"Gli articoli dei giornalisti di musica rock sono scritti da gente che non sa scrivere, che intervista gente che non sa parlare, per gente che non sa leggere" - Frank Zappa |
L'artista siculoamericano è stato immenso non solo per qualità: la sua discografia è infinita. Io l'ho affrontata "da grande" dopo che un amico, uno che vent'anni fa un amico comune mi aveva presentato come "eccoti finalmente uno che ha gusti musicali più strani dei tuoi", mi ci ha introdotto tramite due C-90 (questa non ve la spiego, se siete giovani peggio per voi), il sistema con cui ai tempi nostri girava la conoscenza musicale (e funzionava: i discografici non si erano ancora incartati nella inutile lotta alla pirateria). Non essendo il mio faticoso approccio postumo sufficiente a dire qualcosa di sensato, in assoluto figurarsi di un personaggio così, non potevo che chiedere a lui, che solo per comodità (come nella cronaca nera si usa per i minorenni) chiameremo Ivano, un contributo che lo celebri in modo sufficientemente degno.
Gli lascio dunque la parola, non prima di avere fatto un altro paio di precisazioni:
- non condivido il giudizio di "Ivano" sugli E&LST, che possono non piacere ma sono davvero talmente legati al Nostro (persino Scaruffi dixit) nella formazione musicale (per quanto ad anni luce negli esiti, della cui cosa sono i primi ad essere consapevoli) che non solo possono osare di suonarne di tanto in tanto qualche pezzo (questo ad esempio, qui l'originale) ma addirittura con dentro uno dei musicisti "fissi" (dove le virgolette sono obbligatorie, per una carriera multiforme così) del loro emulo, o alle celebrazioni ufficiali come quella del 18 dicembre prossimo a Milano;
- c'è in Italia un'altra band che ha il coraggio di proporre, stavolta con costanza, un classico zappiano come Peaches in regalia nel suo repertorio: è l'ensamble, anch'essa mutante e multiforme, di Daniele Sepe.
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Come descrivere Zappa in poche righe e portarlo a conoscenza di colui che nulla sa oppure lo conosce solamente come il nume tutelare degli infami Elio & le Storie Tese? Innanzitutto il Maestro di Cucamonga non è:- un musicista pop;
- un rockettaro;
- un virtuoso della chitarra;
- un compositore classico;
- uno scrittore di untuose canzoni da pomicio stile anni 50;
- un teorico;
- un pornografo sotto false spoglie.
Detto così non significa nulla, lo so, ma il bello è proprio questo: Frank Zappa non si può descrivere.
Occorre tempo, pazienza, cultura… ed anche una certa predisposizione a farsi prendere per il culo, per esplorare l’opera di uno dei più grandi geni del secolo scorso. Quando parlo di opera non intendo soltanto musica: quanti sanno che FZ è stato scrittore sarcastico e (para)regista? Oppure discografico indie antelitteram e scopritore e valorizzatore di talenti (non solo musicali: date un’occhiata alle copertine dei suoi dischi)?
Il cuGino si sta spazientendo ed attende una minimale playlist; cedo malvolentieri alla sua richiesta, certo della maledizioni che mi invierà Zio Frank dalla sua tomba: egli non ammetteva “spezzettamenti” della sua arte (o per meglio dire della sua vita). Ecco 7 titoli per l’ignorante in materia che, sono sicuro, resterà altrettanto ignorante dopo averli ascoltati:
- The world’s greatest sinner (dall’album Cucamonga years, primi anni 60), ovvero lo Zappa prima di Zappa. Accreditata a tali Baby Ray & The Ferns, questa orribile canzoncina lo vede nelle vesti di compositore e produttore. Faceva parte della colonna sonora di quello che le classifiche specializzate considerano uno dei film più trash di tutti i tempi. Se tutto questo vi sembra strano e assurdo… state entrando nell'ottica zappiana;
- Hungry freaks daddy (da Freak out, 1966): qui comincia lo Zappa vero e proprio. Anche se detesto dirlo, bisogna contestualizzare: quella che adesso sembra una canzone (quasi) normale, all'epoca dell’uscita fu un vero e proprio pugno nello stomaco ai danni dell’ascoltatore medio;
- Nine types of industrial pollution (da Uncle meat, 1969); ogni tanto qualche buontempone, pur riconoscendo a Zappa il valore musicale, ne sminuisce quello strumentale. In poche parole dice che come chitarrista non era un granché. Per zittirlo fategli ascoltare questo brano;
- Ella guru (da Trout mask, replica Captain Beefheart & the Magic band 1969): Zappa fu il produttore dell’opus magna del suo antico amico-rivale Don Van Vliet. Racconta la leggenda che fu inciso in una sola notte mentre FZ stava dormendo. Anche in questo Zappa fu grande: trovatene un altro che incide un capolavoro senza metterci niente ma proprio niente di suo…;
- The torture never stops (da Zoot allures, 1976); si può tranquillamente definire come la Quinta Sinfonia di Zappa. Come il capolavoro beethoveniano, lo riconosci dopo le prime tre note. Dal vivo era uno dei must del nostro: versioni dilatate fino a 20 minuti con assoli di chitarra strappabudella;
- When yuppies go to hell (da Make a noise jazz here, 1991); mi sono sempre chiesto che tipo di musica avrebbe fatto se non avesse incontrato la signora con la falce. Un indizio può darlo il disco in questione, inciso dal vivo con la sua ultima band, forse la migliore di tutte. Ultrarock polidimensionale, indefinibile nelle forme e nella classificazione ma non nel piacere d’ascolto. Un vero e proprio “viaggio” senza alcun bisogno di stupefacenti;
- Waffenspiel (da Civilization phase III, 1994); qui finisce il viaggio terreno di Zappa. La musica cessa e rimangono soltanto spari, squitti di uccelli e lontani latrati di cani. Toccante come non lo è mai stato.
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