolo "di san Giovanni", che aggiunge un collegamento ad una festa ancestrale nel contesto. L'andamento cantilenante sfocia verso la fine in una sorta di reprise del primo brano: chi c'è c'è e chi non c'è non c'è...
Nessun commento:
Posta un commento